IL TRIBUNALE Ha pronunciato la seguente ordinanza nel procedimento esecutivo 3090/1999 promosso da Albiati Enzo contro Conserve Italia societa' coop. a r.l. promosso con pignoramento presso terzi del 19 novembre 1999 e 16 novembre 1999, cui sono state riunite (con ordinanza d'udienza del giudice estensore del 16 dicembre 1999) le ulteriori procedure esecutive con pignoramento presso gli stessi terzi promosse altresi' contro il debitore (Conserve Italia societa' coop. a r.l.) dai creditori procedenti Magiotti Altero (n. 3091/1999), Pancrazi Antonietto (n. 3092/1999), Vagnoni Vincenzo (n. 3093/1999), avv. Andrea De Cesaris e avv. Spartaco Gabellini (n. 3094/1999); Nell'ambito della procedura di reclamo, proposto il 23 dicembre 1999 ex artt. 630 e 178 c.p.c., avverso l'ordinanza di estinzione delle procedure esecutive emanata dal giudice estensore all'udienza del 16 dicembre 1999, da parte dei creditori procedenti sopra menzionati, tutti elettivamente domiciliati in Bologna, presso e nello studio dell'avv. Ugo Lenzi, in via delle Lame n. 58, oltre che rappresentati e difesi, quanto a Albiati Enzo, Magiotti Altero, Pancrazi Antonietto e Vagnoni Vincenzo dagli avvocati Andrea de Cesaris del foro di Grosseto (come da procura a margine dell'atto di pignoramento) e Spartaco Gabellini del foro di Roma e quanto agli avvocati Andrea de Cesaris e Spartaco Gabellini ricorrenti in proprio; Assunta in decisione dopo la scadenza dei termini di cui all'art. 178 c.p.c. e la successiva trasmissione degli atti e piu' esatta rubricazione da parte della cancelleria; In punto a: "reclamo avverso ordinanza di estinzione del processo esecutivo da parte, del giudice estensore mobiliare"; premesso che: 1) con ricorso depositato il 23 dicembre 1999 Albiati Enzo, Magiotti Altero, Pancrazi Antonietto, Vagnoni Vincenzo, nonche' gli avv. Andrea De Cesaris e Spartaco Gabellini in proprio, hanno proposto reclamo ex artt. 178 e 630 c.p.c. avverso l'ordinanza emessa in data 16 dicembre 1999, con la quale il giudice estensore aveva dichiarato l'estinzione del procedimento esecutivo n. 3090/1999 (al quale risultavano riuniti i procedimenti numeri 3091, 3092, 3093 e 3094 tutti del 1999); 2) i reclamanti, con cinque separati atti di pignoramento presso terzi, avevano sottoposto a vincolo la somma (successivamente cosi' ridotta e concentrata presso un unico terzo con provv. ex art. 496 c.p.c. del giudice estensore del 9 dicembre 1999 in esito a ricorso della debitrice) di L. 1.700.000.000, nella disponibilita' della societa' debitrice Conserve Italia societa' coop. a. r.l. per effetto di un rapporto di conto-deposito presso la Rolo Banca di Bologna S.p.a.; a seguito dei detti pignoramenti venivano aperte cinque distinte procedure esecutive, contraddistinte dai numeri 3090, 3091, 3092, 3093 e 3094/1999; 3) nel frattempo e pendenti le predette procedure esecutive, il tribunale di Siena, sez. Lavoro, con provvedimento in data 14 dicembre 1999, sul ricorso della societa' Conserve Italia ed applicando l'art. 373 c.p.c., aveva tuttavia disposto la sospensione della provvisoria esecuzione della sentenza del medesimo tribunale del 13 ottobre 1999, costituente titolo esecutivo delle predette procedure; 4) all'udienza del 16 dicembre 1999, fissata per la dichiarazione del terzo pignorato, il Giudice dell'Esecuzione, dopo aver disposto la riunione dei procedimenti esecutivi sopra indicati, in sede separata rispetto alla contemporanea e distinta opposizione all'esecuzione ex art. 615 c.p.c., aveva rilevato l'insussistenza (attuale) del titolo esecutivo - presupposto apparentemente necessario della procedura esecutiva - per essere venuta meno l'esecutivita' del provvedimento giudiziale con cui i creditori avevano provveduto al pignoramento ed aveva, pertanto, dichiarato l'estinzione del processo, cosi' come oggetto di specifica eccezione principale della esecutata, non dando corso ad ulteriori atti esecutivi; 5) lamentano al riguardo i reclamanti che, secondo il consolidato orientamento della Suprema Corte, a seguito della sospensione dell'esecuzione del titolo esecutivo - avvenuta nel procedimento di merito - il procedimento esecutivo non potrebbe in alcun modo essere dichiarato estinto o improcedibile, dovendo semplicemente essere sospeso ai sensi dell'art. 623 c.p.c.; assumono, in particolare, che la sospensione dell'esecutorieta' del titolo, in quanto tale, potrebbe operare esclusivamente ex nunc, senza incidere in alcun modo sugli atti gia' compiuti fino al momento della sospensione stessa, in quanto tali ultimi atti sarebbero stati posti in essere quando il titolo esecutivo era pienamente efficace; l'estinzione sarebbe poi assolutamente preclusa - ancora secondo l'assunto dei reclamanti - dall'esistenza di un principio di tipizzazione delle ipotesi di estinzione previste ed operanti nel procedimento esecutivo, esclusivamente contemplate dagli articoli 629, 630 e 631 c.p.c., con la conseguenza che, a seguito del venir meno dell'esecutorieta' del titolo, unico provvedimento possibile sarebbe la sospensione del processo con la permanenza della validita' ed efficacia degli atti gia' compiuti; 6) ritiene questo collegio che, in effetti, il consolidato orientamento formatosi, presso i giudici di legittimita' (da ultimo Cass. 12 gennaio 1999, n. 261, CED Cass. civ., 522227, Cass. 16 ottobre 1992, n. 11342, in Giust. civ. Mass. 1992, "esecuzione forzata",10), non contraddetto che da sporadiche pronunce di segno contrario della giurisprudenza di merito (Pret. Latina 9 febbraio 1994, in Giust. civ. 1995, I, 1099), possa qualificarsi alla stregua di diritto vivente sostanzialmente preclusivo della possibilita', per il giudice dell'esecuzione, di annoverare tra gli atti interdittivi della prosecuzione del processo un provvedimento diverso da una piu' semplice e ricognitiva pronuncia attestativa della venuta meno, con effetti ex nunc, della esecutorieta' del titolo; 7) e' divenuto in altri termini jus receptum l'indirizzo secondo cui allorche', come nel caso oggetto di giudizio, il provvedimento assistito da forza esecutiva sia privato di quest'ultima da parte del giudice deputato alla cognizione, nel merito, della pretesa sostanziale, l'effetto conseguente proprio del procedimento esecutivo nel frattempo instaurato sia il mero arresto - con efficacia dunque ex nunc - della misura interdittiva (rectius: sospensiva) della esecutorieta' del titolo; cio' significa che, al di la' del mezzo processuale introducibile da parte del debitore esecutato, il soggetto passivo dell'espropriazione puo' limitarsi a rappresentare ex art. 486 c.p.c. al giudice estensore tale causa di arresto dell'esecuzione che, formatasi ab externo ma incidendo direttamente sul titolo, non consentirebbe pero' al giudice dell'espropriazione stesso alcuna potesta' valutativa ulteriore: egli infatti deve prendere atto che il titolo esecutivo e' venuto modificandosi proprio nella sua idoneita' a sorreggere la proseguibilita' dell'espropriazione; indipendentemente, come detto, dall'atto processuale introduttivo dell'eccezione (non essendo necessaria alcuna opposizione ex art. 615 o 617 c.p.c.) il giudice estensore e' condizionato nella sua stessa potesta' esecutiva, con effetti che, raccordati ad un caso di diretta esemplificazione dell'art. 623 c.p.c., si differenziano da ogni altra vicenda in cui sia lo stesso giudice estensore a sospendere l'esecuzione; 8) oltre dunque i casi di sospensione necessaria ex lege (come l'instaurazione incidentale del processo divisorio ex artt. 599-601 c.p.c. e la fissazione del giudizio contestativo circa la dichiarazione del terzo ex art. 548 c.p.c.) e le ipotesi in cui il medesimo potere interinale sia adottato dallo stesso giudice estensore sollecitato dalle opposizioni all'esecuzione, agli atti esecutivi o di terzo, la procedura esecutiva ancora potrebbe dirsi sospesa quando il titolo che la sorreggeva sin da suo sorgere venisse privato della esecutorieta' dal giudice "davanti al quale e' impugnato" ex art. 623 prima parte c.p.c.; l'esercizio di tale potere ad opera del giudice istruttore dell'opposizione al decreto ingiuntivo ne realizzerebbe un esempio: cosi' nell'art. 649 c.p.c. l'ordinanza non impugnabile costituisce un effetto ablativo sulla esecuzione provvisoria del decreto, gia' concessa ex art. 642 c.p.c., ma - nell'ambito dell'orientamento ritenuto costante della giurisprudenza - non cosi' radicale da far perimere il processo esecutivo nel frattempo iniziato; parimenti, come nel caso rimesso al giudice estensore, il giudice del lavoro di secondo grado (tribunale di Siena), cui era stata rimessa la causa dalla Corte di cassazione, aveva disposto con ordinanza non impugnabile del 14 dicembre 1999 emessa ex art. 373 c.p.c. "che l'esecuzione sia sospesa" ("fino all'esito del giudizio della Suprema Corte di cassazione"), avuto riguardo alla sentenza adottata in sede di giudice del rinvio (dallo stesso tribunale di Siena il 13 ottobre 1999) gia' azionata in executivis dagli odierni reclamanti; 9) nella vicenda sottoposta all'esame del Collegio ex art. 178 c.p.c. il giudice estensore ha invece opinato accogliendo la sollecitazione della societa' esecutata, nel convincimento, condiviso, che non possa darsi espropriazione se non in costanza di titolo esecutivo e, pertanto, ricorrendo all'unico atto conseguente a tale piu' radicale avviso, cioe' l'ordinanza di estinzione; una diversa pronuncia meramente ricognitiva dell'evento-sospensione (gia' costituente il contenuto del provvedimento di altro giudice) ovvero autonomamente riflettente l'espressione di un potere sospensivo del giudice estensore stesso (pur se derivativo e di latitudine identica a quelli pronunciabili in esito alle opposizioni), non e' stata emanata, nel presupposto che, evidentemente, non avrebbe realizzato gli effetti di perenzione e restitutori chiaramente postulati dall'esecutata; la differenza principale tra tutte le forme considerate di sospensione ed un atto provvedimentale che, invece, travolga il processo esecutivo per mancanza di titolo esecutivo e' data proprio dall'incidenza meramente ex nunc delle prime ed all'opposto ex tunc del secondo; l'ordinanza di estinzione, almeno quoad effectum, e' stata dunque pronunciata perche' solo tale provvedimento, muovendo dal presupposto per cui l'esecuzione forzata deve essere retta per tutto il suo corso da un titolo esecutivo, consente al debitore di fruire degli effetti ripristinatori della disponibilita' dei beni e ablativi dei vincolo ed al creditore di avversare da subito tale caducazione ex tunc provocandone la rimeditazione ad opera di giudice diverso e di seconda istanza, anzi condizionando al non reclamo la efficacia dell'ordinanza medesima; 10) ritiene questo collegio che, cosi' impostata la questione, il piu' volte citato orientamento prevalente non consenta in realta' spazi interpretativi per un allargamento del potere sospensivo esterno sino a riflettere una suscettibilita' caducativa ex tunc dei pignoramento nel frattempo attuato; parimenti si dubita che la diversa, obbligata, attivita' provvedimentale sia coerente almeno con due disposizioni costituzionali: l'art. 3 e l'art. 24 della Costituzione; 11) sotto il primo profilo, ancora interpretativo, condivide questo tribunale le perplessita' ricostruttive dell'esatta latitudine delle norme che, a vario titolo qualificanti siccome meramente sospensivo il potere ablatorio dell'esecutivita' del titolo ex art. 373 c.p.c. (ovvero anche 649 c.p.c.), hanno conosciuto proposte rimeditative entro un'area di effetti volta a ricomprendere, di volta in volta, anche un piu' radicale potere di revoca della esecutivita' stessa; come noto tali suggestioni (cfr. isolato tribunale di Alessandria 23 dicembre 1994, in Giust. civ. 1995, I, 1099) hanno preso le mosse, essenzialmente con riguardo al potere del g.i. della causa di opposizione a decreto ingiuntivo, dalla diffusa opinione di ricercare in via analogica tale potere ablatorio piu' forte direttamente dagli artt. 283 e 351 c.p.c. che, anteriormente alla riforma di cui alla legge 26 novembre 1990, n. 353, effettivamente contemplavano una distinzione tra "sospensione" e "revoca"; ascrivere la prima ad un riconoscimento di inopportunita' della provvisoria esecutivita' e la seconda, invece, ad una delibata ragione di inesistenza delle condizioni di legittimita' per la concessione della clausola, era divenuto indirizzo in parte condiviso; oggi, tuttavia, il dato testuale di riferimento analogico e' venuto meno e, con esso, diviene operazione ancor meno plausibile quella che, muovendo da un preteso carattere generale del potere di revoca, ancora distingua, in ogni caso di esercizio di un potere lato sensu e testuale di tipo sospensivo, una doppia natura della sospensione; e' dunque di rappresentazione priva di base normativa diretta la possibilita' di configurazione di una sospensione dell'efficacia esecutiva di un titolo con efficacia immediata e rivolta al solo futuro (sospensione in senso stretto) e di una piu' radicale sospensione dell'efficacia esecutiva del titolo con conseguenze anche retroattive (c.d. revoca); 12) ne' ad identico approdo potrebbe pervenirsi, pur sulla base di autorevoli stimoli della dottrina posteriore alla novella di cui alla legge n. 353/1990, allorche' si volesse immaginare tale dualismo di esiti ancora sopravvissuto alla scomparsa testuale dei referenti codicistici gia' utilizzati in via analogica: a dire il vero la riflessione teorica, condotta essenzialmente attorno alla portata dell'art. 649 c.p.c., non ha mancato di sottolineare non tanto la superfluita' di quelle norme chiamate alla vocazione dell'eadem ratio, quanto l'inclusione originaria del potere di ablazione della esecutivita' del titolo esecutivo gia' nell'ambito del potere formalmente solo sospensivo; in altri termini e' stato sostenuto che l'esercizio del potere sospensivo sul titolo ricomprende di necessita' anche il periodo anteriore all'esecuzione, per cui "il potere esercitato dal giudice in tal momento ha quindi forza di incidere solo sull'esecutorieta' del decreto, cioe' sulla clausola che lo rende esecutivo [...] qualunque etichetta si voglia apporre al potere esercitato, questo si riferira' sempre all'esecutivita' (o esecutorieta') del decreto, avra' cioe' ad oggetto la qualita' del provvedimento che ne fa un titolo esecutivo"; tale premessa e' stata giustificata allora quale presupposto per negare che la sospensione ab externo del titolo esecutivo possa avere per oggetto l'esecuzione procedimento, poiche' essa ben potrebbe essere adottata quando nemmeno un'esecuzione sia stata promossa, per cui "Il provvedimento di sospensione impedisce l'inizio dell'esecuzione nello stesso identico modo di un provvedimento che vada sotto il nome di revoca"; in realta' tale prospettiva, alla base dell'ordinanza del giudice estensore qui reclamata, sembra contrastare con il dato letterale di cui alla prima parte dell'art. 623 c.p.c. che, indipendentemente dalla condivisibilita' definitiva di tale lettura (invero non abbracciata dal collegio), e' oggi correntemente inteso come luogo riassuntivo dell'unica vicenda sospensiva, nelle prime due ipotesi - di regola - incidente sul titolo e, per converso, sul processo esecutivo e, nella seconda parte, piu' direttamente e solo sull'espropriazione; e' tale limitato ambito che il collegio ritiene di applicazione cogente e, tuttavia, dubitamente difforme dalla Carta costituzionale; 13) in primo luogo si ravvisa una evidente illogicita' di realizzazione della tutela economica, sotto il profilo dell'art. 3 della Costituzione, con riguardo a posizioni soggettive debitorie parimenti ed identicamente meritevoli di apprezzamento: se l'esecutorieta' del titolo viene arrestata in virtu' del provvedimento di sospensione, sulla base di tale pronuncia giudiziale nessuna espropriazione potrebbe essere iniziata e tuttavia, qualora promossa, l'esecutato ne subirebbe gli effetti sino al momento della diversa definizione processuale a proprio vantaggio della situazione di diritto gia' delibata come suscettiva di contrastare l'esecutivita' del titolo; nel caso de quo la societa' Conserve Italia societa' coop. a r.l. potrebbe ottenere la rimozione definitiva del vincolo nato per effetto della sentenza in sede di rinvio dei giudice del lavoro - poi sospesa dal tribunale del lavoro (come giudice) in grado di appello ex art. 373 c.p.c. in funzione di ulteriore mezzo impugnativo - solo per effetto della sentenza con cui altro giudice, accogliendo il ricorso, sostituisse con altra statuizione quella del primo giudice; per converso sulla base della stessa sentenza del tribunale del lavoro (del 13 ottobre 1999) gia' dal 14 dicembre 1999 non era piu' possibile attivare alcun pignoramento; l'irragionevole disparita' di trattamento fra situazioni tutte meritevoli di tutela si correla, infatti, alla efficacia meramente ex nunc che la sospensione, come ricostruita, mantiene nel nostro sistema; cosi' il debitore condannato con sentenza di primo grado poi sospesa ex art. 373 c.p.c. (ovvero ingiunto sulla base di decreto ingiuntivo la cui provvisoria esecutivita' sia stata sospesa ex art. 649 c.p.c.) resterebbe esposto agli effetti di vincolo nel frattempo instaurati con il pignoramento, tra cui il blocco della disponibilita' dei beni, come accaduto nella vicenda di causa; in essa, un pignoramento presso terzi di 1 miliardo e 700 milioni, ha costituito nel terzo (banca debitrice del debitore) il custode delle somme con impossibilita' di restituzione delle stesse al debitore, potendo invero il giudice estensore, sulla base della qui ritenuta apparentemente necessaria applicazione dell'art. 623 c.p.c., solo limitarsi tutt'al piu' ad atti di mera conservazione dei beni ed urgenti; un diverso debitore non ancora esecutato non avrebbe subito invece alcun vincolo sul proprio patrimonio e tale differenza di trattamento, meramente dipendente dalla casualita' temporale con cui il titolo esecutivo e' stato azionato, determina una disparita' di tutela irragionevolmente non rimediabile da parte del debitore; 14) il secondo profilo inciso concerne invero l'art. 24 della Costituzione: ottenuto, da parte del debitore, il distacco della esecutivita' del titolo dalla sua natura condannatoria (od ingiunzionale), cio' procura l'immediato arresto dell'espropriazione nel frattempo iniziata senza tuttavia che i beni, gia' pignorati, si trovino in una situazione ragionevolmente diversa da quella propria di beni pignorati con titolo esecutivo non sospeso; e vero che la sospensione dell'esecutivita' del titolo non permette l'ulteriore compimento degli atti espropriativi ma risalta la circostanza per cui i beni nel frattempo staggiti si situano in una condizione di vincolo singolarmente simile a quelli oggetto di espropriazione con titolo esecutivo inalterato (poiche' non rientrano comunque nella disponibilita' del debitore) ed a quelli oggetto di sequestro conservativo, ancora non convertito in pignoramento (perche' conservati, de jure, in funzione di una potenziale riespandibilita' del titolo ove riacquisisse l'esecutivita'); ancora, mentre i beni oggetto di sequestro subiscono una limitazione di disponibilita' in capo al loro titolare sulla base di una attivita' provvedimentale oramai pienamente improntata al principio del contraddittorio come evincibile dal sistema del procedimento cautelare uniforme (ex artt. 669-sexies e 669-terdecies c.p.c.) e dalla manipolazione additiva residuata ex art. 669-quaterdecies per i procedimenti cautelari speciali, non e' cosi' per il pignoramento iniziato sulla base di titolo esecutivo poi sospeso ab externo rispetto all'espropriazione; puo' cioe' accadere che un titolo esecutivo di formazione monitoria (dunque privo di interlocuzione processuale originaria, preventiva o necessaria) sia privato della esecutivita' per effetto di una rimeditazione dei suoi presupposti, fase processuale di necessaria formazione in contraddittorio (cosi' per il decreto ingiuntivo l'art. 649 c.p.c.) e pur tuttavia si avrebbe sopravvivenza dell'espropriazione, quanto meno con riguardo alla permanenza del vincolo sui beni nel frattempo staggiti; egualmente una vicenda processuale piu' accentuatamente dialettica invero maturata sino alla definizione sospensiva del titolo esecutivo (come nel caso dell'art. 373 c.p.c.) mostrerebbe di non reagire se non debolmente sullo status dei beni nel frattempo ed in origine staggiti per effetto di un provvedimento giudiziale pronunciato dopo un contraddittorio ma attualmente delibato con prognosi cui non e' estraneo un giudizio di possibile rimozione dei titolo stesso (cassazione della sentenza di merito); lo stesso effetto impropriamente cautelare sarebbe implicato dal permanere dell'espropriazione, pur non suscettibile di prosecuzione con atti esecutivi diversi da quelli meramente conservativi, anche se tale esigenza di mantenimento dei beni a garanzia della prospettata pretesa del creditore gia' pignorante non e' piu' sorretta dall'attualita' del titolo esecutivo (la sua sospensione non potrebbe dare inizio, ex se, ad un processo esecutivo autonomo) ovvero da altro provvedimento tipicamente anticipatorio; la violazione dell'art. 24 della Costituzione sembra al collegio evidente, in ogni caso, ove l'art. 623 c.p.c. direttamente ovvero, come nella vicenda di causa, l'art. 373 c.p.c. (o il combinato disposto delle due norme), non contemplano un'efficacia del potere sospensivo, gia' proprio dell'ordinanza non impugnabile, diretta ad incidere anche retroattivamente sull'esecuzione nel frattempo eventualmente (e casualmente) iniziata, rimuovendone gli effetti ex tunc; cio' sarebbe attuabile in via diretta o mediante una previsione, ora non prevista, di una causa di estinzione del processo; la tutela difensiva cosi' accordata all'esecutato appare priva di strumentazione idonea a modificare la sorte di blocco dei beni causato dal pignoramento, secondo una gradazione di incompletezza palese rispetto al debitore sequestrato che, invece, ottenendo la revoca della misura cautelare puo' da subito sottrarre i beni prima vincolati alla condizione deteriore sui medesimi instaurata; 15) un diverso, piu' costituzionalmente corretto, assetto di compatibilita' fra la rimozione ab origine degli effetti del pignoramento e la legittimita' degli atti espropriativi nel frattempo invece adottati sembra invece, allo stato, sostituito dagli stretti confini degli istituti risarcitori, dunque indirettamente e dilatoriamente funzionale a rimuovere ex post eventuali pregiudizi connessi ad un cattivo uso della forza esecutiva del titolo piuttosto che a ripristinare da subito una condizione giuridica di status dei beni omogenea all'assenza, nel frattempo sopravvenuta, di esecutivita' del titolo per effetto del cui azionamento i beni stessi erano stati sottoposti a vincolo; tale previsione, solo indiretta ed eventuale, evidenzia non solo un vuoto di tutela ma, ai fini del presente provvedimento, un'ingiustificata conseguenza di una disciplina normativa che, non prevedendo l'efficacia retroattiva della caducazione esterna del titolo esecutivo, parifica, in violazione degli articoli 3 e 24 della Costituzione, la "sospensione" dell'efficacia esecutiva del titolo esecutivo alla "sospensione del processo esecutivo", la prima decisa al di fuori e prescindendo dall'espropriazione (che puo' essere iniziata o meno), la seconda dall'interno dell'esecuzione, cioe' dal giudice di essa; in altri termini sembra al collegio che, permanendo gli effetti di vincolo sui beni pignorati e nonostante la venuta meno posteriore al pignoramento della efficacia esecutiva della sentenza di condanna (il titolo), il debitore possa solo dolersi, agendo in responsabilita' aggravata ex art. 96 c.p.c., della eventuale mancanza di "normale prudenza" nell'iniziativa esecutiva del creditore procedente; tale rimedio appare pero' del tutto inconferente, perche' eventuale e nemmeno automaticamente coincidente con la definitiva ablazione del titolo gia' esecutivo, rispetto ad un'esigenza assai piu' prossima alla rimozione dell'espropriazione che, invero, l'art. 623 c.p.c. prevede nei termini omissivi oggetto di censura; 16) la questione appare, come premesso, altresi' rilevante ritenendo il tribunale che il difetto di una tipologia dell'ordinanza di estinzione aperta alla ricognizione di specie non normativamente nominare imponga l'applicazione del solo art. 623 c.p.c. e, con esso, il riconoscimento che, allo stato, il giudice estensore non poteva che adottare un'ordinanza meramente ricognitiva della avvenuta sospensione esterna della esecutivita' del titolo, con efficacia pero' ex nunc sul processo nel frattempo iniziato; tale conseguenza provvedimentale, per i motivi gia' esposti, e' ritenuta altresi' non manifestamente priva di dubbi circa la sua correttezza costituzionale, per contrasto con gli articoli 3 e 24 della Costituzione;