LA CORTE DI ASSISE

    Nel procedimento penale, recante il numero 25/1999, r.g. Corte di
  assise,  contro  Ganci  Raffaele, nato a Palermo il 4 gennaio 1932,
  imputato  dei  reati  di strage ed omicidio in pregiudizio di Carlo
  Alberto  Dalla  Chiesa,  Emanuela  Setti  Carraro e Domenico Russo,
  commessi  in Palermo il 3 settembre 1982;     Ha emesso la seguente
  ordinanza  rilevato, preliminarmente, che l'imputato Ganci Raffaele
  all'udienza  del  4 marzo  2000, ha chiesto di essere giudicato col
  rito  abbreviato,  ai  sensi  di  quanto statuito dall'art. 223 del
  d.lgs. 19 febbraio1998, n. 51; ed altresi' che il presente giudizio
  avviato  nei  confronti  di  Ganci Raffaele non e' ancora pervenuto
  alla  fase  dell'istruzione  dibattimentale  e  che alla data del 2
  giugno  1999, non era ancora in corso, dato che il decreto che l'ha
  disposto  e' stato emesso successivamente, vale a dire il 23 giugno
  1999;

                            O s s e r v a

    Col  d.lgs. del 19 febbraio 1998, n. 51, al capo XIII, in sede di
  istituzione  del  giudice unico di primo grado, il legislatore, per
  evidenti   finalita'   deflattive,   all'art.   223  ha  esteso  la
  possibilita' per l'imputato di accedere al rito abbreviato anche ai
  casi  in  cui  il  giudizio di primo grado, non pervenuto alla fase
  dell'istruzione  dibattimentale  fosse  gia' in corso "alla data di
  efficacia"  del decreto.     Tale data di efficacia, in forza della
  modifica  disposta all'art. 247 del d.lgs. 19 febbraio 1998, n. 51,
  dall'art. 1  della  legge  16 giugno  1998, n. 188, e' con certezza
  individuabile  in  quella  del  2  giugno  1999.      Peraltro,  in
  conformita'   al   prevalente  orientamento  giurisprudenziale,  il
  giudizio  di  primo grado puo' ritenersi "in corso" quando ne siano
  stati  approntati  tutti  i  presupposti  richiesti dalla legge per
  avviarlo,  e  cioe'  a  dire,  quando  il  giudice  per  l'indagine
  preliminare abbia emesso il decreto che dispone il giudizio;     Ne
  segue  che, in virtu' della cennata normativa, nei giudizi di primo
  grado    non    ancora    pervenuti   alla   fase   dell'istruzione
  dibattimentale,  se  il  decreto  che  ne  ha  disposto il giudizio
  risulta  gia'  emesso  alla data del 2 giugno 1999, all'imputato e'
  attribuita  la  facolta'  di  chiedere  il  giudizio abbreviato, in
  deroga  all'ordinaria  disciplina  che poneva (e pone, tuttora) uno
  sbarramento  altrimenti invalicabile, individuato nel momento della
  formulazione  delle  conclusioni  in  sede  di udienza preliminare.
      L'introduzione  di  tale  deroga  normativa  -  limitandosi  ad
  estendere  per  alcuni imputati il termine ultimo per richiedere il
  rito  abbreviato  - di per se' stessa, non determinava alcuna fonte
  di  disparita'  di trattamento; atteso che gli imputati per i quali
  il  decreto  che  dispone  il giudizio fosse stato emesso dopo il 2
  giugno  1999,  avrebbero  potuto,  comunque, richiedere il giudizio
  abbreviato  nei termini previsti dagli artt. 438 e segg. c.p.p., di
  guisa  che,  in tali casi il mancato ricorso al giudizio abbreviato
  sarebbe,  comunque,  scaturito  da  una  libera scelta processuale.
      Il quadro normativo ora descritto risulta chiaramente sconvolto
  dalle  modifiche  apportate alla disciplina del giudizio abbreviato
  dalla  legge  16 dicembre 1999, n. 479.     Infatti, con tale legge
  si e' estesa la possibilita' di fare ricorso al giudizio abbreviato
  anche ai reati astrattamente punibili colla pena dell'ergastolo per
  i   quali  l'accesso  a  tale  rito  era  in  precedenza  precluso.
      Segnatamente,  l'art. 30  della legge 16 dicembre 1999, n. 479,
  modificando l'art. 442 c.p.p., ha reintrodotto l'ammissibilita' del
  giudizio   abbreviato   anche  per  i  reati  punibili  colla  pena
  dell'ergastolo,  gia'  dichiarata  incostituzionale, per eccesso di
  delega  ,  con  sentenza  della  Corte costituzionale del 21 aprile
  1991,n. 176.      Ne  deriva che, gli imputati nei giudizi di primo
  grado  per  i  quali  non  sia  stata  ancora iniziata l'istruzione
  dibattimentale ed il cui giudizio fosse gia' in corso alla data del
  2 giugno 1999, hanno la facolta' di chiedere il giudizio abbreviato
  anche  se  i reati loro ascritti comportano (astrattamente) la pena
  dell'ergastolo;  mentre  siffatta facolta' non e' riconosciuta agli
  imputati  nei  giudizi  di  primo grado non ancora giunti alla fase
  dell'istruzione  dibattimentale,  per  i  quali  il  giudizio fosse
  iniziato  dopo  il  2 giugno  1999.      Orbene, a parere di questa
  Corte,  non  sembra  dubitabile  che,  alla  luce  della  descritta
  normativa,  sussista,  tra imputati che pure versano nella medesima
  fase  processuale  e  debbono  rispondere  degli  stessi reati, una
  palese quanto ingiustificata disparita' di trattamento, determinata
  unicamente  dalla  circostanza  che  il  decreto che ha disposto il
  giudizio  nei  loro confronti sia stato emesso prima o dopo la data
  del  2 giugno  1999.      Il  caso  in  trattazione e' emblematico.
      Invero,  all'imputato  Ganci  Raffaele  appare preclusa oggi la
  possibilita'  di  fare  ricorso  al giudizio abbreviato e quindi di
  accedere al beneficio della riduzione della pena, per il solo fatto
  che  il  decreto  che ne ha disposto il giudizio e' stato emesso il
  23 giugno  1999  e,  quindi,  in  data successiva al 2 giugno 1999;
  mentre  a  Madonia  Antonino, Lucchese Giuseppe, Galatolo Vincenzo,
  Anselmo  Francesco  Paolo e Ganci Calogero (suoi coimputati, sino a
  quando,  in  data  odierna,  questo  giudice  non  ha  disposto  la
  separazione  dei  processi)  tale  facolta'  e' stata riconosciuta,
  atteso che il relativo decreto che ha disposto il giudizio nei loro
  confronti  e'  stato  emesso  il  7  aprile  1999.      La suddetta
  disparita'  si  appalesa  ancor piu' stridente quando si consideri:
  che  tutti  gli  imputati  facevano  inizialmente parte di un unico
  procedimento;  che  la  posizione  del  Ganci  Raffaele  era  stata
  separata  da  quella  degli  altri imputati solo perche' ragioni di
  salute gli avevano impedito di partecipare all'udienza preliminare;
  ed  ancora  che  a seguito dei rispettivi provvedimenti di rinvio a
  giudizio  i due procedimenti penali (quello contro Ganci Raffaele e
  quello  contro  gli  altri imputati) erano stati nuovamente riuniti
  nella   fase   degli   atti   preliminari  del  presente  giudizio.
      Peraltro,  non pare dubitabile che la diversita' di trattamento
  risulti  assolutamente  ingiustisficata  ed irragionevole quando si
  tenga  conto della ratio dell'art. 223 del d.lgs. n. 51 del 1998, e
  succ.  mod.      Invero,  la  possibilita'  di accedere al giudizio
  abbreviato  nel  corso  del  giudizio di primo grado e' offerta dal
  legislatore  all'evidente  scopo  di deflazionare i dibattimenti la
  cui   fase   istruttoria  non  sia  ancora  iniziata,  in  coerenza
  coll'obbiettivo  della  riforma  di  ridurre  il  ricorso alla fase
  dibattimentale.      Obbiettivo, com'e' noto, perseguito, altresi',
  coll'ampliamento  dei  poteri  del  g.u.p.  ai fini della pronuncia
  della sentenza di non luogo a procedere (cfr. ad es. l'art. 421-bis
  c.p.p., nonche' gli artt. 422, 423 e 425 c.p.p. nel testo novellato
  dalla   legge   16 dicembre   1999,   n. 479);   colla   previsione
  dell'introduzione  concordata  tra  le  parti di atti contenuti nel
  fascicolo   del   Pubblico   ministero   o   della   documentazione
  dell'attivita'  di  investigazione difensiva ben oltre i previgenti
  limiti  sanciti dall'art. 431; e soprattutto colla radicale riforma
  del  rito  abbreviato,  attraverso la soppressione del consenso del
  p.m.  e  persino  della  discrezionalita'  del  giudice  in  merito
  all'ammissione  del  rito  richiesto  nell'assenza di condizionanti
  istanze   di  integrazione  probatoria.      Tanto  premesso,  pare
  davvero  incomprensibile  la  ragione  per  la  quale  l'accesso al
  giudizio  abbreviato  in ordine ai reati astrattamente puniti colla
  pena  dell'ergastolo, in precedenza precluso dal dettato normativo,
  non  sia  consentito  a  tutti  gli  imputati che si trovino con un
  giudizio  di  primo  grado in corso e con istruzione dibattimentale
  non  ancora  iniziata,  indipendentemente  dall'epoca (precedente o
  successiva al 2 giugno 1999), di instaurazione del giudizio stesso.
      Ed  una  discriminazione  tra  imputati dovuta unicamente ad un
  dato  temporale  (quello  del  momento  in  cui  e' stato emesso il
  decreto  che  dispone  il  giudizio)  del  tutto slegato dalla fase
  processuale   del   giudizio   in   corso  ed  in  ordine  ad  esso
  assolutamente  ininfluente sia nella sostanza che nella forma, pare
  a  questa  Corte,  oltre  che,  irragionevole  anche non legittima.
      Peraltro,  anche tenendo presente i costanti insegnamenti della
  Corte    costituzionale,    che    ha    da    sempre   evidenziato
  l'inscindibilita' del collegamento tra il beneficio della riduzione
  della  pena  (derivante all'imputato per effetto dell'ammissione al
  rito  abbreviato)  e lo scopo perseguito dal legislatore di evitare
  il   dibattimento;   non   puo'  farsi  a  meno  di  rilevare  che,
  nell'ipotesi  di  specie,  la  posizione  processuale dell'imputato
  Ganci  Raffaele  rispetta  appieno i requisiti di massima richiesti
  (non  essendo  ancora  iniziata  la fase cruciale del dibattimento,
  vale  a dire quella dell'istruzione dibattimentale) ed in ogni caso
  appare  del  tutto  identica a quella dei suoi ex coimputati (per i
  quali  il  rito  abbreviato  non  e'  precluso).     In definitiva,
  nell'impossibilita'  di  individuare  quali  ragioni  possano avere
  fondato la differenziazione tra le posizioni dianzi descritte, pare
  possa  argomentarsi  che  la  citata sperequazione sia dipesa da un
  parziale  mancato  adeguamento  del  testo dell'art. 223 del d.lgs.
  n. 51/1998,  succ.  mod., alla nuova disciplina del rito abbreviato
  prevista  dal  testo  novellato dell'art. 442 c.p.p.     Il mancato
  adeguamento  tra  le  riforme, a parere della Corte, ha in sostanza
  determinato  una  disciplina  transitoria  del  rito abbreviato che
  immotivatamente  ed  irragionevolmente risulta applicabile soltanto
  ad  alcuni  imputati  e  non  a  tutti  quelli  che  -  al  momento
  dell'entrata  in  vigore  della modifica processuale - si trovavano
  nella   medesima   posizione   di   imputati  (per  reati  punibili
  astrattamente coll'ergastolo), col giudizio di primo grado in corso
  ed   istruzione   dibattimentale   non   ancora   iniziata.      La
  differenziazione  e'  ovviamente  giusticabile  solo per i casi nei
  quali  il  decreto  che  dispone  il  giudizio  sia  emesso in data
  successiva  all'entrata  in  vigore della nuova disciplina del rito
  abbreviato  ex  art. 438  c.p.p.,  sia  perche'  in  tal caso anche
  all'imputato  di  reati  astrattamente  punibili  coll'ergastolo e'
  concessa   la   possibilita'   di  chiedere,  in  sede  di  udienza
  preliminare,  il rito speciale, sia perche' pare ragionevole che il
  legislatore  abbia  voluto,  colla  preclusione  temporale indicata
  dall'art. 438   c.p.p.  evitare  anche  quello  spreco  di  energie
  processuali  profuse  tra la conclusione dell'udienza preliminare e
  la  fase  dell'istruzione  dibattimentale.     Ma se il decreto che
  dispone  il  giudizio  e'  antecedente  all'entrata in vigore della
  riforma,   non   pare   dubitabile  che  la  cennata  irragionevole
  distinzione   tra   imputati  che,  pure,  versano  nella  medesima
  posizione  processule  sussista.  Invero, agli imputati di reati in
  astratto  punibili coll'ergastolo, nei cui confronti il decreto che
  dispone  il  giudizio  sia  stato emesso nel periodo andante tra il
  2 giugno  1999,  e  l'entrata  in  vigore  della riforma non e' mai
  concessa  la  facolta'  di chiedere il giudizio abbreviato.     Ne'
  puo'  sostenersi  che  trattandosi  di una normativa transitoria il
  legislatore  ha  piena liberta' nell'individuare le categorie (o il
  che   e'   equivalente,   le  posizioni  processuali)  che  possono
  beneficiare  della normativa stessa.     Infatti, nella fattispecie
  il  legislatore  non  ha  operato  una  distinzione  tra  posizioni
  processuali  diverse,  ma  nell'ambito  di  un'identica  situazione
  processuale   ha   scelto  un  discrimine  di  tipo  esclusivamente
  temporale, del tutto irragionevole ed anzi in palese contraddizione
  non  solo  col  principio di uguaglianza previsto dall'art. 3 della
  Carta  costituzionale, ma anche collo scopo stesso perseguito dalla
  norma  di  cui  all'art. 223  d.lgs. n. 51/1998.     Peraltro, pare
  assolutamente  manifesto  come nel presente giudizio la risoluzione
  della  questione  di  costituzionalita',  dianzi  cennata  ed infra
  specificata,  sia  rilevante  considerato che l'accesso al giudizio
  abbreviato comporta per l'imputato che ne richieda l'applicazione -
  in  caso  di  condanna  - l'accesso ad un regime sanzionatorio piu'
  favorevole.      Pertanto,  appare  non manifestamente infondata la
  questione  di  legittimita'  costituzionale  -  per  violazione del
  principio  di uguaglianza previsto dall'art. 3 della Costituzione -
  dell'art. 223  del  d.lgs.  19 febbraio 1998, n. 51, nella parte in
  cui  non  prevede  che  anche  nei  giudizi di primo grado in corso
  instaurati  successivamente  alla  data  di  efficacia  del  d.lgs.
  n. 51/1998  e  sino  all'entrata  in vigore della legge 16 dicembre
  1999,  n. 479,  limitatamente  ai  reati puniti astrattamente colla
  pena     dell'ergastolo,     l'imputato    prima    dell'istruzione
  dibattimentale abbia facolta' di chiedere il giudizio abbreviato.