ha pronunciato la seguente


                              Ordinanza

nel  giudizio  di ammissibilita' del conflitto tra poteri dello Stato
sorto  a  seguito  della  delibera  della  Camera  dei  deputati  del
15 dicembre   1998  relativa  alla  insindacabilita'  delle  opinioni
espresse  dall'on. Tiziana  Parenti  con dichiarazioni rese il 4 e il
9 novembre  1994,  allorche' fu sentita dagli ispettori del Ministero
di  grazia e giustizia nell'ambito dell'inchiesta sulla Procura della
Repubblica  presso  il Tribunale di Milano, promosso dal Tribunale di
Roma,  quinta  sezione  penale,  con ricorso depositato il 9 novembre
1999 ed iscritto al n. 132 del registro ammissibilita' conflitti.
    Udito  nella  camera di consiglio del 23 febbraio 2000 il giudice
relatore Valerio Onida.
    Ritenuto  che  il  Tribunale  di Roma, quinta sezione penale, con
atto  emesso  l'8 ottobre  1999  e  depositato presso questa Corte il
9 novembre  1999,  ha  sollevato conflitto di attribuzione fra poteri
dello Stato nei confronti della Camera dei deputati in relazione alla
deliberazione  in  data  15 dicembre 1998 con la quale l'Assemblea ha
dichiarato  che  i  fatti per i quali e' in corso dinanzi al medesimo
Tribunale  procedimento  penale  nei  confronti  del deputato Tiziana
Parenti  -  consistenti  in  dichiarazioni rese dalla parlamentare in
data  4  e  9 novembre 1994, allorche' fu sentita dagli ispettori del
Ministero  di grazia e giustizia, nell'ambito dell'inchiesta che essi
svolgevano  sulla  Procura  della  Repubblica  presso il Tribunale di
Milano,  Ufficio  cui  la on. Parenti era addetta nel lasso temporale
oggetto  delle  indagini  - concernono opinioni espresse da un membro
del   Parlamento   nell'esercizio   delle   sue  funzioni,  ai  sensi
dell'art. 68, primo comma, della Costituzione;
        che,  secondo il Tribunale ricorrente, la Camera dei deputati
avrebbe illegittimamente valutato come insindacabili le dichiarazioni
della  on. Parenti,  posto  che  il  ruolo  svolto dalla parlamentare
innanzi  all'autorita'  ispettiva sarebbe stato assimilabile a quello
di  "persona  informata  sui  fatti"  nell'ambito  di un procedimento
giudiziario,  rappresentando  essa, in qualita' di testimone, fatti e
comportamenti  riconducibili  a  se  medesima ed ai suoi ex colleghi:
onde  le  dichiarazioni sarebbero state rese in un contesto del tutto
avulso,  sia  temporalmente  (avendo ad oggetto attivita' pregresse),
sia  sostanzialmente,  dall'attivita'  svolta  dalla  on. Parenti  in
qualita' di parlamentare;
        che,   pertanto,   il   ricorrente   solleva   conflitto   di
attribuzioni   "per   illegittima   interferenza   nel   procedimento
giudiziario" in corso a carico della on. Parenti.
    Considerato  che  in  questa  fase  la Corte e' chiamata, a norma
dell'art. 37, terzo e quarto comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87,
a  delibare,  senza contraddittorio, se il ricorso sia ammissibile in
quanto  esista  "la materia di un conflitto la cui risoluzione spetti
alla sua competenza";
        che  l'atto  introduttivo  contiene  gli  elementi essenziali
propri  del  ricorso  per  conflitto di attribuzioni fra poteri dello
Stato,  ai  sensi  dell'art. 37 della predetta legge n. 87 del 1953 e
dell'art. 26,  primo  comma,  delle  norme  integrative per i giudizi
davanti alla Corte costituzionale, mentre deve ritenersi irrituale la
trasmissione  alla  Corte,  disposta  dal  Tribunale,  degli atti del
procedimento   penale,  che  devono  pertanto  essere  restituiti  al
ricorrente;
        che,  secondo  la costante giurisprudenza di questa Corte, il
conflitto  che  l'autorita'  giudiziaria,  chiamata a giudicare della
eventuale   responsabilita'   di   un  parlamentare  in  relazione  a
dichiarazioni da lui rese, promuova nei confronti della Camera che ha
valutato  tali  dichiarazioni come opinioni espresse dal parlamentare
nell'esercizio  delle sue funzioni, contestandone la riconducibilita'
alla  previsione dell'art. 68, primo comma, della Costituzione, verte
su  attribuzioni  costituzionalmente  garantite  degli  organi  della
giurisdizione,    che    si   assumono   lese   dalla   deliberazione
dell'assemblea  parlamentare,  e  insorge  fra  organi  competenti  a
dichiarare  in via definitiva la volonta' del potere cui appartengono
(cfr., da ultimo, ordinanze nn. 81 e 91 del 2000);
        che  dal  ricorso e' dato ricavare le ragioni del conflitto e
le norme costituzionali che regolano la materia.