LA COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE

    Ha   emesso   la  seguente  sentenza  sull'appello  R.G.  Appelli
  3427/9797   spedito   il   10 ottobre  1996,  avverso  la  sentenza
  n. 1296/01/93,  emessa  dalla Commissione Tributaria Provinciale di
  Como dall'Intendenza di Finanza di Como;
    Controparti:  Azienda  Comasca  Servizi  Municipali,  leg. rappr.
  pro-tempore,   residente  a  Como  in  via  P.  Stazzi  n. 2;  atti
  impugnati: s/rif su i.rimb - IRPEF;
Oggetto  della  domanda  e svolgimento del processo     Con decisione
  del 16-30 settembre 1993, n. 1296/01/1993 la commissione tributaria
  di  primo grado di Como, in accoglimento di ricorso 3 dicembre 1992
  della    Azienda    Comasca   Servizi   Municipali,   ha   ordinato
  all'intendenza  di  Finanza  di  Como di rimborsare alla ricorrente
  della  somma  di L. 154.587.959 (oltre accessori di legge), oggetto
  di  ritenuta  praticata  dalla Banca Popolare di Novara a titolo di
  imposta su interessi creditori maturati al 31 dicembre 1991.
    I  primi giudici hanno osservato che appariva fondata l'eccezione
  di  difetto  di  soggettivita'  tributaria  dell'Azienda municipale
  ricorrente, semplice organo dell'ente comune, priva di personalita'
  giuridica,  e  che  non  erano  soggetti  ad  IRPEG  gli  interessi
  corrisposti   in  relazione  a  somme  di  pertinenza  del  comune,
  conseguite  nell'esercizio  di  attivita'  a  tale ente riferibili:
  ricordando  che  con  effetto dal 1o gennaio 1991 i comuni non sono
  soggetti ad IRPEG.
    Contro  questa  decisione,  il cui dispositivo risulta comunicato
  all'Amministrazione in data 2 ottobre 1993, l'Intendenza di finanza
  di  Como  ha  proposto tempestivo appello con ricorso depositato in
  data 30 novembre 1993, lamentando che la commissione di primo grado
  non  abbia  tenuto  conto  della  disposizione della legge 8 giugno
  1990,  n. 142,  che attribuisce personalita' giuridica alle aziende
  speciali   per  mezzo  delle  quali  i  comuni  gestiscono  servizi
  pubblici,   e   che   devono   considerarsi  soggetti  autonomi  di
  imposizione:  a  nulla  rilevando  che  i comuni, quando gestiscono
  direttamente i medesimi servizi pubblici, siano esenti da IRPEG per
  esplicita statuizione dell'art. 88 del T.U.I.R. n. 917/1986 (norma,
  questa,  non applicabile alle aziende speciali, nei confronti delle
  quali  le  ritenute  sono  applicate  a  titolo  di  imposta, e non
  d'acconto,  per  esplicita disposizione dell'art. 26, quarto comma,
  del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600).
    L'appellata Azienda Comasca Servizi Municipale ACSM S.p.a. non si
  e'   costituita   in  giudizio  a  norma  dell'art. 54  del  d.lgs.
  31 dicembre  1992,  n. 546;  in  data  8 settembre 1999 ha peraltro
  depositato  istanza  a  norma  del  primo  comma  dell'art. 33  del
  medesimo  decreto  legislativo,  con  procura  speciale  in calce a
  favore  del  commercialista  dott.  Renzo  Guffanti  (ritualmente a
  tempestivamente  comunicata  alla  controparte), per chiedere che a
  causa sia discussa in pubblica udienza.

                       Motivi della decisione

    Si  da'  atto,  preliminarmente,  che  la  controversia, pendente
  dinnanzi  alla  Commissione  tributaria  di secondo grado di Milano
  alla  data  dell'entrata  in  vigore  del  d.lgs. 31 dicembre 1992,
  n. 546,  e  successive modificazioni e integrazioni, appartiene ora
  alla competenza di questa Commissione tributaria regionale, a norma
  dell'art. 72 del medesimo decreto legislativo.
    Nel merito si osserva quanto segue.
    Il  testo  originario  dell'art. 88  del  TUIR 917/1986 era cosi'
  concepito:

        "1)  gli  organi  e  le amministrazioni dello Stato, compresi
  quelli  ad  ordinamento  autonomo,  anche se dotati di personalita'
  giuridica, non sono soggetti all'imposta;
        2)  non  costituiscono esercizio di attivita' commerciali: a)
  l'esercizio   di  funzioni  statali  da  parte  di  enti  pubblici;
  b)l'esercizio di attivita' previdenziali, assistenziali e sanitarie
  da  parte  di  enti  pubblici  istituiti esclusivamente a tal fine,
  comprese  le  Unita'  Sanitarie  Locali;  c) l'esercizio diretto di
  servizi  pubblici  in  regime  di monopolio da parte delle regioni,
  delle province, dei comuni e dei relativi consorzi".

    Gia'  nel  vigore di questa norma la questione della esenzione da
  imposta  delle aziende municipalizzate era stata prospettata, senza
  che si formasse in tempi brevi una soluzione non controversa.
    In  tale  situazione  la  terza sezione del Consiglio di Stato, a
  tanto  sollecitata  dal  Ministero  delle  Finanze,  con parere del
  28 febbraio 1989, n. 224 (cfr. ne Il Foro Italiano 1993, III, 221 e
  segg.),  prese  in  esame l'intero art. 88 del TUIR 917/1986 e, tra
  l'altro,  osservo' quanto segue: "Per quanto concerne la successiva
  lettera  c)  del comma 2 dell'art. 88 cit., che stabilisce che "non
  costituisce  esercizio di attivita' commerciali l'esercizio diretto
  di  servizi pubblici in regime di monopolio da parte delle regioni,
  delle  province, dei comuni, e dei relativi consorzi va certamente,
  come   ben   ipotizzato   nella   relazione   dell'amministrazione,
  ricompreso  nell'esercizio  diretto  anche quello svolto a mezzo di
  aziende  speciali, non dotate di personalita' giuridica, costituite
  in  base  alle  disposizioni  dell'art. 2,  t.u.  15 ottobre  1925,
  n. 2578,   operanti  in  regime  di  monopolio  di  diritto  ovvero
  discendente   da   situazioni  di  fatto  generalizzate  all'intera
  categoria degli enti, almeno in ambito regionale".
    Il  parere del Consiglio di Stato si concludeva con l'auspicio di
  un  intervento  legislativo  volto a ricondurre ad armonia l'intero
  sistema     tributario,    anche    in    forza    del    principio
  dell'interdipendenza della base imponibile.
    Con  l'art. 4,  comma  3-bis,  del d.-l. 31 ottobre 1990, n. 310,
  convertito,  con modificazioni, con legge 22 dicembre 1990, n. 403,
  il  testo  originario  dell'art. 88 in questione fu sostituito, con
  effetto dal 1o gennaio 1991, dal seguente testo:

        "1) gli organi e amministrazioni dello Stato, compresi quelli
  ad  ordinamento autonomo anche se dotati di personalita' giuridica,
  i  comuni,  le comunita' montane, le province e le regioni non sono
  soggetti all'imposta;
        2)  non  costituiscono esercizio di attivita' commerciali: a)
  l'esercizio  di  funzioni  statali  da  parte  di enti pubblici; b)
  l'esercizio  di  attivita' previdenziali, assistenziali e sanitarie
  da  parte  di  enti  pubblici  istituiti esclusivamente a tal fine,
  comprese le unita' sanitarie locali".

    La  soggettivita' tributaria dei comuni, delle comunita' montane,
  le province e regioni veniva dunque esclusa in termini generali, in
  esatta   corrispondenza  con  l'esclusione  degli  organi  e  delle
  amministrazioni  dello  Stato. Correlativamente veniva soppressa la
  lettera  c)  del  secondo  comma,  che prevedeva l'esclusione della
  soggettivita'  tributaria delle regioni, delle province, dei comuni
  e  dei  relativi  consorzi,  limitatamente all'esercizio diretto di
  servizi pubblici in regime di monopolio.
    Il  testo,  cosi'  riformulato, dell'art. 88 - che era appunto il
  testo  vigente alla data del 31 dicembre 1991, nella quale la Banca
  Popolare di Novara effettuo' la ritenuta della cui legittimita' qui
  si  discute  -  non  risolveva  esplicitamente  la  questione della
  soggettivita'  tributaria  delle  aziende speciali, per mezzo delle
  quali  i  comuni  potevano  gestire  i  servizi  pubblici,  a norma
  dell'art. 22,  comma  3,  lettera  c)  della  legge  8 giugno 1990,
  n. 142,  sulla  riforma dell'ordinamento delle autonomie locali, in
  vigore dal 13 giugno 1990: aziende cui con il successivo art. 23 fu
  attribuita  -  come  ha  ricordato  l'Intendenza  appellante  -  la
  personalita'  giuridica  ("L'azienda  speciale  e' ente strumentale
  dell'ente  locale  dotato  di  personalita' giuridica, di autonomia
  imprenditoriale,  e  di  proprio  statuto,  approvato dal consiglio
  comunale o provinciale").
    Per  completezza  si  puo'  ricordare che con l'art. 22, comma 1,
  della legge 27 dicembre 1997, n. 449 nel primo comma del tormentato
  art. 88  sono  state  inserite nel comma 1, le parole che risultano
  evidenziate nel nuovo testo: "Gli organi e le amministrazioni dello
  Stato,  compresi  quelli ad ordinamento autonomo anche se dotati di
  personalita'  giuridica,  i  comuni,  i consorzi tra enti locali le
  associazioni  e gli enti gestori di demani collettivi, le comunita'
  montane, le province e le regioni non sono soggetti all'imposta".
    Cio' premesso pare a questa commissione che il testo dell'art. 88
  del  TUIR  917/1986,  in  vigore dal 1o gennaio 1991 al 31 dicembre
  1997,  debba  essere  interpretato  nei  senso che anche le aziende
  speciali,  per  mezzo delle quali i comuni e le province gestiscono
  anche  piu'  servizi  di  rilevanza  economica  ed  imprenditoriale
  [art. 22,  comma  3,  lettera  c) e lettera e) della legge 8 giugno
  1990, n. 142], non sono soggetti tributari.
    L'argomento   di  carattere  letterale,  desunto  dal  fatto  che
  nell'art. 88  tali aziende non sono esplicitamente contemplate, non
  appare di per se' decisivo.
    Se   "l'azienda   speciale",  ancorche'  dotata  di  personalita'
  giuridica (nella specie la ACSM ha addirittura la forma di societa'
  per  azioni, nel rispetto della lettera "e" del citato art. 22), e'
  tuttavia  "ente  strumentale  dell'ente  locale",  e  se  di  fatto
  provvede  per  determinazione  del  comune  alla  gestione  di piu'
  servizi  pubblici  di rilevanza economica e imprenditoriale, ben si
  puo' concludere, sotto un profilo formale, che la qualificazione di
  ente  strumentale  del  comune  rendeva  inutile  la sua inclusione
  nell'elenco  di  cui  al primo comma del piu' volte citato art. 88,
  dovendo  logicamente  intendersi  il  riferimento  ai "comuni" come
  comprensivo anche degli enti strumentali dell'ente locale; e, sotto
  un    profilo   sostanziale,   che   non   sarebbe   giustificabile
  razionalmente  l'esclusione  da  imposta  di redditi prodotti nella
  gestione  di  servizi  pubblici condotta direttamente dai comuni (o
  dalle  province),  e  l'assoggettamento  ad  imposta  dei  medesimi
  redditi  nel caso in cui gli stessi servizi pubblici siano gestiti,
  sempre  dai  comuni  (o  dalle  province),  ma per mezzo di aziende
  speciali.
    Una  norma,  che sancisse una siffatta disparita' di trattamento,
  senza  produrre  sostanziali effetti ai fini del gettito tributario
  (inducendo  i  comuni  a  non  servirsi  di aziende speciali per la
  gestione  di servizi pubblici), avrebbe invece rilevanti effetti di
  distorsione  nello  svolgimento dell'attivita' amministrativa degli
  enti  locali, in contrasto con i principi ispiratori attuati con la
  legge 8 giugno 1990, n. 142.
    L'Amministrazione appellante richiama peraltro l'attenzione anche
  sulla  disposizione  contenuta  nel  quarto  comma dell'art. 26 del
  d.P.R.,   per   la   quale   "Nei  confronti  del  soggetti  esenti
  dall'imposta  sul  reddito delle persone giuridiche e in ogni altro
  caso le ritenute sono applicate a titolo di imposta".
    La  norma  riguarda,  all'evidenza,  non  solo  (o  non tanto) le
  aziende  speciali  municipalizzate,  ma  tutti  i  soggetti  esenti
  dall'imposta  sul  reddito  delle  persone  giuridiche, ed e' sorta
  questione  sulla  individuazione  dei  soggetti appartenenti a tale
  categoria:  distinguendosi  fra  soggetti "esenti", cui la norma si
  riferirebbe,  e  soggetti  "non soggetti all'IRPEG" (ex art. 88 del
  TUIR 917/1986), cui la norma invece non si riferirebbe.
    Al  riguardo  si e' ritenuto, in alcune decisioni, che i soggetti
  di cui all'art. 88 del TUIR 917/1986 non debbano subire la ritenuta
  d'imposta,   di   cui  al  quarto  comma  dell'art. 26  del  d.P.R.
  29 settembre   1973,  n. 600:  intendendosi  per  non  assoggettati
  all'imposta  i  soggetti  estranei  al  tributo non solo nella fase
  della  dichiarazione  di  redditi, ma in ogni momento nel quale "ci
  sono  manifestazioni  di  imponibilita'"  a  loro  carico (cosi' la
  Commissione Tributaria Regionale di Bologna, Sez. V, 18 marzo 1997,
  n. 5).
    Pare  a  questa  commissione che l'imposta pagata da sostituto, e
  oggetto  di  ritenuta,  sia  un'imposta  sostitutiva,  che non puo'
  prescindere  come  tale  dall'esistenza  di  un'imposta  sostituita
  (imposta  dovuta  altrimenti  dal  sostituito  nel  caso  di omessa
  effettuazione  della  ritenuta  da  parte  del  sostituto):  con la
  conseguenza  che,  in  tutti i casi nei quali non esista un'imposta
  sostituita,  come  accade  appunto  quando  il  sostituito  sia non
  soggetto  ad  IRPEG  in  virtu'  della  norma sostanziale contenuta
  nell'art. 88  del TUIR 917/1986, non puo' affermarsi - in base alla
  statuizione del quarto comma dell'art. 26 del d.P.R. 1973, n. 600 -
  la  sussistenza neppure di un'imposta sostitutiva da corrispondersi
  per ritenuta di imposta.
    Si  dovrebbe  quindi  concludere, in base alle norme considerate,
  che  la Azienda Comasca Servizi Municipali, non soggetta ad IRPEG a
  norma  dell'art. 88  del TUIR 917/1986, non sia soggetta ad imposta
  sostitutiva  della IRPEG sugli interessi maturati su conti correnti
  bancari,  e  non  debba  quindi  subire  alcuna  ritenuta  a titolo
  dell'accennata  inesistente imposta sostitutiva. Con la conseguenza
  che  tale  Azienda  avrebbe  diritto  di  ripetere  l'indebito  nei
  confronti   del   destinatario   del   versamento   della  ritenuta
  illegittimamente effettuata, cosi' come ha giudicato la commissione
  tributaria di primo grado di Como, con la decisione qui appellata.
    Si   deve  tuttavia  ricordare  che  con  l'art. 14  della  legge
  18 febbraio   1999,   n. 28,   recante   disposizioni   in  materia
  tributaria, di funzionamento dell'Amministrazione finanziaria, e di
  revisione  generale del catasto, il legislatore ha dato la seguente
  interpretazione  autentica della disciplina concernente le ritenute
  sugli  interessi e sui redditi di capitale: "Le disposizioni di cui
  all'art. 26,  quarto  comma, terzo periodo, del d.P.R. 29 settembre
  1973,  n. 600,  riguardante  l'applicazione della ritenuta a titolo
  d'imposta sugli interessi, premi ed altri frutti delle obbligazioni
  e  titoli  similari e sui conti correnti, deve intendersi nel senso
  che  tale  ritenuta  si  applica  anche  nei confronti dei soggetti
  esclusi dall'imposta sul reddito delle persone giuridiche".
    Cosi' interpretata, la norma appare quindi applicabile anche agli
  enti  ed alle persone giuridiche "non soggette ad IRPEG", ancorche'
  definiti  come  "soggetti  esclusi  dall'imposta  sul reddito delle
  persone  giuridiche".  Con  la  conseguenza che questa commissione,
  tenuto   altresi'  conto  dell'efficacia  retroattiva  delle  norma
  interpretativa,  dovrebbe  dichiarare  la  legittimita' del rifiuto
  dell'intendenza  di  finanza  di  Como  -  ed oggi, per essa, della
  Direzione  Regionale  delle  Entrate  della  Lombardia - in riforma
  della decisione appellata.
    Pare  tuttavia  a  questa  commissione  regionale che sussista un
  serio  dubbio  sulla  legittimita'  costituzionale  della  norma da
  applicarsi,  come autenticamente interpretata nel modo appena sopra
  indicato   con   riferimento   agli   artt. 3   e  53  della  carta
  costituzionale.
    L'imposta  pagata  per ritenuta sugli interessi maturati su conti
  correnti  bancari, non sostitutiva di IRPEG ed a carico di soggetti
  "non  assoggettati ad IRPEG" a norma dell'art. 88 del TUIR 917/1986
  (e  quindi  anche  gli  organi  e  le  Amministrazioni dello Stato,
  compresi  quelli  ad  ordinamento  autonomo,  oltre  ai  comuni, ai
  consorzi  tra enti locali, alle associazioni e agli enti gestori di
  demani  collettivi,  alle  comunita'  montane, alle province e alle
  regioni),  si  configura come un'imposta del tutto autonoma pari al
  trenta   per   cento   degli   interessi   maturati  a  favore  dei
  contribuenti, da un lato prescinde totalmente - in disarmonia con i
  principi  di  cui  all'art. 53  della  carta  costituzionale  -  da
  qualsiasi   riferimento  ad  una  capacita'  contributiva,  la  cui
  sussistenza  presuppone  la  considerazione  globale  non  solo dei
  ricavi  (e  men  che  meno di un solo tipo di ricavi), ma anche dei
  costi  di  gestione  sopportati dal contribuente; e dall'altro lato
  determina  una  disparita' di trattamento rispetto alla generalita'
  dei  contribuenti,  traducendosi in sistema tributario particolare,
  applicabile  soltanto  nei confronti dei soggetti "non assoggettati
  ad IRPEG", in possibile contrasto con il principio.
    Questa  commissione  non  ignora che il quarto comma dell'art. 26
  del  d.P.R.  29 settembre  1973, n. 600 e' gia' stato sottoposto al
  vaglio  della  Corte costituzionale che, con sentenza del 30 giugno
  1994, n. 272, ha giudicato infondati i dubbi di incostituzionalita'
  anche  in quella occasione prospettati con riferimento agli artt. 3
  e  53  della  Carta  costituzionale,  osservando che il trattamento
  tributario   e'   ragionevolmente  differenziato  dal  legislatore,
  nell'esercizio  della  sua discrezionalita' politica, a seconda che
  tratti di persone fisiche e di societa' di persone o di societa' di
  capitali  ed  enti  esercenti o non attivita' commerciali, e che la
  disposizione  per  la  quale  le  ritenute, operate sugli interessi
  spettanti  a  societa'  ed enti per obbligazioni e titoli similari,
  vanno  applicate  a titolo di acconto e non di imposta, e' conforme
  all'art. 53  della Costituzione il quale stabilisce in via generale
  che  il  tributo va determinato in relazione al complessivo reddito
  percepito dal contribuente con criteri di progressivita'.
    La  Corte,  rilevato  che  il  regime  della ritenuta a titolo di
  imposta,  sostitutivo di un sistema di imposizione diretta, fondato
  su  imposte personali, si pone come eccezione alla regola generale,
  non  ha  mancato  di  soggiungere  che  il regime eccezionale della
  ritenuta d'imposta non potrebbe comunque essere assunto come valido
  tertium  comparationis,  alla  cui stregua valutare la legittimita'
  costituzionale  della  disciplina di altre ipotesi, nelle quali non
  siano  state  ravvisate  le  medesime  ragioni  giustificatrici del
  trattamento derogatorio.
    La  sentenza  n. 272/94  si  riferisce  quindi ad una fattispecie
  diversa  da  quella  di  cui  al  terzo  periodo  del  quarto comma
  dell'art. 26  del  d.P.R.  n. 600/1973,  e non preclude pertanto la
  possibilita'    di    prospettare   un   dubbio   di   legittimita'
  costituzionale di quest'ultima norma, e sia pure alla stregua degli
  stessi artt. 3 e 53 della Costituzione.
    Semmai  concorre,  indirettamente,  a  giustificare  il dubbio in
  questione  confermando  in  termini  generali  che  il regime della
  ritenuta  a titolo di imposta ha carattere "sostitutivo" del regime
  ordinario  (onde  presuppone,  e'  dato  di  arguire,  la esistenza
  dell'imposizione   ordinaria  sostituita),  sicche'  e'  giocoforza
  dubitare   che   tale   sistema  eccezionale  e  sostitutivo  possa
  costituire  la  fonte  di  una  nuova  imposta, del tutto autonoma,
  applicabile soltanto nei confronti di soggetti "non assoggettati ad
  IRPEG".