IL CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE
    Ha pronunziato la seguente ordinanza;
    Visto  il  ricorso n. 324/1998 r.g. proposto dall'avv. Carlo Papa
  avverso  la  decisione  in  data  9  novembre 1998, con la quale il
  consiglio   dell'ordine  degli  avvocati  di  Monza  lo  cancellava
  dall'albo per incompatibilita';
    Visto il ricorso con i relativi allegati;
    Visti gli atti di causa;
    Sentito  il relatore alla pubblica udienza del 23 settembre 1999,
  consigliere  Piero  Guido  Alpa  e  udito  il sostituto procuratore
  generale presso la Corte di cassazione, dott. Domenico Iannelli;
    Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue;

                              F a t t o

    1.  -  Con  ricorso depositato presso la segreteria del consiglio
  dell'ordine  degli  avvocati  di  Monza  il 30 novembre 1998 l'avv.
  Carlo  Papa,  difendendosi  in  proprio  ed  assumendo  ai fini del
  ricorso  domicilio  presso il dott. Francesco Ranieri, via di Villa
  Pamphili n. 33/c di Roma, avverso il provvedimento assunto nei suoi
  confronti  dal  suddetto  consiglio  in  data  10  novembre  1998 e
  notificatogli  in  data  16  novembre  1998,  con il quale e' stata
  deliberata    la    cancellazione    dall'albo    per   motivi   di
  incompatibilita'.      2.  -  La  deliberazione  e'  intervenuta  a
  seguito    dell'accertamento    della    asserita   situazione   di
  incompatibilita'   non   dichiarata  all'atto  dell'iscrizione.  ll
  consiglio  aveva  dapprima  convocato il ricorrente per l'audizione
  del  23 luglio 1998; in tale audizione l'avv. Papa aveva dichiarato
  di  essere  dipendente  del  Ministero  delle  finanze di Monza con
  contratto   part-time,  stipulato  anteriormente  alla  domanda  di
  iscrizione  presentata  nel  luglio  del  1997; aveva dichiarato di
  essere  ancora  in  servizio presso l'amministrazione con contratto
  part-time,  e  di  non  aver  fatto  presente  tale stato in quanto
  compatibile  con  l'esercizio  della  professione,  ai  sensi delle
  vigenti leggi.
    In  data  14  settembre  1998  il  consiglio deliberava di aprire
  procedimento   per   la  cancellazione  dall'albo  dell'avv.  Papa,
  assegnandogli  termine  per  il  deposito  di  memoria.  In data 10
  dicembre  1998 egli depositava memoria per l'udienza del 26 ottobre
  successivo,  in  cui  esponeva  la propria situazione di dipendente
  part-time, e richiamava gli artt. 1, comma 56, della legge n. 662 e
  6,   comma  2,  del  d.-l.  28  marzo  1997,  n. 79,  instando  per
  l'iscrizione all'albo.
    All'udienza  del  26  ottobre  1998  l'avv.  Papa,  assistito  da
  difensore,  ribadiva  l'istanza,  confermando il proprio status. Il
  consiglio  si riservava di provvedere e nella seduta del 9 novembre
  1998   deliberava   la  cancellazione  richiamando  i  principi  di
  indipendenza e di autonomia degli esercenti la professione forense.

    3. - I motivi del ricorso concernono:
        violazione  di  legge, in quanto gli artt. 1, comma 56, legge
  1996 n. 662, e 6, comma 2, d.-l. 28 marzo 1997, n. 79, introducendo
  limitazioni    all'esercizio   dell'attivita'   professionale   dei
  dipendenti  part-time confermano che i dipendenti con questo status
  -  che  e' appunto quello vantato dal ricorrente - possono svolgere
  attivita' professionale;
        eccesso   di   potere,   in   quanto   il   provvedimento  di
  cancellazione  non  e'  un  atto discrezionale, ma vincolato, e non
  sussistono i presupposti della sua assunzione; in ogni caso, avendo
  con  alcuni  pareri  questo  consiglio  nazionale  ritenuto  che la
  questione  di  costituzionalita' sia dubbia, ha con cio' confermato
  che  l'iscrizione all'albo era atto dovuto, e la cancellazione atto
  assunto in violazione di legge;
        eccesso  di  potere  e  sviamento  di  potere,  in  quanto il
  provvedimento  di  cancellazione  e'  stato  adottato  per  un fine
  diverso  da  quello  specifico  per il quale esso e' stato emesso e
  senza fondati motivi;
        eccesso di potere per inosservanza di direttive, in quanto il
  consiglio   dell'ordine   ha   ignorato   il   rinvio   alla  Corte
  costituzionale deliberato in altri procedimenti da questo consiglio
  e  ignorato  le proposte di legge in materia che nelle disposizioni
  transitorie  fanno salva l'iscrizione dei dipendenti part-time gia'
  operanti;
        eccesso  di  potere  per contraddittonieta' tra piu' atti, in
  quanto il consiglio di Monza ha invitato questo consiglio nazionale
  ad  intervenire  perche' il testo del d.-l. citato fosse convertito
  in legge;
        eccesso di potere per disparita' di trattamento, in quanto il
  consiglio di non ha assunto provvedimenti analoghi nei confronti di
  altri  iscritti  che  si  trovano  nella  identica  situazione  del
  ricorrente.  Per questi motivi chiede l'annullamento della delibera
  impugnata.

       Il   consiglio   nazionale   forense,   gia'  investito  della
  controversia in materia di compatibilita' tra l'iscrizione all'albo
  degli  avvocati  e  il  rapporto  di  pubblico impiego in regime di
  part-time,  con  ordinanza  29  gennaio 1998 sollevava questione di
  legittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 56 e 56-bis legge 23
  dicembre  1996,  n. 662,  per violazione degli artt. 3, 24, 54, 70,
  97, 98, 101 e 104 della Costituzione.
    La Corte costituzionale, con ordinanza n. 183 del 20 maggio 1999,
  ha  ritenuto la questione manifestamente inammissibile, per mancata
  integrazione  del contraddittorio nel giudizio dinanzi al consiglio
  nazionale  forense  (CNF), con riferimento al consiglio dell'ordine
  degli avvocati (C.O.A.) il cui provvedimento era stato impugnato.
    Pertanto,  non  essendosi  la Corte costituzionale pronunziata in
  merito,  il  consiglio  nazionale  forense,  nella  sua qualita' di
  giudice speciale ai sensi dell'art. 111 della Costituzione, e della
  VI disp. trans. Cost., non potendo decidere la questione senza fare
  applicazione  delle  norme di cui ai commi 56 e 56-bis dell'art. 1,
  legge   23   dicembre   1996,   n. 662,  solleva  la  questione  di
  legittimita'  costituzionale  delle  norme  stesse ex art. 23 della
  legge 11 marzo 1953, n. 87, per le seguenti argomentazioni in

                            D i r i t t o

    1.  - La Corte costituzionale, con ordinanza n. 183 del 20 maggio
  1999, riteneva la questione sollevata manifestamente inammissibile,
  per  mancata  integrazione del contraddittorio nel giudizio dinanzi
  al  consiglio  nazionale forense (CNF), con riferimento ai consigli
  dell'ordine  degli avvocati (C.O.A.) i cui provvedimenti sono stati
  impugnati.
    1.1. - La Corte ha infatti ritenuto, coerentemente con i principi
  generali  in  forza dei quali i consigli dell'ordine degli avvocati
  (C.O.A.)  agiscono  in  qualita'  di autorita' amministrative i cui
  atti  possono  essere  impugnati  di  fronte  al giudice competente
  (appunto  il  CNF),  che i C.O.A. stessi siano parte necessaria nel
  giudizio dinanzi al CNF.
    1.2. - La Corte ha inoltre rilevato:
        che  non  sarebbero  stati  osservati  gli adempimenti che la
  legge impone al consiglio nazionale forense (CNF) per consentire ai
  consigli  dell'ordine  di  "...  prender  parte al giudizio, almeno
  mediante  l'esecuzione  degli adempimenti di cui agli artt. 60 e 61
  del  regio  decreto  22  gennaio  1934,  n. 37 (Norme integrative e
  d'attuazione  del  regio  decreto-legge  27  novembre 1933, n. 1578
  sull'ordinamento della professione d'avvocato)";
        "che il mancato compimento dell'attivita' minima necessaria a
  porre  le  parti in, rapporto fra loro (e con il giudice) determina
  un'abnormita'  del  procedimento  rilevabile  ictu  oculi e "che la
  suddetta  abnormita'  comporta  la manifesta inammissibilita' della
  questione ...".

    2.   -   In   merito   alla   questione   dell'integrazione   del
  contraddittorio  nel  caso  di  specie, si osserva che il consiglio
  nazionale  forense  (CNF)  ha  regolarmente comunicato al consiglio
  dell'ordine  degli  avvocati  di  Monza,  autore  del provvedimento
  impugnato, l'avvenuta ricezione degli atti relativi al deposito del
  ricorso, effettuato presso lo stesso C.O.A. (art. 59, regio decreto
  22 gennaio 1934, n. 37), con raccomandata r.r. 28 gennaio 1999 (che
  si  allega  in  copia),  nonche' inviato regolarmente comunicazione
  dell'avvenuta  fissazione  dell'udienza  ai  sensi  del  richiamato
  art. 61,  con raccomandata r.r. 25 giugno 1999 per l'udienza del 23
  settembre 1999 (che si allega in copia).
    2.1. Sulla base delle considerazioni espresse sub 2, il Consiglio
  nazionale forense ritiene che siano state adempiute le prescrizioni
  che  la  legge  impone  ai  fini  della  corretta instaurazione del
  contraddittorio, e che la questione di costituzionalita', sollevata
  non sia pertanto manifestamente inammissibile.
    Il  seguito  del  testo  dell'ordinanza e' perfettamente uguale a
  quello   dell'ordinanza   pubblicata   in   precedenza  (Reg.  ord.
  n. 348/2000).
00C0555