LA CORTE DI APPELLO Nella causa n. 3076/96RG promossa da: Ghiringhelli Angela con gli avvocati Giancesare e Claudio Sala di Milano contro il comune di Castronno con l'avv. Emanuele Caso di Varese e Giulio Corti di Milano avente ad oggetto: opposizione alla stima ex art. 19 legge 865/1971. Ha pronunciato la seguente ordinanza. Il comune di Castronno - con delibere consiliari nn. 77/1992 e 8/1993 - approvava un Piano di Edilizia Economica e Popolare (P.E.E.P.) da attuare - in conformita' al vigente P.R.G. - in via Olona individuandone le aree tra le quali quella di proprieta' di Ghiringhelli Angela della superficie complessiva di mq. 1980 e prevedendone l'acquisizione limitatamente a mq. 1242. Il comune procedeva quindi all'occupazione d'urgenza in data 20 dicembre 1993 ed il Presidente della Provincia di Varese pronunziava il trasferimento coatto con decreto di espropriazione n. 20 del 9 maggio 1996. La commissione provinciale espropri determinava l'indennita' di esproprio in L. 25.200 al mq. ed il sindaco - con provvedimento del 6 novembre 1996 notificato il 9 novembre 1996 - rendeva noto il deposito della relazione di stima avvertendo che - qualora l'indennita' fosse risultata superiore al valore dichiarato ai fini I.C.I. - essa sarebbe stata ridotta della misura corrispondente. Proponeva opposizione a sensi dell'art. 19 della legge n. 865/1971 Ghiringhelli Angela lamentando l'inadeguatezza della stima per area non agricola i cui valori medi di mercato oscillavano - nel 1994 - tra leL. 90.000 e L. 200.000 al mq. assoggettabili a coefficienti di ponderazione e chiedeva rideterminazione dell'indennita' di espropriazione e di occupazione (questa da fissare in misura corrispondente agli interessi legali rapportati al valore venale del fondo) nonche' delle indennita' accessorie ex art. 23 legge n. 2359/1865 per il caso si fossero creati reliquati o fondi interclusi. Chiedeva quindi condanna del comune a corrispondere le maggiori somme accertande a mezzo di CTU maggiorate di interessi legali e rivalutazione monetaria. Resisteva il comune ribadendo - innanzitutto - l'esattezza della contestata stima dell'area assogettata ad esproprio congruamente calcolata in L. 25.200 al mq. e la corretta determinazione dell'indennita' di occupazione in L. 2000 al mq. per anno o frazione d'anno decorrente dalla data di immissione in possesso (20 dicembre 1993) a quella di esproprio (9 maggio 1996). Osserva - in ogni caso - che l'opponente era carente di interesse ex art. 100 c.p.c. a veder accertato il valore venale del bene al fine della determinazione delle indennita' in misura maggiore di quella stimata non avendo diritto ad ottenere alcun pagamento per tali titoli neppure nella misura inferiore stabilita dall'ente espropriante posto che era stato dichiarato ai fini I.C.I. per l'anno 1993 un valore imponibile corrispondente al reddito dominicale catastale del terreno di L.10 al mq. Rilevava l'infondatezza della pretesa rivalutazione monetaria spettando al piu' solo gli interessi legali e concludeva per la declaratoria di inammissibilita' delle avverse domande da respingere comunque nel merito. Nel corso del giudizio sollevata dal comune di Castronno eccezione di litispendenza rispetto al parallelo giudizio promossa da Ghiringhelli Angela (ed altri) avanti al tribunale di Varese per ottenere il giusto indennizzo dei terreni espropriati. Disposta CTU per la qualificazione della natura e la determinazione del valore del fondo (nel frattempo il giudizio avanti al tribunale di Varese si concludeva con declaratoria di incompetenza per materia in favore della Corte di appello di Milano) la causa - espletati gli occorrenti incombenti istruttori - sulle conclusioni definitive dalle parti rassegnate come in epigrafe - passava in decisione. Quivi la causa veniva rimessa in istruttoria per un supplemento di CTU su alcuni dati omessi nella precedente relazione. L'esperto cosi' accertava che dell'intera area espropriata solo 542 mq. erano edificabili, confermava per tale lotto un valore unitario di mercato in L. 135.700 al mq. e calcolava l'indennita' di esproprio secondo quanto disposto dall'art. 5-bis legge n. 359/1992 in L. 23.220.900 riducendola peraltro a L. 5.420 a sensi dell'art. 16 del d.l. n. 504/1992. Nella dichiarazione I.C.I. 1993 infatti i terreni (compresi quelli valutati dal CTU come effettivamente agricoli per i restanti 700 mq. secondo valore agricolo medico di L. 2620 al mq. per un totale di L. 1.834.000) erano stati qualificati dalla Ghiringhelli come aree agricole (senza assolvimento di imposta) con un reddito dominicale indicato (per l'intero comparato di proprieta') in L. 47.510 equivalente - in rapporto ai 542 mq. edificabili oggetto di esproprio a L. 10 al mq. Ora questa Corte ha gia' avuto modo di evidenziare (sentenza n. 2/2000 del 3 novembre 1999) che l'obbligo di denunzia I.C.I. a carico del proprietario del terreno permane fino al momento che questi - nell'ambito della procedura espropriativa - perde totalmente il possesso attraverso una privazione di qualsiasi potesta' o possibilita' di utilizzo. Cio' sul rilievo che l'imposta in questione ha quale suo presupposto non il mero titolo di proprieta' ma il permanere del possesso dell'immobile (art. 1 comma 2, ed art. 10 d.lgs. n. 504/1992). La privazione di qualsiasi facolta' connessa al diritto domicale e' venuta nella fattispecie a realizzarsi con l'immissione nel possesso dell'ente pubblico attraverso l'occupazione d'urgenza di parte dell'area di proprieta' avvenuta il 20 ottobre 1993. Per il 1993 (anno di prima istituzione e vigenza del tributo) sussistenza dunque l'obbligo della Ghiringhelli - soggetto passivo di imposta - di denuncia I.C.I. per l'intero anno solare avuto riguardo all'arrotondamento temporale per eccesso previsto dal gia' richiamato art. 10 del d.lgs. n. 504/1992. La Ghiringhelli ha presentato di fatti la prescritta dichiarazione denunziando peraltro valori incongrui e qualificando i beni in maniera inesatta donde la rideterminazione dell'imponibile da parte del comune con prevvedimento del 15 novembre 1995 in L. 158.400.000 (pari a L. 80.000 al mq.) corrispondente ad una imposta evasa di L. 633.000 rimessa all'accertamento definitivo dell'Amministrazione finanziaria (art. 18 d.lgs. n. 504/1992) a fronte del quale l'intimata provvedeva a versamento integrativo il 5 marzo 1997 di L. 1.080.000 per imposta, sanzioni ed interessi a sensi dell'art. 14 d.lgs. n. 504/1992. Tale succedaneo assolvimento di imposta su rettifica dell'originario dichiarato non pare peraltro evenienza idonea a correggere l'inequivoco parametro di riferimento dettato dal disposto del comma 1, dell'art. 16 d.lgs. n. 504/1992 richiamato dal CTU nella determinazione dell'indennizzo di spettanza allorche' recita che "in caso di espropriazione di area fabbricabile l'indennita' di espropriazione e' ridotta ad un importa pari al valore indicato nell'ultima dichiarazione o denuncia presentata dall'espropriato ai fini dell'applicazione dell'imposta qualora il valore dichiarato risulti inferiore all'indennita' di esproprio determinata secondo i criteri stabiliti dalle disposizioni di legge". L'applicazione di tale norma porterebbe dunque nel caso di specie a liquidare un indennita' "nummo uno" inferiore non solo a quanto determinato dal CTU ma anche a quanto valutato dalla stessa commissione provinciale espropri perche' il valore di L. 5420 risultante dalla denunzia I.C.I. e' inferiore ad entrambi. La proprietaria del bene espropriato verrebbe in questo modo a subire una ablazione del bene praticamente senza ristoro neppur nella misura minima contemperata alle esigenze di bilanciamento tra interesse privato ed interesse pubblico che ha salvaguardato dalle censure di incostituzionalita' i criteri mediati dell'art. 15-bis legge n. 359/1992 (Corte cost. sent. n. 283/1993) e le stesse limitazioni all'integrale risarcimento del danno imposte dal comma 7-bis introdotto dall'art. 3 comma 65 legge n. 602/1996 (Corte cost. n. 148/1999). Ritiene la Corte che l'art. 16 comma 1 del d.lgs. 30 dicembre 1992 n. 504 non si sottragga percio' a rilievi di incostituzionalita' in quanto la struttura della norma appare in contrasto - quanto meno - con i principi fissati agli artt. 3, 42 e 53 della Costituzione. La norma - innanzitutto - penalizza quel contribuente che a fini fiscali ha dichiarato un valore inferiore a quello risultante dai calcoli effettuati con i criteri stabiliti dalla legge. In palese violazione del principio di uguaglianza sancito dall'art. 3 della Costituzione viene cosi' introdotta nell'ordinamento una ingiustificata disparita' di trattamento tra il proprietario di un bene passabile di espropriazione e quello in cui il bene non e' interessato da una procedura espropriativa. In entrambi i casi i proprietari che presentano la dichiarazione I.C.I. non corrispondente al valore reale del bene sono suscettibili di accertamento con conseguente sottoposizione alle sanzioni previste dalla legge fiscale. Per il proprietario del bene non interessato dalla procedura espropriativa le sanzioni tributarie sono l'unica reazione dell'ordinamento alla violazione, mentre per il proprietario alla sanzione tributaria specifica si aggiunge quella dell'art. 16 idonea a comportare la perdita del bene senza indennizzo come appunto si riscontra nel caso di specie. L'art. 42 della Costituzione riconosce e tutela la proprieta' privata e prevede il diritto ad un equo indennizzo nel caso di espropriazione per motivi di pubblica utilita'. Nell'ipotesi considerata l'indennita' di espropriazione viene azzerata o comunque drasticamente ridotta senza rispettare il principio del "giusto indennizzo" o del "serio ristoro" piu' volte affermato dalla Corte costituzionale. L'irragionevolezza di detta disparita' di trattamento appare ancora piu' evidente se si considera che il proprietario subisce gia' una penalizzazione da parte dell'ordinamento giuridico del momento che i suoi diritti soggettivi vengono sacrificati a vantaggio della collettivita' a fronte di un indennizzo che secondo i criteri di calcolo stabili dalla legge non lo ristora integralmente della perdita economica subita. D'altra parte il termine di paragone per stabilire l'adeguatezza dell'indennizzo non puo' essere certo influenzato dall'inadempimento di una norma che opera sul diverso piano fiscale. La sanzione tributaria da commisurare all'omessa o insufficiente dichiarazione di redditi imponibili diversamente finirebbe per assumere una funzione travalicante tale da penalizzare l'evasore addirittura con la perdita stessa - per cessione pressoche' gratuita del bene - della fonte di quei redditi. L'applicazione dell'art. 16 sembra cosi' profilare un contrasto anche con l'art. 53 della Costituzione che sancisce il principio del concorso alle spese pubbliche in ragione della capacita' contributiva e del criterio di progressivita' cui e' informato il sistema tributario. La decisione del presente giudizio sul punto controverso concernente la determinazione del quantum espropriativo in relazione all'indennita' determinata dalla commissione provinciale espropri di cui e' opposizione, in entrambi i casi assogettabile a tale ulteriore falcidia legale, dipende in definitiva dalla decisione in ordine alla questione di costituzionalita' della citata disciplina che non sembra diversamente interpretabile in conformita' alla Costituzione. Tale questione non pare manifestamente infondata ed impone pertanto la sua remissione alla Corte costituzionale a norma dell'art. 23 legge 11 marzo 1953 n. 87 mentre il presente giudizio dovra' essere sospeso.