IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE Ha pronunciato la seguente ordinanza sul ricorso n. 3115/1996 proposto da Sapori Carlo e Quiligotti Maria, rappresentati e difesi dall'avv. Marco Locati ed elettivamente domiciliati presso il medesimo Milano, via dei Pellegrini n. 24; Contro il comune di Milano e l'Istituto Autonomo per le Case Popolari (I.A.C.P.) di Milano, il primo dei quali costituitosi in giudizio, rappresentato e difeso dagli avv.ti Maria Rita Surano e Salvatore Pezzullo ed elettivamente domiciliato presso i medesimi in Milano, via della Guastalla n. 8, per l'annullamento - previa sospensione - del decreto 3 maggio 1996 con cui il Direttore del Settore Patrimonio E.R.P. e Assegnazione Alloggi del comune di Milano, ha disposto la decadenza del ricorrente sig. Sapori dall'assegnazione di alloggio. Visto il ricorso con i relativi allegati: Visto l'atto di costituzione in giudizio del comune di Milano; Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle proprie difese; Visti gli atti tutti della causa; Relatore, alla pubblica udienza del 5 maggio 1999, il cons. Adriano Leo; Uditi i patroni delle parti; Ritenuto in fatto e in diritto; Fatto Con il ricorso qui all'esame, notificato l'11 luglio 1996 e depositato il 22 luglio 1996, gli istanti coniugi Sapori Carlo e Quiligotti Maria hanno impugnato l'atto in epigrafe specificato con cui e stata dichiarata la decadenza di esso signor Sapori dall'assegnazione di alloggio E.R.P. n. 97 sito in Milano in via Baroni n. 22, ai sensi dell'art. 22, L.R. 5 dicembre 1983, n. 91, ed e' stato intimato a costui il rilascio di tale alloggio entro trenta giorni. Gli istanti hanno sostenuto l'illegittimita' dell'atto gravato e ne hanno chiesto, con vittoria di spese e previa sospensione, l'annullamento per i seguenti motivi di censura: 1) violazione e travisamento dell'art. 22, L.R. n. 91/1983 e successive modifiche, della legge n. 1035/1972, del d.P.R. n. 616/1977 e della legge n. 142/1990. Incompetenza; 2) eccesso di potere per travisamento dei presupposti, per contraddittorieta', inconferenza e travisamento della motivazione; violazione e travisamento degli artt. 22 e 23, L.R. n. 91/1983. Eccesso di potere per disparita' di trattamento, illogicita' ed ingiustizia manifesta: violazione e travisamento degli artt. 3 e 7 della Costituzione; 3) riproposizione dei motivi precedenti; violazione e travisamento della legge n. 392/1978, dell'art. 11 d.-l. n. 333/1992 convertito con modifiche in legge n. 359/1992. Eccesso di potere per illogicita', contraddittorieta' e ingiustizia manifesta; 4) eccesso di potere per travisamento di fatto, carenza di istruttoria e sviamento; eccesso di potere per carenza di presupposto concreto ed attuale per la pronuncia di decadenza; 5) illegittimita' costituzionale dell'art. 22, lett. e, e dell'art. 2, L.R. n. 91/1983 per violazione degli artt. 3 e 97 della Costituzione. Si e' costituito in giudizio il comune di Milano, il quale ha contestato la fondatezza del gravame e ne ha chiesto la reiezione, con favore di spese. Con ordinanza 10 settembre 1996, n. 2549, questo Tribunale amministrativo regionale - Sez. I - ha respinto la formulata domanda cautelare. Con successive rituali memorie, le parti hanno ribadito le rispettive tesi difensive. Alla pubblica udienza del 5 maggio 1999, sentiti i patroni delle parti, la causa e' stata assunta in decisione dal collegio. Diritto I. - Come accennato in narrativa, viene impugnato in questa sede il provvedimento 3 maggio 1996 con cui il Direttore del Settore Patrimonio E.R.P. e Assegnazione Alloggi del comune di Milano ha dichiarato, ai sensi dell'art. 22, lett. e, L.R. della Lombardia 5 dicembre 1983, n. 91 e successive modifiche, la decadenza dell'assegnazione dell'alloggio n. 97 di via Baroni n. 22 in Milano, a suo tempo conferita al ricorrente Sapori Carlo ed ha intimato a questi il rilascio di tale alloggio entro trenta giorni: pronuncia di decadenza, quella in discorso, che e' stata formulata in dipendenza dell'avvenuto accertamento che il signor Sapori "unitamente a sua moglie Quiligotti Maria e' proprietario di unita' immobiliari con un reddito di fabbricati ... superiore all'equo canone di un alloggio adeguato al nucleo familiare dell'assegnatario"; il che avrebbe determinato in capo a costui "la mancanza dei requisiti di cui al punto d) e dal secondo comma dell'art. 2, L.R. n. 91/1983 e successive modifiche ed integrazioni". II. - Avverso il menzionato provvedimento comunale del 3 maggio 1996, con il ricorso in epigrafe gli istanti coniugi Sapori prospettano quattro motivi di ricorso volti a contestare la legittimita' di tale atto e poi, in via subordinata, formulano l'eccezione di illegittimita' costituzionale dei citati artt. 22, lett. e, e 2, lett. d, L.R. n. 91/1983 in relazione agli artt. 3 e 97 della Costituzione. 1. - Con il primo dei suddetti motivi di censura, si assume - in sostanza - che l'atto de quo adottato dal Direttore del Settore Edilizia Privata del comune di Milano e non gia' del sindaco di tale comune, sarebbe illegittimo per incompetenza del soggetto emanante. La doglianza appare destituita di fondamento e, quindi, da respingere. A disattenderla, e' sufficiente osservare che nel caso di specie l'emissione ad opera del predetto funzionario del provvedimento comunale di decadenza dall'assegnazione di alloggio popolare e' avvenuta sulla base di una delega a costui rilasciata dal sindaco di Milano, autorita' cui i ricorrenti riconoscono il potere di pronunciarsi sulla decadenza in discorso. 2. - Con il secondo motivo di gravame, si sostiene che l'atto impugnato sarebbe illegittimo perche' poggiante su una interpretazione degli artt. 22 e 23, L.R. n. 91/1983 che sarebbe erronea o addirittura in contrasto con gli artt. 3 e 97 della Costituzione: cio', per il fatto - in sostanza - che l'applicata disposizione ex citato art. 22 - lett. e -, la quale prevede la decadenza dall'assegnazione di alloggio popolare in caso di perdita di uno dei requisiti soggettivi di cui al precedente art. 2 e - segnatamente - in caso di perdita del requisito della non titolarita' di diritto reale su un immobile producente un reddito che consenta la stipulazione di una locazione ad equo canone di appartamento di consistenza pari a quella di adeguato alloggio popolare, andrebbe coordinata con la disposizione di cui alla lettera f dello stesso art. 22 e statuirebbe nel senso che la decadenza in discorso sarebbe pronunciabile soltanto nei confronti di chi fosse percettore di un reddito da immobili superiori al doppio del limite previsto per l'accesso all'edilizia sovvenzionata. La censura appare priva di pregio, e - quindi - da respingere, per la semplice ragione che alle lettere e ed f la norma invocata contempla due ipotesi di decadenza dall'assegnazione di alloggio popolare che sono ben distinte ed autonome fra loro. 3. - Con il terzo motivo di ricorso, si adduce - in sostanza - che l'impugnato provvedimento sarebbe illegittimo per essersi fatto riferimento, in esso, alla misura del canone legale di cui alla legge n. 392/1978 che non sarebbe piu' attuale, o - comunque - vigente, per effetto dell'art. 11, d.-l. n. 333/1992 e della relativa legge di conversione n. 359/1992. La doglianza si appalesa non meritevole di accoglimento. Al riguardo, va infatti - osservato che dal contenuto della legge regionale n. 91/1983 e' dato desumere che, quando ha fatto richiamo alla legge statale n. 392/1978, essa ha operato un rinvio ricettizio a tale normativa sicche' la successiva abrogazione di quest'ultima, in dipendenza dell'entrata in vigore del d.-l. n. 333/1992 convertito in legge n. 359/1992, non ha comportato il venire meno dell'efficacia delle disposizioni regionali che ad essa hanno fatto riferimento. 4. - Con il quarto motivo di censura, si assume - in sostanza - che l'impugnato provvedimento sarebbe illegittimo perche' emesso nonostante che al momento di adozione dello stesso l'unico immobile di proprieta' dei ricorrenti coniugi, consistente in un capannone industriale, non producesse un reddito effettivo in quanto lasciato libero dal locatario che lo deteneva e non utilizzato direttamente dal ricorrente sig. Sapori, il quale era stato colpito da grave infermita' e non era neanche in grado di espletare una qualsivoglia attivita' lavorativa. La doglianza appare priva di pregio, e - quindi - da respingere, per la ragione che, ai sensi della normativa di cui alla legge regionale n. 91/1983, la decadenza dall'assegnazione di alloggio popolare opera automaticamente allorche' si verifichi uno degli specifici fatti determinativi di essa, sicche' - a parere del Collegio - non e' dato attribuire rilevanza giuridica a situazioni che intervengano in un momento successivo al detto accadimento ma prima dell'adozione del provvedimento recante la formale pronuncia della decadenza in discorso. 5. - Rimangono, infine, da considerare i prospettati sospetti di incostituzionalita' dell'art. 22 - primo comma lett. e - L.R. Lombardia 5 dicembre 1983 n. 91 in connessione con l'art. 2, primo comma, lett. d - della medesima legge regionale. 5.1. - Nota il Collegio che, se appare manifesta la infondatezza di rilievi mossi alla stregua dell'art. 97 della Costituzione, diversamente deve dedursi con riguardo all'art. 3 della medesima Costituzione, anche in relazione al vizio avanzato con il quinto motivo di ricorso. Mentre d'ufficio ci si muove con riguardo agli artt. 117 e 118 della stessa Costituzione; 5.2. - Si rileva, al riguardo che, con il provvedimento impugnato, l'Amministrazione comunale ha dichiarato la decadenza del ricorrente Sapori Carlo dall'assegnazione di un alloggio in Milano, con effetto della perdita del requisito per l'assegnazione previsto dall'art. 2, primo comma, lett. d), della menzionata legge regionale n. 91/1983, il quale dispone che puo' concorrere all'assegnazione di un alloggio di edilizia residenziale pubblica "chi non sia titolare del diritto di proprieta' o di altri beni immobili, ubicati in qualsiasi localita', che consentano un reddito almeno pari all'ammontare del canone di locazione, determinato ai sensi della legge 27 luglio 1978, n. 392, concernente: "Disciplina delle locazioni di immobili urbani e successive modificazioni e integrazioni , di un alloggio adeguato con condizioni medie abitative, come definite al successivo secondo comma; l'ammontare di tale canone di locazione e' determinato dal comune in sede di indizione del bando di concorso in conformita' ai coefficienti di cui al successivo secondo comma". 5.3. - Ma, esaminata la vicenda alla luce della deliberazione CIPE 13 marzo 1995, la Sezione ritiene di dover proporre, come premesso, questione di costituzionalita' nei limiti della citata norma regionale, la quale estromette, appunto, dall'alloggio soggetti che, indipendentemente dal reddito complessivo di cui godono, siano titolari. in qualsiasi localita' del territorio nazionale esterna all'ambito territoriale a cui si riferisco il bando, di immobili da cui sia ricavabile un reddito pari al canone di locazione di un alloggio adeguato alle loro esigenze abitative. 5.3.1. - Invero, con riferimento agli artt. 117 e 118 della Costituzione, appare non manifestamente infondato il dubbio sulla conformita' della legge regionale rispetto ai criteri generali fissati dallo Stato. La deliberazione CIPE di cui sopra (in Gazzetta Ufficiale 27 maggio 1995, n. 122), adottata ai sensi dell'art. 88, d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616, e dell'art. 2, secondo comma, della legge 5 agosto 1978, n. 475, prende in considerazione, infatti, soltanto la "mancanza di titolarita' di diritti di proprieta', usufrutto, uso e abitazione su alloggio adeguato alle esigenze del nucleo familiare" (art. 3.1. lett. c) e non su qualunque alloggio, dovunque si trovi, o su qualunque immobile. 5.3.2. - In riferimento poi all'art. 3 della Costituzione, appare di dubbia legittimita' costituzionale la citata norma regionale, in quanto, posto un limite di reddito come indice dello stato di bisogno per l'ammissione a certe prestazioni sociali, dovrebbe essere del tutto irrilevante il riferimento alla natura e alla provenienza del reddito. In base a tale principio e' stato giudicato costituzionalmente illegittimo, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, l'art. 43, secondo comma, legge 30 aprile 1969, n. 153, nella parte in cui, per l'ipotesi di redditi del genitore "a carico" non derivanti esclusivamente da pensione, stabiliva un limite ostativo al conseguimento del diritto agli assegni familiari, diverso da quello imposto per l'ipotesi di redditi provenienti solo da pensione (Corte costituzionale 14 gennaio 1986, n. 8). 5.3.3. - Se, inoltre, si ritenesse giustificato attribuire un'autonoma rilevanza al patrimonio da cui il reddito deriva, apparirebbe ancora di dubbia legittimita' costituzionale la norma regionale in esame, in quanto essa prende in considerazione soltanto i diritti reali su immobili e non altra componente del patrimonio, come, ad esempio, depositi bancari, titoli azionari e obbligazioni, ecc., mentre la citata deliberazione C.I.P.E., ai fini del limite di reddito, equipara tutte le fonti di reddito, ad eccezione del lavoro dipendente, per cui prevede un abbattimento del 40% richiamando l'art. 21, primo comma, della legge n. 457 del 5 agosto 1978, sostituito dall'art. 2, d.-l. 23 gennaio 1982, n. 9. 5.3.4. - Infine la legge regionale appare di dubbia costituzionalita', ancora in riferimento all'art. 3 della Costituzione, nella parte in cui continua a rinviare, per l'ammontare del reddito da immobili ritenuto sufficiente ad assicurare un'adeguata sistemazione abitativa, alla legge statale sull'equo canone, sostanzialmente superata dall'introduzione dei c.d. patti in deroga (art. 11, d.-l. 11 luglio 1992, n. 333, convertito, con modificazioni, dalla legge 8 agosto 1992, n. 359). Tanto annotato e come premesso, per la decisione del ricorso non puo' percio' prescindersi dalla pronuncia sulla questione di legittimita' della norma regionale su cui si fonda il provvedimento impugnato; conseguentemente si devono rimettere gli atti alla Corte costituzionale ai sensi dell'art. 23, legge 11 marzo 1953, n. 87.