IL TRIBUNALE Letti gli atti della causa civile n. 83/99 r.g., promossa da Schifano Vincenzo, elettivamente domiciliato in Trapani nel corso Italia n. 17, presso lo studio dell'avv. G. Scarcella che lo rappresenta e difende come da mandato in calce all'atto di citazione, attore; Contro comune di Trapani, in persona del sindaco pro-tempore, elettivamente domiciliato presso l'ufficio legale del comune e rappresentato e difeso dall'avv. L. Montanti come da mandato in calce alla copia notificata dell'atto di citazione, convenuto; Sciogliendo la riserva, ha pronunciato la seguente ordinanza. Premesso che con citazione notificata il 28 gennaio 1999 Schifano Vincenzo ha convenuto in giudizio comune di Trapani per sentirlo condannare aI risarcimento del danno patito in conseguenza dell'occupazione illegittima con effetto acquisitivo di un'area di sua proprieta' sita in territorio di Trapani, c/da Cappuccinelli; che all'udienza del 29 settembre 1999 il procuratore del comune di Trapani ha sollevato l'eccezione di difetto di giurisdizione del giudice ordinario in favore del giudice amministrativo, invocando l'efficacia nella fattispecie dell'art. 34 del d.Igs. 31 marzo 1998, n. 80; O s s e r v a L'art. 34 del d.lgs. n. 80/1998, efficace dal 1o luglio 1998, stabilisce che: 1) sono devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo le controversie aventi ad oggetto gli atti, i provvedimenti e i comportamenti delle amministrazioni pubbliche in materia di urbanistica ed edilizia; 2) agli effetti del presente decreto, la materia urbanistica concerne tutti gli spetti dell'uso del territorio; 3) nulla e' innovato in ordine: a) alla giurisdizione del tribunale superiore delle acque; b) alla giurisdizione del giudice ordinario per le controversie riguardanti la determinazione e la corresponsione delle indennita' in conseguenza dell'adozione di atti di natura espropriativa o ablativa. La norma ha dato attuazione alla delega legislativa contenuta nell'art. 11, comma 4, lett. g) della legge 15 marzo 1997, n. 59, il quale, nel prevedere la devoluzione al giudice ordinario della controversie del pubblico impiego, imponeva la "contestuale estensione della giurisdizione del giudice amministrativo alle controversie aventi ad oggetto diritti patrimoniali consequenziali, ivi comprese quelle relative al risarcimento del danno, in materia edilizia, urbanistica e di servizi pubblici ...". Il contesto letterale o teleologico della norma delegante non sembra dare adito a dubbi. Le controversie da attribuire alla giurisdizione del g.a. dovevano essere quelle aventi ad oggetto diritti patrimoniali consequenziali, vale a dire le controversie conseguenti ad annullamento di provvedimenti amministrativi, che, a quel momento, erano attratte alla cognizione del giudice ordinario giusto il disposto dell'art. 7 legge 6 dicembre 1971, n. 1034, istitutiva dei Tribunale amministrativo regionale La logica seguita dal legislatore delegante si coglie nell'esigenza di unificare la giurisdizione del Tribunale amministrativo regionale nelle materie ad devolute alla sua giurisdizione esclusiva, ponendo cosi' fine al precedente assetto il quale, con ingiustificato dispendio di tempi ed energie, imponeva un primo giudizio davanti aI g.a. per la rimozione del provvedimento illegittimo e, quindi, un secondo giudizio dinanzi al g.o. per le statuizioni relative alle pretese patrimoniali ulteriori all'annullamento dell'atto. E, d'altra parte, in coerenza con siffatto indirizzo, il legislatore delegato ha altrove precisato (art. 35 del d.Igs. citato) che nelle controversie devolute alla giurisdizione esclusiva il Tribunale amministrativo regionale puo' disporre il risarcimento del danno ingiusto anche attraverso la reintegrazione in forma specifica. Con il che risulta superata la regola tradizionale sul riparto di giurisdizione fondata sulla dicotomia diritto soggettivo-interesse legittimo in favore di un criterio fondato sulla competenza per materia. A conferma dell'interpretazione seguita circa l'ambito di riferimento della norma delegante, concorrono i seguenti argomenti testuali e logici: la formulazione vigente dell'art. 11, lett. g), legge n. 59/1997, e' scaturita da una rivisitazione dell'originario emendamento proposto dal governo avente il seguente tenore: "infine, la contestuale estensione alla giurisdizione del giudice amministrativo di controversie, anche relative alla responsabilita' civile della pubblica amministrazione, in materia di interventi edilizi, urbanistici e di servizi pubblici ...", il quale e' stato ridimensionato nella versione piu' riduttiva della norma delegante come sopra trascritta; l'art. 35, comma 5, del d.lgs. n. 80/1998 dispone l'abrogazione di ogni disposizione che devolva al giudice ordinario le controversie sul risarcimento del danno conseguente all'annullamento di atti amministrativi nelle materie di cui ai comma 1 (urbanistica ed edilizia). Il che lumeggia circa l'intenzione del legislatore delegante di restringere il raggio della giurisdizione del g.a. alle controversie in materia di diritti patrimoniali consequenziali. Se questa appare l'interpretazione corretta del contenuto e delle finalita' della legge delega, il modo in cui essa e' stata tradotta dalla norma delegata risulta invero esorbitante. L'espressione onnicomprensiva che riserva alla giurisdizione del Tribunale amministrativo regionale tutte le controversie dipendenti da provvedimenti, atti e comportamenti della p.a. nelle materie in questione, trasmoda rispetto ai criteri direttivi della delega, sortendo conseguenze non volute dal legislatore. Per quel che concerne in particolare le fattispecie di occupazione acquisitiva si rileva: l'istituto dell'occupazione acquisitiva o accessione invertita, frutto della elaborazione giurisprudenziale, (in primis Cass. SS.UU. 23 febbraio 1983, n. 1464) realizza il fenomeno atipico della estinzione del diritto di proprieta' del privato e la contestuale acquisizione del suolo a titolo originario in capo all'ente occupante per effetto dell'illecita occupazione del bene, con una sorta di effetto di propagazione del titolo pubblicistico della proprieta' superficiaria nei confronti della proprieta' privata del suolo; siffatto fenomeno si perfeziona nel momento in cui si verifica l'irreversibile trasformazione del bene e la sua irrevocabile destinazione all'uso pubblico; dall'illecita acquisizione deriva il diritto del privato ai risarcimento del danno corrispondente al valore venale del bene occupato sine titulo in conformita' alla relativa destinazione urbanistica. Orbene, senz'altro tale contenzioso e' da sussumere nell'ambito delle controversie in materia di urbanistica. Cio' si desume dalla natura degli interventi ablatori finalizzati nella normalita' dei casi ad incidere sull'assetto del territorio urbano e principalmente dalla lettura logico-sistematica della norma, laddove al comma 3 e' assicurata una riserva di giurisdizione del g.o. nel settore delle espropriazioni per pubblica utilita'; il che postula l'organicita' della materia espropriativa alla piu' generale disciplina dell'urbanistica. Nondimeno, le controversie in materia di occupazione acquisitiva sovente prescindono dall'annullamento del provvedimento amministrativo (decreto di espropriazione), ben potendo l'effetto ablatorio consumarsi in esito ad un'attivita' materiale della p.a. posta in essere aI di fuori dei presupposti di legalita' dell'azione amministrativa, o perche' una dichiarazione di pubblica utilita' non esista ab origine, o perche' l'efficacia della dichiarazione di pubblica utilita' sia venuta meno per la scadenza dei termini fissati per le espropriazioni, ovvero ancora allorche' siano scaduti i termini dell'occupazione legittima senza che sia intervenuto il decreto di espropriazione. In particolare, la giurisprudenza della S.C. distingue ormai il caso in cui l'attivita' ablatoria sia stata posta in essere dalla p.a. in "carenza di potere" - mancanza ab initio o sopravvenuta della dichiarazione di pubblica utilita' - (cfr. Cass. SS.UU. 14 marzo 1907, nonche' Cass. SS.UU. 19 luglio 1999, n. 460) da quelli in cui ricorra un vizio del procedimento espropriativo, sippur ultimato nei termini prefissati (in questo caso e' lecito parlare di "cattivo esercizio del potere"). Nel primo caso l'assenza di un atto amministrativo da fare segno di impugnazione, esclude che possa parlarsi di diritto patrimoniale consequenziale in relazione all'azione intentata per il risarcimento del danno da occupazione acquisitiva. D'altro canto, l'analisi letterale dell'art. 34 citato, non consente una interpretazione che salvi la costituzionalita' del dettato legislativo in direzione della conservazione alla giurisdizione del giudice ordinario della cognizione delle controversie di occupazione illegittima. Giacche', la riserva di competenza del g.o. viene reclusa alle sole controversie in materia di indennita' conseguenti all'adozione di atti di natura espropriativa o ablativa, in guisa da ricomprendervi: l'opposizione alla stima (art. 19 legge n. 865/1971); le opposizioni avverso la determinazione delle indennita' accessorie e complementari che normalmente accompagnano l'esercizio della potesta' espropriativa (indennita' per occupazione legittima - art. 20 legge citata), indennita' in favore del conduttore coltivatore diretto (art. 17), indennita' in favore del terzo proprietario asservito (art. 46 legge n. 2359/1865). In nessun caso, ritiene lo scrivente, l'espressione usata - indennita' - puo' dilatarsi fino ad assorbire il concetto di risarcimento del danno, presupponendo la prima l'esistenza di un pregiudizio dipendente da un'attivita' lecita della p.a., riparabile in termini non economicamente equivalenti, ed il secondo una lesione dovuta ad un comportamento contra ius, che merita una reintegrazione piena nel valore del bene perduto. Ne' argomenti in senso contrario possono trarsi dal fatto che il comma 7-bis dell'art. 5-bis, legge n. 359/1992, disciplini oggi un meccanismo di riparazione del danno da occupazione appropriativa che penalizza il diritto del proprietario al controvalore del bene, atteso che esso non pone in discussione la natura risarcitoria dell'importo previsto a soddisfazione del diritto leso e prevede comunque uno sbarramento temporale per siffatta modalita' di riparazione (valida solo per le occupazioni intervenute anteriormente al 30 settembre 1996) successivamente al quale il contenuto del risarcimento potra' nuovamente espandersi in misura corrispondente al valore venale pieno del bene. Si e' che, anche nel significato or ora precisato un intervento chiarificatore di alta interpretazione si rivelerebbe quanto mai opportuno. Mentre, di converso, ove si accedesse all'opzione ermeneutica di sottrazione al g.o. di tale ordine di controversie, sussisterebbe il ragionevole fumus di violazione dei principi costituzionali che presiedono all'esercizio della delega legislativa (art. 76 Cost.). La questione oltre che non manifestamente infondata si palesa rilevante nel caso di specie, dipendendo dalla sua soluzione, la decisione sulla giurisdizione del giudice adito. Per tali considerazioni va disposta la sospensione del presente giudizio ed ordinata la remissione degli atti alla Corte costituzionale per la decisione della questione incidentale di costituzionalita'.