ha pronunciato la seguente Ordinanza nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 230, della legge 23 dicembre 1996, n. 662 (Misure di razionalizzazione della finanza pubblica), come richiamato dall'art. 4, comma 6, del decreto legge 28 marzo 1997, n. 79 (Misure urgenti per il riequilibrio della finanza pubblica), convertito, con modificazioni, dalla legge 28 maggio 1997, n. 140, promosso con ordinanza emessa il 7 ottobre 1999 dal Tribunale di Pistoia, iscritta al n. 687 del registro ordinanze 1999 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 51, prima serie speciale, dell'anno 1999. Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei Ministri; Udito nella camera di consiglio del 22 marzo 2000 il giudice relatore Valerio Onida. Ritenuto che, con ordinanza emessa il 7 ottobre 1999 e pervenuta il successivo 24 novembre, il Tribunale di Pistoia ha sollevato questione di legittimita' costituzionale, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, dell'art. 1, comma 230, della legge 23 dicembre 1996, n. 662 (Misure di razionalizzazione della finanza pubblica), come richiamato dall'art. 4, comma 6, del decreto legge 28 marzo 1997, n. 79 (Misure urgenti per il riequilibrio della finanza pubblica), convertito, con modificazioni, dalla legge 28 maggio 1997, n. 140, nella parte in cui non prevede che, oltre i provvedimenti di esecuzione, i provvedimenti di merito in corso in qualsiasi stato e grado siano "sospesi per effetto della domanda di regolarizzazione e subordinatamente al puntuale pagamento delle somme determinate agli effetti del presente articolo alle scadenze dallo stesso previste"; che il remittente premette che l'art. 4 del d.-l. n. 79 del 1997 prevede la regolarizzazione delle posizioni debitorie relative a omissioni o ritardi nel versamento di contributi previdenziali e assistenziali, anche attraverso il pagamento in trenta rate bimestrali, e richiama, estendendone la portata, la disposizione dell'art. 1, comma 230, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, secondo la quale la regolarizzazione estingue i reati connessi con la denuncia e con i versamenti contributivi, e sono sospesi, per effetto della domanda di regolarizzazione e subordinatamente al puntuale pagamento delle somme dovute alle scadenze previste, solo i provvedimenti di esecuzione in corso, in qualsiasi fase e grado; che tale disciplina, ad avviso del giudice a quo non prevedendo la sospensione dei procedimenti penali in corso, come era invece previsto dall'art. 3, comma 9, del d.-l. n. 103 del 1991, convertito dalla legge n. 166 del 1991, non consentirebbe al debitore, che pure e' ammesso alla regolarizzazione mediante un pagamento rateale, di ottenere, fino al completo pagamento, il beneficio della estinzione del reato, realizzandosi cosi' una ingiustificata disparita' di trattamento fra chi e' in grado di versare in unica soluzione la somma dovuta, e chi invece, per le proprie condizioni economiche, deve avvalersi del pagamento rateale; che, sempre secondo il giudice remittente, la normativa denunciata appare inoltre irragionevole in quanto, pur concedendo una piu' ampia dilazione di pagamento, cosi' ponendosi, rispetto alla previgente disciplina, in un'ottica di maggior favore nei confronti dei non abbienti, non consente pero' loro di ottenere la sospensione del giudizio sino all'integrale pagamento delle rate; che e' intervenuto il Presidente del Consiglio dei Ministri, chiedendo che la questione sia dichiarata inammissibile e comunque manifestamente infondata. Considerato che analoghe questioni sono state dichiarate da questa Corte manifestamente infondate con le ordinanze n. 142 e n. 268 del 1999, nelle quali si e' chiarito, fra l'altro, che la disciplina denunciata, pur dando luogo ad una disarmonia fra normativa amministrativa e normativa penale connessa, non si appalesa costituzionalmente illegittima, poiche' il debitore che fa ricorso alla regolarizzazione mediante il pagamento rateale non puo' vantare una pretesa costituzionalmente protetta a vedere sospeso il procedimento penale in attesa del completamento del pagamento delle somme dovute; che la lamentata disparita' fra chi e' in grado di pagare in unica soluzione e chi ricorre alla rateizzazione e' insita nel meccanismo normativo che subordina la estinzione del reato al pagamento di somme, senza che cio' costituisca, di per se', violazione della Costituzione; che la predetta disciplina non puo' essere qualificata come manifestamente irragionevole, ancorche' il mancato coordinamento fra normativa amministrativa e normativa penale possa incidere sull'efficacia dell'incentivo alla regolarizzazione predisposto dal legislatore; che l'ordinanza in esame non reca argomenti nuovi o comunque tali da indurre questa Corte a modificare il proprio orientamento; che pertanto anche la questione qui sollevata deve essere dichiarata manifestamente infondata. Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.