IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE Ha pronunciato la seguente ordinanza sul ricorso n. 4306/1999, proposto da Aprile Silvana, rappresentata e difesa dall'avv. Santo Li Volsi ed elettivamente domiciliata presso lo studio dello stesso, in Catania, corso Italia n. 141; Contro comune di Catania, in persona del suo sindaco pro-tempore, rappresentato e difeso dall'avv. Felice Saitta dell'Avvocatura comunale di Catania, presso i cui uffici, in piazza G. Verga n. 7 e' elettivamente domiciliato; e nei confronti di Cerami Dantina, rappresentata e difesa dall'avv. Giampiero de Luca ed elettivamente domiciliata presso lo studio dello stesso, in Catania, piazza Trento n. 2; Per l'annullamento della deliberazione n. 1088 adottata il 9 luglio 1999, non comunicata, con la quale l'interessata e' stata esclusa dal concorso pubblico per titoli per la copertura di dieci posti del profilo professionale "Capo gruppo coordinatore centro sociale - ottava qualifica funzionale - funzionario" per mancanza dell'iscrizione all'albo professionale; Visto il ricorso con i relativi allegati; Constatata la costituzione in giudizio dell'amministrazione intimata; Visti gli atti tutti del giudizio; Designato relatore, alla camera di consiglio del 30 novembre 1999, il primo referendario dott.ssa Concetta Anastasi; Uditi l'avv. Santo Li Volsi per la ricorrente, e l'avv. Giampiero De Luca per la controinteressata; Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue: F a t t o Con atto notificato in data 18 ottobre 1999, la ricorrente chiedeva l'annullamento - previa sospensione - dell'impugnato provvedimento dispositivo, fra l'altro, della sua esclusione dal pubblico concorso per titoli per la copertura di n. 10 posti di "Capo gruppo coordinatore centro sociale - ottava qualifica funzionale - funzionario", bandito dal comune di Catania inizialmente con atto pubblicato il 25 agosto 1990 e poi modificato, a seguito di riapertura dei termini, ai sensi dell'art. 19 della legge regionale n. 25/1993, con atto del 28 ottobre 1995, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Regione siciliana n. 43 - Serie concorsi - del 28 ottobre 1995. La ricorrente esponeva di aver presentato propria domanda, in quanto dipendente di ruolo dell'amministrazione comunale avente diritto alla speciale "riserva" prevista per il personale interno con qualifica immediatamente inferiore, avvalendosi dei termini di riapertura, ma ne veniva esclusa con deliberazione di G.M. n. 1088 del 9 luglio 1999, per carenza del requisito dell'iscrizione all'albo professionale degli assistenti sociali. Avverso la suddetta esclusione, la ricorrente insorgeva con l'odierno gravame, fondato sull'unico articolato profilo di censura, con cui deduceva violazione e disapplicazione del bando di concorso nonche' eccesso di potere sotto i profili della contraddittorieta', dell'illogicita' e della discriminazione. Secondo la tesi di parte ricorrente, in sostanza, il bando di concorso prevederebbe, per l'ammissione, requisiti diversi per i candidati interni, richiedendo soltanto per i candidati esterni il possesso del requisito dell'iscrizione all'albo degli assistenti sociali. Concludeva per l'accoglimento del ricorso, con vittoria di spese. Con memoria depositata in data 27 novembre 1999, si costituiva l'intimata amministrazione contestando specificatamente le argomentazioni svolte ex adverso e concludeva per la relezione del gravame, con ogni conseguenziale statuizione anche in ordine alle spese. Con memoria depositata in data 30 novembre 1999, si costituiva la controinteressata Cerami, candidata esterna al predetto concorso e gia' assunta dall'intimata amministrazione, svolgendo, preliminarmente le seguenti eccezioni: 1) inammissibilita' del ricorso per difetto del contraddittorio poiche' essa deducente non sarebbe effettiva controinteressata, non rientrando nella categoria del personale interno avente diritto alla riserva; 2) inammissibilita' del ricorso per difetto di interesse, poiche' la ricorrente non avrebbe dimostrato la sussistenza del proprio interesse ad agire mediante la cosiddetta "prova di resistenza", secondo cui, in mancanza della esclusione, ella si sarebbe potuta classificare in posizione utile ai fini della nomina (o tra gli idonei, qualora la graduatoria fosse utilizzabile anche per un numero di posti ulteriori); 3) inammissibilita' del ricorso per omessa impugnazione del bando. Nel merito, deduceva l'infondatezza del ricorso, assumendo, in sintesi, che il requisito dell'iscrizione all'albo professionale dovesse esere richiesto dal bando con riferimento a tutti i candidati, sia interni che esterni. Concludeva per la reiezione del ricorso, con ogni conseguenziale statuizione anche in ordine alle spese. Alla camera di consiglio del 30 novembre 1999, il ricorso passava in decisione interinale, fino all'esito definitivo del presente giudizio. D i r i t t o 1. - Va rigettata l'eccezione svolta dalla controineressata di difetto del contraddittorio, per omessa notifica del ricorso al controinteressato effettivo. La lex specialis del concorso - quale risulta sia dal bando originario del concorso del 25 agosto 1990 che a seguito della modifica introdotta con il successivo bando del 28 ottobre 1995 - contiene la seguente clausola: "La graduatoria del concorso e' unica. Il personale interno, esauriti i posti riservati, puo' ricoprire i posti eventualmente non ricoperti dagli esterni. I posti riservati al personale interno, ove non siano integralmente coperti, vengono conferiti agli esterni, analogamente, la quota non utilizzata per la mobilita' esterna andra' ad incrementare la percentuale di posti riservata al personale interno". Percio', secondo lex specialis del bando, viene posto ab origine il principio della "unicita' della graduatoria", con la conseguente refluenza di ogni vicenda individuale (rinunce, esclusioni, modifica di punteggi, ecc.) su tutti i concorrenti collocati in posizione utile, a prescindere dalla loro appartenenza alla categoria di interni od esterni. Da cio' deriva che, con riferimento al presente ricorso, volto a censurare l'intepretazione data dall'amministrazione ad una clausola generale del bando inerente un requisito per la partecipazione, tutti i concorrenti vanno qualificati alla stregua di "litisconsorti necessari" in base al principio della inscindibilita' dell'atto, di cui meglio si dira' appresso. Del resto, gia' giurisprudenza meno recente (ex multis: C.G.A. 24 maggio 1989, n. 210 e 26 febbraio 1987, n. 58) ha avuto modo di precisare che il concorrente non riservatario risultato idoneo, ancorche' non nominato, e' controinteressato nel giudizio proposto da altro concorrente che lo segue in graduatoria, assumendo di aver titolo alla nomina in quanto riservatario, perche', in caso di accoglimento del ricorso, il candidato non riservatario, retrocedendo necessariamente di un posto, vedrebbe lesa l'aspettativa alla nomina - di cui e' pur sempre titolare - in esito ad un eventuale "scorrimento della graduatoria". Nella specie, percio', la ricorrente, che ha notificato il ricorso ad una sola candidata della graduatoria - ancorche' non "riservista" - risulta aver correttamente assolto all'onere sancito dall'art. 21, primo comma della legge 6 dicembre 1971, n. 1034, per cui, il principio del litisconsorzio necessario potra' essere adempiuto in corso di giudizio, a seguito dell'ordine di integrazione del contraddittorio, da disporsi a cura del giudice. Pertanto, l'eccezione non merita adesione. 2. - Va altresi' rigettata la seconda eccezione, con cui la controinteressata deduce il difetto di interesse della ricorrente ex art. 100 c.p.c. a coltivare l'odierno ricorso, per carenza di "prova della resistenza", per non aver dimostrato che, in assenza dell'esclusione, ella si sarebbe classificata in posizione utile alla nomina. Nel processo amministrativo, il criterio inerente la cosiddetta "prova di resistenza", prevede che debba essere ritenuto escluso l'interesse a far valere un motivo di ricorso, allorche' l'accoglimento del motivo stesso non potrebbe comportare alcuna incidenza nel contenuto del provvedimento finale, con la conseguenza che alla parte ricorrente non potrebbe derivare alcun vanaggio sostanziale. In genere, il suddetto criterio della "prova della resistenza" viene applicato nel senso di ammettere l'interesse ad impugnare un provvedimento asseritamente lesivo degli interessi del ricorrente (ovvero l'interesse a proporre singole censure d'illegittimita'), salvo che risulti, con certezza, che il ricorrente non potrebbe ricevere utilita' dall'annullamento (o dall'accoglimento di una data censura). Invero, tale criterio della "prova di resistenza" trova il suo luogo indispensabile di applicazione nelle controversie in materia elettorale, nell quali il giudice ritiene irrilevante l'attribuzione ad una lista, piuttosto che ad un'altra, di un limitato numero di voti, qualora dalla suddetta "prova di resistenza" emerga la non rilevanza dell'attribuzione dei voti in contestazione ai fini dell'eliminazione dello scarto esistente tra le liste in competizione. Nelle fattispecie concorsuali, invece, la regola viene normalmente applicata ipotizzando l'assegnazione del punteggio massimo a colui che impugna e minimo al controinteressato. E' stato affermato, con riferimento alle impugnazioni dei risultati di un concorso, che la suddetta "prova di resistenza" esclude che una censura possa essere presa in considerazione qualora risulti in modo inconfutabile che, anche in caso di accoglimento, il ricorrente non riuscirebbe a sopravanzare nessuno dei concorrenti dichiarati vincitori (cfr. Tribunale amministrativo regionale Bari 26 maggio 1987, n. 375 e Tribunale amministrativo regionale Lazio, II Sez., 8 marzo 1988, n. 391). Nel caso di specie, pero', non sussiste alcun elemento certo ed oggettivo, tale da poter consentire l'esclusione di un qualunque vantaggio, in capo alla parte ricorrente, da un eventuale esito positivo del presente giudizio. Al contrario, osserva il collegio che, nel caso di specie, l'eccezione risulta formulata assumendo come dato certo ed inconfutabile un risultato che invece, potrebbe scaturire soltanto in conseguenza di un eventuale esito negativo del presente giudizio (attribuendo cioe', ad una semplice spes juris della controinteressata, il rilievo di un elemento certo ed acclarato). Ed infatti, la tesi della parte controinteressata e' stata condotta dando per scontato un esito negativo della lite, e dando per presupposto il criterio secondo cui chi potrebbe avere torto nel merito (anticipando, oltretutto, una valutazione che spetta al giudice in sede di decisione della controversia) non sarebbe legittimato a proporre azione giurisdizionale. L'eccezione va, quindi, disattesa poiche', se portata alle sue coerenti conseguenze, potrebbe determinare il paradossale risultato della inammissibilita' dell'impugnativa di qualunque provvedimento di esclusione ad un concorso. 3. - E' altresi' infondata l'eccezione con cui la controinteressata deduce l'inammissibilita' del ricorso per omessa impugnativa del bando di concorso, dal momento che le deduzioni svolte dalla ricorrente sono volte a censurare la violazione e la disapplicazione del bando di concorso, ed introducono un thema decidendum, il quale postula l'interpretazione delle clausole del bando, da farsi a cura del giudice, con la decisione della controversia. Pertanto, anche questa eccezione si appalesa infondata. 4.1. - Tuttavia i collegio ritiene di non poter trattare il merito della domanda cautelare proposta, a causa dei gravi dubbi di legittimita' costituzionale scaturenti dalla normativa da applicare ai fini della deliberazione in ordine alla sussistenza o meno dei profili di giurisdizione. Nel nuovo sistema di riparto della giurisdizione fra giudice amministrativo e giudice ordinario, delineato dall'art. 68 del d.lgs. 3 febbraio 1993, n. 29, nel testo sostituito dall'art. 29 del d.lgs. 31 marzo 1998, n. 80, si stabilisce che "sono devolute al giudice ordinario, in funzione di giudice del lavoro, tutte le controversie relative ai rapporti di lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni di cui all'art. 1, comma 2, ad eccezione di quelle relative ai rapporti di lavoro di cui al comma 4, incluse le controversie concernenti l'assunzione al lavoro... ancorche' vengano in questione atti amministrativi presupposti ..." (comma 1), mentre restano devolute alla giurisdizione del giudice amministrativo le controversie in materia di procedure concorsuali per l'assunzione dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni, nonche' in sede di giurisdizione esclusiva, le controversie relative ai rapporti di lavoro di cui all'art. 2, commi 4 e 5, ivi comprese quelle attinenti ai diritti patrimoniali connessi (comma 4). Appare evidente, percio', che, ai sensi del primo comma dell'art. 68, sono attribuite alla giurisdizione dell'A.G.O. tutte le controversie inerenti ogni fase del rapporto di lavoro, dalla sua instaurazione fino alla estinzione (compresa ogni fase intermedia, relativa ad ogni eventuale vicenda modificativa), a partire dalla cosiddetta "assunzione al lavoro", per cui, a seguito della cosiddetta privatizzazione del pubblico impiego - attuata con l'art. 2, comma 2, d.lgs. n. 29/1993, nel testo sostituito dall'art. 2.1. del d.lgs. n. 546/1993 e, da ultimo, dall'art. 2 del d.lgs. n. 80/1998 - quelli che prima venivano qualificati come provvedimenti amministrativi di "nomina" risultano essere stati trasformati ope legis (e fatte salve le note eccezioni) in atti aventi natura privatistica, secondo lo schema negoziale proposta-accettazione (cfr. Tribunale amministrativo regionale Sicilia - Catania, Sez. III 7 giugno 1997, n. 1288, punto 1.b della motivazione; Corte cost. 16 ottobre 1997, n. 309, punto 2.2.4 della motivazione, e tribunale La Spezia - Sez. Lavoro, ordinanza 26 aprile 1999), ferma restando la qualificazione di "atti amministrativi" soltanto per gli atti disciplinanti le linee fondamentali dell'organizzazione degli uffici, per gli atti aventi funzioni di indirizzo politico-amministrativo (art. 3 del d.lgs. n. 29/1993, nel testo sostituito dall'art. 3 del d.lgs. n. 80/1998) e per gli atti relativi ai procedimenti concorsuali (art. 68, comma 4). 4.2. - Nel caso di specie, la ricorrente agisce nelle qualita' di candidata al concorso, in virtu' della speciale "riserva" prevista per il personale interno del comune di Catania, sicche' la fattispecie de qua - assumendo il rilievo di una "vicenda modificativa" del rapporto di lavoro in atto, e, piu' specificatamente, di una procedura finalizzata alla progressione in carriera della stessa - non dovrebbe essere sussumibile nella disciplina prevista dall'art. 68, comma 4, che fa riferimento al concetto di "procedure concorsuali per l'assunzione" (come gia' precisato da questa Sezione, con le ordinanze cautelari n. 1235/1999 e n. 1751/1999 nonche' con sentenza n. 2104/1999). Invece, con riferimento a tutti gli altri concorrenti esterni all'amministrazione, cui dovrebbe essere altresi' notificato il presente ricorso, stante la "unicita'" della graduatoria contemplata dalla lex specialis del bando, troverebbe applicazione proprio il comma 4 dell'art. 68 precitato, a mente del quale la cognitio causae risulta devoluta alla giurisdizione di questo giudice. Ne', nella specie, puo' trovare applicazione una valutazione distinta dei due aspetti, mediante una cognizione della controversia separata, fondata sulla distinzione fra "concorrenti interni" e "concorrenti esterni", a cio' ostandovi la piu' volte menzionata "unicita'" della graduatoria, prevista espressamente del bando, che postula una "inscindibilita'" della controversia nonche' un contraddittorio da estendersi nei confronti di tutti i candidati inclusi in graduatoria. Il bando, in questione, infatti, rientra nella categoria dei cosiddetti "atti inscindibili", i quali si riferiscono ad una pluralita' di soggetti e non consentono alcuna distinzione fra le singole posizioni (casi tipici di atti inscindibili sono, per quanto concerne la procedura concorsuale, quegli atti unitari che si riferiscono a tutti i partecipanti, quali ad esempio il bando di concorso, la composizione della commissione esaminatrice, i criteri di massima). Dalla inscindibilita' di un atto deriva come corollario che l'annullamento dell'atto ritenuto viziato e la sua rinnovazione vanno ad incidere sulla posizione degli altri compartecipi del medesimo rapporto, che - proprio per la sua inscindibilita' - non puo' venir meno con effetti limitati solo ad alcuni dei soggetti cui si riferisce, per cui l'annullamento dell'atto unitario ed inscindibile travolge necessariamente anche le posizioni dei terzi, ancorche' rimasti estranei al giudizio originario. L'elemento unificante delle singole posizioni degli aspiranti e', infatti, costituito dalla valutazione in base a criteri omogenei (espressi nel bando o nella successiva predisposizione dei criteri di massima delle valutazioni) delle diverse posizioni soggettive dei partecipanti alla procedura, successivamente sintetizzate nella graduatoria che cristallizza il valore comparativo, in relazione agli standard prefissati. Riportando la questione sul terreno della teoria generale del "giudicato amministrativo" (al fine di lumeggiare meglio la questione), appare evidente come la "graduatoria unica" non sia per nulla suscettibile di scissione in autonome parti costitutive (sono, infatti, ben note le incertezze e le difficolta' proprie della teoria degli effetti del giudicato amministrativo e il discrimine tra "atto collettivo" e "atto plurimo", soprattutto se si tiene altresi' conto del criterio concorrente e correttivo della cosiddetta "finalita' dell'atto". Nel caso di specie, l'atto impugnato va qualificato come "inscindibile" sia per il suo contenuto (che investe inseparabilmente una collettivita' di interessati) che per la stessa finalita' di procedere ad una valutazione delle posizioni soggettive dei diversi candidati in base a criteri omogenei e l'efficacia del giudicato amministrativo che si verra' a formare sulla decisione dell'odierna controversia investira', in un modo o nell'altro, tutti i soggetti inclusi in graduatoria. Conseguentemente, la devoluzione di segmenti della medesima controversia ad autorita' giudiziarie diverse potrebbe determinare ipotesi di contrasto di giudicati, in relazioni alle diverse impugnative giurisdizionali proposte dai vari soggetti interessati. La costante giurisprudenza (ex multis: Cons. Stato, Sez. V 20 novembre 1989, n. 748, Tribunale amministrativo regionale Campania Napoli - Sez. 4, 14 marzo 1990, n. 83) ha evidenziato che l'annullamento degli atti indivisibili, che hanno per loro natura un contenuto unitario ed iscindibile ha effetto, oltre che ex tunc, anche erga omnes, non potendosi ammettere che l'atto annullato, ove sia non frazionabile, debba essere ritenuto inesistente soltanto per i ricorrenti, rimanendo valido, invece, per tutti gli altri soggetti. 4.3. - L'assetto innovativo del riparto di giurisdizione in materia, attuato con la normativa di cui al d.lgs. n. 29/1993, come modificato dal d.lgs. n. 80/1998, non autorizza la configurazione di una vis actractiva, nella sfera della giurisdizione amministrativa, delle controversie aventi ad oggetto, contestualmente, procedure concorsuali riservate - e, percio', qualificabili come "vicende modificative" del rapporto di impiego con la p.a. - di competenza dell'A.G.O. e procedure concorsuali finalizzate alla "assunzione" di competenza dell'A.G.A. Infatti, nella materia de qua, non esistono esplicate deroghe legislative e, inoltre, a differenza che per la "competenza" che puo' essere modificata per ragioni di connessioni (artt. 31 e segg., e 40, c.p.c.), nel nostro ordinamento vige il principio generale della "inderogabilita'", per ragioni di "connessione", delle rispettive giurisdizioni del giudice ordinario e del giudice amministrativo, non sussistendo alcuna disciplina ne' generale e ne' particolare sul punto (cfr. fra le altre Cass. Sez. Un. 1o marzo 1989, n. 1108). Ed invero, l'art. 37 c.p.c. prevede che "il difetto di giurisdizione del giudice ordinario nei confronti della pubblica amministrazione o dei giudici speciali e' rilevato, anche d'ufficio, in qualunque stato e grado del processo". In sostanza, ritiene il collegio che le difficolta' e discrasie poste dal nuovo assetto di riparto di giurisdizione - inteso a separare nettamente la materia che attiene alla costituzione, allo svolgimento ed alla estinzione del rapporto di lavoro, dalla materia afferente esclusivamente ai pubblici concorsi di assunzione al lavoro - non possono essere superate dal giudice amministrativo riconducendo la controversia di cui all'oggetto nell'alveo della residua giurisdizione amministrativa, in materia di procedure concorsuali. 5.1. - Questa sezione, con ordinanza 24 novembre 1999, n. 467, ha sollevato d'ufficio la questione di incostituzionalita' dell'art. 68 d.lgs. n. 29/1993 successive modificazioni, per contrasto con gli artt. 3 e 24 Cost., nella parte in cui non devolve al giudice ordinario la giurisdizione in ogni controversia riguardante il rapporto di lavoro "contrattualizzato" alle dipendenze di amministrazioni pubbliche, ivi comprese quelle concernenti le procedure concorsuali per l'assunzione (comma 4 del predetto art. 68), ed in cui, comunque, la valutazione della legittimita' di un atto sia connessa con questioni concernenti il rapporto di lavoro presso le pubbliche amministrazioni, attribuendo al giudice ordinario un generale potere di cognizione piena e di annullamento degli atti presupposti illegittimi, ancorche' atti di organizzazione e non di gestione. La sezione, infatti, con la predetta ordinanza, ha espresso i propri dubbi in ordine alla legittimita' costituzionale delle norme suddette in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione "sotto il profilo della ingiustificata ed irragionevole disparita' che viene a determinarsi fra dipendenti privati, che, per le controversie aventi ad oggetto qualsivoglia segmento del rapporto di lavoro devono rivolgersi ad un solo giudice, e dipendenti di amministrazioni pubbliche, che, a seguito della c.d. "contrattualizzazione , possono essere costretti a sottoporre una medesima vicenda al vaglio di entrambi i giudici, poiche' con riguardo all'impugnativa di un'unica deliberazione - taluni aspetti rientrano nell'ambito della giurisdizione del giudice ordinario, ed altri in quella del giudice amministrativo, in assenza di alcuna previsione legislativa volta a regolamentare i rapporti fra le due giurisdizioni e ad evitare la possibilita' del contrasto di giudicati". L'art. 68/1 d.lgs. n. 29/1993, come modificato dall'art. 29 d.lgs. n. 80/1998, devolve al giudice ordinario, in funzione di giudice del lavoro, tutte le controversie relative al rapporto di lavoro dei pubblici dipendenti, "... incluse le controversie concernenti l'assunzione al lavoro e le indennita' di fine rapporto, comunque denominate e corrisposte, ancorche' vengano in questione atti amministrativi presupposti", precisando che, ove tali ultimi atti "siano rilevanti ai fini della decisione, il giudice amministrativo li disapplica, se illegittimi" e che "l'impugnazione davanti al giudice amministrativo dell'atto amministrativo rilevante nella controversia non e' causa di sospensione del processo", mentre, come gia' precisato, la medesima disposizione legislativa attribuisce al giudice amministrativo la giurisdizione sulle controversie relative alle procedure concorsuali per l'assunzione al lavoro (comma 4). Ma - poiche' le controversie in materia di "nomina" sono state attribuite alla giurisdizione del giudice ordinario (che potra' disapplicare eventuali atti autoritativi presupposti, ai sensi dell'art. 68/1 d.lgs. n. 29/1993, e successive modificazione ed integrazioni) e quelle inerenti il momento anteriore, relativo alle varie fasi della procedura concorsuale (es.: impugnative di clusole del bando, dei criteri generali applicati, ecc. non strettamente collegate con le problematiche connesse alla "assunzione" al lavoro) sono rimaste comprese nella sfera della giurisdizione del giudice amministrativo - il dipendente di una p.a. viene costretto ad adire entrambi gli ordini giurisdizionali, con aggravio della possibilita' di ottenere la tutela processuale delle situazioni giuridiche che lo riguardano. 5.2. - Con riferimento alla impugnativa della graduatoria de qua, la coerente applicazione della normativa in materia di riparto di giurisdizione imporebbe al giudice amministrativo l'emanazione di una pronuncia che sia: 1) in parte declinatoria della propria giurisdizione, con riferimento alla domanda prospettata dalla parte ricorrente nonche' con riferimento al controinteressato "riservatario" (litisconsorte necessario), rispetto ai quali la partecipazione alla procedura concorsuale de qua, assume il rilievo di una vicenda modificativa del rapporto di lavoro in atto con il comune di Catania e, quindi, appare sussumibile nell'ipotesi normativamente contemplata dal comma 1 dell'art. 68; 2) in parte attributiva della propria giurisdizione, con riferimento all'attuale controinteressata costituita nonche' agli altri concorrenti esterni litisconsorti necessari, ai sensi del comma 4 dell'art. 68; 3) in parte declinatoria della giurisdizione nei confronti della stessa controinteressata Cerami Santina nonche' nei confronti di tutti quei partecipanti "esterni" al concorso, che potrebbero introdurre una questione inerente un contratto individuale di lavoro gia' stipulato (nomina), ad avviso del collegio sussumibile nell'ipotesi contemplata dal comma 1 dell'art. 68. Tale ultima soluzione deriva, infatti, dalla circostanza secondo cui la "nomina" rientra nel concetto di "assunzione al lavoro", contemplato nel comma 1 dell'art. 68 d.lgs. n. 29/1993 novellato dal d.lgs. n. 80/1998, e non nell'ambito della categoria delle "procedure concorsuali per l'assunzione" di cui al successivo comma 4, poiche' quest'ultima soluzione potrebbe comportare una eventuale vanificazone del significato precettivo dell'esplicito combinato disposto dei ripetuti comma 1 e 4 dell'art. 68 in questione, che, invece, esprimono la chiara volonta' del legislaore di attribuire la cognizione di tutte le controversie relative al rapporto di lavoro con le p.a. (ivi comprese quelle concernenti la fase di costituzione in concreto dello stesso rapporto con i soggetti precedentemente selezionati), al giudice ordinario, in funzione di giudice del lavoro, lasciando immutata la giurisdizione generale di legittimita' del giudice amministrativo soltanto per quanto concerne le controversie relative alle procedure concorsuali, prodromiche e finalizzate alle assunzioni (id est: alla costituzione in concreto, col dipendente individuato in base alle predette procedure concorsuali del rapporto di lavoro). Invero, il collegio non ignora il diverso orientamento del pretore di Catania, in funzione di giudice del lavoro, che, con l'ordinanza 29 gennaio 1999, n. 1401, ha ritenuto di dover qualificare alla stregua di controversie concernenti l'assunzione (come tali ricomprese nella giurisdizione dell'A.G.O.) soltanto quelle relative alla fase di costituzione del rapporto, nelle quali, comunque, non venga in contestazione lo svolgimento della procedura concorsuale (ad esempio quelle relative al periodo di prova), ritenendo devolute al giudice amministrativo soltanto quelle controversie nelle quali non viene in contestazione lo svolgimento della procedura concorsuale. Osserva, pero', il collegio che la suddetta chiave interpretativa non appare sufficentemente suffragata dai riferimenti testuali - in coerente applicazione dei principi ermeneutici di cui all'art. 12 delle preleggi - che emergono dall'inciso "controversie concernenti l'assunzione al lavoro ... ancorche' vengano in questione atti amministrativi presupposti" (comma 1 del ripetuto art. 68). Ed invero, nel caso in cui il legislatore avesse voluto mantenere ferma la giurisdizione del giudice amministrativo (e quindi la sua potestas decidendi) anche per le controversie concernenti le predette assunzioni al lavoro, avrebbe espressamente ricompreso tali controversie nell'ambito di quelle concernenti le procedure concorsuali (che, invece, rimangono attribuite in via residuale, ex art. 68, comma 4, alla cognizione del giudice amministrativo) e non le avrebbe espressamente devolute alla nuova cognizione dell'A.G.O., come invece ha statuito col precedente comma 1. Giova, infatti, ricordare che il provvedimento finale o conclusivo del procedimento concorsuale e' costituito dall'approvazione della graduatoria definitiva, e non gia' dall'atto di nomina o, comunque, dall'atto costitutivo (ora "contratto individuale") del rapporto di impiego con i vincitori del concorso, mentre, il procedimento concorsuale ed il provvedimento di approvazione della graduatoria, costituenti, rispettivamente, il procedimento presupposto e l'atto supposto di carattere generale, vanno considerati come atti meramente prodromici dei successivi presupponenti ed individuali, con i quali viene concretamente costituito od instaurato il rapporto di impiego con la p.a. (cfr.: ex plurimis Cass. Civ. S.U. 12 febbraio 1985, n. 1169. C.G.A. 29 dicembre 1989, n. 483; Cons. Stato, Sez. V 15 ottobre 1992, n. 1022; Tribunale amministrativo regionale Sicilia, Catania, 11 ottobre 1982, n. 796; Corte conti, Sez. Contr. 23 maggio 1996, n. 78). 6.1. - Risulta, quindi, evidente come il complesso sistema normativo si ponga in violazione sia del principio di ragionevolezza (art. 3 Cost.), sia del principio di eguaglianza (medesimo art. 3), laddove non consente che il dipendente della p.a., a differenza di quello privato - che deve adire soltanto il giudice ordinario per ottenere la tutela delle medesime situazioni giuridiche - deve adire sia il giudice amministrativo che il giudice ordinario, in relazione ad alcune tipologie di controversie, dovendo cosi' subire sia gli effetti di possibili contrasti di giudicati, con sostanziale violazione anche dell'art. 24 Cost., sia un conseguente aggravio dell'esperimento dei mezzi di tutela giurisdizionale. Appare, percio', evidente che la risoluzione della questione di costituzionalita' della normativa da applicare, si pone assolutamente ed incontrovertibilmente quale necessaria pregiudiziale per la definizione della controversia portata alla cognizione del collegio, ai sensi dell'art. 23/2 della legge n. 87/1953, poiche' soltanto la declaratoria di illegittimita' costituzionale delle disposizioni di legge denunciate potra' consentire al collegio di spogliarsi in toto del presente giudizio, senza procedere a quella frammentazione della controversia stessa suscettible sia di determinare la possibilita' di giudicati contrastanti, sia di costringere le parti ricorrenti ad esperire diversi mezzi di tutela, in violazione dei principi costituzionali di cui agli artt. 3 e 24 Cost.), ai fini della valutazione di non manifesta infondatezza della questione sollevata. Ed invero, risulta di palmare evidenza, alla luce delle superiori considerazioni, che, per ottenere una tutela giurisdizionale completa, la parte ricorrene sarebbe costretta ad adire sia il giudice ordinario che il giudice amminisrativo e, che la medesima graduatoria dovrebbe essere impugnata sia davanti al giudice ordinario (per candidati riservisti) sia davanti al giudice amministrativo (per i candidati esterni). 6.2. - Sotto altro profilo, non appare ne' ragionevole ne' equo che il dipendente di una p.a. non possa trovare nel giudice ordinario l'unico giudice del rapporto ormai contrattualizzato, e che - in ragione delle peculiarita' delle fattispecie nonche' della commissione di profili pubblicistici e privatistici, organizzativi e di gestione - debbano duplicarsi ed intrecciarsi i mezzi di tutela, con la altresi' grave ed inevitabile conseguenza di eventuali contrasti di giudicati, atti, infine a rendere molto complesso e talora anche fonte di ulteriore contenzioso la fase finale relativa alla stessa esecuzione dei giudicati, cioe' la fase inerente la effettiva satisfattivita' degli interessi azionati, mediante l'attribuzione del "bene della vita" domandato. E' tutto cio' si pone in netto contrasto con gli obiettivi di celerita' ed economicita' dei procedimenti giurisdizionali che il legislatore con la riforma de qua ha inteso perseguire, nonche' con lo stesso principio della "effettivita'" della tutela giurisdizionale. 6.3. - Come gia' evidenziato nella precitata ordinanza di rimessione in Corte costituzionale di questa sezione del 24 novembre 1999, n. 467, la disciplina che ha introdotto la contrattualizzazione e' gia' stata, sotto altri profili, sospettata di incostituzionalita' per contrasto con l'art. 97 della Costituzione dall'Adunanza Generale del Consiglio di Stato, nel parere reso in data 31 agosto 1992, n. 146 e la Corte costituzionale - pur avendo escluso, con le decisioni n. 313 del 18-25 luglio 1996, e n. 309 del 16 ottobre 1997, la sussistenza della prospettata questione di legittimita' costituzionale della disciplina de qua sotto i profili della violazione dell'art. 97 - ha affermato che "L'organizzazione, nel suo nucleo essenziale, resta necessariamente affidata alla massima sintesi politica espressa dalla legge nonche' alla potesta' amministrativa nell'ambito di regole che la stessa pubblica amministrazione previamente pone, mentre il rapporto di lavoro dei dipendenti viene attratto dall'orbita della discplina civilistica per tutti quei profili che non sono connessi al momento esclusivamente pubblico dell'azione amministrativa" (Corte cost. 16 ottobre 1997, n. 309 punto 2.1.2.). Invero, il sistema di riparto della giurisdizione avrebbe dovuto prevedere dei meccanismi processuali, idonei a disciplinare tutte le ipotesi inerenti le connessioni e le sovrapposizioni fra le diverse sfere d'azione, rispettivamente pubblicistiche e privatistiche, in cui l'amministrazione esplica la proria attivita', poiche' lo spostamento, operato dal d.lgs. n. 80/1998, circa il confine della privatizzazione dalla gestione dei rapporti di lavoro ad una parte dell'attivita' organizzativa, non riducibile alla prima, non puo' non refluire anche sul riparto della giurisdizione. 6.4. - Ad avviso del collegio, non sussiste negli artt. 103 e 113 della Costituzione alcun limite costituzionale implicito alla possibilita' di concepire una giurisdizione esclusiva del giudice ordinario, ma, anzi, l'ultimo comma dell'art. 113 Cost., il quale prevede che "la legge determina quali organi di giurisdizione possono annullare gli atti della pubblica amministrazione nei casi e con gli effetti previsti dalla legge stessa" consente al legislatore ordinario di stabilire nuove ipotesi di giurisdizione del giudice ordinario non limitate in ragione della situazione tutelata e con cognizione piena - e non soltanto incidentale e tendente alla mera disapplicazione - dei provvedimenti amministrativi. Non va, infatti, sottaciuto che il legislatore ha talora attribuito al giudice ordinario, in alcune materie, poteri di annullamento, come ad esempio, con gli artt. 22 e ss. della legge n. 681/1989, in tema di annullamento di ordinanza-ingiunzione, dispositive di sanzioni amministrative. Conclusivamente, il collegio ritiene di dover altresi' richiamare alcune osservazioni - contenute nella nota sentenza della sezioni unite della Corte di cassazione n. 500 del 26 marzo-22 luglio 1999), in tema di risarcibilita' degli interessi legittimi - le quali, con riferimento ai criteri di riparto della giurisdizione di cui alla disciplina introdotta dal d.lgs. n. 80/1998, dopo avere ricordato il contenuto degli artt. 29, 33 e 34 di detto decreto - evidenziano che "risulta in tal modo compiuta dal legislatore una decisa scelta nel senso del superamento del tradizionale sistema del riparto della giurisdizione in riferimento alla dicotomia diritto soggettivo - interesse legittimo, a favore della previsione di un riparto affidato al criterio della materia" e, pertanto, rilevano la necessita' della "concentrazione della tutela potenzialmente esaustiva per la situazione soggettiva lesa dall'esercizio illegittimo della funzione pubblica", e, in particolare, alla "grave limitazione che, per l'effettivita' della tutela giurisdizionale, costituisce il "successivo ricorso a due giudici diversi". In conclusione, poiche' le dedotte questioni di costituzionalita' appaiono rilevanti per la decisione del ricorso, e non manifestamente infondate, si rende necessario sospendere il presente giudizio in attesa che la Corte costituzionale si pronunci sulla eccezione di incostituzionalita' dell'art. 68 d.lgs., n. 29/1993 e successive modificazioni, per contraso con gli artt. 3 e 24 Cost., nella parte in cui - al di fuori delle ipotesi di giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo per il personale non contrattualizzato o privatizzato (seconda parte del comma 4 dell'art. 68) - non devolve al giudice ordinario la giurisdizione in ogni controversia riguardante il rapporto di lavoro alle dipendenze di amministrazioni pubbliche, ivi comprese quelle concernenti le procedure concorsuali per l'assunzione (comma 4 del predetto art. 68), ed in cui, comunque, la valutazione della legittimita' di un atto sia connessa con questioni concernenti il rapporto di lavoro presso le pubbliche amministrazioni, attribuendo al giudice ordinario un generale potere di cognizione piena e di annullamento degli atti presupposti illegittimi che incidano la sfera giuridica del dipendente, ancorche' si tratti di atti di organizzazione e non soltanto di gestione, si' da non costringere il dipendente a duplici impugnative, dinanzi al giudice amministrativo e dinanzi al giudice ordinario, con l'ulteriore conseguenza della possibilita' di contrasto di giudicati.