ha pronunciato la seguente Ordinanza nei giudizi di legittimita' costituzionale degli artt. 181, primo comma, e 309 del codice di procedura civile, nonche' dell'art. 11, commi 2 e 3, della legge 21 novembre 1991, n. 374 (Istituzione del giudice di pace), promossi con quattro ordinanze emesse il 25, il 3 (n. 2 ordinanze) ed il 10 maggio 1999 dal giudice di pace di Borgo San Lorenzo rispettivamente iscritte ai nn. 423, 472, 473 e 483 del registro ordinanze 1999 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica nn. 36, 38 e 39, prima serie speciale, dell'anno 1999. Visti gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei Ministri; Udito nella camera di consiglio del 22 marzo 2000 il giudice relatore Fernando Santosuosso. Ritenuto che con quattro ordinanze di identico contenuto, emesse nell'ambito di altrettanti procedimenti civili, il giudice di pace di Borgo San Lorenzo ha sollevato questione di legittimita' costituzionale degli artt. 181, primo comma, e 309 del codice di procedura civile, nonche' dell'art. 11, commi 2 e 3, della legge 21 novembre 1991, n. 374 (Istituzione del giudice di pace), in riferimento agli articoli 3, 23, 36, 53 e 97 della Costituzione; che, a parere del giudicante, non essendo comparsa nessuna delle parti costituite all'udienza fissata, egli dovrebbe fare applicazione del combinato disposto di cui agli artt. 181, primo comma, e 309 cod. proc. civ., rinviando la causa ad un'udienza successiva, della quale andrebbe data comunicazione alle parti stesse, e solo allora disporre la cancellazione della causa dal ruolo; che tale sistema si risolve in un ingiustificato privilegio per le parti, tale da violare il principio del buon andamento della pubblica amministrazione, poiche' il magistrato ed il personale della cancelleria sono costretti ad un inutile dispendio di attivita' supplementare, con costi aggiuntivi a carico della collettivita'; che, pertanto, dovrebbe essere reintrodotto il testo dell'art. 181, primo comma, cod. proc. civ. nella versione anteriore a quella attualmente vigente, secondo cui poteva disporsi l'immediata cancellazione della causa dal ruolo anche in caso di mancata comparizione delle parti costituite ad una sola udienza; che le norme in questione paiono al rimettente in evidente contrasto anche con l'art. 11 della legge n. 374 del 1991, in base al quale il giudice di pace ha diritto ad un compenso rapportato al numero delle sentenze emesse, compenso che viene inevitabilmente frustrato dalle norme del codice sopra menzionate; che il complesso delle norme richiamate, quindi, viola il principio di uguaglianza, lede la sfera patrimoniale della collettivita', fa venire meno il diritto del giudice di pace a conseguire una retribuzione proporzionata alla quantita' di lavoro svolto e vulnera anche l'art. 53 Cost., a norma del quale tutti i cittadini debbono concorrere alla spesa pubblica in ragione della loro capacita' contributiva; che in tutti i giudizi davanti a questa Corte e' intervenuto il Presidente del Consiglio dei Ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che la questione prospettata sia dichiarata inammissibile o, comunque, infondata. Considerato che i giudizi, vertendo sulle medesime questioni, possono essere riuniti e decisi con una sola "pronuncia; che la questione di legittimita' costituzionale riguardante gli artt. 181, primo comma, e 309 cod. proc. civ. e' gia' stata in piu' occasioni scrutinata da questa Corte e dichiarata manifestamente infondata (ordinanze n. 256 del 1998 e nn. 266, 107 e 7 del 1997); che gli odierni provvedimenti di rimessione, pur aggiungendo il richiamo ad ulteriori parametri costituzionali, si risolvono nella sostanziale riproposizione dei motivi di doglianza presi in esame da questa Corte nelle ordinanze sopra richiamate; che, pertanto, anche la predetta questione dev'essere dichiarata manifestamente infondata; che la seconda questione, relativa ai compensi del giudice di pace come regolati dall'art. 11 della legge n. 374 del 1991, formulata peraltro in maniera intrinsecamente contraddittoria rispetto alla precedente, e' priva del requisito della rilevanza, poiche' la norma impugnata non deve certamente essere applicata nei giudizi a quibus sicche' ogni pronuncia di questa Corte non avrebbe alcuna influenza nella decisione dei medesimi (ordinanza n. 225 del 1998); che detta questione, percio', va dichiarata manifestamente inammissibile. Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.