IL PRETORE

    Letti  gli  atti  della  causa  iscritta  al n. 995 r.g.a.c. 1998
  promossa  da  azienda  sanitaria locale n. 4 della regione Campania
  contro  il  centro  Fisiovesuviano  s.a.s.  con  atto  di citazione
  notificato il 24 ottobre 1998 per opposizione al decreto ingiuntivo
  n. 218/1998;  pronunciando  a  scioglimento  della riserva; osserva
  quanto segue.
                  Fatto e svolgimento del processo
    Con ricorso depositato il 14 luglio 1998 il centro Fisiovesuviano
  S.a.s.,  sul  presupposto  di  essere  creditore  della somma di L.
  46.250.723  per prestazioni rese, documentate da fatture , chiedeva
  ed  otteneva  decreto  ingiuntivo  di pagamento nei confronti della
  A.S.L. n. 4 della regione Campania.
    Proponeva  opposizione  avverso il predetto decreto l' A.S.L. con
  l'atto  di  citazione  sopra  richiamato, deducendo sostanzialmente
  quale  unico  motivo  il difetto di giurisdizione del giudice adito
  per  avere  giurisdizione  in  materia il giudice amministrativo ai
  sensi del decreto legislativo n. 80 del 1998.
    Nel corso del giudizio il procuratore dell'opposta dichiarava che
  il credito era stato soddisfatto prima dell'udienza di comparizione
  senza,  peraltro,  provvedersi  anche  alla  rifusione  delle spese
  processuali, nella quale insisteva.

                             In diritto

    Osserva  il  giudice che la questione di legittimita' che si va a
  sollevare  e'  rilevante  in quanto, dovendo comunque provvedere in
  ordine  al  governo  delle  spese,  il  giudice  deve  valutare  la
  soccombenza  virtuale,in  ordine  alla  quale  e'  pregiudiziale la
  verifica   dell'esistenza   dei  propri  poteri  di  giurisdizione.
      Orbene,  la  legge  delega  n. 59  del  1997,  com'e'  noto, ha
  ampliato  le  ipotesi  di  giurisdizione  esclusiva, attribuendo al
  giudice  amministrativo  le  controversie aventi ad oggetto diritti
  patrimoniali   conseguenziali,  ivi  comprese  quelle  relative  al
  risarcimento  del  danno,  in  materia  di  edilizia, urbanistica e
  servizi   pubblici.   In  attuazione  di  tale  delega  il  decreto
  legislativo  n. 80  del  1998,  nel  devolvere  al  g.a.  tutte  le
  controversie  in  materia  di  pubblici  servizi,  ha  previsto, in
  particolare,  art.33  lett.  f),  le  controversie  riguardanti  le
  attivita'  e  le  prestazioni  di  ogni  genere,  anche  di  natura
  patrimoniale,   rese  nell'espetamento  di  pubblici  servizi,  ivi
  comprese quelle rese nell'ambito del servizio sanitario nazionale e
  della  pubblica  istruzione,  facendo  esclusione,  solamente,  dei
  rapporti   individuali   di  utenza  con  soggetti  privati,  delle
  controversie  meramente  risarcitorie  che riguardano il danno alla
  persona  (e  perche'  non anche alle cose?) e delle controversie in
  materia di invalidita'.
    Si  chiede  questo  giudice  se,  cosi'  operando, il legislatore
  delegato  non sia incorso in un eccesso nell'esercizio della delega
  posto che per "diritti patrimoniali conseguenziali" si intendono le
  posizioni giuridiche soggettive derivanti dall'annullamento di atti
  amministrativi,  men che mai quelle situazioni che derivino in modo
  diretto   ed   immediato   da   un   inadempimento  della  pubblica
  amministrazione ad un obbligo legale o convezionale.
    Reputa  questo  giudice che in tal guisa il legislatore delegato,
  se  ha  realizzato  una  perequazione  piu'  congrua dei carichi di
  lavoro  che  contestualmente,  per  l'attribuzione  al  g.o.  delle
  controversie  relative  ai  rapporti di lavoro dei dipendenti delle
  pubbliche  amministrazioni,  sono  venuti a gravare sul giudice dei
  diritti, in luogo di pervenire ad una razionalizzazione del sistema
  (obiettivo  che  il  legislatore  delegante intendendeva perseguire
  nell'evitare - nelle enunciate materie - di ricorrere a due giudici
  diversi   -   il  giudice  dell'atto  ed  il  giudice  dei  diritti
  patrimoniali  conseguenziali),  ne  ha  determinato: un irrazionale
  (oltre che, si reputa, non autorizzato) sconvolgimento, spingendosi
  -  con  l'amplissima  previsione  adottata  - ad attribuire al g.a.
  (diversamente da quanto correttamente, in via inversa, ha fatto per
  il  g.o.  relativamente  alle  controversie  di lavoro dei pubblici
  dipendenti   ogni  volta  che  coinvolgano  l'esercizio  di  poteri
  pubblici)  tutte  le  controversie aventi ad oggetto esclusivamente
  diritti  soggettivi, perfino nell'ambito di quei rapporti, che, per
  collegarsi  solo indirettamente al servizio pubblico, si concretano
  nella  prestazione  di  servizi o nella somministrazione di beni di
  carattere   prettamente   materiale  (e,  quindi,  nulla  hanno  di
  pubblicistico  se  non  il  solo  fatto  di essere rese a favore di
  soggetti pubblici).
    La  lettura  interpretativa  operata della normativa delegante si
  impone  anche per la considerazione che debba sempre privilegiarsi,
  ove  sia  possibile, l'interpretazione piu' coerente con il dettato
  costituzionale.   In   effetti,   quanto   meno  allo  stato  della
  legislazione   processuale,   il  legislatore  avrebbre  privato  i
  titolari  di  alcuni diritti soggettivi di credito (in particolare,
  per  la  fornitura  di  beni  e  servizi  alla  p.a.)  dalla tutela
  particolarmente  incisiva  ed  efficace offerta dal ricorso al g.o.
  (quale,  in particolare, quella espressa attraverso il procedimento
  monitorio  -  essenziale per la vita e la sanita' finanziaria delle
  imprese a fronte di protratti ingiustificati inadempimenti da parte
  dell'amministrazione - e le ordinanze ex artt. 186-bis e ter c.p.c.
    In  tal  guisa  realizzando  una  disparita'  di  trattamento  di
  situazioni  giuridiche  soggettive  sostanzialmente  omogenee  (  e
  privilegiando, di fatto, il debitore pubblico, che vede allungati i
  tempi di adempimento della sua obbligazione).
    D'altro  canto,  ove  si  volesse  obbiettare che il tradizionale
  riparto  di giurisdizione (g.o.: giudice dei diritti; g.a.: giudice
  degli  interessi:  la  distinzione tra queste situazioni giuridiche
  soggettive  ispira  tuttora  il  nostro  ordinamento giuridico) non
  costituisce   principio   costituzionalmente  garantito,  puo',  di
  contro,   rilevarsi   che   la  scelta  del  legislatore,  oltre  a
  determinare  una  disparita' in ordine a situazioni sostanzialmente
  omogenee, non parrebbe ispirata ad alcun criterio di ragionevolezza
  (se  non  all'intento  perequativo dei rispettivi carichi di lavoro
  delle due giurisdizioni).
    Va  provveduto,  pertanto,  nei  termini di cui in dispositivo in
  quanto   ritenute  rilevanti  e  non  manifestamente  infondate  le
  questioni di cui in motivazione.