IL TRIBUNALE Ha pronunciato la seguente ordinanza; Rilevato che l'imputato ha avanzato richiesta di applicazione della pena concordata ex art. 224 decreto legislativo n. 58 del 1998 e n. 444 c.p.p.; Considerato che trattasi di reato punito con pena edittale di entita' tale da astrattamente consentire l'accesso al richiesto rito alternativo; Rilevato che l'art. 446 c.p.p., come riformulato con legge n. 479 del 1999, entrata in vigore il 2 gennaio 2000, consente, nei procedimenti che transitino per l'udienza preliminare la formulazione della richiesta di applicazione della pena concordata fino alla presentazione delle conclusioni di cui agli artt. 421, comma 3, e 422, comma 3, mentre nella pregressa formulazione, vigente sino al 1o gennaio 2000, cio' era possibile fino alla dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado; Rilevato altresi' che la normativa transitoria di cui all'art. 224 decreto legislativo n. 58 del 1998, introdotta ad evidenti fini deflattivi del carico dibattimentale in conformita' con gli obiettivi perseguiti dalla riforma,amplia la facolta' di accesso al rito alternativo di cui all'art 444 c.p.p., limitatamente ai "giudizi" di primo grado in corso alla data del 2 giugno 1999 di efficacia dello stesso decreto legislativo n. 51 del 1998; Considerato che nel presente processo il decreto che dispone il giudizio e' stato emesso il 22 settembre 1999, per cui alla data del 2 giugno 1999, il giudizio di primo grado non era ancora in corso e che pertanto, la richiesta avanzata sarebbe allo stato inammissibile. O s s e r v a L'imputato e' stato rinviato a giudizio il 22 settembre 1999 nella vigenza della pregressa formulazione dell'art. 446 c.p.p. che consentiva la richiesta di applicazione della pena concordata ex art. 444 c.p.p. sino alla dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado e dunque essendo ancora nella titolarita' e nella pienezza di tale diritto. Il 2 gennaio 2000, con l'entrata in vigore della legge n. 479 del 1999, detto diritto e' venuto meno, con conseguente vanificazione della eventuale scelta difensiva, operata dall'imputato e fino a quel momento consentitagli dalla legge, di attendere ad esercitarlo sino all'apertura del dibattimento di primo grado, con una compressione ex post dell'intervallo temporale di vigenza, che si e' risolta in una imprevedibile soppressione del diritto non ancora esrcitato, divenuto non piu esercitabile. Ne' puo' trovare applicazione la normativa transitoria di cui all'art. 224 del decreto legislativo n. 51 del 1998, che, con un orientamento di segno opposto a quello suddetto, addirittura rimette in termini le parti per la formulazione della richiesta ex art. 444 c.p.p., persino nei giudizi giunti ben oltre la soglia dell'apertura del dibattimento, purche' pendenti in primo grado alla data di efficacia del citato decreto legislativo, salva la necessaria formulazione della richiesta alla prima udienza successiva a detta data. Ed invero non puo' all'evidenza ritenersi sussistere pendenza del "giudizio" prima della emissione del decreto che lo dispone, provvedimento intervenuto solo il 22 settembre 1999, per cui alla data del 2 giugno 1999, il presente giudizio non era ancora pendente. Donde la rilevanza e la non manifesta infondatezza della questione di legittimita' costituzionale dell'art. 224 del decreto legislativo n. 51 del 1998 in relazione agli artt. 3 e 24 della Costituzione. In primo luogo per l'evidente ingiustificata disparita' di trattamento di situazioni processuali del tutto corrispondenti. Ed invero il legislatore non ha razionalmente distinto e diversamente disciplinato situazioni processuali diverse in considerazione di esigenze in qualche modo connesse al processo, ma, con la previsione del 2 giugno 1999 quale dato temporale cui rapportarsi per verificare la pendenza o meno del giudizio in funzione della possibilita' di accesso al rito alternativo, ha operato, sulla mera base di un elemento temporale esterno, una ingiustificata disparita' di trattamento tra processi pendenti nella fase del giudizio. Anzi detta disparita' risulta ulteriolmente ingiustificata qualora si considera che la richiesta di applicazione della pena concordata finisce per essere consentita (dopo che il diritto si era in precedenza esaurito) in processi pervenuti ad inoltrata fase del dibattimento con integrale acquisizione del materiale probatorio e conseguente possibilita' di scelta per l'imputato dell'alternativa piu' conveniente sulla base delle risultanze processuali, ed interdetta invece in dibattimenti ancora da aprire, con riferimento ai quali sino al 2 gennaio 2000 in capo all'imputato ed al pubblico ministero era ancora non consumato il diritto di avanzare richiesta ex art. 444 c.p.p. In particolare, quanto a quest'ultimo profilo - sopravvenuta soppressione del diritto di richiedere l'applicazione della pena concordata prima del compiersi dell'intervallo processuale di sua vigenza - si profila anche la violazione dell'art. 24 della Costituzione, venendo ad essere improvvisamente preclusa all'imputato una scelta difensiva (comportante una consistente riduzione di pena) che in precedenza gli era riconosciuta, con facolta' di decidere non solo se attivarla ma anche in quale fase, posto che, non determinatosi in tal senso all'udienza preliminare, ne conserva facolta' sino all'apertura del dibattimento di primo grado. Quanto sopra e' evidente frutto di una smagliatura legislativa conseguente al fatto che la norma transitoria di cui all'art. 224 del decreto legislativo n. 51 del 1998 e' entrata in vigore, al pari di altre norme dello stesso decreto sulla istituzione del giudice unico di primo grado, in data 2 giugno 1999, mentre la normativa sul procedimento innanzi al giudice unico e' entrata in vigore il successivo 2 gennaio 2000, in assenza della necessaria riformulazione del disposto dell'art. 224 del decreto legislativo n. 51 del 1998 e comunque di una normativa transitoria che tenesse in debito conto quanto verificatosi, opportunamente disciplinando il vuoto creatosi con riferimento al periodo dal 2 giugno 1999 al 2 gennaio 2000. Ne consegue che appare rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 224 del decreto legislativo n. 51 del 1998, per violazione del principio di uguaglianza previsto dall'art. 3 della Costituzione e del diritto di difesa completato dall'art. 24 della Costituzione, nella parte in cui non prevede che, anche nei giudizi di primo grado instaurati successivamente alla data di efficacia del decreto legislativo n. 51 del 1998 e sino all'entrata in vigore della legge n. 479 del 1999, sia consentito all'imputato di avanzare richiesta di applicazione della pena concordata ex art. 444 c.p.p.