ha pronunciato la seguente Ordinanza nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 2952, secondo comma, del codice civile, promosso con ordinanza emessa il 2 giugno 1988 dal giudice istruttore presso il tribunale di Genova nel procedimento civile vertente tra Romairone Bruno ed altra e le Assicurazioni Generali s.p.a., iscritta al n. 600 del registro ordinanze 1998 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 37, prima serie speciale, dell'anno 1998. Visto l'atto di costituzione delle Assicurazioni Generali S.p.a. nonche' l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei Ministri; Udito nell'udienza pubblica del 21 marzo 2000 il giudice relatore Fernanda Contri; Uditi l'avvocato Giovanna Volpe Potzolu per le Assicurazioni Generali S.p.a. e l'avvocato dello Stato Oscar Fiumara per il Presidente del Consiglio dei Ministri. Ritenuto che nel corso di un procedimento civile, avente ad oggetto una domanda di pagamento di un indennizzo assicurativo derivante da infortunio, il giudice istruttore presso il tribunale di Genova, in funzione di giudice unico, con ordinanza emessa il 2 giugno 1998, ha sollevato, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, questione di legittimita' costituzionale dell'art. 2952, secondo comma, del codice civile, nella parte in cui prevede il medesimo termine di prescrizione annuale per i diritti di credito derivanti dai contratti di assicurazione contro gli infortuni e per quelli derivanti dai contratti di assicurazione contro i danni; che il rimettente premette che la compagnia assicuratrice convenuta ha eccepito la prescrizione del diritto fatto valere dall'attore, decorrente dal giorno in cui si e' verificato il fatto da cui sarebbe derivato l'infortunio, essendo trascorso oltre un anno dalla denuncia dell'assicurato e l'invio di varia documentazione, senza il compimento di atti interruttivi; che, secondo il giudice a quo, la previsione di un unico termine di prescrizione annuale per tutti i diritti derivanti dal contratto di assicurazione, frutto di una scelta legislativa eccessivamente sbilanciata a favore dell'assicuratore, equiparerebbe in modo discutibile beni di rango diverso, quali la vita, l'integrita' della persona e le cose materiali, mentre l'eccessiva brevita' dello stesso non sarebbe giustificabile con riferimento ad esigenze di rapido accertamento del diritto del danneggiato; che, sempre secondo il rimettente, benche' la Corte sia gia' stata investita della questione riguardante la ragionevolezza del termine di prescrizione di cui all'art. 2952 cod. civ., ed abbia ritenuto infondata la doglianza allora svolta in relazione al termine quinquennale di prescrizione, previsto per il risarcimento dei danni da fatto illecito, in base alla non comparabilita' delle situazioni poste a raffronto (ordinanza n. 458 del 1987), la questione dovrebbe essere ora esaminata con riferimento non alla brevita' del termine in se', ma riguardo alla diversita' dei beni protetti; che in particolare, ad avviso del giudice a quo una disciplina che sottopone al medesimo termine prescrizionale diritti aventi natura profondamente diversa, quali quelli inerenti alla vita e all'integrita' fisica della persona e quelli relativi a beni materiali, sarebbe per cio' solo lesiva del canone di ragionevolezza e determinerebbe una violazione del principio di eguaglianza, senza che sia necessario individuare un tertium comparationis dal momento che l'eventuale pronuncia di illegittimita' costituzionale non determinerebbe un vuoto normativo, potendo operare in ogni caso la disciplina ordinaria della prescrizione; che nel giudizio innanzi alla Corte si e' costituita la Assicurazioni Generali S.p.A., convenuta del giudizio a quo concludendo per la manifesta infondatezza della questione; che, ad avviso della parte, l'interesse tutelato dalle norme in materia di assicurazioni private, diversamente da quelle relative alle assicurazioni obbligatorie, non sarebbe quello alla vita o all'integrita' fisica della persona - che costituiscono solo i presupposti della prestazione assicurativa - ma avrebbe natura meramente economica e consisterebbe nel conseguimento di una prestazione pecuniaria in caso di infortunio; che la previsione di un termine annuale di prescrizione risponderebbe principalmente all'interesse dell'assicurato, essendo del tutto irrilevante, sotto tale profilo, la natura del bene oggetto di copertura, dal momento che l'attivita' assicurativa si basa su calcoli previsionali relativi al numero dei sinistri risarcibili e alla presumibile entita' degli indennizzi, si' che l'assicuratore deve poter disporre tempestivamente di tutti i dati ad essi inerenti, al fine di garantire l'effettivita' della prestazione e di tutelare gli assicurati contro il rischio di insolvenza dell'assicuratore medesimo; che e' intervenuto nel giudizio il Presidente del Consiglio dei Ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che la questione sia dichiarata inammissibile o comunque infondata; che la difesa erariale evidenzia come il termine di prescrizione stabilito dall'art. 2952 cod. civ. riguardi non solo i diritti del danneggiato o dell'assicurato, ma anche quelli della compagnia assicuratrice, come il diritto al pagamento delle rate di premio o quello di rivalsa, cio' che smentirebbe la tesi di una scelta legislativa eccessivamente sbilanciata verso l'interesse dell'assicuratore; che per l'Avvocatura la previsione di un unico termine annuale di prescrizione dei diritti dell'assicurato non conterrebbe alcun profilo di irragionevolezza, non essendo ipotizzabile la fissazione di termini diversi secondo il tipo di danno, qualora sia unico il fatto che lo abbia causato, anche in considerazione delle evidenti difficolta' di carattere applicativo che cio' comporterebbe. Considerato che il giudice istruttore presso il tribunale di Genova dubita della legittimita' costituzionale dell'art. 2952, secondo comma, del codice civile, nella parte in cui prevede lo stesso termine annuale di prescrizione dei diritti di credito derivanti dai contratti di assicurazione contro gli infortuni e di quelli derivanti dai contratti di assicurazione contro i danni, dal momento che una disciplina che sottopone al medesimo termine prescrizionale l'esercizio di diritti di natura profondamente diversa, quali quelli inerenti alla vita e all'integrita' fisica della persona e quelli relativi a beni materiali, sarebbe per cio' solo lesiva del canone di ragionevolezza e coerenza e determinerebbe una violazione del principio di eguaglianza di cui all'art. 3 della Costituzione; che il rimettente censura dunque la norma non gia' sotto il profilo della congruita' del termine annuale previsto, ma in forza dell'ingiustificata equiparazione di situazioni fra loro differenti e non omogenee, senza peraltro indicare quale dovrebbe essere il diverso termine di prescrizione che egli ritiene conforme a Costituzione, limitandosi a richiamare la possibilita' di applicare il termine ordinario; che la premessa logica da cui prende le mosse il rimettente appare pero' del tutto erronea, poiche' essa non considera che il contratto di assicurazione contro gli infortuni, cosi' come ogni contratto di assicurazione disciplinato dagli artt. 1882 e segg. cod. civ., non ha lo scopo di tutelare la vita o l'integrita' fisica della persona, ma quello di far conseguire all'assicurato, entro i limiti e secondo le condizioni convenuti, il risarcimento del danno patito a seguito di un sinistro e che "l'equilibrio tecnico ed economico del negozio si realizza tra l'insieme dei rischi assunti dall'assicuratore e l'insieme dei premi dovuti dagli assicurati, e non invece nell'ambito di ogni singolo rapporto contrattuale" (sentenza n. 18 del 1975 e ordinanza n. 284 del 1984); che, essendo unica la funzione economica e sociale del contratto ed unitaria la disciplina adottata dal codice civile, la norma impugnata, nel determinare un unico termine di prescrizione per tutti i diritti nascenti dal rapporto, quale che sia il bene assicurato, non provoca alcuna disparita' di trattamento; che il legislatore ha ampia discrezionalita' nella fissazione del termine di prescrizione dei singoli diritti, con l'unico limite dell'eventuale irragionevolezza qualora "esso venga determinato in modo da non rendere effettiva la possibilita' di esercizio del diritto cui si riferisce, e di conseguenza inoperante la tutela voluta accordare al cittadino leso" (sentenza n. 10 del 1970 e sentenza n. 57 del 1962); che tale limite, nel caso in esame, non puo' dirsi violato, non essendo attinto da irragionevolezza e rispondendo alla logica unitaria del contratto di assicurazione; che la questione appare percio' manifestamente infondata sotto ogni profilo.