IL TRIBUNALE

    Letti gli atti del fascicolo procedimentale di cui in epigrafe;
    Letta la richiesta dal p. m., in sede di revoca della sentenza di
  condanna  emessa  dal  pretore  di Catanzaro in data 27 aprile 1999
  n. 535, divenuta irrevocabile in data 8 dicembre 1999, per il reato
  di cui all'art. 2 della legge n. 386/1990 nei confronti di Stirparo
  Antonio, gia' generalizzato;
    Rilevato che il reato per cui e' stata condanna e' stato abrogato
  dall'art.  29  d.lgs.  n. 507  del  30 dicembre 1999 e che ricorre,
  pertanto,  causa  di  revoca  del titolo esecutivo sopra citato per
  abolitio criminis;
    Rilevato  che, ai sensi dell'art. 101 d.lgs. n. 507/1999, ai fini
  della   revoca   della   sentenza   di  condanna  irrevocabile,  e'
  applicabile  la  procedura  di  cui  all'art.  667 comma quarto del
  c.p.p.;
    Ritenuto   che   -   stante   l'irretroattivita'  della  sanzione
  amministrativa  prevista  in  sostituzione  della  sanzione  penale
  allorquando  il  procedimento  penale  sia stato definito, come nel
  caso  di  specie,  con  sentenza  passata  in  giudicato,  ai sensi
  dell'art.  100  legge citata- non possa essere disposto invio degli
  atti  alla  competente  autorita'  amministrativa per l'irrogazione
  della sanzione ex novo prevista;
    Rilevato   che,  a  norma  dell'art.  101  comma  secondo  d.lgs.
  n. 507/1999  le multe inflitte con le sentenze o i decreti indicati
  nel  comma  1  del  medesimo  articolo (divenuti cioe' irrevocabili
  prima  della  data  di  entrata  in vigore del citato decreto) sono
  riscosse, unitamente alle spese processuali, con l'osservanza delle
  norme sull'escuzione delle pene pecuniarie;
    Ritenuto,  pertanto,  che  alla  stregua  della  normativa teste'
  richiamata,  nel caso di cui trattasi deve ordinarsi la riscossione
  della  pena di L. 1.000.000 di multa inflitta con la sentenza sopra
  richiamata, e delle spese del processo;
    Ritenuto  che  la  normativa  indicata  determini  violazione del
  principio costituzionale di ugualianza sancito dall'art. 3 Cost. in
  quanto causativa di una irragionevole disparita' di trattamento fra
  situazioni  omogenee  e comparabili, posto che nel caso di sentenza
  di  condanna  irrevocabile  prima dell'entrata in vigore del d.lgs.
  n. 507/1999  e  relativa  alla  violazione  dell'art. 2 della legge
  n. 386/1990,  qualora  al  reo  sia stata applicata pena detentiva,
  alla  revoca del titolo per abolitio criminis non consegue sanzione
  alcuna,  poiche'  non e' applicabile quella amministrativa prevista
  ex  art.  29  d.lgs. n. 507/1999, irretroattiva a termini dell'art.
  100 della citata legge, ne' puo' porsi in esecuzione, all'evidenza,
  la  pena detentiva, trattandosi di fattispecie depenalizzata e, per
  converso,  quando invece trattasi di soggetto ugualmente condannato
  per  il  medesimo  titolo  di reato, a sola pena pecuniaria, questa
  debba  essere  comunque  posta  in  escuzione con le forme previste
  dall'art. 101 capoverso della legge citata;
    Ritenuto  che  la disparita' di trattamento evidenziata si palesi
  irragionevole  a  considerare  che  il  soggetto condannato, per il
  reato  di  emissione  di assegni senza provvista, a pena piu' grave
  (quella   detentiva),   significativa  di  una  condotta  che,  per
  soggettivita'  ed oggettiva, si palesi maggiormente lesiva del bene
  interesse  protetto,  non patisce conseguenza sanzionatoria alcuna,
  mentre  deve,  ex  lege,  soggiacervi,  nelle forme dell'esecuzione
  della  pena  pecuniaria,  il  condannato, per il medesimo titolo di
  reato,   alla  piu'  lieve  pena  di  natura  monetaria,  e  quindi
  responsabile di lesione del bene interesse di minore intensita';
    Considerato      che     una     interpretazione     alternativa,
  costituzionalmente  orientata,  idonea a rimuovere la irragionevole
  disparita'  di  trattamento  denunciata,  implicherebbe  operazione
  ermeneutica  additiva  in  peius  nei  confronti  della  disciplina
  prevista  per  i  casi  di condanna a pena detentiva, dovendosi sul
  punto   ipotizzare,  ai  fini  di  parificazione  delle  situazioni
  comparabili  richiamate,  un  potere  di  sostituzione  della  pena
  detentiva per il reato di cui all'art. 2 della legge n. 386/1990 in
  corrispondente  pena  pecuniaria,  che  consenta  di  agire in sede
  esecutiva a termini dell'art. 101 capoverso della legge citata, con
  evidente  vulnus  al  principio di intangibilita' del giudicato e a
  quello del favor rei;
    Considerato che, nel caso di cui trattasi, il vizio denunciato si
  manifesta  rilevante  in  ordine  all'oggetto del giudizio, poiche'
  dalla  disposizione  dell'art. 101 capoverso del d.lgs. n. 507/1999
  discende, nell'applicazione al caso concreto, il potere di ordinare
  l'esecuzione della pena pecuniaria inflitta con il titolo esecutivo
  devoluto  per  la  revoca,  ai  sensi dell'art. 673 c.p.p., cui non
  dovrebbe  farsi  ricorso  nel  caso di accoglimento della sollevata
  questione di legittimita' costituzionale della norma;