ha pronunciato la seguente Ordinanza nei giudizi di legittimita' costituzionale dell'art. 38, secondo comma, e dell'art. 41, primo alinea, del d.P.R. 27 ottobre 1953, n. 1068 (Ordinamento della professione di ragioniere e perito commerciale), promossi con ordinanze emesse il 4 novembre e il 16 dicembre 1998 dal Consiglio nazionale dei ragionieri e periti commerciali sui ricorsi proposti da Palmisano Rocco e da Barbieri Elio contro il Consiglio del Collegio dei ragionieri e periti commerciali della Provincia di Brindisi, iscritte ai nn. 902 del registro ordinanze 1998 e n. 138 del registro ordinanze 1999 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica nn. 2 e 11, prima serie speciale, dell'anno 1999. Udito nella camera di consiglio del 22 marzo 2000 il giudice relatore Fernando Santosuosso. Ritenuto che, nel corso di due procedimenti, promossi avverso le distinte delibere con cui il Consiglio del Collegio dei ragionieri di Brindisi ha disposto la radiazione di due iscritti dall'albo, senza sentirli ne' invitarli a presentare memorie, il Consiglio nazionale dei ragionieri e periti commerciali, con due ordinanze di identico tenore emesse il 4 novembre ed il 16 dicembre 1998, ha sollevato d'ufficio questione di legittimita' costituzionale dell'art. 38, secondo comma, e dell'art. 41, primo alinea, del d.P.R. 27 ottobre 1953, n. 1068 (Ordinamento della professione di ragioniere e perito commerciale), nella parte in cui prevedono la radiazione di diritto, senza l'obbligo di sentire l'interessato, dall'albo dei ragionieri e periti commerciali in alcune ipotesi di condanna penale, per contrasto con l'art. 24, secondo comma, anche in riferimento agli artt. 2, 3 e 97 della Costituzione; che il rimettente, dopo aver affermato la propria natura di organo giurisdizionale ai sensi dell'art. 23 della legge n. 87 del 1953, sostiene che i citati artt. 38, ultimo comma, e 41, primo alinea (che fa salva l'ipotesi prevista dall'art. 38), si porrebbero in contrasto con le norme costituzionali indicate, in quanto consentono di irrogare sanzioni disciplinari senza ascoltare l'interessato, violando il diritto di difesa (che deve trovare attuazione anche nei procedimenti amministrativi giustiziali), determinando un'irragionevole disparita' di trattamento con gli altri giudizi e procedimenti amministrativi e contrastando con il principio del buon andamento dell'amministrazione; che secondo il Consiglio nazionale la questione e' rilevante, in quanto i giudizi a quibus non possono prescindere dall'applicazione delle norme impugnate, e non e' manifestamente infondata per i motivi suddetti; che nei giudizi avanti la Corte costituzionale non si sono costituite le parti private, ne' e' intervenuto il Presidente del Consiglio dei Ministri. Considerato che il Consiglio nazionale dei ragionieri e periti commerciali, con due ordinanze di identico tenore, ha sollevato questione di legittimita' costituzionale dell'art. 38, secondo comma, e dell'art. 41, primo alinea, del d.P.R. 27 ottobre 1953, n. 1068, nella parte in cui prevedono la radiazione di diritto, senza l'obbligo di sentire l'interessato, dall'albo dei ragionieri e periti commerciali in alcune ipotesi di condanna penale, per contrasto con l'art. 24, secondo comma, anche in riferimento agli artt. 2, 3 e 97 della Costituzione; che i due giudizi di legittimita' costituzionale vanno riuniti, vertendo sulla medesima questione; che, secondo la giurisprudenza di questa Corte, il rimettente e' abilitato a sollevare questioni di legittimita' costituzionale, dovendo essere riconosciuta natura giurisdizionale ai Collegi e Consigli nazionali degli Ordini professionali (v., per tutte, l'ordinanza n. 387 del 1995); che, successivamente alle ordinanze di rimessione, questa Corte, esaminando una questione del tutto analoga, con la sentenza n. 2 del 1999 ha dichiarato l'illegittimita' costituzionale dell'art. 38 del suddetto d.P.R. n. 1068 del 1953, nella parte in cui prevede la radiazione di diritto dei ragionieri e periti commerciali che abbiano riportato condanna penale per i reati indicati nel secondo comma dello stesso articolo; che, essendo venuta meno la norma dalla quale derivava il vizio denunciato dal rimettente, la questione ora proposta deve essere dichiarata manifestamente inammissibile. Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge n. 87 del 1953 e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.