IL TRIBUNALE Ha pronunciato la seguente ordinanza nella causa civile iscritta al n. 440 del ruolo generale degli affari contenziosi dell'anno 1998 vertente tra Gioffre' Salvatore, rappresentato e difeso dall'avv. Antonino Aloi, attore; contro Poste Italiane S.p.a. in persona del presidente pro-tempore, rappresentato e difeso dall'avv. Stellario Venuti, convenuta; Rilevato in fatto Con atto di citazione notificato il 1o aprile 1998 Gioffre' Salvatore conveniva in giudizio dinnanzi a questo tribunale l'ente Poste Italiane, nella persona del legale rappresentante pro-tempore, premettendo: che aveva risposto ad un avviso di concorso per l'assunzione di personale con contratto di formazione e lavoro ai sensi della legge n. 451/1994, bandito dalle Ferrovie dello Stato S.p.a.; che aveva superato brillantemente i test relativi alla specializzazione nel settore operatore dell'arredamento ed era rimasto in attesa di chiamata successiva per i prescritti accertamenti sanitari; che da informazioni assunte presso gli uffici aveva appreso di avere superato le selezioni e di essere stato invitato a visita sanitaria al fine dell'accertameno dei requisiti; che detto invito pero' non gli era mai pervenuto, mentre ad altri partecipanti al concorso era stato notificato regolarmente per la data dell' 8 ottobre 1996; che l'esponente aveva reclamato presso l'ufficio, che in data 13 dicembre 1996 gli aveva risposto che il telegramma di convocazione era stato diramato e che l'eventuale disguido postale non era imputabile alla societa' F.S., si che egli non sarebbe piu' stato sottoposto a visita medica e non avrebbe avuto piu' diritto all'assunzione di cui al concorso; che il pretore di Milano, adito ex art. 700 c.p.c. aveva rigettato il ricorso proposto dall'esponente nei confronti della societa' Ferrovie dello Stato, con la motivazione in parte riportata nell'atto di citazione introduttivo del presente giudizio; che il 29 gennaio 1997 le Poste Italiane, a sua richiesta, avevano certificato che il telegramma de quo era pervenuto alla filiale di Reggio Calabria, ma non era mai stato recapitato al Gioffre'. Tutto cio' premesso e ritenuto "il grave comportamento dell'ente Poste che gestendo un pubblico servizio non ha ottemperato al proprio dovere di recapitare il telegramma provocando un danno enorme e irreparabile all'attore che si ritrova senza lavoro e senza altra garanzia giurisdizionale attese le sentenza del pretore di Milano", Gioffre' Salvatore chiedeva che l'Ente convenuto fosse condannato al risarcimento dei danni subiti, quantificati il L. 300.000.000 per il mancato guadagno ed il danno morale ovvero nella somma maggiore o minore che sarebbe stata stabilita in corso di causa. Si costituiva in giudizio la societa' Poste Italiane S.p.a., in persona del presidente pro-tempore, ed, eccepite preliminarmente l'incompetenza per territorio di questo tribunale e l'improcedibilita' della domanda per la mancata presentazione del reclamo amministrativo ex art. 20 del d.P.R. 29 marzo 1973 n. 156, contestava nel merito la fondatezza della pretesa di controparte, rilevando che, ai sensi dell'art. 6 del d.P.R. n. 156/1973 citato, l'amministrazione (oggi Poste Italiane S.p.a.) non incontra alcuna responsabilita' per i servizi postali, di bancopsta e delle telecomunicazioni, fuori dei casi e dei limiti espressamente stabiliti dalla legge; la convenuta citava, a sostegno del proprio assunto, le sentenze della Corte costituzionale n. 50 del 1992 e n. 463 del 1997; aggiungeva, infine, che l'attore non era, comunque, titolare di una situazione giuridica soggettiva assistita dalla tutela risarcitoria. Concesso all'attore termine per il deposito di memorie difensive, all'udienza del 29 aprile 1999 le parti precisavano le conclusioni e la causa veniva riservata per la decisione, con l'assegnazione del termine di giorni trenta per il deposito di comparse conclusionali e di ulteriore termine di giorni venti per il deposito di memorie di replica. O s s e r v a I danni lamentati dall'attore, dei quali il medesimo chiede il risarcimento, sarebbero conseguiti alla perdita della probabilita' di assunzione con contratto di formazione e lavoro presso le Ferrovie dello Stato S.p.a.; probabilita', resa effettiva dal superamento del test selettivo a contenuto tecnico/professinale previsto dal bando di concorso e venuta definitivamente meno per la mancata partecipazione del candidato, odierno attore, agli accertamenti sanitari per i quali era stato convocato mediante telegramma, mai racapitatogli dall'Ente Poste, oggi Poste Italiane S.p.a. Ebbene, e' orientamento ormai consolidato della Suprema Corte quello per cui e' risarcibile il danno dalla "privazione della possibilita' di vincere un concorso" (c.d. chance), da ragguagliarsi alla probabilita', effettiva e congrua, di conseguire il risultato utile, posto che ne sia provata la sussistenza anche secondo un calcolo di probabilita' o per presunzioni (cfr., tra le tante, Cass. 24 gennaio 1992 n. 781, Cass. 22 aprile 1993 n. 4725, Cass. 25 settembre 1996 n. 8470, Cass. 25 settembre 1998 n. 9598). Nei caso di specie, tuttavia, la domanda risarcitoria, ove fondata sulla pretesa responsabilita' contrattuale dell'amministrazione postale, fatta valere in via diretta ed autonoma dal destinatario, incontra la limitazione di cui art. 6 del d.P.R. 29 marzo 1973 n. 156, applicabile anche nei confronti del terzo in favore del quale il contratto e' concluso. Ed in tal senso si e' espressa la Corte di cassazione, anche in tempi recenti (cfr. Cass. 7 maggio 1998 n. 4619, nonche' meno recentemente Cass. 5 febbraio 1980 n. 801 e Cass. 24 settembre 1981 n. 5176). Numerose sono le pronunce della Corte costituzionale che, nel corso del tempo, hanno avuto ad oggetto la norma da ultimo citata: alcune riguardano fattispecie diverse da quella in esame (cfr. Corte cost. 17 marzo 1988 n. 303, Corte cost. 20 dicembre 1988 n. 1104, Corte cost. 30 dicembre 1994 n. 456, Corte cost. 30 dicembre 1997 n. 463 - quest'ultima quanto ad una sola delle due statuizioni contenute-tutte sentenze di accoglimento; nonche' Corte cost. 21 gennaio 1999 n. 4, sentenza di rigetto), altre riguardano fattispecie in qualche modo connesse a quella de qua (cfr. Corte cost. 18 febbraio 1992 n. 50, e Corte cost. 28 febbraio 1972 n. 74, di accoglimento), una, infine, riguarda una fattispecie simile a quest'ultima (cfr. Corte cost. 30 dicembre 1997 n. 463, cit., per la seconda delle statuizioni in essa contenute, pronunciata con riferimento ad un giudizio promosso per ottenere il risarcimento del danno derivante dal mancato recapito di un plico postale contenente domande di partecipazione ad un concorso). Tutte le pronuncie menzionate contengono l'affermazione di principi tuttora rilevanti, tali da dover essere richiamati e posti a fondamento, da parte di questo giudice remittente, della questione di legittimita' costituzionale degli artt. 6 e 249, primo inciso, del d.P.R. n. 156 del 29 marzo 1973, che si ritiene di dover sollevare d'ufficio. In particolare, va richiamata l'enunciazione per cui, avendo l'art. 43 Cost. istituito uno stretto collegamento tra la nozione di servizio pubblico essenziale e la nozione di impresa e potendo conformarsi i rapporti con gli utenti come "...rapporti contrattuali, fondamentalmente soggeti al regime del diritto privato", l'immunita' da responsabilita' per danni verso l'utenza assicurata all'amministrazione postale costituisce un privilegio la cui "conservazione non ha alcuna giustificazione nell'ordinamento attuale, dove il servizio postale non puo' essere piu' considerato un bene patrimoniale dell'erario e si configura, invece, secondo il criterio organizzativo impartito dall'art. 43 Cost. come un'impresa gestita dallo Stato in regime di monopolio, ossia come una forma di partecipazione dello Stato all'attivita' economica" (Corte cost. n. 303/1988 citato) Peraltro, non va trascurata nemmeno l'affermazione secondo cui il dato costituito dalla natura contrattuale del rapporto dell'amministrazione delle poste con gli utenti e dalla sua soggezione al regime del diritto privato "non conduce di per se' ad escludere la possibilita' di configurare una disciplina speciale, ispirata a criteri piu' restrittivi di quella ordinaria in rapporto tanto alla complessita' tecnica della gestione quanto all'esigenza del contenimento dei costi" (Corte cost. n. 50/1992 cit., che, sul punto, richiama la sent. n. 1104/1988 cit.); tuttavia, l'enunciazione di tale principio e' stata accompagnata da quella per cui le limitazioni alla responsabilita' (dell'amministrazione o) del concessionario del pubblico servizio "dovranno, in ogni caso, essere tali da garantire un ristoro serio e non fittizio del danno subito dall'utente per colpa del concessionario" (Corte cost. n. 1104/1988 cit.) e dovranno comunque trovare "una ragionevole giustificazione in esigenze proprie del servizio... , in vista delle quali soltanto va considerata in linea con i principi costituzionali la configurabilita' di una disciplina speciale nella materia della responsabilita' stessa, a fronte di quella prevista in via generale dal codice civile" (Corte cost. n. 456/1994 cit.). La natura del gestore del servizio postale e telegrafico nel nostro paese - vale a dire quella di societa' per azioni, a seguito della trasformazione deliberata dal CIPE il 18 dicembre 1997 del preesistente ente "Poste Italiane" ente pubblico economico a sua volta succeduto ope legis alla amministrazione postale - accentua il carattere privatistico del rapporto tra il gestore stesso e gli utenti dei servizi offerti al pubblico, si che risultano tuttora validi e piu' che attuali i principi sopra esposti, nel senso che "nella disciplina della responsabilita' per inadempimento inerente ai servizi postali, viene ... meno la giustificazione del rilievo un tempo attribuito ai profili soggettivi, attinenti all'amministrazione, all'ente o alla societa' che li organizza e fornisce, mentre diventano decisivi i profili oggettivi, relativi alle caratteristiche proprie di ciascun servizio: i soli idonei a giustificare una disciplina speciale che ragionevolmente limiti, senza tuttavia vanificarla, la responsabilita' per l'esecuzione delle prestazioni contrattualmente dovute da chi fornisce i servizi stessi" (cosi' Corte cost. n. 463/1997 cit.). Nel caso di mancato o ritardato recapito di telegramma, la regola generale degli artt. 6 e 249, primo inciso, del codice postale si specifica, nelle fonti secondarie che integrano tale norma primaria, nell' esclusione di qualunque indennita' e nella previsione soltanto di un diritto al rimborso, in casi determinati, della tassa integrale del telegramma (cfr. art. 3 e artt. 121 e seg. delle vigenti istruzioni per i servizi telegrafici, nonche' il punto 3.3 della carta della qualita' del servizio pubblico postale emanata con d.P.C.M. 30 gennaio 1996). Siffatta disciplina comporta, a parere di questo giudice, un'ingiustificata disparita' di trattamento tra la societa' che gestisce li servizio e gli utenti (mittenti e destinatari), in grado di alterare la delineata natura privatistica del loro rapporto e di pregiudicare irragionevolmente l'equilibrato componimento degli interessi pubblici e privati connessi alla gestione del servizio. In particolare, e' palesemente da escludere che sia garantito, in casi quale quello de quo, un ristoro serio e non fittizio del danno subito dall'utente per colpa del gestore. D'altronde, questa notevole alterazione dell'equilibrio tra i contrapposti interessi delle parti non pare trovare ragionevole giustificazione in esigenze proprie del servizio telegrafico. Quest'ultimo, infatti, oltre ad avere la funzione di fornire un mezzo di prova dotato dell'efficacia della scrittura privata (cfr. artt. 2705 e 2706 c.c.), e' diretto a rendere effettiva la possibilita' di corrispondenza, garantendone non solo la liberta' e la segretezza, ma soprattutto la celerita' e la sicurezza dell'arrivo a destinazione dello scritto, da trasmettersi utilizzando un codice di segnali Ove il recapito del telegramma non venga assicurato, il danno non deriva dalla perdita di un valore reale o dichiarato, ma esclusivamente dal mancato espletamento del servizio, cioe' dalla mancata produzione di quegli effetti che la corrispondenza avrebbe dovuto realizzare. Rispetto a tale situazione l'utente finisce per essere sostanzialmente privo di tutela, sia preventiva (poiche', allo stato, non gli e' possibile scegliere, tra i servizi offerti dalle Poste Italiane S.p.a. - che svolgono il servizio telegrafico sostanzialmente in regime di monopolio - altra forma di comunicazione dello scritto che lo preservi dal rischio predetto) sia risarcitoria (poiche' il rimborso della tassa non puo' evidentemente rispondere ad una siffatta esigenza); mentre la gestione del servizio stesso, tenuto conto delle caratteristiche e delle modaita' di svolgimento quali risultano dalla normativa vigente (cfr. art. 250 del codice postale e, quindi, i regolamenti di esecuzione e le gia' richiamate istruzioni), non appare di complessita' tecnica tale da rendere ragionevole l'esclusione di ogni responsabilita' in caso di inadempimento. Ne consegue l'illogicita' e l'incoerenza della scelta operata dal legislatore, che pregiudica irrimediabilmente la posizione dell'utente. Le considerazioni che precedono consentono di superare, anche tenuto conto delle peculiarita' del caso di specie, le argomentazioni con le quali la Corte costituzionale ha dichiarato non fondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 6 (oltre che 28, 48 e 93) del d.P.R. 29 marzo 1973 n. 156 sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 113 Cost. dal pretore di Firenze ed agli artt. 3, 28 e 43 Cost. dalla Corte d'appello di Trento, rispettivamente con le pronunce del 18 febbraio 1992 n. 50 e 30 dicembre 1997 n. 463, addotte dalla societa' Poste Italiane S.p.a., a sostegno della propria posizione difensiva. Va pertanto ritenuta e dichiarata la non manifesta infondatezza della questione di legittimita' costituzionale degli artt. 6 e 249, primo inciso, del d.P.R. 29 marzo 1973 n. 156 per contrasto con l'art. 3 della Costituzione, nella parte in cui escludono che la societa' Poste italiane S.p.a. sia tenuta al risarcimento del danno cagionato agli utenti nel caso di mancato recapito di telegramma. La questione, cosi' posta, e' da ritenersi pure rilevante ai fini del decidere. Infatti, dagli atti del giudizio risulta: che effettivamente Gioffre' Salvatore, avendo superato il test selettivo a contenuto tecnico-professionale, venne utilmente collocato nella graduatoria definitiva (cfr. la domanda ed il bando di concorso prodotti dall'attore); che, dato cio', venne convocato, in data 2 ottobre 1996, tramite servizio telegrafico, per il giorno 8 ottobre 1996, presso l'unita' sanitaria territoriale di Roma, per essere sottoposto agli accertamenti sanitari propedeutici all'assunzione (cfr. la missiva del 25 novembre 1996, prodotta dall'attore); che il telegramma del 2 ottobre 1996, proveniente da Milano Fono giunse all'art. telegrafica della filiale di Reggio Calabria dell'allora Ente Poste il giorno 2 ottobre 1996 alle ore 13.07, ma non venne mai recapitato al legittimo destinatario sig. Gioffre' Salvatore (cfr. la nota prot. n. 030/COP/Tel del 29 gennaio 1997 prodotta dall'attore, dal cui tenore e' da escludersi che il mancato recapito sia dovuto a fatto del mittente e/o del destinatario); che, in conseguenza della mancata presentazione alla visita medica, il concorrente venne definitivamente eliminato dalla graduatoria, perdendo cosi' la possibilita' di conseguire l'assunzione (cfr. il bando citato, nonche' le pronunce del pretore di Milano del 14 aprile 1997 e del 9 gennaio 1998, di rigetto delle domande avanzate, in via cautelare e di merito, dal Gioffre' nei confronti delle Ferrovie dello Stato S.p.a.). Dato cio', infondate appaiono sia l'eccezione di incompetenza territoriale di questo tribunale, sollevata dalla societa' convenuta, atteso, che l'obbligazione contrattuale avrebbe dovuto essere eseguita in Reggio Calabria ed in questa citta' si e' pure verificato l'evento dannoso (cfr. art. 20 c.p.c.); sia l'eccezione di improponibilita' della domanda per omessa presentazione del reclamo ex art. 20 del codice postale, pure sollevata dalla societa' convenuta, poiche' - a prescindere dalle questioni concernenti l'applicabilita' della norma all'azione esercitata dal destinatario, e non dal mittente, ed anche all'azione generale di danno, oltre che soltanto alle azioni dirette ad ottenere le indennita' ed i rimborsi previsti dallo stesso codice postale - e' stata comunque dichiarata l'illegittimita' costituzionale dell'articolo citato "nella parte in cui non prevede l'esperibilita' dell'azione giudiziaria anche in mancanza del preventivo reclamo in via amministrativa" (Corte cost. 18 gennaio 1991 n. 15). Consegue che - identificata l'azione esercitata dall'attore come fondata sulla responsabilita' contrattuale dell'Ente Poste, oggi Poste Italiane S.p.a., e precisato che la stessa e' finalizzata ad ottenere il risarcimento del danno per la perdita della probabilita' di assunzione con contratto di formazione e lavoro, in conseguenza del mancato recapito del telegramma - l'applicazione dei principi giurisprudenziali sopra richiamati in materia di risarcibilita' per perdita di chance - che appunto nel caso di specie risulta effettiva e comprovata dall'utile inserimento del Gioffre' nella graduatoria definitiva - comporta che la decisione sulla domanda risarcitoria proposta non puo' prescindere dall'applicazione degli artt. 6 e 249, primo inciso, d.P.R. n. 156/1973 cit. E', quindi, rilevante la questione di legittimita' costituzionale di questi ultimi articoli, cosi' come sopra proposta con riferimento aIl'art. 3 della Costituzione. Giova aggiungere, in punto di rilevanza, che con ordinanza n. 346 del 14/18 ottobre 1996 la Corte costitituzionale - chiamata a pronunciarsi su una questione di legittimita' costituzionale dell'art. 6 del d.P.R. n. 156/1973 sollevata dal tribunale di Reggio Calabria (con ordinanza del 9 luglio 1991, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 24, prima serie speciale, dell'anno 1996), in relazione agli artt. 3, 28, 43, 97 e i 113 della Costituzione, nella parte in cui esclude che l'amministrazione delle Poste e delle Telecomunicazioni sia tenuta a risarcire il danno cagionato agli utenti dall'ingiustificato ritardo nel recapito della corrispondenza - ha evidenziato la necessita' di valutare appunto la rilevanza della questione proposta alla luce di quanto disposto dall'art. 8 comma 3, del d.-l. 1o dicembre 1993 n. 487, convertito nella legge 29 gennaio 1994 n. 71, ai sensi del quale le disposizioni legislative e regolamentari vigenti in materia di servizi svolti dall'amministrazione delle poste e delle telecomunicazioni continuano ad applicarsi in via transitoria in quanto compatibili con il nuovo ordinamento. Ebbene, ritiene questo giudice che il nuovo assetto normativo in cui opera l'attuale societa' Poste Italiane S.p.a., se rende ancor piu' anacronistico il privilegio consistente nella sostanziale immunita' da responsabilita', non consente tuttavia di superare in via interpretativa le norme che lo prevedono, si' da poterle ritenere implicitamente abrogate per incompatibilita' con le nuove disposizioni. Queste, in particolare, risultano, in ordine di tempo, dal d.-l. 1o dicembre 1993 n. 487 convertito nella legge 29 gennaio 1994 n. 71, (trasformazione dell'amministrazione delle poste e delle telecomunicazioni in ente pubblico economico e riorganizzazione del ministero), dallo statuto dell'Ente (deliberato il 27 gennaio 1994), dal regolamento di amministrazione e contabilita' approvato con D.M. 16 gennaio 1995), dal contratto di programma (sottoscritto il 17 gennaio 1995), dalla carta della qualita' del servizio pubblico postale (emanata con d.P.C.M. del 30 gennaio 1996), dalla legge 23 dicembre 1996 n. 662 (e precisamente dall'art. 2, comma da 19 a 27). Non vi e' dubbio che, sulla base di tale normativa (ed in particolare degli obiettivi di qualita' da perseguire, tra i quali la carta della qualita' del servizio pubblico postale annovera i tempi di recapito), possono individuarsi dei nuovi parametri di riferimento per il giudizio di responsabilita' della societa' Poste Italiane S.p.a. in caso di inadempimento, delle obbligazioni assunte; cio' tuttavia non basta, a parere di questo giudice, per affermare che siffatta responsabilita' non incontri il limite di cui al piu' volte citato art. 6 del d.P.R. n. 156/1973, che non risulta derogato da una fonte normativa di pari livello; anzi, la disciplina complessivamente risultante dalle norme sopra richiamate e' tale da presupporre l'attuale vigenza della norma predetta, atteso che vi sono numerose disposizioni concernenti la predeterminazione dell'indennizzo da corrispondersi in caso di inadempimento delle obbligazioni oggi gravanti sul gestore del servizio postale, concepite come limite al risarcimento dallo stesso dovuto agli utenti danneggiati.