IL CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE
    Ha pronunziato la seguente ordinanza;
    Visto  il  ricorso  n. 162/97,  r.g.  proposto dal dott. Giuseppe
  Fabio Lucchesi, rappresentato e difeso dall'avv. Vincenzo Falcucci,
  avverso  la  decisione  in  data  22  maggio  1997, con la quale il
  consiglio  dell'ordine  degli  avvocati  di  Roma  rigettava la sua
  istanza di iscrizione all'albo degli avvocati per incompatibilita';
    Visto il ricorso con i relativi allegati;
    Visti gli atti di causa;
    Sentito  il relatore alla pubblica udienza del 23 settembre 1999,
  consigliere  Paolo  Pauri e udito il sostituto procuratore generale
  presso la Corte di cassazione, dott. Domenico Iannelli;
    Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue;

                              F a t t o

    Il  dott.  Fabio Giuseppe Lucchesi, residente in Roma ha proposto
  ricorso  avverso  il  provvedimento  di  rigetto  della  domanda di
  iscrizione  all'albo  degli avvocati di Roma, assunto dal consiglio
  dell'ordine   di   Roma   con  delibera  in  data  22  maggio  1997
  successivamente  notificato  l'11 giugno 1997, ha premesso in fatto
  il ricorrente:

        che  dal  2 luglio 1990 e' dipendente dell'A.I.M.A. - Azienda
  di  Stato  per  gli interventi nel mercato agricolo - ed inquadrato
  come  collaboratore amministrativo di sesto livello della qualifica
  funzionale;
        che   in  data  14  novembre  1995  ha  superato  l'esame  di
  abilitazione  professionale  di  procuratore legale presso la Corte
  d'appello di Roma;
        che l'art. 1, comma 56, della legge 23 dicembre 1996, n. 662,
  recante  misure  di  razionalizzazione  della  finanza  pubblica ha
  testualmente disposto "le disposizioni di cui all'art. 58, comma 1,
  del  d.Lgs.  3  febbraio 1993, n. 29, e successive modificazioni ed
  integrazioni  nonche' le disposizioni di legge e di regolamento che
  vietano  l'iscrizione  agli  albi professionali non si applicano ai
  dipendenti delle pubbliche amministrazioni con rapporto di lavoro a
  tempo  parziale, con prestazione lavorativa non superiore al 50 per
  cento di quella a tempo pieno";
        che,  assunte  informazioni presso l'ordine di Roma, ha avuto
  conoscenza  della comunicazione del presidente, di cui all'adunanza
  del  23 gennaio 1997, del seguente tenore "sono pervenute richieste
  di  informazione  sulla  iscrizione  agli albi da parte di pubblici
  dipendenti   ai  sensi  dei  commi  56  e  57  dell'art.  1,  legge
  n. 662/1996  (Misure  di razionalizzazione della finanza pubblica).
  Il  problema sara' esaminato dal consiglio nella sede propria delle
  iscrizioni (quando verranno presentate le domande)";
        che,  pertanto,  in  data 17 febbraio 1997 ha presentato alla
  propria  amministrazione  la  relativa domanda di modificazione del
  rapporto in part-time nella misura del 50 per cento;
        che  in  data 24 febbraio 1997 ha altresi' presentato formale
  domanda  al  consiglio  dell'ordine  degli  avvocati  di  Roma  per
  l'iscrizione  al  relativo  albo professionale corredata da tutti i
  documenti richiesti;
        che all'adunanza del 6 marzo 1997 il consiglio dell'ordine di
  Roma  ha  deliberato che "per quanto concerne l'iscrizione all'albo
  degli  avvocati custodito dal consiglio permangono fermi i limiti e
  divieti  di  cui  al  regio  decreto-legge  n. 1578 del 27 novembre
  1933";
        che,   successivamente,  in  data  15  marzo  1997  e'  stato
  notificato    l'estratto   conforme   all'originale   del   verbale
  dell'adunanza del 27 febbraio 1997 con il quale e' stato invitato a
  comparire  innanzi  al suddetto consiglio dell'ordine per il giorno
  24  aprile  1997  alle ore 17,15 "per essere sentito in merito alla
  sua posizione di iscritto";
        che, in data 19 marzo 1997 ha comunicato al proprio datore di
  lavoro  l'avvenuta  convocazione  presso  il  succitato consiglio e
  richiesto,  al  contempo,  la  momentanea sospensione dell'attivata
  procedura  di  modificazione del rapporto di lavoro al solo fine di
  limitare  il  grave  ed  imminente danno economico conseguente alla
  riduzione dello stipendio mensile;
        che,  successivamente,  l'art. 6  del  d.-l.  28  marzo 1997,
  n. 79,  recante  misure  urgenti  per il riequilibrio della finanza
  pubblica  ha  disposto  "sono  abrogate le disposizioni che vietano
  l'iscrizione   e  l'esercizio  di  attivita'  professionali  per  i
  soggetti  di  cui  al  comma  56  (legge 23 dicembre 1996, art. 1).
  Restano  ferme  le  altre  disposizioni in materia di requisiti per
  l'iscrizione ad albi professionali e per l'esercizio delle relative
  attivita'. Ai dipendenti iscritti in albi professionali non possono
  essere  conferiti  incarichi professionali dalle amministrazioni di
  appartenenza";
        che all'adunanza del 10 aprile 1997, il consiglio dell'ordine
  di  Roma  ha deliberato di richiedere, per il tramite del Ministero
  di grazia e giustizia, al consiglio di Stato di esprimere un parere
  "sulla  legittimita'  della interpretazione dell'art. 1, comma 56 e
  56-bis  stabilenti rispettivamente la disapplicazione di divieti di
  iscrizione   di   pubblici   dipendenti  in  albi  professionali  e
  l'abrogazione  di  divieti  di  iscrizione  in albi professionali e
  l'esercizio di attivita' professionali come non attinenti al regime
  delle   incompatibilita'   stabilito   nell'art.   3   del  ridetto
  ordinamento professionale";
        che il giorno 24 aprile 1997 e' comparso innanzi al consiglio
  dell'ordine   di   Roma   precisando,   su  specifica  domanda  del
  presidente,   che   la  richiesta  di  sospensione  della  attivata
  procedura  di  modificazione  del  rapporto  di  lavoro si era resa
  inevitabile  dalla  necessita'  di  contenere  il  danno  economico
  conseguente  all'adozione  di un eventuale provvedimento di rigetto
  da  parte  del  consiglio dell'ordine anche in considerazione della
  circostanza  che,  in  virtu' del CCNL che regolamenta la posizione
  lavorativa  del  ricorrente,  tale  modificazione non e' recedibile
  prima di ventotto mesi dall'avvenuta trasformazione;
        che  in  data  11 giugno 1997 e' stato notificato l'impugnato
  provvedimento  assunto con delibera del 22 maggio 1997 con il quale
  il  consiglio  dell'ordine  di  Roma  ha  rigettato  la  domanda di
  iscrizione al relativo albo professionale.

    Sulla  base  delle  premesse di fatto il ricorrente ha proposto i
  seguenti motivi di diritto a sostegno del ricorso:
    1. - Sulla  legittimazione  del  consiglio  nazionale  forense  a
  decidere sul presente ricorso - Astensione provvedimenti relativi.
    In   via   assolutamente   pregiudiziale  la  difesa  ritiene  di
  evidenziare  che  il  consiglio  nazionale  forense  con  il parere
  dell'11  aprile  1997  ha ritenuto che l'art. 1, comma 56 e 56-bis,
  legge n. 662/1996 non abbia fatto venir meno l'incompatibilita' tra
  la   professione   di  avvocato  e  qualunque  rapporto  di  lavoro
  dipendente anche se configurato a tempo parziale.
    In  tal  senso  e'  legittimo  dubitare  che la valutazione della
  concreta  fattispecie  da  parte  dell'organo  di prima istanza sia
  stata  connotata  dai  requisiti  di  autonomia ed indipendenza che
  devono  caratterizzare ogni tipo di procedimento amministrativo e/o
  giurisdizionale.
    Per  le  medesime  motivazioni  la  difesa  ritiene  che anche la
  presente  fasi giurisdizionale possa risultre in aperto contrasto a
  fondamentali  principi di valenza costituzionale d in particolare a
  quello dell'imparzialita' e terzieta' del giudice, al principio del
  doppio  grado  di  procedimento,  ove  l'adito  consiglio nazionale
  forense si sentisse ancora vincolato al riferito parere.

    2.  -  Diritto  del  pubblico  dipendente  alla modificazione del
  rapporto  di lavoro da tempo pieno in tempo parziale "part-time" ex
  legge  23  dicembre  1996, come modificata ed integrata ex legge 28
  maggio  1997,  n. 140  -  Effetti  automatici della domanda ai fini
  della instaurazione del rapporto di part-time - Astensione.
    La  legge  23 dicembre 1996, n. 662, come modificata ed integrata
  dal  d-l. 28 marzo 1997, n. 79, convertito in legge 28 maggio 1997,
  n. 140,  riconosce il diritto al pubblico dipendente di chiedere ed
  ottenere  la modificazione del rapporto di lavoro in corso da tempo
  pieno in tempo parziale c.d. "part-time".
    La   citata   normativa,  attribuisce  al  dipendente  un diritto
  soggettivo  perfetto  e  con  esso  la  facolta'  per  il  pubblico
  dipendente  di  decidere se e quando modificare il rapporto nonche'
  il  diritto  di  scelta,  a  suo  insindacabile  giudizio, circa le
  concrete modalita' con le quali il rapporto di lavoro medesimo deve
  essere modificato.
    Tale  sospensione non puo' quindi ad alcun titolo essere invocata
  da  questo  consiglio  nazionale  come  impeditiva  dell'esame  del
  diritto all'iscrizione del ricorrente.

    3.  -  Diritto  del pubblico dipendente part-time al 50 per cento
  all'iscrizione  all'albo  degli  avvocati - Abrogazione dell'art. 3
  regio  decreto-legge  n. 1578/1993 - Compatibilita' con l'esercizio
  della professione forense.
    Giova,   nel  merito,  evidenziare  che  l'attivita'  svolta  dal
  consiglio dell'ordine degli avvocati in sede di iscrizioni all'albo
  professionale e' di natura eminentemente amministrativa.
    Il  procedimento conseguente alla presentazione della domanda e',
  infatti,  finalizzato unicamente all'emanazione di un provvedimento
  di accertamento costitutivo a contenuto vincolato quale adempimento
  di un preciso dovere giuridico in capo al consiglio.
    Il  consiglio dell'ordine deve, infatti, "limitarsi" ad accertare
  la  contestuale  sussistenza  in  capo  al  richiedente  di tutti i
  requisiti richiesti dalla legge e quindi ammetterlo, senza riserve,
  al  pieno  godimento  del diritto soggettivo in esame. In sostanza,
  allorche'  il  consiglio abbia accertato la contestuale sussistenza
  di  tutti  i  presupposti  richiesti  dalla vigente normativa, deve
  procedere senza indugi alla relativa iscrizione.

    4.  -  Legge  speciale  r.d.  1958/1993  -  Abrogazione  ex legge
  n. 140/1997  della incompatibilita' della professione forense per i
  pubblici   dipendenti  part-time  in  possesso  dei  requisiti  per
  l'iscrizione all'albo.
    L'art.  6, punto 2, legge n. 140/1997 rimosso nel primo capoverso
  il  divieto  per  i  pubblici  dipendenti  di iscriversi ad albi ed
  esercitare attivita' professionali, ricordato nel secondo capoverso
  che  per  l'iscrizione  agli  albi  e  l'esercizio  delle  relative
  attivita'   devono   sussistere  i  requisiti  di  volta  in  volta
  richiesti,  nel  terzo capoverso, riguardante i dipendenti iscritti
  agli  albi  professionali,  pone  quale  unico limite all'esercizio
  dell'attivita'  forense,  da  parte dei pubblici impiegati iscritti
  all'albo,  il  "patrocinio  in  controversie  in  cui  sia parte la
  pubblica amministrazione".
    In tal modo la legge n. 140/1997 ha pienamente legittimato per il
  pubblico  impiegato,  avente  i  requisiti di cui all'art. 1, legge
  professionale  per l'iscrizione all'albo, la facolta' di esercitare
  a tutto campo la professione con unico limite quello del patrocinio
  in controversie in cui sia parte la pubblica amministrazione. Sulla
  base  di  tali  premure  il  ricorrente  ha  formulato  le seguenti
  conclusioni:  Voglia l'Ill.mo consiglio nazionale forense, esperiti
  tutti  gli  incombenti di rito, in totale riforma del provvedimento
  di  rigetto  assunto  dal  consiglio  dell'ordine degli avvocati di
  Roma:

        a) accertare e dichiarare il diritto del ricorrente ad essere
  iscritto  all'albo  degli  avvocati  di Roma essendo in possesso di
  tutti  i requisiti previsto con espresso riconoscimento del diritto
  all'esercizio  della  professione  forense  per  lo  stesso  attesa
  l'inapplicabilita'  nei suoi confronti del disposto di cui all'art.
  3 r.d.-l. n. 1578/1933 disponendo in conseguenza;
        b)  accertare  e  dichiarare,  disponendo  in conseguenza, il
  diritto  del  ricorrente ad essere comunque iscritto all'albo degli
  avvocati  tenuto  dal  consiglio  dell'ordine  di Roma, qualora, in
  denegata     ipotesi,     volesse     ritenere    la    sussistenza
  dell'incompatibilita' all'esercizio della professione.

    Questo consiglio, con ordinanza del 29 gennaio 1998 sospendeva il
  procedimento   e   deliberava   di  sollevare  dinanzi  alla  Corte
  costituzionale   la  questione  di  costituzionalita'  delle  norme
  invocate  dal  ricorrente per violazione degli artt. 3, 24, 54, 70,
  97, 98, 101 e 104 della Costituzione.
    La  Corte costituzionale con ordinanza n. 183 del 20 maggio 1999,
  ha ritenuto la questione manifestamente inammissibile.
    Pertanto,  non  essendosi  la Corte costituzionale pronunziata in
  merito,  il  consiglio  nazionale  forense,  nella  sua qualita' di
  giudice speciale ai sensi dell'art. 111 della Costituzione, e della
  VI disp. trans. Cost., non potendo decidere la questione senza fare
  applicazione  delle  norme di cui ai commi 56 e 56-bis dell'art. 1,
  legge   23   dicembre   1996,   n. 662,  solleva  la  questione  di
  legittimita'  costituzionale  delle  norme stesse, ex art. 23 della
  legge 11 marzo 1953, n. 87, per le seguenti argomentazioni in

                            D i r i t t o

    1.  - La Corte costituzionale, con ordinanza n. 183 del 20 maggio
  1999,  riteneva  la  questione  manifestamente  inammissibile,  per
  mancata  integrazione  del  contraddittorio nel giudizio dinanzi al
  consiglio  nazionale  forense  (CNF),  con  riferimento ai consigli
  dell'ordine  degli avvocati (C.O.A.) i cui provvedimenti sono stati
  sottoposti a reclamo.
    1.1. - La Corte ha infatti ritenuto, coerentemente con i principi
  generali  in  forza dei quali i consigli dell'ordine degli avvocati
  (C.O.A.)  agiscono  in  qualita'  di autorita' amministrative i cui
  atti  possono  essere  impugnati  di  fronte  al giudice competente
  (appunto  il  CNF),  che i C.O.A. stessi siano parte necessaria nel
  giudizio dinanzi al CNF.

    1.2. - La Corte ha inoltre rilevato:
        che  non  sarebbero  stati  osservati  gli adempimenti che la
  legge impone al consiglio nazionale forense (CNF) per consentire ai
  consigli  dell'ordine  di  "...  prender  parte al giudizio, almeno
  mediante  l'esecuzione  degli adempimenti di cui agli artt. 60 e 61
  del  r. d. 22 gennaio 1934, n. 37 (Norme integrative e d'attuazione
  del   r.d.l.  27  novembre  1933,  n. 1578  sull'ordinamento  della
  professione d'avvocato)";
        "che il mancato compimento dell'attivita' minima necessaria a
  porre  le  parti  in rapporto fra loro (e con il giudice) determina
  un'abnormita'  del  procedimento  rilevabile  ictu  oculi e "che la
  suddetta  abnormita'  comporta  la manifesta inammissibilita' della
  questione ...".

    2. - In    merito    alla    questione    dell'integrazione   del
  contraddittorio,  si  osserva  che  il  consiglio nazionale forense
  (CNF)  ha  regolarmente  comunicato  al  C.O.A. di Roma, autore del
  provvedimento  impugnato,  l'avvenuta ricezione degli atti relativi
  al  deposito  del  ricorso,  effettuato  presso  lo  stesso  C.O.A.
  (art. 59,  r.d.  22  gennaio  1934, n. 37), con raccomandata r.r 11
  ottobre 1997 (che si allega in copia), nonche' inviato regolarmente
  comunicazione  dell'avvenuta  fissazione  dell'udienza ai sensi del
  richiamato  art. 61, con raccomandata r.r. 12 dicembre 1997 (che si
  allega in copia);
    2.1. Sulla base delle considerazioni espresse sub 2, il Consiglio
  nazionale forense ritiene che siano state adempiute le prescrizioni
  che  la  legge  impone  ai  fini  della  corretta instaurazione del
  contraddittorio, e che la questione di costituzionalita', sollevata
  non sia pertanto manifestamente inammissibile.

    Il  seguito  del  testo  dell'ordinanza e' perfettamente uguale a
  quello   dell'ordinanza   pubblicata   in   precedenza  (Reg.  ord.
  n. 348/2000).
00C0556