IL TRIBUNALE

    Leonardo  Taccone otteneva decreto ingiuntivo nei confronti della
  A.S.L. n. 8 di Vibo Valentia per il rimborso delle spese anticipate
  di   somministrazione  di  farmaci  al  pubblico,  nell'ambito  del
  rapporto  di  convenzionamento  con  la A.S.L..     Nel giudizio di
  opposizione  al  decreto  ingiuntivo, l'amministrazione eccepiva il
  difetto  di  giurisdizione del giudice ordinario in base agli artt.
  33, 34, 35 del decreto legislativo n. 80 del 1998, che assegnano al
  giudice    amministrativo   la   cognizione   delle   controversie,
  "riguardanti  attivita'  e  prestazioni  di  ogni  genere, anche di
  natura  patrimoniale,  rese  nell'ambito di pubblici servizi" e che
  espressamente  menziona tra i pubblici servizi le farmacie.     Non
  si puo' negare che una serie di argomenti depone nel senso che tali
  disposizioni attribuiscono le controversie tra farmacista ed A.S.L.
  alla   cognizione   del  giudice  amministrativo,  anche  se  hanno
  carattere  patrimoniale, come quella presente, che ha ad oggetto il
  rimborso  delle  somme  che  il farmacista anticipa per conto della
  amministrazione somministrando il farmaco al pubblico.
    I  tentativi  di  negare  che  simili  controversie  cadano nella
  giurisdizione  esclusiva  amministrativa  sono  quasi  tutti basati
  sulla  contestazione  del  fatto  che le farmacie svolgano, in tale
  contesto,  un servizio pubblico, e quasi tutti argomentano dal tipo
  di  rapporto  che  lega  la  farmacia alla A.S.L., rapporto che non
  sarebbe  di  concessione  di  pubblico  servizio, ma avrebbe natura
  privatistica  (salvo  discutere pero' sulla struttura del rapporto)
  con  cio'  comportando  l'esclusione dei crediti farmaceutici dalla
  previsione del decreto.
    Ma,  per  quanto  coerenti  e,  per certi versi convincenti, tali
  impostazioni  urtano con il chiaro tenore della norma, che annovera
  i  farmacisti  tra  gli  incaricati  di pubblico servizio. Peraltro
  anche  i  lavori  preparatori,  nonche'  il parere del Consiglio di
  Stato  sullo schema di decreto (cons. stato ad. gen. 12 marzo 1998,
  n. 30),  fanno  convergere  verso  l'interpretazione  che vede tali
  controversie    attribuite    alla   giurisdizione   amministrativa
  esclusiva.
    Se  questa  e' la scelta legislativa sono giustificate le censure
  di   illegittimita'  costituzionale  che  diffusamente  le  vengono
  rivolte.
    Va  detto  che  secondo  alcuni  la  scelta  di  attribuire  alla
  giurisdizione    amministrativa    esclusiva   questo   genere   di
  controversie   si   inserisce  nella  piu'  generale  tendenza  del
  legislatore  di  operare  una  ripartizione della giurisdizione non
  piu'  basata  sulla  distinzione  tra interesse legittimo e diritto
  soggettivo,  ma  semplicemente sulla assegnazione di alcune materie
  all'un  giudice  e  di  altre  all'altro, in via esclusiva, e cioe'
  qualunque  sia  la situazione giuridica fatta valere nell'ambito di
  tali materie.
    Lo  stesso  Consiglio di Stato, nel parere gia' citato, di fronte
  alla  difficolta'  di stabilire con quale criterio venga (o vada in
  futuro)   effettuata   tale   distribuzione,  suggerisce  (o  forse
  interpreta)  che  esso  venga  basato  sulla  presenza del soggetto
  pubblico  quale  parte  della  controversia  "Si rileva, attraverso
  questo  riferimento  alle tecniche di determinazione delle materie,
  come  un  criterio  di  ripartizione della giurisdizione fondato su
  materie  ponga  problemi  non  sicuramente piu' semplici rispetto a
  quelli  posti  dal  criterio  fondato  sulle  situazioni giuridiche
  soggettive,  mentre  il  criterio  piu' semplice sembrerebbe quello
  fondato  sulla  presenza  del  soggetto  pubblico quale parte della
  controversia".
    Una   certa   parte  della  dottrina  sembra  concorde  con  tale
  indicazione.  Senonche' c'e' da dire che tale impostazione, oltre a
  non essere del tutto fondata, anche se lo fosse, non condurrebbe ad
  esiti  particolarmente  diversi  da  quelli che inducono a ritenere
  irragionevole la scelta.
    Non  e' del tutto fondata tale impostazione in quanto la tendenza
  del   legislatore   non   e'   quella   di  attribuire  al  giudice
  amministrativo  tutte (o comunque tendenzialmente tutte) le materie
  in  cui ci sia un soggetto pubblico quale parte della controversia,
  come  dimostra  il  non  poco  significativo  esempio  del pubblico
  impiego.
    Ma, se anche fosse cosi', vi sarebbe comunque da sospettare di un
  riparto  di giurisdizione che non tenga conto della distinzione tra
  diritti  ed  interessi,  qualunque  peso  tale  distinzione abbia e
  qualunque significato le si voglia attribuire.
    In   altri   termini,  dire  che  la  giurisdizione  tra  giudice
  amministrativo  ed  ordinario  si  distribuisce soltanto in base al
  criterio della materia, vuol dire annullare del tutto la differenza
  tra  diritti  ed  interessi, che pure ha dignita' costituzionale, e
  significa   annullarla   rispetto   allo   scopo   principale   che
  l'ordinamento  con  tale  distinzione  persegue,  e cioe' quello di
  fornire un criterio per il reparto della giurisdizione.
    Ne'  si  puo' dire che una tale tendenza e' legittimata dall'art.
  103  della  Costituzione nella parte in cui si limita a dire che la
  giurisdizione  esclusiva  su  diritti  e' sempre ammessa purche' il
  legislatore  individui  la  particolare materia in cui debba essere
  esercitata.  A  parte  l'ovvio  rilievo  che  se  si ritenesse tale
  materia  coincidente  con  quella  in  cui  sia  parte  in causa un
  soggetto pubblico, la giurisdizione esclusiva non avrebbe il ruolo,
  che  l'opinione  assolutamente  dominante  riconosce essere suo, di
  giurisdizione,  se  non  in  senso  proprio  eccezionale,  comunque
  giustificata da ragioni particolari.
    A parte cio', una simile lettura dell'art. 103 della Costituzione
  non  e'  autorizzata  in  quanto  quella  norma,  nel  demandare al
  legislatore  l'individuazione  delle  "particolari" materie, non si
  accontenta  della  mera  individuazione, ma pretende implicitamente
  che  lo  stesso legislatore compia tale individuazione in base, per
  l'appunto,  alla  particolarita'  della  materia  da  attribuire al
  giudice  amministrativo, particolarita' che non puo' consistere nel
  fatto che uno dei soggetti in causa e' la pubblica amministrazione,
  per  l'ottima  ragione che la Costituzione impone di individuare le
  "particolari"  materie  da  assegnare  alla giurisdizione esclusiva
  all'interno  dello  stesso  novero  di  controversie  tra  pubblica
  amministrazione e cittadino.
    Non  e'  il caso di ripercorrere le polemiche insorte sulla ratio
  della scelta in questione, anche perche' e' forse esatto il rilievo
  che ogni giurisdizione esclusiva e' un caso a se': nel senso che le
  ragioni  che spingono il legislatore ad attribuire una materia alla
  cognizione  esclusiva  del  giudice  amministrativo  possono essere
  diverse  da  quelle  che  lo  spingono  a  fare altrettanto con una
  diversa  materia;  oltre  al  fatto (di ovvia constatazione) che le
  ragioni  che  spingono  verso  una  scelta di giurisdizione possono
  venir meno con il tempo o mutare in senso opposto, come e' accaduto
  per esempio con il pubblico impiego.
    Ma  questo  non vuol dire che il legislatore nell'individuare una
  materia  da  attribuire alla giurisdizione esclusiva amministrativa
  non debba basarsi su criteri che quella scelta giustifichino. Si e'
  detto  da  piu'  parti  che la Costituzione non detta espressamente
  alcun criterio di individuazione della giurisdizione esclusiva, nel
  senso  che  non  contiene alcuna indicazione su come il legislatore
  debba individuare la materia da assegnare a tale giurisdizione.
    Ma  questa  affermazione  suona evidentemente come perentoria, in
  quanto  innanzitutto  non  si  puo'  negare  che il legislatore nel
  compiere  la  suddetta  individuazione debba rispettare ogni canone
  costituzionale   che   possa  rilevare  nella  materia  individuata
  (parita' di trattamento, diritto di difesa, ecc.); in secondo luogo
  e'  la  stessa  configurazione  costituzionale  della giurisdizione
  esclusiva come di una giurisdizione da esercitarsi in "particolari"
  materie  ad  imporre l'individuazione di ragioni costituzionalmente
  corrette che stiano alla base della scelta.
    Da  questo  punto  di  vista  contro  la volonta' di assegnare al
  giudice   amministrativo   anche  gli  aspetti  patrimoniali  delle
  controversie  tra  farmacista  ed  A.S.L. si pongono due ragioni di
  ordine costituzionale. In primo luogo il principio della parita' di
  trattamento,  che  induce  a non trattare in modo irragionevolmente
  diverso  due  o  piu'  situazioni analoghe. E' pacifico che in ogni
  altro  caso  in  cui  un  soggetto  fornisce,  a privati o ad enti,
  medicinali  di  cui  anticipa  il  prezzo,  che poi va rifuso dalla
  A.S.L., se l'azienda e' inadempiente, l'azione per l'adempimento va
  rivolta   al   giudice   ordinario.   E'   il  caso,  per  esempio,
  dell'appaltatore di forniture mediche per le aziende ospedaliere.
    Si  puo'  obiettare che il farmacista, a differenza di ogni altro
  soggetto,   che   come  lui  anticipa  alla  A.S.L.  il  costo  dei
  medicinali,  e'  un incaricato di pubblico servizio. Ma l'obiezione
  e'  palesemente fallace: il farmacista e' considerato incaricato di
  pubblico  servizio  proprio  in  ragione  del  fatto  che svolge un
  compito  di  ausilio del servizio sanitario, ma non v'e' dubbio che
  anche  ogni  altro soggetto privato che anticipi la spesa sanitaria
  dell'amministrazione si trova nella medesima condizione.
    La diversita' di trattamento e' insita nel fatto che i poteri del
  giudice  ordinario  in  caso di controversia di carattere meramente
  patrimoniale sono indiscutibilmente maggiori di quelli spettanti al
  giudice  amministrativo:  si  pensi  solamente alla possibilita' di
  emettere   decreto   ingiuntivo,   per  crediti,  come  quelli  del
  farmacista,  quasi  sempre  liquidi,  certi  ed esigibili; si pensi
  ancora  agli strumenti di tutela cautelare, di incerta applicazione
  nel giudizio amministrativo, ma sicuramente proficui per chi adisca
  il  giudice  ordinario;  ed  ancora,  si  pensi  alle  ordinanze di
  pagamento  di  somme non contestate, in corso di giudizio, che solo
  una  parte  della  giurisprudenza amministrativa ritiene esperibili
  nel giudizio amministrativo.
    E'  dunque evidente che i farmacisti, essendo costretti a reagire
  all'inadempimento  della  A.S.L. davanti al giudice amministrativo,
  non  possono  fruire di tali strumenti di tutela del loro diritto e
  si  trovano  in  una  posizione  svantaggiata  rispetto  agli altri
  creditori  della  azienda,  o,  se si vuole, rispetto ad ogni altro
  soggetto che abbia anticipato somme di denaro a carico del Servizio
  sanitario nazionale.
    Senza  tacere  il  fatto  che non si giustifica una diversita' di
  trattamento  tra  le  questioni patrimoniali relative a concessioni
  pubbliche  su  beni  e  quelle,  come  il caso presente, relative a
  concessioni  pubbliche  su servizi, soprattutto se si considera che
  nel   caso  dei  farmacisti  e'  ancora  piu'  evidente  la  natura
  civilistica del credito vantato.
    Queste    osservazioni    inducono    al   secondo   rilievo   di
  illeggittimita' costituzionale della scelta legislativa. Per quello
  che e' l'assetto ordinamentale dei rapporti tra giudice ordinario e
  giudice  amministrativo,  ed  in  un  certo senso a prescindere dai
  criteri  con  cui  si  ripartisce  la  giurisdizione,  e' certo che
  l'attribuzione al giudice amministrativo della cognizione esclusiva
  di una materia non puo' prescindere dal fatto che in quella materia
  si   tratta   di   valutare   la  cura  avuta  dall'amministrazione
  dell'interesse  pubblico,  secondo  i  parametri della legittimita'
  dell'atto:  non  si  puo'  negare  che secondo il sistema delineato
  dalla  Costituzione  negli  artt.  103  e  113  l'estensione  della
  giurisdizione  amministrativa  esclusiva  e' giustificata solo ove,
  attraverso  una verifica sull'atto amministrativo o sull'attivita',
  si  tratti  di  valutare  il  corretto perseguimento dell'interesse
  pubblico    da   parte   della   amministrazione,   mentre   appare
  ingiustificata   l'estensione  indiscriminata  della  giurisdizione
  esclusiva  rispetto  a  controversie  che  nascono  non tanto dalla
  pretesa  cattiva  cura  dell'interesse  pubblico,  ma  dal  puro  e
  semplice inadempimento di una obbligazione pecuniaria.
    Pertanto,  gli artt. 33, 34, 35 del decreto n. 80 del 1998 devono
  ritenersi   in   contrasto  con  gli  artt.  3,  103  e  113  della
  Costituzione   nella   parte   in   cui  attribuiscono  al  giudice
  amministrativo  la  cognizione  delle controversie aventi carattere
  patrimoniale  tra  la  pubblica  amministrazione ed i farmacisti, o
  comunque gli incaricati di pubblico servizio.
    Quanto alla rilevanza della questione, essa e' praticamente in re
  ipsa  ove  si consideri che l'eccepito difetto di giurisdizione non
  puo'  essere  valutato  se  prima  non  si  conosce la legittimita'
  costituzionale  della  legge  che quel difetto assume: la causa non
  puo'   dunque   essere  decisa  se  la  questione  di  legittimita'
  costituzionale non e' risolta.