IL TRIBUNALE MILITARE Letti gli atti del presente procedimento n. 270/1999 reg. g.i.p./g.u.p. nei confronti di Carpino Alessandro, nato il 27 agosto 1979 a Pinerolo, gia' soldato in servizio presso il battaglione alpini paracadutisti "Monte Cervino" di Bolzano, imputato del reato di "furto militare aggravato" (art. 230 comma 2 c.p.m.p.), perche', in luogo militare, in data 16 ottobre 1998, si impossessava al fine di trarne profitto per se', di una bussola matricola 53527, sottraendola all'amministrazione militare ed in danno della stessa amministrazione; O s s e r v a Nella udienza dibattimentale del 14 gennaio 2000 il tribunale militare di Verona, ha dichiarato la nullita' della richiesta di rinvio a giudizio nei confronti di Carpino Alessandro ed ha ordinato la trasmissione degli atti al pubblico ministero. Quest'ultimo ha nuovamente esercitato l'azione penale con richiesta di rinvio a giudizio di data 7 marzo 2000. La nuova udienza preliminare, fissata per il giorno 18 aprile 2000, nell'ambito del medesimo procedimento, nei confronti dello stesso imputato e per il medesimo reato, deve essere tenuta dallo stesso giudice della udienza preliminare, quale persona fisica, che, nella precedente udienza preliminare del 27 ottobre 1999, ha disposto il rinvio a giudizio dell'imputato, successivamente annullato. Il fascicolo processuale, che, con la reiterata richiesta di rinvio a giudizio, e' pervenuto al giudice della udienza preliminare, contiene esattamente gli stessi atti che lo corredavano in occasione della prima richiesta di rinvio a giudizio (poi dichiarata nulla), ai quali si e' aggiunto il solo avviso di conclusione delle indagini preliminari, che, inerte la difesa, non ha sortito alcun arricchimento documentale e/o probatorio. Sussistendo, cosi', sia nella precedente che nella successiva udienza preliminare, la perfetta identita' di elementi probatori utilizzabili per la valutazione contenutistica dell'accusa, e' comprensibile che l'imputato possa prospettarsi che, a conclusione della nuova udienza preliminare, sia reiterato, come una profezia che si autoadempie, il decreto che dispone il giudizio, a meno di clamorose novita' o di inaspettate rimeditazioni da parte dello stesso giudice dell'udienza preliminare-persona fisica. Va affrontata, allora, la questione, che, nella sua sostanza costituzionalistica, puo' essere sintetizzata nei seguenti termini: se sia consentito al medesimo "giudice dell'udienza preliminare-persona fisica" che abbia gia' disposto il giudizio con decreto successivamente annullato, di presiedere nel medesimo procedimento una ulteriore udienza preliminare nei confronti dello stesso imputato e per il medesimo reato, o se, invece, una simile eventualita' sia contraria al principio del giusto processo; e in questo caso ci si deve inoltre chiedere quale debba essere l'istituto del processo penale da utilizzare per ovviare alla violazione. Si e' del parere che il rimedio da impiegare non possa essere ricercato soltanto nell'ambito degli istituti della astensione (art. 36 codice procedura penale) e della ricusazione (art. 37 codice procedura penale), i quali, come piu' volte affermato dalla Corte costituzionale, sono finalizzati alla tutela del principio del giusto processo, a garanzia dell'imparzialita' del giudice, nei casi in cui il pregiudizio consegua all'esercizio di funzioni in un diverso giudizio. In particolare e' da escudersi che possa trovare applicazione la disposizione dell'art. 36, lettera h) codice procedura penale, dal momento che "le gravi ragioni di convenienza" ivi individuate come causa di astensione hanno natura personale e non si riferiscono a situazioni processuali, le quali, al contrario, devono essere previste in modo esaustivo nelle norme sulle incompatibilita', non potendosi, al fine di salvaguardare il principio del giudice naturale, lasciare alla discrezionalita' del singolo magistrato la valutazione della propria capacita' professionale di non lasciarsi influenzare da delibazioni gia' espresse nell'esercizio delle sue funzioni nei confronti dello stesso imputato e per lo stesso fatto-reato. Ritenuto, dunque, che il rimedio debba essere ricercato nel sistema delle incompatibilita' (art. 34 codice procedura penale ), le quali sono state dal legislatore finalizzate alla tutela del principio del giusto processo, a garanzia contro il rischio di pregiudizio del giudice derivante dall'esercizio di funzioni in un medesimo procedimento, va rilevato che il rimedio in ipotesi da impiegare non e', tuttavia, annoverato tra le varie figure che compongono l'attuale sistema delle incompatibilita'. Non rimane, pertanto, che sollecitare una sentenza additiva sull'art. 34 codice procedura penale, tendente ad introdurre una nuova fattispecie di incompatibilita'. Tutto cio' premesso, questo giudice solleva d'ufficio, in riferimento agli articoli 3, 24 e 111 della Costituzione, questione di legittimita' costituzionale dell'art. 34 del codice di procedura penale, nella parte in cui non prevede l'incompatibilita' del giudice per l'udienza preliminare, che abbia disposto il rinvio a giudizio, ad esercitare nuovamente, a seguito dell'annullamento del precedente rinvio a giudizio, tale funzione nei confronti dello stesso imputato e per il medesimo reato, tenendo l'udienza preliminare. Non ignora questo giudice che la Corte costituzionale ha, con ordinanza n. 367 del 1997, dichiarato la manifesta infondatezza di questione identica a quella oggi sollevata, confermando la propria giurisprudenza, secondo la quale puo' farsi questione di incompatibilita' del giudice in conseguenza di precedenti decisioni prese nel corso del procedimento solo in quanto egli sia chiamato a rendere un giudizio sul merito dell'accusa; va quindi esclusa l'estensibilita' della regola dell'incompatibilita' prevista nel comma 2 dell'art. 34 codice procedura penale al giudice dell'udienza preliminare, alla attivita' del quale deve riconoscersi una funzione essenzialmente processuale, in quanto controllo sulla legittimita' della domanda di giudizio avanzata dal pubblico ministero e non quale giudizio anticipato rispetto a quello dibattimentale (sentenze nn. 64 del 1991, 82 del 1993, 71 del 1996 e 311 del 1997; ordinanze nn. 24, 232, 279, 333 e 410 del 1996 e n. 97 del 1997). Ha rilevato in particolare la Corte costituzionale nella ordinanza n. 24 del 1996, richiamando le sentenze n. 401 e 502 del 1991 e 124 del 1992, che, "il legislatore ha ristretto le previsioni d'incompatibilita' vincolandole a due condizioni: che il giudice abbia previamente compiuto una valutazione "contenutistica" dell'accusa e delle prove e che debba poi partecipare ad un "giudizio", inteso come attivita' finalizzata alla decisione di merito della "regiudicanda". La stessa Corte costituzionale ha costantemente affermato, nel decidere per l'infondatezza di questioni identiche o analoghe a quella oggi sollevata, che "ricorre la prima condizione, ma non la seconda, in quanto il giudice dell'udienza preliminare non e' chiamato ad esprimere valutazioni nel merito dell'accusa, bensi' a valutare la legittimita' della domanda di giudizio formulata dal pubblico ministero" (cfr. sentenza n. 64 del 1991). L'art. 425 codice procedura penale, attualmente vigente nel testo sostituito dalla legge 16 dicembre 1999, n. 479 (art. 23 comma 1),ha notevolmente aumentato la funzione di filtro del giudice della udienza preliminare, con contenuti di innegabile accertamento positivo della colpevolezza dell'imputato; cio' nonostante, anche dopo le menzionate modifiche ed innovazioni legislative, deve continuare ad escludersi l'estensibilita' della regola dell'incompatibilita' prevista nel,comma 2 dell'art. 34 del codice procedura penale al giudice dell'udienza preliminare, poiche', come ha chiarito inequivocabilmente la Corte costituzionale, "il significato dell'espressione "giudizio" rilevante ai fini delle situazioni di incompatibilita' deve considerarsi comprensivo di "qualsiasi tipo di giudizio, cioe' ogni processo che in base ad un esame delle prove pervenga ad una decisione di merito" (sentenze n. 401 del 1991, n. 131 del 1996, n. 155 del 1996, n. 311 e n. 346 del 1997; ordinanze n. 97 e 367 del 1997). Ritiene, tuttavia, questo giudice di individuare, nelle modifiche legislative apportate di recente all'art. 34 codice procedura penale, argomenti che possono indurre la Corte costituzionale a mutare il proprio avviso, secondo il quale "la previsione dell'incompatibilita' del giudice e' finalizzata ad evitare che possa essere, o apparire, pregiudicata l'attivita' di "giudizio", il che vale a dire che il regime delle incompatibilita' e' destinato ad operare solamente in ordine alla decisione di merito sull'oggetto del processo (ordinanze nn. 24, 232, 279, 333, 410 del 1996, n. 97 e 367 del 1997). Il comma 2-bis inserito nell'art. 34 codice procedura penale dall'art. 171 decreto legislativo 19 febbraio 1998, n. 51, nel prevedere l'incompatibilita' - non solo al "giudizio" ma anche a "tenere l'udienza preliminare" - del giudice che nel medesimo procedimento ha esercitato funzioni di giudice per le indagini preliminari, dimostra una opzione di politica giudiziaria verso la configurazione del g.u.p. come giudice assolutamente privo della conoscenza di atti in precedenza compiuti. Risulta chiaro, inoltre, come il legislatore non vincoli piu' la previsione delle incompatibilita' alla indispensabile coesistenza delle due condizioni della "previa valutazione contenutistica dell'accusa" e del "giudizio di merito", essendo, di contro, con tutta evidenza venuta meno la necessita' della esistenza (in precedenza imprescindibile) della seconda condizione, vale a dire che il giudice debba partecipare ad un "giudizio", inteso come attivita' finalizzata alla decisione sul merito della regiudicanda. Il regime delle incompatibilita' risulta ora vincolato alla sola condizione della pregressa "valutazione contenutistica della accusa e delle prove", come puo' trarsi conferma dal fatto che il legislatore ha ritenuto di escludere dalle cause di incompatibilita' quelle pregresse attivita' del giudice prive di qualsiasi valutazione contenutistica dell'accusa ed elencate nel comma 2-ter del medesimo art. 34 codice procedura penale. La situazione portata da questo giudice all'esame della Corte costituzionale sfugge all'applicazione dell'art. 34 codice procedura penale nel suo nuovo testo: essa, come sopra evidenziato, non puo' tuttora essere inquadrata nella previsione di cui al comma 2, perche' l'operativita' di quest'ultimo postula la partecipazione al "giudizio" del giudice che ha emesso il provvedimento conclusivo dell'udienza preliminare; nemmeno essa puo' essere ricompresa nella previsione del comma 2-bis dell'art. 34 codice procedura penale, perche' la prevista preclusione a tenere l'udienza preliminare e' collegata al pregresso esercizio, nel medesimo procedimento, delle funzioni di giudice per le indagini preliminari. Va ravvisata, pertanto, nel sistema delle incompatibilita' che risulta dal nuovo testo dell'art. 34 codice procedura penale una situazione di irragionevolezza, in quanto e' precluso tenere l'udienza preliminare al giudice che, nel medesimo procedimento, ha esercitato funzioni di giudice per le indagini preliminari, mentre identica preclusione non e' prevista per il giudice dell'udienza preliminare che nel medesimo procedimento, a carico dello stesso imputato e per il medesimo reato, abbia in precedenza emesso decreto di rinvio a giudizio, successivamente annullato. Trattasi di situazione sicuramente irragionevole perche' il giudice per l'udienza preliminare che ha emesso il decreto che dispone il giudizio, successivamente annullato, ha inconfutabilmente compiuto una valutazione "contenutistica" dell'accusa piu' penetrante di quella connessa a qualsiasi altra attivita' inerente all'esercizio delle funzioni di giudice delle indagini preliminari. In conclusione, ritiene il giudice rimettente che l'omessa previsione dell'incompatibilita' del giudice per l'udienza preliminare che abbia disposto il rinvio a giudizio ad esercitare nuovamente, a seguito dell'annullamento del precedente decreto che dispone il giudizio, tale funzione nei confronti dello stesso imputato e per il medesimo reato sia in contrasto: con il principio di parita' di trattamento (art. 3 Cost.), essendo la situazione simile a quelle che determinano l'incompatibilita'; con il diritto di difesa dell'imputato (art. 24 Cost.), compromesso dalla precedente valutazione "contenutistica" dell'accusa espressa dallo stesso giudice; con il principio del "giusto processo" (art. 111 Cost.) nel suo aspetto della necessaria terzieta'-non pregiudizio del giudice, potendo la nuova valutazione "contenutistica" dell'accusa essere condizionata dalla cosiddetta "forza della prevenzione", cioe' dalla naturale tendenza a mantenere ferma la valutazione gia' espressa in precedenza. La questione di incostituzionalita' come sopra formulata appare rilevante nel presente procedimento, perche' riguarda la compatibilita' del giudice alla partecipazione alla udienza preliminare del giudizio penale: nell'ipotesi di accoglimento si configurerebbe un obbligo di astensione e un motivo di ricusazione del giudice.