Ricorso del Presidente della Regione siciliana pro-tempore On. Angelo Capodicasa, rappresentato e difeso, sia congiuntamente che disgiuntamente, giusta procura a margine del presente atto, dagli avvocati Giovanni Carapezza Figlia e Francesco Castaldi, ed elettivanente domiciliato presso la sede dell'Ufficio della Regione siciliana in Roma, Via Marghera n. 36, autorizzato a proporre ricorso con deliberazione della Giunta regionale n. 23 dell'8 febbraio 2000; Contro il Presidente del Consiglio dei Ministri pro-tempore domiciliato per la carica in Roma, Palazzo Ghigi, presso gli Uffici della Presidenza del Consiglio dei Ministri; e difeso per legge dall'Avvocatura Generale dello Stato, per la risoluzione del conflitto di attribuzione insorto fra la Regione siciliana e lo Stato per effetto del decreto 7 dicembre 1999 del Direttore Generale del Dipartimento delle entrate di concerto con il Ragioniere Generale dello Stato recante "Modalita' di riversamento dell'acconto I.V.A. dicembre 1999" pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 292 del 14 dicembre 1999. F a t t o L'art. 6, comma 5-ter, della legge 29 dicembre 1990, n. 405, comma aggiunto dall'art. 3 del d.-l., 28 giugno 1995, n. 250, convertito con legge 6 agosto 1995, n. 349, e modificato dall'art. 2 del d.-l. 13 dicembre 1995, n. 526, convertito con legge 10 febbraio 1996, n. 53, nel disporre l'obbligo per i contribuenti di effettuare il versamento dell'I.V.A. dovuta in acconto entro il 27 dicembre di ciascun anno presso gli sportelli dei concessionari della riscossione o presso le banche, prevede la possibilita' di stabilire con apposito decreto ministeriale i tempi e le modalita', nei rapporti tra aziende di credito, concessionari e Banca d'Italia, per il riversamento all'erario entro il 31 dicembre delle somme relative all'acconto stesso. Il decreto di che trattasi, che con il presente ricorso s'impugna, introduce sistemi nuovi di riversamento all'erario delle somme relative all'acconto I.V.A., dislocando in un'unica sede centrale il predetto riversamento. Infatti l'art. 1, comma 1, fa obbligo agli incaricati (banche ed uffici postali) di versare il gettito riscosso sulla contabilita' speciale denominata "fondi della riscossione" aperta presso la sezione di tesoreria provinciale dello Stato di Roma-Tuscolana. La stessa sezione di tesoreria provinciale dello Stato viene autorizzata dall'art. 1, comma 2, del medesimo decreto a prelevare dalla predetta contabilita' speciale le somme versate ai sensi del precedente comma per il riversamento al pertinente capitolo del bilancio statale (cap. 1203/1) entro la data del 30 dicembre 1999 "ad eccezione di lire 130 miliardi, quale stima del gettito dell'acconto I.V.A. spettante alla Regione siciliana, salvo successivo conguaglio". L'esclusione delle predette somme dall'acquisizione al bilancio statale non e' all'evidenza sufficiente a garantire l'indispensabile immediata attribuzione all'erario regionale delle proprie spettanze, atteso che nessuno specifico sistema ne' termine di adempimento, e' stato previsto al fine dell'acquisizione delle stesse al bilancio regionale. Si e' determinato pertanto un grave ritardo nella percezione di entrate di riconosciuta spettanza regionale, che non ha consentito l'immediata acquisizione per cassa nell'esercizio finanziario 1999 delle somme relative, causato, appunto, dal provvedimento impugnato, nella parte in cui non ha previsto il riversamento alla Regione siciliana delle somme spettanti direttamente nelle sue casse, cosi' come era previsto nell'analogo provvedimento ministeriale emanato per l'anno 1998 (D.M. 15 dicembre 1998 nella Gazzetta Ufficiale n. 297 del 21 dicembre 1998) ovvero la individuazione di specifici meccanismi attributivi che consentissero la immediata acquisizione delle stesse al bilancio della Regione. Il citato decreto dirigenziale si manifesta lesivo delle attribuzioni della Regione siciliana e dell'autonomia finanziaria della stessa e viene censurato per le seguenti ragioni: D i r i t t o Violazione degli artt. 36 e 20 dello Statuto siciliano e delle norme di attuazione in materia finanziaria di cui al d.P.R. 26 luglio 1965, n. 1074. Ai sensi dell'art. 36 dello Statuto Siciliano e delle norme di attuazione recate dal d.P.R. n. 1074 del 1965 spettano alla Regione siciliana, oltre le entrate tributarie da essa direttamente deliberate, tutte le entrate tributarie erariali riscosse nell'ambito del suo territorio, dirette o indirette, comunque denominate (art. 2). Ai sensi dell'art. 20 dello Statuto, espressamente richiamato dall'art. 8 delle predette norme di attuazione, alla Regione sono inoltre attribuite le relative funzioni esecutive ed amministrative, per l'esercizio delle quali la stessa e' autorizzata ad avvalersi, fino a quando non sara' diversamente disposto, degli uffici periferici dell'amministrazione statale. La competenza riconosciuta in capo alla Regione in materia di riscossione delle entrate tributarie di spettanza regionale dalle citate norme statutarie e di attuazione dello Statuto nonche' dalla consolidata giurisprudenza di codesta Ecc.ma Corte (cfr. sentt. nn. 150/1969; 2/1967 punto 4, ultimo periodo del considerato in diritto; 61/1987 punto 18 del considerato in diritto; 411/1993, 127/1994) viene radicalmente disattesa dall'impugnato decreto dirigenziale nella parte in cui non prevede il versamento alla Cassa regionale siciliana della quota di propria spettanza entro il 30 dicembre 1999, (cosi' come viceversa era stato previsto dall'art. 1, comma 5, del decreto dirigenziale 15 dicembre 1998 per cio' che atteneva all'acconto I.V.A. dicembre 1998) o comunque non individua specifici meccanismi attributivi che consentano l'acquisizione nello stesso termine al bilancio regionale delle somme spettanti alla Regione. Giova al riguardo ricordare che codesta Ecc.ma Corte gia' nella sent. n. 299 del 1974, pur con riferimento ad altri tributi, ma affermando un principio di carattere generale, ha ritenuto che lo Stato, non appena riscuota entrate di spettanza regionale "dovra' immediatamente trasmettere il relativo importo alla Regione, onde evitare che questa abbia a subire pregiudizio nell'assolvimento delle sue funzioni per effetto di ritardi nell'acquisizione di quanto ad essa e' dovuto". Violazione degli artt. 3 e 97 della Costituzione. L'impugnato decreto si rivela altresi' censurabile sotto il profilo della violazione degli artt. 3 e 97 della Costituzione, poiche' indebitamente differenzia e diversifica la posizione dello Stato rispetto a quella della Regione siciliana. Ed invero, premesso che le disposizioni impugnate riguardano un tributo che, secondo la regola generale di ripartizione discendente dalle previsioni statutarie e dalle correlate norme di attuazione, spetta, per quanto riscosso nell'ambito del proprio territorio, alla Regione, le medesime disposizioni ne differenziano irragionevolmente disciplina e termini di riversamento, non in forza di una diversa tipizzazione del tributo, bensi' esclusivamente in relazione alla percezione del conseguente gettito, e cioe' secondo che la relativa spettanza sia dello Stato o della Regione siciliana. In tal modo si determina una lesione del principio costituzionale di uguaglianza - che e' destinato a trovare applicazione, in forza di un procedimento di astrazione, anche nei confronti dei fatti, delle situazioni e degli istituti giuridici - quale puo' essere individuata nel divieto di discriminazioni arbitrarie ed ingiuste, postulando, di contro, la ragionevolezza di una qualsiasi distinzione qualora fondata su fatti o situazioni obiettivamente diverse. Ancora, risulta leso il principio costituzionale del buon andamento, sancito dall'art. 97 Cost., che impone una leale collaborazione tra le varie amministrazioni pubbliche. Risulta infatti innanzitutto che lo Stato ha proceduto a trasmettere, per via fax, alla Regione lo schema del decreto censurato soltanto in data 1o dicembre 1999, non consentendo nei fatti una ponderazione degli elementi caratterizzanti lo stesso, tenuto altresi' conto che le disposizioni recate innovano in maniera sostanziale le modalita' in precedenza fissate per il riversamento dell'acconto I.V.A.. Ora, posto che la necessita' dell'emanazione del decreto in oggetto era ben conosciuta da tempo, in forza della perdurante vigenza della legislazione di riferimento (legge 29 dicembre 1990, n. 405, art. 6), ben si sarebbe potuto, per tempo, dare contezza alla Regione siciliana delle prospettate modifiche al sistema di riversamento, in modo di consentire alla medesima di esprimersi e di far rilevare le proprie, disattese, esigenze e particolarita'. Ne' tantomeno le osservazioni formulate dalla Regione siciliana - Assessorato del bilancio e delle finanze - Direzione regionale delle finanze e del credito, con nota prot. n. 312905/Gruppo 1/F del 13 dicembre 1999, indirizzata al Ministero delle Finanze - Dipartimento delle entrate - Direzione centrale per la riscossione, hanno sortito alcun effetto. Ma, anche a prescindere dal mancato riscontro delle osservazioni regionali, il principio del buon andamento risulta in ogni caso leso, in quanto lo Stato, nell'esercizio della propria funzione era tenuto a curare, autonomamente ed anche in assenza di puntuali rilievi, il rispetto di quell'interesse regionale che dovrebbe risultare ampiamente tutelato dalle norme autonomistiche e di garanzia fissate dallo Statuto. Violazione dell'art. 81, quarto comma, della Costituzione. Ancora si lamenta la violazione dell'art. 81, quarto comma, della Costituzione sotto il profilo del mancato rispetto del principio della copertura finanziaria in esso contenuto; principio che si estende certamente oltre il bilancio dello Stato-persona in senso stretto (cfr. Corte costituzionale, sentenza 17 dicembre 1981, n. 189), e che avrebbe imposto, in ordine al bilancio della Regione siciliana, l'espressa previsione di riversamento delle somme di spettanza a titolo di acconto I.V.A. dicembre 1999. Rileva a tal proposito specificare inoltre che la lesione dell'art. 81, quarto comma, della Costituzione, nonche' della autonomia finanziaria della Regione siciliana risulta dalla circostanza che il riversamento in parola, ancorche' integrale, non e' stato disposto in modo da aver corso, quale effetto di cassa, nello stesso esercizio finanziario in ordine al quale il gettito tributario in questione si determina, in forza della previsione di versamento, a titolo di acconto, di una quota del dovuto in ordine al mese di dicembre o al quarto trimestre. Ed invero il semplice ritardo nell'acquisizione del dovuto comporta una compressione delle disponibilita' di cassa della Regione con il conseguente condizionamento delle sue possibilita' operative ed in ultima analisi delle sue scelte politiche. Non puo' invero contestarsi che tutte le determinazioni di spesa, restando ancorate alla necessita' di una copertura finanziaria, siano condizionate anche con riferimento al momento temporale in cui le corrispondenti entrate vengono riscosse, provocando di contro, quindi, anche il semplice slittamento temporale nell'acquisizione delle spettanze, una lesione dell'autonomia regionale.