ha pronunciato la seguente


                              Ordinanza

nei  giudizi  di  legittimita'  costituzionale del combinato disposto
degli  artt. 565,  comma  1,  464, comma 1, 456, commi 1, 3 e 5, 429,
commi  1  e  2,  e  555,  comma  2,  del  codice di procedura penale;
dell'art. 555, comma 2, del codice di procedura penale; dell'art. 459
del  codice  di  procedura penale e dell'art. 2 della legge 16 luglio
1997, n. 234 (Modifica dell'art. 323 del codice penale, in materia di
abuso  d'ufficio,  e  degli  articoli  289,  416  e 555 del codice di
procedura  penale);  e  degli artt. 416 e 555 del codice di procedura
penale,  come  modificati dalla medesima legge n. 234 del 1997, e 459
dello  stesso  codice, promossi con ordinanze emesse il 4 maggio 1999
dal  Pretore di Camerino, il 28 maggio 1999 (2 ordinanze) dal Pretore
di  Brescia, il 19 maggio 1999 (2 ordinanze) dal Pretore di Firenze e
il  13  aprile  1999  dal  Pretore  di  S. Maria Capua Vetere sezione
distaccata  di Aversa, rispettivamente iscritte ai nn. 460, 463, 464,
466,  467  e  471  del  registro  ordinanze  1999  e pubblicate nella
Gazzetta  Ufficiale  della  Repubblica  n. 38,  prima serie speciale,
dell'anno 1999.
    Visti  gli  atti  di  intervento del Presidente del Consiglio dei
Ministri;
    Udito  nella  camera  di consiglio del 9 febbraio 2000 il giudice
relatore Gustavo Zagrebelsky.
    Ritenuto  che  il Pretore di Camerino ha sollevato, con ordinanza
del   4  maggio  1999  (R.O.  460/1999),  questione  di  legittimita'
costituzionale  dell'art. 555, comma 2, cod. proc. pen., in combinato
disposto  con gli artt. 565, comma 1, 464, comma 1, 456, commi 1, 3 e
5,  e  429,  commi  1  e  2,  del  medesimo  codice,  in  riferimento
all'art. 3, secondo comma, della Costituzione;
        che   il   Pretore,   chiamato   a   trattare   il   giudizio
dibattimentale  a  seguito  dell'opposizione  dell'imputato a decreto
penale  di  condanna, osserva che nel corso dell'indagine preliminare
non  e'  stata  data  all'imputato stesso comunicazione dell'invito a
presentarsi  per  rendere  l'interrogatorio,  e  che cio' e' conforme
all'assetto  legislativo  vigente,  il quale non pone in tal senso un
obbligo,  stabilito  a  pena  di  nullita' del decreto che dispone il
giudizio  emesso  dal giudice per le indagini preliminari per effetto
di  opposizione  al  decreto  penale (art. 565, comma 2, in relazione
all'art. 464 cod. proc. pen.);
        che  di  tale  omissione legislativa, peraltro, il rimettente
sostiene  l'incostituzionalita',  per  "violazione  del  principio di
uguaglianza  sostanziale  di  cui al secondo comma dell'art. 3" della
Costituzione,  poiche'  all'imputato  che  sia  chiamato a giudizio a
seguito   della  sua  opposizione  al  decreto  penale  e'  data  una
possibilita'   di   difesa   ridotta   rispetto  a  quella  accordata
all'imputato  citato  a giudizio nel procedimento "ordinario" a norma
dell'art. 555  cod.  proc.  pen.,  il  quale, a seguito della riforma
recata  dalla  legge  16  luglio  1997,  n. 234, prescrive l'invito a
presentarsi  per  rendere  interrogatorio,  nel  corso delle indagini
preliminari, a pena di nullita' del decreto di citazione a giudizio;
        che  la  differenziazione  -  osserva  ancora il rimettente -
appare   ingiustificata,   sia  per  la  considerazione  che  le  due
situazioni  anzidette  appaiono assimilabili, essendo sostanzialmente
rimessa  a  scelte  discrezionali  e  non  controllabili del pubblico
ministero  l'adozione  dell'uno o dell'altro modello processuale, sia
alla luce della ratio della citata riforma, il cui obiettivo e' stato
quello   di  imporre  al  pubblico  ministero,  prima  dell'esercizio
dell'azione penale, la presa in considerazione a favore dell'indagato
degli elementi di prova forniti dallo stesso;
        che  con due identiche ordinanze del 28 maggio 1999 (R.O. 463
e  464/1999)  il Pretore di Brescia ha sollevato, in riferimento agli
artt. 3  e  24  della  Costituzione,  questione  di costituzionalita'
dell'art. 555,  comma  2,  cod.  proc.  pen.,  nella parte in cui non
prevede  che  il  decreto che dispone il giudizio, emesso dal giudice
per  le  indagini  preliminari  a  seguito  di opposizione al decreto
penale,  sia  nullo  qualora  non  sia  stato  preceduto  dall'invito
all'indagato  a  presentarsi  per  rendere  l'interrogatorio  a norma
dell'art. 375, comma 3, cod. proc. pen.;
        che,  secondo  il Pretore, la mancata inclusione del suddetto
decreto  che dispone il giudizio tra gli atti per i quali e' prevista
la  nullita'  per  il  caso  di  omissione  dell'invito a presentarsi
determina   una   ingiustificata   disparita'   di  trattamento,  con
pregiudizio delle garanzie di difesa, in danno dell'imputato soggetto
al procedimento speciale per decreto, rispetto a chi sia sottoposto a
procedimento  penale  ordinario,  potendo  solo  il secondo, e non il
primo,  "eccepire  la  nullita'  del  giudizio  instauratosi nei suoi
confronti" in ragione della mancata effettuazione dell'invito;
        che  il Pretore di Firenze ha sollevato, con due ordinanze di
contenuto  corrispondente,  entrambe  del  19 maggio 1999 (R.O. 466 e
467/1999),  questione  di  legittimita'  costituzionale dell'art. 459
cod.  proc.  pen. e  dell'art. 2  della  legge  n. 234  del  1997, in
riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione;
        che   il  rimettente  da  un  lato  richiama  altra  identica
questione  da lui stesso sollevata (R.O. 93/1999), dall'altro osserva
che  il  dubbio  di  costituzionalita'  ora riproposto non puo' dirsi
venuto  meno  a  seguito  dell'ordinanza  n. 432 del 1998 della Corte
costituzionale,  che ha dichiarato la manifesta infondatezza di altra
questione affine;
        che,  infatti, anche se nella decisione sopra citata la Corte
ha  escluso la necessita' di omologare lo schema processuale del rito
per   decreto   a   quello  "ordinario",  proprio  sotto  il  profilo
dell'invito  a  presentarsi  e delle conseguenze della sua omissione,
ritiene  tuttavia il rimettente, in senso contrario, che sussista pur
sempre il problema della differenza di trattamento tra indagati nella
fase delle indagini preliminari, fase nella quale non v'e' differenza
tra  indagato  che  sara'  citato  in  giudizio  in forma ordinaria e
indagato per il quale verra' richiesto il decreto penale di condanna,
a  entrambi  dovendo  essere  riconosciute  le stesse garanzie e anzi
risultando maggiormente degna di tutela la posizione del destinatario
di un decreto penale;
        che  pertanto  la mancata previsione legislativa dell'obbligo
di  formulare  l'invito  ex  art. 375,  comma  3,  cod.  proc.  pen.,
allorche'  il procedimento penale sia svolto nella forma del rito per
decreto,   diversamente  da  quanto  e'  stabilito  per  il  processo
ordinario,   si   tradurrebbe   in   disparita'  di  trattamento  non
giustificata e lesiva degli artt. 3 e 24 della Costituzione;
        che  il Pretore di S. Maria Capua Vetere - Sezione distaccata
di Aversa, con ordinanza del 13 aprile 1999 (R.O. 471/1999), denuncia
di  incostituzionalita'  l'art. 459  cod. proc. pen., unitamente agli
artt. 416  e  555  dello  stesso codice (come modificati dalla citata
legge  n. 234  del  1997),  in  riferimento  agli  artt. 3 e 24 della
Costituzione;
        che,  svolgendo un'eccezione di incostituzionalita' sollevata
dalla  difesa,  il  rimettente  osserva  che l'indagato soggetto a un
decreto  penale  di  condanna  e'  privato  del  diritto  di  rendere
l'interrogatorio   a  seguito  di  invito,  e  subisce  pertanto  una
menomazione  delle proprie garanzie di difesa, in relazione alla fase
delle  indagini  preliminari,  nel  raffronto  con l'indagato che sia
citato a giudizio in forma ordinaria;
        che,  ad  avviso  del remittente, cio' comporta la violazione
degli   artt. 3   e   24  della  Costituzione,  secondo  la  medesima
prospettazione svolta dal Pretore di Firenze;
        che  nei  giudizi promossi dai Pretori di Camerino, Brescia e
S.  Maria Capua Vetere (R.O. 460, 463, 464 e 471/1999) e' intervenuto
il  Presidente  del  Consiglio  dei  Ministri, rappresentato e difeso
dall'Avvocatura generale dello Stato;
        che,  rilevando l'eterogeneita' dei modelli processuali messi
a  raffronto  - essendo il procedimento per decreto caratterizzato da
esigenze  di  particolare  speditezza e dalla struttura di processo a
contraddittorio  differito - nonche' richiamando precedenti decisioni
di  manifesta infondatezza rese da questa Corte su questioni analoghe
(ordinanze nn. 325 del 1999 e 432 del 1998), l'Avvocatura ha concluso
nel senso della manifesta infondatezza delle questioni sollevate.
    Considerato  che  le  sei  ordinanze  di rimessione sollevano, in
termini  identici o analoghi tra loro, questioni di costituzionalita'
sostanzialmente  corrispondenti  e  che  pertanto  i relativi giudizi
possono essere riuniti e definiti con unica pronuncia;
        che,  pur nella varieta' delle disposizioni di volta in volta
denunziate  e  delle  argomentazioni  svolte,  i  giudici  rimettenti
individuano la possibile lesione del principio di uguaglianza e della
garanzia  della  difesa nella mancata inclusione del procedimento per
decreto  tra  quelli  per  i  quali  e' stabilito, quale requisito di
validita' del giudizio, l'obbligo di effettuare l'invito all'indagato
a  presentarsi  per  rendere l'interrogatorio, a norma dell'art. 375,
comma  3, cod. proc. pen., cosi' come e' previsto per il procedimento
ordinario  a  seguito  delle  modifiche recate dalla legge n. 234 del
1997;
        che  peraltro,  successivamente alle ordinanze di rimessione,
e'  intervenuta  la  legge  16  dicembre 1999, n. 479 (Modifiche alle
disposizioni  sul  procedimento  davanti al tribunale in composizione
monocratica   e  altre  modifiche  al  codice  di  procedura  penale.
Modifiche   al   codice   penale   e   all'ordinamento   giudiziario.
Disposizioni in materia di contenzioso civile pendente, di indennita'
spettanti  al  giudice  di  pace  e  di  esercizio  della professione
forense), che, nell'ambito di una generale revisione del procedimento
penale  dinanzi  al tribunale, anche in composizione monocratica, ha,
in  particolare,  modificato le norme denunciate e quelle assunte dai
rimettenti  quali  termini  di raffronto ai fini della prospettazione
del dubbio di costituzionalita';
        che,  per  effetto  della  nuova disciplina, il previo invito
all'indagato  a  presentarsi  per  rendere interrogatorio nell'ambito
delle   indagini   preliminari   non   costituisce  piu'  un  obbligo
incondizionato  per il pubblico ministero, bensi' e' previsto solo in
seguito a una richiesta in tal senso da parte dell'indagato, cui deve
essere   comunicato   l'"avviso   della  conclusione  delle  indagini
preliminari"  (art. 415-bis cod. proc. pen., introdotto dall'art. 17,
comma 2, della legge n. 479 del 1999);
        che,   in   connessione   con   la   diversa   configurazione
dell'eventuale  contraddittorio tra pubblico ministero e indagato, e'
stata  correlativamente posta una nuova e diversa disciplina circa la
nullita'  degli  atti  di citazione a giudizio, nei casi di omissione
degli  atti  sopra  detti  (v. gli artt. 416, comma 1, e 552, comma 2
quest'ultimo  "sostitutivo" dell'art. 555 previgente cod. proc. pen.,
quali modificati dagli artt. 17, comma 3, e 44 della legge n. 479 del
1999);
        che,  stante  il  complessivo  mutamento del quadro normativo
assunto    dai    rimettenti    a    premessa    delle   censure   di
incostituzionalita', occorre restituire gli atti agli stessi giudici,
a   essi   spettando  di  valutare  se,  a  seguito  delle  modifiche
intervenute  nella  disciplina  processuale  in  esame,  le questioni
sollevate  siano,  nei  giudizi  principali,  tuttora  rilevanti  nei
termini in cui sono state proposte.