IL CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE Ha pronunziato la seguente ordinanza; Visto il ricorso n. 195/1998 r.g. proposto dal dott. Aldo Aldi, pappresentato e difeso dall'avv. Alfonso Colarusso, avverso la decisione in data 21 maggio 1998, con la quale il Consiglio dell'ordine degli avvocati di Roma rigettava la sua istanza di iscrizione all'albo degli Avvocati per incompatibilita'; Visto il ricorso con i relativi allegati ; Visti gli atti di causa; Sentito il relatore alla pubblica udienza del 23 settembre 1999, consigliere Piero Guido Alpa e udito il sostituto procuratore generale presso la corte di cassazione, dott. Domenico Iannelli; Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue; F a t t o 1. - Con ricorso depositato pressola segreteria del consiglio dell'ordine degli avvocati di Roma l'11 giugno 1998, il dott. Aldo Aldi, elettivamente domiciliato presso lo studio dell'avv. Alfonso Colarusso in Roma via Nomentana, 293 impugna il provvedimento del suddetto ordine, assunto nei suoi confronti in data 21 maggio 1998 e notificatogli in data 1o giugno 1998 con cui e' stata rigenerata la sua istanza di iscrizione all'albo degli avvocati di Roma, presentata il 17 febbraio 1998. 2. - Con istanza del 16 settembre 1997 reiterata il 3 ottobre 1997 il ricorrente, funzionario di prefettura, richiedeva ed otteneva dall'amministrazione di appartenenza la trasformazione del rapporto di lavoro dal tempo pieno al tempo parziale, nella misura non superiore al 50%, al fine di poter esercitare la professione forense, invocando l'applicazione degli artt. 1 comma 56 della legge 23 dicembre 1996, n. 662 e 6 del d.l. 28 marzo 1997, n. 79 convertito in legge 28 maggio 1997, n. 140. Con istanza del 17 febbraio 1998 richiedeva la iscrizione all'albo degli avvocati di Roma, allegando la certificazione richiesta. Il Consiglio adunatosi il 26 febbraio 1998, invitava il dott. Aldi a comparire dinanzia a se' il giorno 16 aprile 1998, per essere sentito in merito alla istanza. In detta udienza il presidente informava il consiglio che il dott. Aldi aveva subito un processo penale dal quale il pretore lo aveva assolto, ma avverso tale sentenza aveva proposto ricorsoper cassazione il p.g. presso la Corte d'appello di Napoli. Il dott. Aldi precisava che il procedimento penale riguardava un immobile di proprieta' della madre, che il reato era prescritto, che, in ogni caso, il ritardo nella iscrizione all'albo comportava per lui grave pregiudizio economico, avendo esercitato l'opzione per il part-time, e non potendo modificare tale regime se non dopo lo spirare del biennio. Il Consiglio invitava l'istante a depositare la documentazione relativa agli atti processuali di cui si e' detto. Successivamente, in data 21 maggio 1998, il Consiglio rigettava l'istanza, con la seguente motivazione: "considerato che la Corte costituzionale dovra' stabilire se e' o meno legittima l'iscrizione part-time dei professionistiche contemporaneamente proseguono in una attivita' lavorativa subordinata (...) allo stato rigetta l'istanza". 3. - Nel ricorso il dott. Aldi osserva che: con l'art. 1 commi 55 56 della legge 1996 n. 662, sono state introdotte radicali innovazioni nel rapporto dipubblico impiego, modificando il regime lavorativo del dipendente, facendo venir meno il principio disposto dall'art. 60 d.P.R. 1957 n. 3, della incompatibilita' assolta ad esercitare in costanza di rapporto qualsiasi altra attivita'; che gia' l'art. 7 della legge 29 dicembre 1988, n. 564, aveva ammesso il part-time per i dipendenti con un triennio di anzianita'; che l'art. 7 comma 2 della legge 29 dicembre 1988, n. 564 ha ammesso che i dipendenti degli enti locali potevano esercitare attivita' lavorative nonincompatibili con l'attivita' dell'istituto; che l'espressione "altre prestazioni di lavoro" e' stata intesa dalla Corte di cassazione con sentenza del 1994, n. 7845, nel senso della compatibilta' del rapporto di pubblico impiego part-time con l'esercizio delle libere professioni; che gli scopi perseguiti dal legislatore con l'introduzione del regime part-time concernono il favore per l'occupazione, la riduzione della spesa pubblica, la soppressione del lavoro nero; che tale disciplina e' in linea con le analoghe normative europee, ed e' stata consolidata dall'art. 1 legge 1996 n. 662 e dalla legge 1997 n. 140; che la lettera delle disposizioni invocate e' chiara; che l'art. 56-bis della legge 1997 n. 140 ha disposto l'abrogazione delle disposizioni per i soggetti di cui al comma 56; che a nulla rileva che le disposizioni richiamate siano state collegate alla legge finanziaria, e che lo stesso comma 56-bis prevede in modo inequivoco che ai dipendenti part-time non possono essere conferiti incarichi professionali dalle amministrazioni pubbliche ne' essi possono assumere il patrocinio in controversie in cui sia parte una pubblica amministrazione, con cio' confermando che il dipendente part-time possa esercitare l'attivita' forense nei limiti indicati; che l'eccezione ammessa per i dipendenti part-time si aggiunge a quelle nuovamente confermate concernenti i professori universitari e degli istituti di istruzione secondaria nonche' degli avvocati di enti pubblici. Insiste quindi per la riforma del provvedimento impugnato e per il riconoscimento del diritto di essere iscritto all'albo. 4. - All'udienza odierna l'avv. Colarusso difensore del ricorrente ribadisce le conclusioni prese, richiamando l'ordinanzadella Corte costituzionale n. 183 del 1999; ribadisce altresi' la disparita' di trattamento di cui e' stato oggetto il suo assistito in quanto altri consigli hanno accolto l'istanza di iscrizione presentata da professionisti part-time; sottolinea il danno esonomico che in forza del rigetto dell'istanza sta subendo il suo assistito. Il consiglio nazionale forense, gia' investito della controversia in materia di compatibilita' tra l'iscrizione all'albo degli avvocati e il rapporto di pubblico impiego in regime di part-time, con ordinanza 29 gennaio 1998, sollevava questione di legittimita' costituzionale dell'art. 1, commi 56 e 56-bis legge 23 dicembre 1996, n. 662 per violazione degli artt. 3, 24, 54, 70, 97, 101 e 104 della Costituzione. La Corte costituzionale, con ordinanza n. 183 del 20 maggio 1999, ha ritenuto la questione manifestamente inammissibile, per mancata integrazione del contraddittorio nel giudizio dinanzi al consiglio nazionale forense (CNF), con riferimento al consiglio dell'ordine degli avvocati (C.O.A.) il cui provvedimento era stato impugnato. Pertanto, non essendosi la Corte costituzionale pronunziata in merito, il consiglio nazionale forense, nella sua qualita' di giudice speciale ai sensi dell'art. 111 Cost., e della VI disp. tran. Cost., non potendo decidere la questione senza fare applicazione delle norme di cui ai commi 56 e 56-bis dell'art. 1, legge 23 dicembre 1996, n. 662, solleva la questione di legittimita' costituzionale delle norme stesse, ex art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87, per le seguenti argomentazioni in D i r i t t o 1. - La Corte costituzionale, con ordinanza n. 183 del 20 maggio 1999, riteneva la questione sollevata manifestamente inamissibile, per mancata integrazione del contraddittorio nel giudizio dinanzi al consiglio nazionale forense (CNF), con riferimento ai consigli dell'ordine degli avvocati (C.O.A.) i cui provvedimenti sono stati sottoposti a reclamo. 1.1. - La corte ha infatti ritenuto, coerentemente con i principi generali in forza dei quali i consigli dell'ordine degli avvocati (C.O.A.) agiscono in qualita' di autorita' amministrative i cui atti possono essere impugnati di fronte al giudice competente (appunto il CNF), che i C.O.A. stessi siano parte necessaria nel giudizio dinanzi al CNF. 1.2. - La Corte ha inoltre rilevato: che non sarebbero stati osservati gli adempimenti che la legge impone al consigli nazionale forense (CNF) per consentire ai consigli dell'ordine di "...prender parte al giudizio, almeno mediante l'esecuzione degli adempimentidi cui agli artt. 60 e 61 del R.D. 22 gennaio 1934, n. 37 (Norme integrative e d'attuazione del R.D.L. 27 novembre 1933, n. 1578 sull'ordinamento della professione d'avvocato)"; "che per il mancato compimento dell'attivita' minima necessaria a porre le parti in rapporto fra loro (e con il giudice) determina un'abnormita' del procedimento rilevabile ictu oculi" e "che la suddetta abnormita' comporta la manifesta inammissibilita' della questione ...". 2. - In merito alla questione dell'integrazione del contradditorio nel caso di specie, si osserva che il consiglio nazionale forense (CNF) ha regolarmente comunicato al consiglio dell'ordine del contraddittorio nel caso di specie, si osserva che il consiglio dell'ordine nazionale forense (CNF) ha regolarmente comunicato al consiglio dell'ordine degli avvocati di Roma, autore del provvedimento impugnato. l'avvenuta ricezione degli atti relativi al deposito del ricorso, effettuato presso lo stesso C.O.A. (art. 59, R.D. 22 gennaio 1934, n. 37), con raccomandata R.R. 1o settembre 1998 (che si allega in copia), nonche' inviato regolarmente comunicazione dell'avvenuta fissazione dell'udienza ai sensi del richiamato art. 61, con raccomandata r.r. 25 giugno 1999 per l'udienza del 23 settembre 1999 (che si allega in copia); 2.1. Sulla base delle considerazioni espresse sub 2, il Consiglio nazionale forense ritiene che siano state adempiute le prescrizioni che la legge impone ai fini della corretta instaurazione del contraddittorio, e che la questione di costituzionalita', sollevata non sia pertanto manifestamente inammissibile. Il seguito del testo dell'ordinanza e' perfettamente uguale a quello dell'ordinanza pubblicata in precedenza (Reg. ord. n. 349/2000). 00C0554