IL TRIBUNALE

    Ha  pronunciato  la seguente ordinanza nel procedimento esecutivo
  3090/1999  promosso da Albiati Enzo contro Conserve Italia societa'
  coop. a r.l. promosso con pignoramento presso terzi del 19 novembre
  1999  e  16  novembre  1999,  cui sono state riunite (con ordinanza
  d'udienza  del giudice estensore del 16 dicembre 1999) le ulteriori
  procedure  esecutive  con  pignoramento  presso  gli  stessi  terzi
  promosse  altresi'  contro  il  debitore  (Conserve Italia societa'
  coop.   a   r.l.)   dai   creditori   procedenti   Magiotti  Altero
  (n. 3091/1999),   Pancrazi   Antonietto   (n. 3092/1999),   Vagnoni
  Vincenzo  (n. 3093/1999),  avv. Andrea  De  Cesaris e avv. Spartaco
  Gabellini (n. 3094/1999);
    Nell'ambito  della  procedura di reclamo, proposto il 23 dicembre
  1999  ex  artt. 630 e 178 c.p.c., avverso l'ordinanza di estinzione
  delle procedure esecutive emanata dal giudice estensore all'udienza
  del  16  dicembre  1999,  da  parte  dei creditori procedenti sopra
  menzionati,  tutti  elettivamente  domiciliati in Bologna, presso e
  nello  studio  dell'avv. Ugo  Lenzi, in via delle Lame n. 58, oltre
  che rappresentati e difesi, quanto a Albiati Enzo, Magiotti Altero,
  Pancrazi  Antonietto  e  Vagnoni  Vincenzo dagli avvocati Andrea de
  Cesaris  del  foro di Grosseto (come da procura a margine dell'atto
  di  pignoramento)  e  Spartaco  Gabellini del foro di Roma e quanto
  agli  avvocati Andrea de Cesaris e Spartaco Gabellini ricorrenti in
  proprio;
    Assunta  in  decisione  dopo  la  scadenza  dei  termini  di  cui
  all'art. 178  c.p.c. e la successiva trasmissione degli atti e piu'
  esatta rubricazione da parte della cancelleria;
    In punto a: "reclamo avverso ordinanza di estinzione del processo
  esecutivo da parte, del giudice estensore mobiliare"; premesso che:
        1) con  ricorso  depositato il 23 dicembre 1999 Albiati Enzo,
  Magiotti Altero, Pancrazi Antonietto, Vagnoni Vincenzo, nonche' gli
  avv. Andrea  De  Cesaris  e  Spartaco  Gabellini  in proprio, hanno
  proposto  reclamo  ex  artt. 178  e  630 c.p.c. avverso l'ordinanza
  emessa  in data 16 dicembre 1999, con la quale il giudice estensore
  aveva    dichiarato   l'estinzione   del   procedimento   esecutivo
  n. 3090/1999   (al   quale   risultavano   riuniti  i  procedimenti
  numeri 3091, 3092, 3093 e 3094 tutti del 1999);
        2) i  reclamanti,  con  cinque  separati atti di pignoramento
  presso    terzi,    avevano   sottoposto   a   vincolo   la   somma
  (successivamente  cosi' ridotta e concentrata presso un unico terzo
  con  provv. ex art. 496 c.p.c. del giudice estensore del 9 dicembre
  1999 in esito a ricorso della debitrice) di L. 1.700.000.000, nella
  disponibilita'  della  societa'  debitrice Conserve Italia societa'
  coop.  a.  r.l. per effetto di un rapporto di conto-deposito presso
  la  Rolo  Banca di Bologna S.p.a.; a seguito dei detti pignoramenti
  venivano    aperte    cinque    distinte    procedure    esecutive,
  contraddistinte dai numeri 3090, 3091, 3092, 3093 e 3094/1999;
        3) nel  frattempo e pendenti le predette procedure esecutive,
  il  tribunale  di  Siena, sez. Lavoro, con provvedimento in data 14
  dicembre  1999,  sul  ricorso  della  societa'  Conserve  Italia ed
  applicando   l'art. 373   c.p.c.,   aveva   tuttavia   disposto  la
  sospensione   della   provvisoria  esecuzione  della  sentenza  del
  medesimo   tribunale   del  13  ottobre  1999,  costituente  titolo
  esecutivo delle predette procedure;
        4) all'udienza   del   16   dicembre  1999,  fissata  per  la
  dichiarazione del terzo pignorato, il Giudice dell'Esecuzione, dopo
  aver   disposto   la  riunione  dei  procedimenti  esecutivi  sopra
  indicati,  in  sede separata rispetto alla contemporanea e distinta
  opposizione  all'esecuzione  ex  art. 615  c.p.c.,  aveva  rilevato
  l'insussistenza   (attuale)  del  titolo  esecutivo  -  presupposto
  apparentemente  necessario  della  procedura esecutiva - per essere
  venuta  meno  l'esecutivita' del provvedimento giudiziale con cui i
  creditori  avevano  provveduto  al pignoramento ed aveva, pertanto,
  dichiarato   l'estinzione  del  processo,  cosi'  come  oggetto  di
  specifica  eccezione principale della esecutata, non dando corso ad
  ulteriori atti esecutivi;
        5) lamentano   al  riguardo  i  reclamanti  che,  secondo  il
  consolidato  orientamento  della  Suprema  Corte,  a  seguito della
  sospensione  dell'esecuzione  del  titolo  esecutivo - avvenuta nel
  procedimento  di merito - il procedimento esecutivo non potrebbe in
  alcun  modo  essere  dichiarato  estinto  o  improcedibile, dovendo
  semplicemente   essere   sospeso  ai  sensi  dell'art. 623  c.p.c.;
  assumono, in particolare, che la sospensione dell'esecutorieta' del
  titolo,  in  quanto  tale, potrebbe operare esclusivamente ex nunc,
  senza  incidere  in  alcun  modo  sugli  atti gia' compiuti fino al
  momento  della  sospensione  stessa,  in  quanto  tali  ultimi atti
  sarebbero  stati  posti  in  essere  quando il titolo esecutivo era
  pienamente   efficace;   l'estinzione   sarebbe  poi  assolutamente
  preclusa - ancora secondo l'assunto dei reclamanti - dall'esistenza
  di  un  principio  di  tipizzazione  delle  ipotesi  di  estinzione
  previste  ed  operanti  nel  procedimento esecutivo, esclusivamente
  contemplate   dagli   articoli 629,   630  e  631  c.p.c.,  con  la
  conseguenza  che,  a  seguito del venir meno dell'esecutorieta' del
  titolo,  unico  provvedimento  possibile sarebbe la sospensione del
  processo  con la permanenza della validita' ed efficacia degli atti
  gia' compiuti;
        6) ritiene  questo  collegio  che, in effetti, il consolidato
  orientamento formatosi, presso i giudici di legittimita' (da ultimo
  Cass.  12 gennaio  1999,  n. 261,  CED Cass. civ., 522227, Cass. 16
  ottobre  1992,  n. 11342,  in  Giust.  civ. Mass. 1992, "esecuzione
  forzata",10),  non contraddetto che da sporadiche pronunce di segno
  contrario  della  giurisprudenza di merito (Pret. Latina 9 febbraio
  1994,  in  Giust.  civ.  1995,  I,  1099),  possa qualificarsi alla
  stregua   di   diritto  vivente  sostanzialmente  preclusivo  della
  possibilita', per il giudice dell'esecuzione, di annoverare tra gli
  atti  interdittivi della prosecuzione del processo un provvedimento
  diverso  da  una  piu' semplice e ricognitiva pronuncia attestativa
  della  venuta  meno,  con  effetti ex nunc, della esecutorieta' del
  titolo;
        7) e'  divenuto  in  altri  termini  jus receptum l'indirizzo
  secondo  cui  allorche',  come  nel  caso  oggetto  di giudizio, il
  provvedimento   assistito   da   forza  esecutiva  sia  privato  di
  quest'ultima  da  parte  del  giudice deputato alla cognizione, nel
  merito,  della  pretesa  sostanziale, l'effetto conseguente proprio
  del  procedimento  esecutivo  nel  frattempo instaurato sia il mero
  arresto  - con efficacia dunque ex nunc - della misura interdittiva
  (rectius:   sospensiva)   della   esecutorieta'  del  titolo;  cio'
  significa  che,  al  di  la' del mezzo processuale introducibile da
  parte    del    debitore    esecutato,    il    soggetto    passivo
  dell'espropriazione  puo'  limitarsi  a  rappresentare  ex art. 486
  c.p.c.  al  giudice estensore tale causa di arresto dell'esecuzione
  che, formatasi ab externo ma incidendo direttamente sul titolo, non
  consentirebbe  pero'  al  giudice dell'espropriazione stesso alcuna
  potesta'  valutativa ulteriore: egli infatti deve prendere atto che
  il  titolo  esecutivo  e'  venuto  modificandosi  proprio nella sua
  idoneita'  a  sorreggere  la  proseguibilita'  dell'espropriazione;
  indipendentemente,  come  detto, dall'atto processuale introduttivo
  dell'eccezione   (non  essendo  necessaria  alcuna  opposizione  ex
  art. 615  o  617 c.p.c.) il giudice estensore e' condizionato nella
  sua  stessa  potesta'  esecutiva, con effetti che, raccordati ad un
  caso   di   diretta   esemplificazione   dell'art. 623  c.p.c.,  si
  differenziano  da  ogni  altra vicenda in cui sia lo stesso giudice
  estensore a sospendere l'esecuzione;
        8) oltre  dunque  i  casi  di  sospensione necessaria ex lege
  (come   l'instaurazione   incidentale  del  processo  divisorio  ex
  artt. 599-601  c.p.c.  e  la  fissazione  del giudizio contestativo
  circa  la  dichiarazione del terzo ex art. 548 c.p.c.) e le ipotesi
  in  cui  il  medesimo  potere  interinale sia adottato dallo stesso
  giudice  estensore  sollecitato  dalle  opposizioni all'esecuzione,
  agli  atti  esecutivi  o  di  terzo,  la procedura esecutiva ancora
  potrebbe  dirsi  sospesa  quando il titolo che la sorreggeva sin da
  suo   sorgere  venisse  privato  della  esecutorieta'  dal  giudice
  "davanti  al  quale  e'  impugnato" ex art. 623 prima parte c.p.c.;
  l'esercizio   di  tale  potere  ad  opera  del  giudice  istruttore
  dell'opposizione al decreto ingiuntivo ne realizzerebbe un esempio:
  cosi'  nell'art. 649 c.p.c. l'ordinanza non impugnabile costituisce
  un  effetto ablativo sulla esecuzione provvisoria del decreto, gia'
  concessa  ex  art. 642  c.p.c.,  ma - nell'ambito dell'orientamento
  ritenuto  costante della giurisprudenza - non cosi' radicale da far
  perimere  il  processo esecutivo nel frattempo iniziato; parimenti,
  come  nel  caso rimesso al giudice estensore, il giudice del lavoro
  di  secondo  grado  (tribunale  di Siena), cui era stata rimessa la
  causa  dalla  Corte di cassazione, aveva disposto con ordinanza non
  impugnabile  del  14  dicembre  1999 emessa ex art. 373 c.p.c. "che
  l'esecuzione  sia  sospesa"  ("fino  all'esito  del  giudizio della
  Suprema   Corte  di  cassazione"),  avuto  riguardo  alla  sentenza
  adottata  in  sede di giudice del rinvio (dallo stesso tribunale di
  Siena il 13 ottobre 1999) gia' azionata in executivis dagli odierni
  reclamanti;
        9) nella   vicenda   sottoposta  all'esame  del  Collegio  ex
  art. 178  c.p.c. il giudice estensore ha invece opinato accogliendo
  la  sollecitazione  della  societa'  esecutata,  nel convincimento,
  condiviso, che non possa darsi espropriazione se non in costanza di
  titolo esecutivo e, pertanto, ricorrendo all'unico atto conseguente
  a  tale  piu' radicale avviso, cioe' l'ordinanza di estinzione; una
  diversa  pronuncia  meramente  ricognitiva  dell'evento-sospensione
  (gia'  costituente il contenuto del provvedimento di altro giudice)
  ovvero   autonomamente   riflettente  l'espressione  di  un  potere
  sospensivo  del  giudice  estensore  stesso (pur se derivativo e di
  latitudine   identica   a   quelli   pronunciabili  in  esito  alle
  opposizioni),   non   e'   stata   emanata,  nel  presupposto  che,
  evidentemente,  non  avrebbe realizzato gli effetti di perenzione e
  restitutori  chiaramente  postulati  dall'esecutata;  la differenza
  principale tra tutte le forme considerate di sospensione ed un atto
  provvedimentale  che,  invece,  travolga  il processo esecutivo per
  mancanza   di  titolo  esecutivo  e'  data  proprio  dall'incidenza
  meramente  ex  nunc delle prime ed all'opposto ex tunc del secondo;
  l'ordinanza  di  estinzione, almeno quoad effectum, e' stata dunque
  pronunciata   perche'   solo   tale   provvedimento,  muovendo  dal
  presupposto  per  cui  l'esecuzione  forzata  deve essere retta per
  tutto  il suo corso da un titolo esecutivo, consente al debitore di
  fruire degli effetti ripristinatori della disponibilita' dei beni e
  ablativi  dei  vincolo  ed al creditore di avversare da subito tale
  caducazione  ex  tunc  provocandone  la  rimeditazione  ad opera di
  giudice  diverso  e  di  seconda istanza, anzi condizionando al non
  reclamo la efficacia dell'ordinanza medesima;
        10) ritiene   questo   collegio   che,   cosi'  impostata  la
  questione,   il  piu'  volte  citato  orientamento  prevalente  non
  consenta  in  realta'  spazi interpretativi per un allargamento del
  potere  sospensivo  esterno  sino  a riflettere una suscettibilita'
  caducativa   ex   tunc  dei  pignoramento  nel  frattempo  attuato;
  parimenti   si   dubita   che   la  diversa,  obbligata,  attivita'
  provvedimentale   sia   coerente   almeno   con   due  disposizioni
  costituzionali: l'art. 3 e l'art. 24 della Costituzione;
        11) sotto  il primo profilo, ancora interpretativo, condivide
  questo   tribunale   le   perplessita'   ricostruttive  dell'esatta
  latitudine  delle  norme  che,  a vario titolo qualificanti siccome
  meramente  sospensivo  il  potere  ablatorio  dell'esecutivita' del
  titolo   ex  art. 373  c.p.c.  (ovvero  anche  649  c.p.c.),  hanno
  conosciuto  proposte  rimeditative entro un'area di effetti volta a
  ricomprendere,  di volta in volta, anche un piu' radicale potere di
  revoca  della esecutivita' stessa; come noto tali suggestioni (cfr.
  isolato  tribunale  di Alessandria 23 dicembre 1994, in Giust. civ.
  1995, I, 1099) hanno preso le mosse, essenzialmente con riguardo al
  potere  del  g.i.  della causa di opposizione a decreto ingiuntivo,
  dalla  diffusa  opinione  di ricercare in via analogica tale potere
  ablatorio piu' forte direttamente dagli artt. 283 e 351 c.p.c. che,
  anteriormente  alla  riforma  di  cui  alla legge 26 novembre 1990,
  n. 353,    effettivamente   contemplavano   una   distinzione   tra
  "sospensione"  e  "revoca"; ascrivere la prima ad un riconoscimento
  di  inopportunita'  della  provvisoria  esecutivita'  e la seconda,
  invece,  ad una delibata ragione di inesistenza delle condizioni di
  legittimita'  per  la  concessione  della  clausola,  era  divenuto
  indirizzo  in  parte condiviso; oggi, tuttavia, il dato testuale di
  riferimento   analogico   e'  venuto  meno  e,  con  esso,  diviene
  operazione ancor meno plausibile quella che, muovendo da un preteso
  carattere  generale del potere di revoca, ancora distingua, in ogni
  caso  di  esercizio  di  un  potere  lato  sensu e testuale di tipo
  sospensivo,  una  doppia  natura  della  sospensione;  e' dunque di
  rappresentazione priva di base normativa diretta la possibilita' di
  configurazione  di  una  sospensione dell'efficacia esecutiva di un
  titolo   con   efficacia   immediata   e  rivolta  al  solo  futuro
  (sospensione  in  senso stretto) e di una piu' radicale sospensione
  dell'efficacia   esecutiva   del   titolo   con  conseguenze  anche
  retroattive (c.d. revoca);
        12) ne'  ad  identico  approdo potrebbe pervenirsi, pur sulla
  base  di  autorevoli stimoli della dottrina posteriore alla novella
  di cui alla legge n. 353/1990, allorche' si volesse immaginare tale
  dualismo  di esiti ancora sopravvissuto alla scomparsa testuale dei
  referenti  codicistici  gia' utilizzati in via analogica: a dire il
  vero  la  riflessione teorica, condotta essenzialmente attorno alla
  portata  dell'art. 649  c.p.c.,  non ha mancato di sottolineare non
  tanto  la  superfluita'  di  quelle  norme  chiamate alla vocazione
  dell'eadem  ratio,  quanto  l'inclusione  originaria  del potere di
  ablazione  della esecutivita' del titolo esecutivo gia' nell'ambito
  del  potere  formalmente solo sospensivo; in altri termini e' stato
  sostenuto   che   l'esercizio  del  potere  sospensivo  sul  titolo
  ricomprende    di    necessita'    anche   il   periodo   anteriore
  all'esecuzione,  per  cui  "il potere esercitato dal giudice in tal
  momento  ha  quindi  forza  di incidere solo sull'esecutorieta' del
  decreto,   cioe'  sulla  clausola  che  lo  rende  esecutivo  [...]
  qualunque  etichetta si voglia apporre al potere esercitato, questo
  si riferira' sempre all'esecutivita' (o esecutorieta') del decreto,
  avra'  cioe'  ad oggetto la qualita' del provvedimento che ne fa un
  titolo esecutivo"; tale premessa e' stata giustificata allora quale
  presupposto  per  negare  che  la sospensione ab externo del titolo
  esecutivo   possa  avere  per  oggetto  l'esecuzione  procedimento,
  poiche'   essa   ben   potrebbe   essere  adottata  quando  nemmeno
  un'esecuzione  sia  stata  promossa,  per  cui "Il provvedimento di
  sospensione   impedisce   l'inizio   dell'esecuzione  nello  stesso
  identico  modo  di  un  provvedimento  che  vada  sotto  il nome di
  revoca";  in realta' tale prospettiva, alla base dell'ordinanza del
  giudice  estensore  qui  reclamata,  sembra contrastare con il dato
  letterale  di  cui  alla  prima  parte  dell'art. 623  c.p.c.  che,
  indipendentemente dalla condivisibilita' definitiva di tale lettura
  (invero non abbracciata dal collegio), e' oggi correntemente inteso
  come  luogo  riassuntivo dell'unica vicenda sospensiva, nelle prime
  due ipotesi - di regola - incidente sul titolo e, per converso, sul
  processo esecutivo e, nella seconda parte, piu' direttamente e solo
  sull'espropriazione;  e'  tale  limitato  ambito  che  il  collegio
  ritiene  di  applicazione cogente e, tuttavia, dubitamente difforme
  dalla Carta costituzionale;
        13) in  primo  luogo  si  ravvisa una evidente illogicita' di
  realizzazione  della tutela economica, sotto il profilo dell'art. 3
  della  Costituzione,  con riguardo a posizioni soggettive debitorie
  parimenti   ed   identicamente   meritevoli  di  apprezzamento:  se
  l'esecutorieta'   del   titolo   viene   arrestata  in  virtu'  del
  provvedimento   di   sospensione,  sulla  base  di  tale  pronuncia
  giudiziale   nessuna  espropriazione  potrebbe  essere  iniziata  e
  tuttavia,  qualora  promossa,  l'esecutato ne subirebbe gli effetti
  sino  al  momento  della  diversa definizione processuale a proprio
  vantaggio della situazione di diritto gia' delibata come suscettiva
  di  contrastare  l'esecutivita'  del  titolo;  nel  caso  de quo la
  societa' Conserve Italia societa' coop. a r.l. potrebbe ottenere la
  rimozione definitiva del vincolo nato per effetto della sentenza in
  sede  di  rinvio dei giudice del lavoro - poi sospesa dal tribunale
  del lavoro (come giudice) in grado di appello ex art. 373 c.p.c. in
  funzione  di  ulteriore  mezzo impugnativo - solo per effetto della
  sentenza con cui altro giudice, accogliendo il ricorso, sostituisse
  con  altra statuizione quella del primo giudice; per converso sulla
  base della stessa sentenza del tribunale del lavoro (del 13 ottobre
  1999)  gia'  dal  14  dicembre 1999 non era piu' possibile attivare
  alcun  pignoramento;  l'irragionevole disparita' di trattamento fra
  situazioni  tutte  meritevoli  di  tutela si correla, infatti, alla
  efficacia  meramente  ex nunc che la sospensione, come ricostruita,
  mantiene  nel  nostro  sistema;  cosi'  il  debitore condannato con
  sentenza  di  primo  grado  poi  sospesa ex art. 373 c.p.c. (ovvero
  ingiunto  sulla  base  di  decreto  ingiuntivo  la  cui provvisoria
  esecutivita'  sia  stata  sospesa  ex  art. 649  c.p.c.) resterebbe
  esposto  agli  effetti  di  vincolo nel frattempo instaurati con il
  pignoramento, tra cui il blocco della disponibilita' dei beni, come
  accaduto  nella  vicenda  di causa; in essa, un pignoramento presso
  terzi  di  1 miliardo e 700 milioni, ha costituito nel terzo (banca
  debitrice  del  debitore) il custode delle somme con impossibilita'
  di restituzione delle stesse al debitore, potendo invero il giudice
  estensore,  sulla base della qui ritenuta apparentemente necessaria
  applicazione  dell'art. 623  c.p.c., solo limitarsi tutt'al piu' ad
  atti di mera conservazione dei beni ed urgenti; un diverso debitore
  non  ancora  esecutato  non avrebbe subito invece alcun vincolo sul
  proprio  patrimonio  e  tale  differenza  di trattamento, meramente
  dipendente  dalla  casualita' temporale con cui il titolo esecutivo
  e'   stato   azionato,   determina   una   disparita'   di   tutela
  irragionevolmente non rimediabile da parte del debitore;
        14) il secondo profilo inciso concerne invero l'art. 24 della
  Costituzione:  ottenuto,  da  parte del debitore, il distacco della
  esecutivita'   del   titolo  dalla  sua  natura  condannatoria  (od
  ingiunzionale),      cio'      procura      l'immediato     arresto
  dell'espropriazione  nel  frattempo  iniziata  senza tuttavia che i
  beni,  gia' pignorati, si trovino in una situazione ragionevolmente
  diversa  da  quella  propria di beni pignorati con titolo esecutivo
  non sospeso; e vero che la sospensione dell'esecutivita' del titolo
  non  permette  l'ulteriore  compimento  degli atti espropriativi ma
  risalta  la  circostanza  per  cui i beni nel frattempo staggiti si
  situano  in una condizione di vincolo singolarmente simile a quelli
  oggetto  di espropriazione con titolo esecutivo inalterato (poiche'
  non  rientrano  comunque  nella  disponibilita'  del debitore) ed a
  quelli  oggetto di sequestro conservativo, ancora non convertito in
  pignoramento  (perche'  conservati,  de  jure,  in  funzione di una
  potenziale    riespandibilita'    del   titolo   ove   riacquisisse
  l'esecutivita');   ancora,  mentre  i  beni  oggetto  di  sequestro
  subiscono  una  limitazione  di  disponibilita'  in  capo  al  loro
  titolare   sulla  base  di  una  attivita'  provvedimentale  oramai
  pienamente   improntata   al  principio  del  contraddittorio  come
  evincibile  dal  sistema  del  procedimento  cautelare uniforme (ex
  artt. 669-sexies  e  669-terdecies  c.p.c.)  e  dalla manipolazione
  additiva  residuata  ex  art. 669-quaterdecies  per  i procedimenti
  cautelari speciali, non e' cosi' per il pignoramento iniziato sulla
  base   di   titolo   esecutivo  poi  sospeso  ab  externo  rispetto
  all'espropriazione;  puo' cioe' accadere che un titolo esecutivo di
  formazione  monitoria  (dunque  privo di interlocuzione processuale
  originaria, preventiva o necessaria) sia privato della esecutivita'
  per  effetto  di  una  rimeditazione  dei  suoi  presupposti,  fase
  processuale  di necessaria formazione in contraddittorio (cosi' per
  il  decreto ingiuntivo l'art. 649 c.p.c.) e pur tuttavia si avrebbe
  sopravvivenza  dell'espropriazione,  quanto  meno con riguardo alla
  permanenza  del vincolo sui beni nel frattempo staggiti; egualmente
  una  vicenda  processuale  piu'  accentuatamente  dialettica invero
  maturata  sino  alla  definizione  sospensiva  del titolo esecutivo
  (come  nel caso dell'art. 373 c.p.c.) mostrerebbe di non reagire se
  non  debolmente  sullo  status dei beni nel frattempo ed in origine
  staggiti  per  effetto  di  un provvedimento giudiziale pronunciato
  dopo  un  contraddittorio  ma attualmente delibato con prognosi cui
  non  e'  estraneo  un  giudizio  di  possibile rimozione dei titolo
  stesso  (cassazione  della  sentenza  di merito); lo stesso effetto
  impropriamente    cautelare   sarebbe   implicato   dal   permanere
  dell'espropriazione,  pur non suscettibile di prosecuzione con atti
  esecutivi  diversi  da quelli meramente conservativi, anche se tale
  esigenza  di  mantenimento  dei  beni  a garanzia della prospettata
  pretesa   del  creditore  gia'  pignorante  non  e'  piu'  sorretta
  dall'attualita'  del  titolo  esecutivo  (la  sua  sospensione  non
  potrebbe  dare  inizio,  ex  se, ad un processo esecutivo autonomo)
  ovvero   da   altro  provvedimento  tipicamente  anticipatorio;  la
  violazione  dell'art. 24  della  Costituzione  sembra  al  collegio
  evidente,  in ogni caso, ove l'art. 623 c.p.c. direttamente ovvero,
  come  nella  vicenda  di  causa,  l'art. 373 c.p.c. (o il combinato
  disposto  delle due norme), non contemplano un'efficacia del potere
  sospensivo, gia' proprio dell'ordinanza non impugnabile, diretta ad
  incidere   anche  retroattivamente  sull'esecuzione  nel  frattempo
  eventualmente (e casualmente) iniziata, rimuovendone gli effetti ex
  tunc;  cio'  sarebbe  attuabile  in  via  diretta  o  mediante  una
  previsione,  ora  non  prevista,  di  una  causa  di estinzione del
  processo;  la tutela difensiva cosi' accordata all'esecutato appare
  priva  di strumentazione idonea a modificare la sorte di blocco dei
  beni   causato   dal   pignoramento,   secondo  una  gradazione  di
  incompletezza  palese rispetto al debitore sequestrato che, invece,
  ottenendo la revoca della misura cautelare puo' da subito sottrarre
  i  beni  prima  vincolati  alla  condizione  deteriore sui medesimi
  instaurata;
        15) un  diverso, piu' costituzionalmente corretto, assetto di
  compatibilita'  fra  la  rimozione  ab  origine  degli  effetti del
  pignoramento   e  la  legittimita'  degli  atti  espropriativi  nel
  frattempo  invece  adottati  sembra  invece, allo stato, sostituito
  dagli   stretti   confini   degli   istituti   risarcitori,  dunque
  indirettamente  e  dilatoriamente  funzionale  a  rimuovere ex post
  eventuali  pregiudizi  connessi  ad  un  cattivo  uso  della  forza
  esecutiva  del  titolo  piuttosto  che a ripristinare da subito una
  condizione  giuridica  di status dei beni omogenea all'assenza, nel
  frattempo  sopravvenuta, di esecutivita' del titolo per effetto del
  cui  azionamento  i  beni  stessi erano stati sottoposti a vincolo;
  tale previsione, solo indiretta ed eventuale, evidenzia non solo un
  vuoto   di   tutela   ma,   ai  fini  del  presente  provvedimento,
  un'ingiustificata  conseguenza di una disciplina normativa che, non
  prevedendo  l'efficacia  retroattiva  della caducazione esterna del
  titolo  esecutivo,  parifica,  in  violazione degli articoli 3 e 24
  della  Costituzione,  la "sospensione" dell'efficacia esecutiva del
  titolo  esecutivo  alla  "sospensione  del  processo esecutivo", la
  prima  decisa  al  di fuori e prescindendo dall'espropriazione (che
  puo'   essere   iniziata   o   meno),   la   seconda   dall'interno
  dell'esecuzione, cioe' dal giudice di essa; in altri termini sembra
  al  collegio  che,  permanendo  gli  effetti  di  vincolo  sui beni
  pignorati  e  nonostante  la venuta meno posteriore al pignoramento
  della  efficacia  esecutiva della sentenza di condanna (il titolo),
  il debitore possa solo dolersi, agendo in responsabilita' aggravata
  ex  art. 96  c.p.c., della eventuale mancanza di "normale prudenza"
  nell'iniziativa  esecutiva  del  creditore procedente; tale rimedio
  appare  pero'  del  tutto inconferente, perche' eventuale e nemmeno
  automaticamente  coincidente con la definitiva ablazione del titolo
  gia'  esecutivo,  rispetto  ad un'esigenza assai piu' prossima alla
  rimozione   dell'espropriazione   che,  invero,  l'art. 623  c.p.c.
  prevede nei termini omissivi oggetto di censura;
        16) la  questione  appare,  come premesso, altresi' rilevante
  ritenendo   il   tribunale   che   il   difetto  di  una  tipologia
  dell'ordinanza di estinzione aperta alla ricognizione di specie non
  normativamente  nominare  imponga  l'applicazione del solo art. 623
  c.p.c.  e,  con esso, il riconoscimento che, allo stato, il giudice
  estensore   non   poteva   che   adottare   un'ordinanza  meramente
  ricognitiva  della  avvenuta sospensione esterna della esecutivita'
  del  titolo, con efficacia pero' ex nunc sul processo nel frattempo
  iniziato;  tale  conseguenza  provvedimentale,  per  i  motivi gia'
  esposti,  e'  ritenuta  altresi'  non manifestamente priva di dubbi
  circa  la  sua  correttezza  costituzionale,  per contrasto con gli
  articoli 3 e 24 della Costituzione;