ha pronunciato la seguente


                              Ordinanza

nel  giudizio  di ammissibilita' del conflitto tra poteri dello Stato
sorto  a  seguito  della  delibera  della  Camera  dei  deputati  del
24 febbraio   1993  relativa  alla  insindacabilita'  delle  opinioni
espresse  dall'on. Sauro  Turroni nei confronti di Giorgio Zanniboni,
promosso  dalla  Corte  di appello di Bologna seconda sezione civile,
con  ordinanza  depositata  il 13 dicembre 1999 ed iscritto al n. 138
del registro ammissibilita' conflitti.
    Udito  nella  camera  di  consiglio  dell'8 marzo 2000 il giudice
relatore Franco Bile.
    Ritenuto  che  nel  corso  di un procedimento civile, in grado di
appello,  tra  Giorgio Zanniboni ed il deputato Turroni Sauro, avente
ad  oggetto  il risarcimento del danno asseritamente patito dal primo
in  ragione  di  dichiarazioni diffamatorie rese da quest'ultimo alla
stampa,   la   Corte   d'appello   di   Bologna,  con  ordinanza  del
19-30 novembre  1999,  ha  sollevato  conflitto  di  attribuzione tra
poteri  dello  Stato  nei  confronti  della  Camera  dei  deputati in
relazione  alla  delibera, adottata il 24 febbraio 1993, con la quale
era  stata approvata la proposta della Giunta per le autorizzazioni a
procedere  di  dichiarare  che  i fatti per i quali Giorgio Zanniboni
aveva   presentato   querela   contro   il   deputato  Sauro  Turroni
riguardavano  opinioni  espresse da quest'ultimo nell'esercizio delle
sue funzioni, ai sensi dell'art. 68, primo comma, Cost;
        che,  in  particolare,  -  a  seguito  di atto di querela del
15 aprile  1992  con  cui  Giorgio  Zanniboni,  Presidente  dell'Ente
Pubblico  Consorzio  Acque  per  le  Province  di  Forli'  e Ravenna,
chiedeva  procedersi  nei confronti del deputato Turroni Sauro per il
reato  di  diffamazione  a  mezzo  stampa in quanto quest'ultimo, nel
corso  di un'intervista pubblicata l'8 aprile 1992 dal quotidiano "Il
Messaggero",  lo  aveva  definito  "esempio  di  degenerazione  della
politica e dell'amministrazione nella nostra citta'" - il Procuratore
della Repubblica presso il Tribunale di Roma chiedeva alla Camera dei
deputati,  in  data  10 ottobre 1992, l'autorizzazione a procedere ex
artt. 343  e  344  cod.proc.pen. per  i  reati  di cui agli artt. 595
cod.pen., 13 e 21 della legge 8 febbraio 1948, n. 47;
        che  con delibera del 24 febbraio 1993 la Camera dei deputati
approvava  la proposta della Giunta per le autorizzazioni a procedere
-  che aveva concluso ritenendo insindacabile, ai sensi dell'art. 68,
primo  comma,  Cost., la condotta contestata al deputato Turroni - di
restituire  all'autorita'  giudiziaria gli atti relativi alla domanda
di autorizzazione a procedere;
        che  successivamente  lo  Zanniboni,  con  atto  di citazione
notificato  il  9 aprile  1993,  conveniva  in  giudizio,  avanti  al
Tribunale  di Forli', il deputato Turroni, chiedendone la condanna al
risarcimento  del danno arrecato al suo onore ed alla sua reputazione
a  causa  dei  fatti  per  i  quali  aveva  proposto  querela  con il
menzionato atto del 15 aprile 1992;
        che   il  deputato  Turroni,  nel  costituirsi  in  giudizio,
eccepiva  che  l'accoglimento della domanda era precluso in quanto la
Camera   dei  deputati  non  solo  aveva  negato  l'autorizzazione  a
procedere,  ma  si  era  anche  espressa in favore del riconoscimento
dell'insindacabilita' prevista dal primo comma dell'art. 68 Cost;
        che     il     Tribunale     di    Forli',    con    sentenza
26 giugno-19 settembre  1997,  rigettava  la  domanda,  dichiarandola
improponibile   poiche'   la  Camera  di  appartenenza  aveva  negato
l'autorizzazione   a   procedere   con  la  menzionata  delibera  del
24 febbraio   1993   ritenendo   che   le  espressioni  in  questione
rientrassero  nella  prerogativa  dell'insindacabilita'  prevista dal
primo comma dell'art. 68 Cost;
        che a seguito di appello dello Zanniboni la Corte ricorrente,
investita  dell'impugnazione,  ritiene  -  con l'ordinanza con cui e'
sollevato  il  conflitto  - che la Camera dei deputati abbia fatto un
uso  non  corretto  del potere di decidere in ordine alla sussistenza
dei  presupposti  di  applicabilita' dell'art. 68, primo comma, della
Costituzione  ed  abbia  cosi'  menomato  le  attribuzioni del potere
giudiziario.
    Considerato  che in questa fase del giudizio la Corte - come piu'
volte  gia'  affermato (da ultimo nell'ordinanza n. 62 del 2000) - e'
chiamata  a deliberare, senza contraddittorio e prima facie in ordine
all'ammissibilita'     del     conflitto     sotto     il     profilo
dell'identificazione dei poteri dello Stato, che si contrappongono, e
dell'esistenza  della  materia  di  un  conflitto  la cui risoluzione
spetti  alla  sua  competenza, restando impregiudicata ogni ulteriore
decisione,  anche  in  punto di ammissibilita', con riguardo altresi'
all'incidenza   della  menzionata  delibera  parlamentare  sul  thema
decidendum  devoluto  in grado di appello alla cognizione della Corte
ricorrente;
        che,   sotto   il   profilo   soggettivo,  i  singoli  organi
giurisdizionali  sono  - secondo la costante giurisprudenza di questa
Corte  (ex  plurimis  sentenze  nn. 10  e 11 del 2000) - legittimati,
nell'esercizio  dell'attivita'  giurisdizionale,  esercitata in piena
indipendenza,  ad  essere  parte  nei  conflitti  di attribuzione tra
poteri  dello Stato e parimenti la Camera dei deputati e' legittimata
ad   esserne   parte   in   quanto  organo  competente  a  dichiarare
definitivamente  la  propria  volonta'  in  ordine all'applicabilita'
dell'art. 68 Cost;
        che,  sotto il profilo oggettivo, la Corte ricorrente lamenta
la   lesione  della  propria  potestas  iudicandi  -  consistente  in
un'attribuzione   costituzionalmente   garantita   -  in  conseguenza
dell'esercizio, asseritamente illegittimo, del potere, spettante alla
Camera    di    appartenenza    del   parlamentare,   di   dichiarare
l'insindacabilita',  ai sensi dell'art. 68, primo comma, Cost., delle
opinioni espresse da quest'ultimo;
        che   il   ricorso   introduttivo,   ancorche'   nella  forma
dell'ordinanza  emessa  da  organo  giurisdizionale, costituisce atto
idoneo a sollevare il conflitto (ex plurimis sentenze nn. 10 e 11 del
2000, cit.).