IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE

    Ha  pronunciato  la  seguente ordinanza nella camera di consiglio
  del  21  gennaio  1998;      Visti  i ricorsi n. 16416/97 reg. gen.
  proposto da Marchionne Massimiliano, n. 16417/97 reg. gen. proposto
  da  Nenna  Alessia,  n. 1641/97  reg.  gen. proposto da Verde Ciro,
  n. 16419/97  reg.  gen.  proposto  da  Raccioppi  Roberta,  Allocca
  Filomena,  Cimini  Donatella,  Esposito  Marco,  Papadopulos  Niki,
  Parlato  Raffaele  Stefano  e  Piccolo Dario, n. 16420/97 reg. gen.
  proposto da Izzo Claudia, n. 16421/97 reg. gen. proposto da Di Vito
  Alexej e n. 16422/97 reg. gen. proposto da Martini Valentina, tutti
  rappresentati  e  difesi dall'avv. Giovanni Marino ed elettivamente
  domiciliati  presso  il  medesimo  in Roma, viale Regina Margherita
  n. 244;
    Contro  il Ministero dell'universita' e della ricerca scientifica
  e tecnologica, in persona del Ministro protempore, e le Universita'
  degli  studi  "Federico  II  (nn. 16416 e 16418/97) e "Seconda" (n.
  16419/97)  di  Napoli  e  "Tor  Vergata" di Roma (nn. 16417, 16420,
  16421  e  16422/97),  in  persona del rispettivo rettore in carica,
  rappresentati  e  difesi dall'avvocatura generale dello Stato e per
  legge  domiciliati  presso  la medesima in Roma, via dei Portoghesi
  n. 12;  e nei confronti di Annunziata Marco (n. 16416/97), Lanzillo
  Chiara  (nn. 16417, 16420, 16421 e 16422/97), Rutigliani Pietro (n.
  16418/97)  e  Dinacci  Daria  (n.  16419/97),  non  costituiti  nei
  rispettivi  giudizi;  per  l'annullamento  dei  provvedimenti,  ivi
  compreso  -  ove  occorra  - il regolamento didattico di ateneo, di
  limitazione dell'accesso alle facolta' di medicina e chirurgia; dei
  provvedimenti di diniego di ammissione dei ricorrenti al primo anno
  decorsi  di  laurea  in  medicina  e  chirurgia o in odontoiatria e
  protesi  dentaria  per  l'anno  accademico 1997-1998; di ogni altro
  atto presupposto, connesso e consequenziale, ivi compresi i decreti
  rettorali  di indizione delle selezioni ed il decreto del Ministero
  dell'universita'  della  ricerca  scientifica e tecnologica recante
  criteri in tema di limitazioni alle iscrizioni ai corsi di laurea;
    Visti i ricorsi con i relativi allegati;
    Visti  i  rispettivi  atti  di  costituzione  in  giudizio  delle
  amministrazioni intimate;
    Visti gli atti tutti della causa;
    Alla  camera  di  consiglio  del  21  gennaio  1998,  relatore il
  magistrato  Angelica  dell'Utri,  uditi  i  difensori  delle  parti
  indicati nel relativo verbale;
    Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue;

                           Fatto e diritto

    I  -  Con i ricorsi dell'esame della Sezione - di cui va disposta
  la  riunione  ai soli fini della trattazione della presente fasi di
  giudizio  -  i  ricorrenti investono i provvedimenti specificati in
  epigrafe nella parte in cui determinano la preclusione dell'accesso
  ai corsi di laurea a cui i medesimi aspirano ad essere iscritti per
  l'anno  accademico 1997-1998, e ne chiedono, in via incidentale, la
  sospensione dell'esecuzione: su tale richiesta cautelare la sezione
  e'   chiamata  a  decidere.      Trattasi  di  corsi  per  i  quali
  l'amministrazione,  attraverso  atti regolamentari e di attuazione,
  ha  imposto consistenti limitazioni nelle iscrizioni (nn. 225 e 292
  posti per i corsi di laurea in medicina delle Universita' "Federico
  II"  e,  rispettivamente,  "Seconda"  di  Napoli,  n. 135 posti per
  l'analogo corso dell'Universita' "Tor Vergata" di Roma; n. 25 posti
  per  il  corso di laurea in odontoiatria dell'Universita' "Federico
  II" di Napoli).
    L'agire  dell'amministrazione  - in particolare il d.m. 21 luglio
  1997, n. 245 ("Regolamento recante norme in materia di accessi alla
  istruzione  universitaria e di connesse attivita' di orientamento")
  -  trova  dichiaratamente  supporto normativo nell'art. 9, comma 4,
  della legge 19 novembre 1990, n. 341, come modificato dall'art. 17,
  comma 116, della legge 15 maggio 1997, n. 127, che ha attribuito ad
  un  atto  emanato  dal  Ministro  dell'universita'  e della ricerca
  scientifica  e  tecnologica il potere di determinare la limitazione
  degli accessi di cui trattasi.
    Ed  invero,  l'art.  9  citato,  a  seguito della detta modifica,
  stabilisce  che  il  Ministero  "definisce,  su conforme parere del
  consiglio  universitario  nazionale,  i  criteri  generali  per  la
  regolamentazione dell'accesso alla scuole di specializzazione ed ai
  corsi  universitari,  anche  quelli  per i quali l'atto emanato del
  Ministro preveda una limitazione delle iscrizioni".
    La  sezione dubita della legittimita' costituzionale della norma;
  pertanto,  ritiene di dover sollevare, anche d'ufficio, la relativa
  questione  di  costituzionalita'  per contrasto col principio della
  riserva  di  legge e, conseguentemente, con gli artt. 33 e 34 della
  Costituzione.

    II - La questione appare rilevante sotto un duplice profilo:
        da un lato, sembra incontrovertibile che la tutela prevalente
  cui  mirano le azioni intraprese discende, nella specie, solo dalla
  eventuale  eliminazione  dalla realta' giuridica della disposizione
  che,  conferendo il detto potere all'amministrazione, consente alla
  stessa  di  precludere  o limitare l'accesso ai corsi universitari:
  si'  che  viene  a  configuarsi  un'assoluta  priorita'  - anche in
  ragione  di  principi  attinenti  all'economia  di  giudizio  -  di
  trattazione  della  detta  questione.  E'  infatti  evidente che la
  caducazione  delle  norme  che  consentono  al  Ministero  di porre
  limitazioni  alle  immatricolazioni  consentirebbe la soddisfazione
  piena   dell'interesse   dedotto   in   giudizio   dai  ricorrenti,
  consentendo  loro  l'iscrizione  al  corso  senza  sottomettersi  a
  procedure  selettive,  mentre  le altre censure sollevano questioni
  che,  ove fondate, assicurerebbero un grado minore di soddisfazione
  al   predetto  interesse  e  si  presentano  subordinate  all'esito
  eventualmente negativo dell'incidente di costituzionalita':
        dall'altro,    la    indicata    rilevanza   deve   ritenersi
  configurabile  anche  nella  presente fase cautelare, atteso che il
  dubbio  di  costituzionalita'  in  ordine alla norma precitata, che
  costituisce,   allo   stato,   la   fonte   del  potere  esercitato
  dall'amministrazione,    preclude   al   collegio   una   pronuncia
  definitiva,   sia   pure   in   sede   di   sommaria   delibazione,
  sull'esistenza o meno del fumus della pretesa azionata, non potendo
  tale  valutazione  essere  svincolata  dalla  decisione della Corte
  sulla portata della norma sottoposta al suo esame.

    III - La questione appare altresi' non manifestamente infondata.
    Ritiene  la  sezione che, in materia di accesso agli studi, anche
  universitari,   sussista,   in  base  agli  artt.  33  e  34  della
  Costituzione,  una  riserva  relativa  di legge, con la conseguenza
  che,   in   mancanza   di   norme   legislative  che  attribuiscano
  all'amministrazione  -  il  potere  di  stabilire  limitazioni alle
  iscrizioni  ai  corsi, devono ritenersi illegittimi i provvedimenti
  regolamentari o di attuazione che tali limitazioni prevedano.
    La  configurabilita',  nella  materia, di una riserva relativa di
  legge  costituisce  ius  receptum  nalla giurisprudenza del giudice
  amministrativo  (in  tal  senso, Tribunale amministrativo regionale
  Lazio,  sez.  III,  3  aprile  1996,  n. 763  e  14 settembre 1994,
  n. 1632;  Tribunale  amministrativo  regionale  Toscana, sez. I, 24
  aprile 1997, n. 78; Tribunale amministrativo regionale Veneto, sez.
  I,  13  giugno  1992,  n. 222  e  sez. II, 13 giugno 1997, n. 1015;
  Tribunale amministrativo regionale Liguria, sez. II, 21 marzo 1995,
  n. 197).
    Ed  invero,  e'  l'art.  33,  secondo  coma, della Costituzione a
  stabilire  espressamente  che  "la  Repubblica  detta norme geneali
  sull'istuzione e istituisce scuole statali di ogni ordine e grado",
  nel  quadro  di  quella  previsione  del  successivo art. 34, primo
  comma,  che  sancisce  che  "la scuola e' aperta a tutti" (e che ha
  trovato  attuazione,  per  le universita', con la legge 11 dicembre
  1969, n. 910).
    E  laddove  il  legislatore ha ritenuto di introdurre limitazioni
  all'accesso,  vi  ha  provveduto,  di  norma,  direttamente  (basti
  ricordare  l'art.  24, secondo comma, legge 7 febbraio 1958, n. 88,
  in  ordine all'iscrizione al primo anno degli istituti superiori di
  educazione  fiisca,  prevede  un  numero  di  posti  determinati da
  assegnare  mediante  concorso  per  esami;  l'art. 3 della legge 21
  luglio  1961,  n. 685,  che  limitava l'accesso dei diplomati degli
  istituti tecnici a determinare facolta' per gli anni accademici dal
  1961/62  al  1964/65,  per  un  numero  predeterminato  di posti da
  assegnare  mediante  concorso  per titoli ed esami) ovvero mediante
  attribuzione  del  relativo potere alla p.a. nell'ambito, peraltro,
  fissato  dalla  legge stessa (ci si riferisce, ad es., all'art. 38,
  legge  14  agosto  1982,  n. 590,  con  cui,  al fine di consentire
  l'avvio   programmato   dei  corsi  di  laurea,  si  e'  attribuito
  all'amministrazione   universitaria   il   potere  di  determinare,
  peraltro  con  espressa  limitazione  temporale - ai primi sei anni
  successivi  all'attivazione  di ciascun corso di laurea - il numero
  massimo delle iscrizioni).
    Orbene, la previsione costituzionale di riserva relativa di legge
  per la determinata materia non preclude al legislatore ordinario di
  demandare  ad altre fonti sottoordinate la disciplina della materia
  stessa,  consentendo  anzi  che  il  precetto  espresso dalla norma
  primaria  possa  essere  integrato da atti di normazione secondaria
  che   lo   rendano   meglio   aderente   alla   multiforme  realta'
  socio-economica, ma cio' e' possibile solo previa determinazione di
  una  serie  di  precetti  idonei  ad  indirizzare  e  vincolare  la
  normazione  secondaria  entro  confini ben delineati o, quantomeno,
  previa  determinazione  delle  linee  essenziali  della  disciplina
  stessa.
    In  proposito, e' costante l'insegnamento del giudice delle leggi
  sulla  necessita'  che  non  "residui la possibilita' di scelte del
  tutto  libere  e  percio'  eventualmente  arbitrarie  della  stessa
  pubblica    amministrazione,   ma   sussistano   nella   previsione
  legislativa   e  considerata  nella  complessiva  disciplina  della
  materia  -  razionale  ed adeguati criteri" (Corte costituzionale 5
  febbraio 1986, n. 34, e giurisprudenza ivi richiamata: sentenze nn.
  4,  30 e 122 del 1957; 70 del 1960; 48 del 1961; 72 e 129 del 1969;
  144 del 1972; 257 del 1982; ordinanze nn. 31 e 139 del 1985).
    Se  cio'  e'  vero,  la  disposizione dell'art. 9, comma 4, legge
  n. 341  del  1990,  come  modificata dall'art. 17, comma 116, legge
  n. 127  del  1997,  non  sembra  esente  dai  precitati  profili di
  incostituzionalita'.
    La norma, invero, conferisce al Ministro, coma gia' ricordato, il
  potere  di  determinare la limitazione degli accessi all'istruzione
  universitaria, e cio' fa non solo senza alcuna individuazione delle
  linee essenziali della disciplina - pur vertendo in materia coperta
  da  riserva  relativa  di  legge  -  ma  addirittura attribuendo al
  Ministro stesso, con l'ausilio di altro organo dell'amministrazione
  (C.U.N.),  la  stessa  definizione  dei  "criteri  generali  per la
  regolamentazione dell'accesso... ai corsi universitari".
    Sembra   pertanto   ipotizzabile   la  violazione  del  principio
  costituzionale  della  riserva  relativa  di  legge;  il che sembra
  comportare   altresi'   la   violazione,   mediante  l'adozione  di
  meccanismi   di   produzione  giuridica  non  conformi  al  dettato
  costituzionale,  del princpio della tutela del diritto allo studio,
  postulato dagli artt. 33 e 34 della Costituzione.

    IV  -  Per  le  considerazioni che precedono, va conseguentemente
  sollevata  la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 9,
  quarto  comma  citato,  per  contrasto col principio costituzionale
  della riserva relativa di legge nonche' con gli artt. 33 e 34 della
  Costituzionale.
    Va  disposta,  pertanto,  la  trasmissione  degli atti alla Corte
  costituzionale,  con  conseguente sospensione del presente giudizio
  ai sensi dell'art. 23, legge 11 marzo 1953, n. 87, per la pronuncia
  sulla legittimita' costituzionale della suindicata norma.