ha pronunciato la seguente


                              Sentenza

    Nei giudizi di legittimita' costituzionale dell'art. 1, commi 193
e   194,   della   legge   23   dicembre   1996,  n. 662  (Misure  di
razionalizzazione  della  finanza  pubblica),  promossi con ordinanze
emesse  il  5 dicembre 1997 dal pretore di Forli', sezione distaccata
di  Cesena,  il 26 marzo 1998 (n. 2 ordinanze) dal pretore di Torino,
il  "2 maggio" (da intendersi 9 maggio) 1998 dal pretore di Cuneo, il
2 maggio e il 12 giugno 1998 dal pretore di Milano, il 20 luglio 1998
dal  pretore  di  Padova,  il  26  ottobre 1998 dal pretore di Ascoli
Piceno  e  il  7  giugno  1999 dal Tribunale di Roma, rispettivamente
iscritte  ai nn. 181, 373, 374, 580, 582, 583, 868 e 914 del registro
ordinanze  1998 ed al n. 102 del registro ordinanze 2000 e pubblicate
nella  Gazzetta Ufficiale della Repubblica nn. 12, 22, 36 e 49, prima
serie speciale, dell'anno 1998, n. 3, prima serie speciale, dell'anno
1999 e n. 10, prima serie speciale, dell'anno 2000.
    Visti  gli  atti di costituzione di Greco Eugenio ed altri, della
Cassa  di  risparmio di Cesena, della Banca Brignone S.p.a., Editrice
SAIE S.r.l. ed altra, Banca Regionale Europea S.p.a. e della Societe'
Generale, della Milano Assicurazioni S.p.a. e Unilever Italia S.p.a.,
dell'Edison  S.p.a.  e  Compaq Computer S.p.a., della Banca Antoniana
Popolare Veneta soc. coop. a r.l., della Cassa di risparmio di Ascoli
Piceno   S.p.a.,   dell'INPS  e  dell'INPDAI,  nonche'  gli  atti  di
intervento  della Cassa di risparmio di Ravenna S.p.a., della Reconta
Ernst & Young S.p.a. e del Presidente del Consiglio dei Ministri;
    udito  nell'udienza  pubblica  dell'11  aprile  2000  il  giudice
relatore Cesare Ruperto;
    uditi  gli  avv.ti  Francesco  Fabbri per Greco Eugenio ed altri,
Carlo  Visconti per la Cassa di risparmio di Cesena, Massimo Luciani,
Paolo  Tosi,  Salvatore  Trifiro'  e  Mattia  Persiani  per  la Banca
Brignone  S.p.a.,  Editrice  SAIE  S.r.l.  ed  altra, Banca Regionale
Europea  S.p.a.,  Societe' Generale e Banca Antoniana Popolare Veneta
Soc.  coop.  a  r.l.,  Paolo  Tosi  e  Mattia  Persiani per la Milano
Assicurazioni  S.p.a.  e  Unilever  Italia S.p.a., Paolo Tosi, Mattia
Persiani  e Salvatore Trifiro' per la Edison S.p.a. e Compaq Computer
S.p.a.,  Mattia  Persiani  per la Cassa di risparmio di Ascoli Piceno
S.p.a.,  Antonino  Sgroi  e  Fabio  Fonzo  per l'INPS, Mario Tonucci,
Antonino  Mirone e Niccolo' Salanitro per l'INPDAI e l'Avvocato dello
Stato Giuseppe Stipo per il Presidente del Consiglio dei Ministri.

                          Ritenuto in fatto

    1. - Nel  corso  di un giudizio promosso da alcuni dipendenti per
l'accertamento   dell'obbligo   del   datore  di  lavoro  di  versare
contributi  previdenziali sull'ammontare di finanziamenti ad un fondo
pensionistico  integrativo,  il Pretore del lavoro di Forli', sezione
distaccata  di Cesena, con ordinanza del 5 dicembre 1997 (R.O. n. 181
del   1998),   ha   sollevato   -  in  riferimento  all'art. 3  della
Costituzione  - questione di legittimita' costituzionale dell'art. 1,
commi  193  e  194,  della  legge 23 dicembre 1996, n. 662 (Misure di
razionalizzazione   della  finanza  pubblica),  nella  parte  in  cui
differenzia la posizione del datore di lavoro, che abbia corrisposto,
in  data  anteriore all'entrata in vigore della legge 1o giugno 1991,
n. 166  (nella  quale  e'  stato  convertito,  con  modificazioni, il
decreto-legge  29 marzo 1991, n. 103, recante disposizioni urgenti in
materia  previdenziale),  i  contributi  sui  versamenti  a favore di
gestioni  eroganti  prestazioni previdenziali integrative, rispetto a
quella  del  datore  di  lavoro  che,  non  avendoli  corrisposti, e'
obbligato  solo  al  pagamento  di  una  quota  percentuale  di  tali
contributi.
    1.1. - Il  rimettente premette che l'art. 9-bis del decreto-legge
29  marzo 1991, n. 103, aggiunto dalla legge di conversione 1o giugno
1991,  n. 166  (con  il  quale  l'art. 12 della legge 30 aprile 1969,
n. 153  viene  "interpretato"  (con  norma  innovativa  ad  efficacia
retroattiva)  nel senso di escludere dalla retribuzione imponibile ai
fini  previdenziali  le  somme  destinate a finanziamento di gestioni
eroganti  prestazioni  previdenziali  integrative,  e con il quale si
predispone  per il futuro un contributo di solidarieta' del dieci per
cento,  negando  la ripetibilita' di quanto gia' corrisposto in epoca
anteriore alla data di entrata in vigore della legge di conversione),
e'  stato  dichiarato incostituzionale, con sentenza n. 421 del 1995,
nella parte in cui esonera dal pagamento dei contributi di previdenza
ed  assistenza,  senza  prevedere  alcuna  contropartita  analoga  al
"contributo  di  solidarieta'"  imposto  per  il futuro, il datore di
lavoro  inadempiente  all'obbligo di versare i contributi dovuti sino
alla data di entrata in vigore della legge.
    Il   giudice   a   quo   -  dopo  aver  osservato  che  la  Corte
costituzionale,  con  la  citata  sentenza,  ha riaffermato la natura
retributiva dei versamenti effettuati per la previdenza complementare
e  la  loro  conseguente sottoposizione alla contribuzione ordinaria,
almeno  fino al 1991 - rileva che la sopravvenuta denunciata norma si
e' limitata ad imporre, a carico dei datori di lavoro, i quali per il
periodo  contributivo  dal  1o  settembre  1985 al 30 giugno 1991 non
avevano  effettuato  i menzionati versamenti, un obbligo contributivo
pari al quindici per cento, senza oneri accessori.
    Per  il  rimettente  sussisterebbe,  pertanto,  una immotivata ed
ingiustificata  disparita' di trattamento fra i datori di lavoro che,
per  il  periodo suddetto, hanno gia' versato l'intero importo dovuto
(non piu' ripetibile), e quelli inadempienti a tale obbligo, ai quali
la  norma denunciata consente una sanatoria con il pagamento del solo
quindici  per cento; laddove il legislatore - se fosse stato coerente
con  la  surrichiamata  sentenza  - avrebbe dovuto "riscrivere l'art.
9-bis   della   legge   n. 166  del  1991",  riconoscendo  la  natura
retributiva dei versamenti, con obbligo dell'integrale corresponsione
degli importi dovuti.
    1.2. - Si   sono  costituite  le  parti  private  ricorrenti  nel
giudizio  a  quo  le  quali  -  affermata  la  natura retributiva dei
versamenti  per  la  previdenza  integrativa effettuati anteriormente
all'entrata  in  vigore della legge n. 166 del 1991 - chiedono che la
Corte,    in    accoglimento    della    sollevata    questione    di
costituzionalita',  escluda  l'irragionevole esenzione parziale dalla
contribuzione ordinaria (concessa dalla norma denunciata ai datori di
lavoro  inadempienti,  per  il  periodo  dal  1o settembre 1985 al 30
giugno  1991,  all'obbligo  di  contribuzione  sui  fondi integrativi
previdenziali)  ed  elimini,  cosi', i riflessi negativi provocati da
tale norma sulla posizione contributiva dei dipendenti di quei datori
di   lavoro   e   la   correlativa   "incomprensibile  disparita'  di
trattamento"  rispetto ai dipendenti dei datori di lavoro che abbiano
invece  (per  lo  stesso  periodo) adempiuto all'obbligo, versando la
contribuzione in misura intera.
    1.3. - Si  e'  costituita  anche  la  parte privata convenuta nel
giudizio  a  quo  osservando:  a)  che la sentenza n. 421 del 1995 ha
riconosciuto  incensurabile  sia  l'esclusione della contribuzione ai
fondi  di  previdenza  complementare  dalla  base  imponibile  per la
determinazione  dei  contributi  di previdenza ed assistenza sociale,
sia   la  portata  retroattiva  di  tale  esclusione,  purche'  venga
stabilito   -   quale  "contropartita  necessaria"  di  questa  -  un
contributo  di  solidarieta';  b)  che la denunciata norma, emendando
sulla  scorta  delle  indicazioni  contenute nella citata sentenza la
precedente legislazione, ha appunto esteso al passato, per il periodo
dal  1o  settembre  1985  al 30 giugno 1991, (sia pure nella maggiore
misura  del  quindici per cento) il contributo di solidarieta', quale
"contropartita" all'esenzione suddetta; c) che la sentenza n. 421 del
1995  non  attribuisce natura retributiva alle contribuzioni ai fondi
di    previdenza    complementare;    d)   che   una   questione   di
costituzionalita'  potrebbe  essere,  se mai, sollevata dai datori di
lavoro   che   abbiano  versato,  nel  periodo  menzionato,  l'intera
contribuzione,  senza  possibilita'  di ripetere neppure parzialmente
quanto  pagato,  mentre  nella  specie  e'  pacifico  che la parte ha
versato,  in  relazione  a  quel  periodo, l'importo del quindici per
cento  quale  contributo  di solidarieta'. Conclude, pertanto, per la
declaratoria  di  inammissibilita' o, comunque, di infondatezza della
questione.
    1.4. - E'  intervenuto  il Presidente del Consiglio dei Ministri,
rappresentato  e  difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, che ha
concluso    per    la    declaratoria   di   inammissibilita'   (data
l'insindacabilita'  della  ratio dei provvedimenti legislativi, per i
quali  non  vi  e'  alcun  obbligo  di  motivazione)  o  comunque  di
infondatezza  della questione. L'autorita' intervenuta osserva che il
legislatore, con la denunciata norma, si e' adeguato alle indicazioni
contenute  nella sentenza della Corte costituzionale n. 421 del 1995,
prevedendo, proprio al fine di appianare la disparita' di trattamento
tra  datori di lavoro che nel periodo avevano versato i contributi in
esame  e  quelli  che  non  li  avevano  versati,  un  contributo  di
solidarieta' a carico di questi ultimi anche per il periodo anteriore
all'entrata in vigore della legge n. 166 del 1991.
    2. - Nel corso di un giudizio promosso da un datore di lavoro nei
confronti  dell'INPS  per la ripetizione dei contributi previdenziali
corrisposti sui versamenti a fondi integrativi, il Pretore di Torino,
con  ordinanza del 26 marzo 1998 (R.O. n. 373 del 1998), ha sollevato
-  in  riferimento  all'art. 3  della  Costituzione  -  questione  di
legittimita'  costituzionale  del  succitato art. 1, comma 194, nella
parte   in   cui   sottopone  a  contribuzione  i  datori  di  lavoro
"limitatamente  al  periodo  contributivo dal 1o settembre 1985 al 30
giugno 1991, in deroga alle disposizioni di cui all'art. 3, commi 9 e
10, della legge 8 agosto 1995, n. 335".
    2.1. - Secondo il rimettente, la norma denunciata - introducendo,
per  il  contributo  di solidarieta' dovuto nel periodo suddetto, una
espressa deroga al regime ordinario della prescrizione dei contributi
previdenziali  -  contrasta  con l'art. 3 della Costituzione sotto un
triplice  profilo:  a) viola il principio della certezza del diritto,
poiche'   rende  imprescrittibili  ed  esigibili  in  ogni  tempo  le
contribuzioni  dovute  in quel periodo, anche quelle che si sarebbero
dovute   considerare  estinte  per  la  prescrizione  decennale  gia'
maturata  ai  sensi  dell'art. 3,  commi 9 e 10, della legge 8 agosto
1995,  n. 335;  b) viola il principio dell'uguaglianza di trattamento
con  gli  altri  debiti contributivi previdenziali, perche' la deroga
riguarda  solo  le contribuzioni previdenziali complementari sorte in
quel  periodo;  c)  viola  il  principio  di  ragionevolezza, perche'
riguarda il contributo di solidarieta' dovuto fino al 30 giugno 1991,
ma non quello dovuto successivamente.
    Il  giudice  a  quo  ritenuto  che le domande della parte attrice
implichino  l'eccezione  di  prescrizione, afferma la rilevanza della
questione  sia  "in astratto" che "in concreto": "in astratto", sotto
il profilo che la questione inciderebbe sulla norma applicabile nella
controversia,  indipendentemente  dall'influenza  della  pronuncia di
costituzionalita' sul giudizio a quo; "in concreto", sotto il profilo
che,  da  un  lato,  non  potrebbe  escludersi  che la parte attrice,
nonostante le preclusioni probatorie proprie del processo del lavoro,
possa  in  futuro  fornire  la prova, ancora mancante, del periodo al
quale  si  riferisce  l'eccepita  prescrizione,  e,  dall'altro,  che
l'accoglimento   della   censura  di  incostituzionalita'  renderebbe
applicabile  al caso di specie il regime ordinario di prescrizione di
cui  all'art. 3  della legge n. 335 del 1995, con i connessi riflessi
sull'onere  della  prova  degli  atti interruttivi e delle instaurate
procedure amministrative.
    2.2. - Si  e'  costituita la parte ricorrente nel giudizio a quo,
chiedendo   l'accoglimento   della   sollevata   questione,   per  la
violazione,  con la norma denunciata: a) del principio della certezza
del  diritto,  data  la  previsione di imprescrittibilita' di diritti
disponibili  e  non  incidenti nella sfera giuridica di terzi; b) del
principio  di  ragionevolezza,  data  la  limitazione  qualitativa  e
temporale dei crediti contributivi qualificati come imprescrittibili;
c)  del  principio  di parita' di trattamento, dato il diverso regime
prescrizionale,  ratione  temporis  di  debiti  previdenziali  aventi
l'identica  natura di contributo di solidarieta'; d) del principio di
irretrattabilita'   dei   rapporti   esauriti,   data   la   disposta
esigibilita'   di  crediti  gia'  prescritti;  e)  del  principio  di
ragionevolezza,  data  l'ingiustificata previsione di reviviscenza di
un   debito   contributivo   previdenziale  complementare,  a  fronte
dell'estinzione    per    prescrizione    del   debito   contributivo
previdenziale  ordinario,  e  dato  il  pregiudizio  cosi' arrecato a
datori  di  lavoro  che  pure  hanno  finanziato regimi di previdenza
privata, considerati generalmente con favore dal legislatore.
    2.3. - Si  e'  costituito anche l'INPS, chiedendo preliminarmente
che  la  sollevata questione sia dichiarata inammissibile, in ragione
della  sua proposizione nel giudizio a quo in via principale e non in
via   incidentale;   della  mancata  formulazione  in  quel  giudizio
dell'eccezione  di  prescrizione;  della  mancata  specificazione dei
debiti   contributivi   prescritti   e  dei  correlativi  periodi  di
riferimento  della  prescrizione;  della  carenza  di motivazione del
rimettente  sulla  rilevanza. In via subordinata l'Istituto chiede la
declaratoria  di infondatezza della questione stessa, considerato che
la  norma  impugnata  non  deroga  all'ordinario termine decennale di
prescrizione;   che   non  puo'  essere  utilizzato,  come  metro  di
riferimento    nel   giudizio   di   uguaglianza,   il   contribuente
inadempiente, invece di quello adempiente agli obblighi contributivi;
che  la  prospettata irragionevolezza della norma e' rimasta priva di
dimostrazione.
    2.4. - Ha  spiegato  intervento  la Cassa di risparmio di Ravenna
S.p.a.,  che  non  e'  parte  nel  giudizio  a quo concludendo per la
declaratoria  di  ammissibilita'  dell'intervento e di illegittimita'
della norma denunciata.
    2.5.  -  E' intervenuto il Presidente del Consiglio dei Ministri,
rappresentato   e   difeso   dall'Avvocatura  generale  dello  Stato,
richiamando le difese svolte nel giudizio promosso con l'ordinanza di
cui  al  R.O.  n. 181  del  1998 e concludendo per la declaratoria di
manifesta infondatezza della sollevata questione.
    3. - Nel  corso  di  un giudizio promosso da due datori di lavoro
nei confronti dell'INPS per la ripetizione dei contributi corrisposti
sui  versamenti  a  fondi  integrativi,  il  Pretore  di  Torino, con
ordinanza  del  26  marzo  1998  (R.O. n. 374 del 1998), ha sollevato
questione di legittimita' identica, anche nella motivazione, a quella
di  cui  all'ordinanza di pari data dello stesso giudice (R.O. n. 373
del 1998).
    Si  sono  costituiti  le  parti  ricorrenti nel giudizio a quo' e
l'INPS  ed  e'  altresi'  intervenuto il Presidente del Consiglio dei
Ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
Stato,   ciascuno   con   difese   e  richieste  identiche  a  quelle
corrispondentemente svolte ed avanzate nel predetto giudizio, secondo
le rispettive posizioni.
    4.-  Nel corso di un giudizio promosso da un datore di lavoro nei
confronti  dell'INPS  per  la ripetizione di contributi previdenziali
corrisposti  sui versamenti a fondi integrativi, il Pretore di Cuneo,
con  ordinanza  del  "2  maggio"  (da intendersi 9 maggio) 1998 (R.O.
n. 580  del  1998),  ha sollevato - in riferimento agli artt. 3 e 136
della   Costituzione   -  questione  di  legittimita'  costituzionale
dell'art. 1,  commi  193  e 194, della citata legge 23 dicembre 1996,
n. 662.
    4.1. - Secondo  il  rimettente,  la  norma  denunciata  viola: a)
l'art. 3  Cost.,  sia  per  l'irragionevole disparita' di trattamento
conseguente  alla  diversa  entita'  del  contributo  di solidarieta'
previsto  per  il  periodo  contributivo  dal 1o settembre 1985 al 30
giugno  1991,  rispetto  a quello previsto per il periodo successivo;
sia  per  l'eccessiva  misura  del  contributo  di  solidarieta'  del
quindici  per  cento,  superiore  a  quella  di tutti i contributi di
identica  natura  ed inidonea ad arricchire la posizione assicurativa
dei  singoli  lavoratori,  non correlandosi a piu' elevati livelli di
trattamento  pensionistico;  sia  per  l'ingiustificata  eccezione  -
formulata  dal  legislatore  al  fine  di  rendere  esigibili crediti
altrimenti  prescritti  - alla disciplina generale della prescrizione
dei crediti contributivi previdenziali dettata dall'art. 3, commi 9 e
10,   della   legge   n. 335  del  1995;  b)  l'art. 136  Cost.,  per
l'inosservanza - con l'imposizione del contributo di solidarieta' del
quindici  per  cento  -  delle statuizioni della sentenza della Corte
costituzionale  n. 421  del  1995,  secondo la quale la sanatoria del
mancato  pagamento  dei  contributi  si sarebbe potuta giustificare a
fronte  del  pagamento di una contropartita pari, "al massimo", ad un
contributo di solidarieta' del dieci per cento.
    Il  giudice a quo' quanto alla rilevanza della questione, osserva
che  il  "titolo  in base al quale la (...) ricorrente ha iniziato ad
effettuare   i  versamenti  di  cui  ora  chiede  la  ripetizione  e'
costituito    esclusivamente   dalle   disposizioni   sospettate   di
illegittimita' costituzionale".
    4.2. - Si  e'  costituita  la parte ricorrente nel giudizio a quo
chiedendo l'accoglimento della sollevata questione. In particolare la
parte   sottolinea   la   fondatezza   dei  profili  prospettati  dal
rimettente,  in primo luogo, con riguardo alla ingiustificata diversa
entita',  ratione temporis del contributo di solidarieta'; in secondo
luogo,   con   riguardo  alla  misura  eccessiva  del  contributo  di
solidarieta'    del   quindici   per   cento,   tale   da   aggravare
irrazionalmente  la  posizione  solo  dei  datori di lavoro che hanno
istituito  forme  di  previdenza  integrativa, tanto piu' che esso, a
differenza del contributo di solidarieta' del dieci per cento, non e'
gravato  dall'onere  di  versamento  di  una  sua  parte  al Fondo di
garanzia  istituito, con effetto dal 1o gennaio 1992, dall'art. 5 del
decreto  legislativo del 27 gennaio 1992, n. 80, contro il rischio di
omesso  o insufficiente versamento dei contributi dovuti per forme di
previdenza complementare da parte dei datori di lavoro assoggettati a
procedura   concorsuale;   in   terzo   luogo,   con   riguardo  alla
inottemperanza  alla  sentenza  della Corte costituzionale n. 421 del
1995.
    La  stessa  parte  propone,  inoltre,  argomentazioni identiche a
quelle  gia' svolte dalle parti private a sostegno della questione di
costituzionalita' sollevata nei giudizi promossi con ordinanze di cui
al R.O. nn. 373 e 374 del 1998.
    4.3. - Si  e' costituito anche l'INPS, chiedendo che la sollevata
questione sia dichiarata inammissibile o comunque infondata.
    Quanto    all'inammissibilita',    l'Istituto,   nel   riproporre
sostanzialmente  le  argomentazioni gia' svolte nei suddetti giudizi,
osserva  che,  nella  specie,  il  rimettente  non  ha  valutato  "la
rilevanza  giuridica  del  verbale  di  accertamento  o della lettera
interruttiva  dei termini" prescrizionali; non ha tenuto conto che il
pagamento  del  contributo  di solidarieta' costituisce una "rinuncia
presunta  ex lege a valersi della prescrizione gia' compiuta"; non ha
considerato  che  la  rilevanza  sarebbe,  se  mai, circoscritta alla
"differenza   per   eccesso"   dell'aliquota  fissata  con  la  norma
impugnata.
    Quanto  all'infondatezza,  l'Ente  previdenziale  premette che la
sentenza  della Corte costituzionale n. 421 del 1995 si e' limitata -
con  pronuncia seccamente demolitoria e non manipolativa - a caducare
la  norma concernente il totale esonero contributivo retroattivamente
disposto dall'art. 9-bis della legge n. 166 del 1991 ed a riaffermare
l'obbligo  della  contribuzione ordinaria precedentemente previsto in
materia  dal  diritto  vivente  formatosi sull'art. 12 della legge 30
aprile   1969,   n. 153   (gia'  considerato  esente  da  censure  di
costituzionalita' dalla sentenza n. 427 del 1990), prospettando, solo
in  astratto,  la legittimita' di un possibile intervento legislativo
assoggettante  gli  stessi  periodi ad una contribuzione diversa o di
solidarieta'.
    L'Istituto  osserva,  pertanto,  che il legislatore, con la norma
impugnata  -  nel  disporre  nuovamente  un  esonero contributivo con
effetto  retroattivo - ha previsto quale contropartita per il periodo
in  questione  (in  ossequio alla citata sentenza n. 421 del 1995) un
contributo di solidarieta' in misura non eccessiva (perche' inferiore
alla  contribuzione  ordinaria), ne' irragionevole (perche' superiore
alla   successiva   aliquota   del   dieci   per  cento,  proprio  in
considerazione,  da  un lato, della vetusta' del debito in questione,
gravato  nelle more da somme aggiuntive e sanzioni amministrative, e,
dall'altro, della sua prevista estinguibilita' senza oneri accessori,
in  diciotto  rate  bimestrali),  ne'  irrazionale  ratione  temporis
(perche'  il  fluire  del  tempo  giustifica la diversa disciplina di
fattispecie  relative a periodi cronologicamente diversi e perche' la
natura  transitoria  della  norma denunciata comporta la riduzione ad
omogeneita'  di elementi di per se' non omogenei), ne' ingiustificata
rispetto  ai  minori  contributi  di  solidarieta'  per  altri  fondi
previdenziali (perche' il tertium comparationis non puo' individuarsi
in   norme   derogatorie  rispetto  alla  regola  del  sistema,  pena
l'aggravamento dei difetti di coerenza di questo).
    La  parte  prospetta,  anzi,  una  censura  di  costituzionalita'
simmetrica a quella sollevata, sottolineando l'irragionevolezza della
trasformazione  di  una  obbligazione  contributiva  illegittimamente
evasa  in  una ridotta e diversa contribuzione di solidarieta', senza
gli oneri accessori nel frattempo maturati.
    L'Istituto   -   dopo  aver  affermato  di  aver  tempestivamente
interrotto  la  prescrizione prima dell'entrata in vigore della norma
denunciata,  in  relazione  all'obbligazione  contributiva  ordinaria
allora  dovuta  -, nel riproporre le argomentazioni difensive in tema
di    prescrizione    svolte    negli   altri   citati   giudizi   di
costituzionalita',  rileva  che  la  deroga  al regime prescrizionale
introdotta  dall'art. 1,  comma 194, della legge n. 662 del 1996 - il
quale,  peraltro,  tiene fermo il termine di prescrizione decennale -
e'  una  diretta conseguenza (idonea ad escludere la violazione degli
evocati  parametri  costituzionali)  delle  menzionate sentenze della
Corte  costituzionale n. 427 del 1990 e 421 del 1995, stante la ratio
di  evitare  di reintrodurre di fatto l'esonero da ogni contribuzione
gia' disposto dall'art. 9-bis della legge n. 166 del 1991, dichiarato
incostituzionale.
    4.4. - E'  intervenuto  il Presidente del Consiglio dei Ministri,
rappresentato   e   difeso   dall'Avvocatura  generale  dello  Stato,
richiamando la difesa svolta nel giudizio promosso con l'ordinanza di
cui  al  R.O.  n. 583  del  1998 e concludendo per la declaratoria di
inammissibilita'  od  infondatezza  della sollevata questione, stante
l'insindacabilita'   della   scelta   legislativa  della  misura  del
contributo di solidarieta' o del termine di prescrizione.
    5. - Nel corso di un giudizio promosso da un datore di lavoro nei
confronti dell'INPS, il Pretore di Milano, con ordinanza del 2 maggio
1998 (R.O. n. 582 del 1998), senza specificare la fattispecie oggetto
del  giudizio, ha sollevato - in riferimento agli artt. 3 e 136 della
Costituzione  - questione di legittimita' costituzionale dell'art. 1,
comma 194, della citata legge n. 662 del 1996.
    5.1. - Secondo  il  rimettente,  la  norma  denunciata si pone in
contrasto  con  gli evocati parametri costituzionali, perche': a) nel
prevedere  un  contributo di solidarieta' del quindici per cento, non
ottempera  alla  sentenza della Corte costituzionale n. 421 del 1995,
la  quale  -  lungi  dal  comportare  la reviviscenza dell'obbligo di
assoggettare  alla contribuzione ordinaria i finanziamenti a forme di
previdenza  privata - ha dichiarato illegittimo il citato art. 9-bis,
comma 1, soltanto in quanto concede una sanatoria totale senza alcuna
contropartita  "analoga" al contributo di solidarieta' (pari al dieci
per  cento)  imposto  per il futuro dal comma successivo dello stesso
articolo;  b) il contributo di solidarieta' del quindici per cento e'
eccessivo  -  attesa,  tra  l'altro,  la  sua  funzione di sanatoria,
riferita  a  periodi  contributivi  remoti,  con assetti di interesse
ormai  definiti  per  il  decorso  del tempo - rispetto al contributo
della  stessa  natura  fissato  per  il  periodo  successivo;  c) nel
derogare   eccezionalmente,  con  efficacia  retroattiva,  al  regime
generale  della prescrizione dettato dall'art. 3, commi 9 e 10, della
legge  n. 335  del  1995,  integra una illegittima "legge personale",
destinata  a  supplire  ingiustificatamente  all'inerzia  degli  enti
previdenziali,  i quali avrebbero potuto interrompere la prescrizione
gia' all'indomani della sentenza n. 421 del 1995.
    5.2. - Si  e'  costituita  la parte ricorrente nel giudizio a quo
chiedendo   l'accoglimento   della   questione,   con  argomentazioni
identiche  a  quelle  svolte  a  sostegno  della stessa questione nel
giudizio promosso con l'ordinanza di cui al R.O. n. 580 del 1998.
    5.3. - Si   e'   costituito   anche   l'INPS,   chiedendo  -  con
argomentazioni  identiche  a  quelle svolte nel giudizio promosso con
l'ordinanza  iscritta  al  numero  580  del 1998 - la declaratoria di
inammissibilita'   o   comunque   di   infondatezza  della  sollevata
questione.
    5.4. - E'  intervenuto  il Presidente del Consiglio dei Ministri,
rappresentato   e   difeso   dall'Avvocatura  generale  dello  Stato,
chiedendo la declaratoria di inammissibilita' della questione perche'
si  e'  mancato  d'indicare,  nell'ordinanza di rimessione, l'oggetto
della  domanda  nel  giudizio  a  quo si' da impedire alla Corte ogni
valutazione sulla rilevanza della questione medesima.
    5.5. - Ha  spiegato  intervento,  con  memoria  depositata  fuori
termine,  la  S.p.a.  Reconta  Ernst  &  Young,  soggetto estraneo al
giudizio a quo.
    6. - Nel  corso  di  un giudizio promosso da due datori di lavoro
nei   confronti   dell'INPS   per   la   ripetizione  dei  contributi
previdenziali  versati  ai  sensi  del  citato  art. 1, comma 193, il
Pretore  di Milano, con ordinanza del 12 giugno 1998 (R.O. n. 583 del
1998),  ha  sollevato  -  in  riferimento  agli  artt. 3  e 136 della
Costituzione  questione  di  legittimita'  costituzionale:  a)  della
predetta disposizione, nella parte in cui dispone che restano salvi i
versamenti effettuati prima dell'entrata in vigore della legge n. 166
del 1991; b) del comma 194 dello stesso articolo.
    6.1. - Secondo  il  rimettente,  il  comma  193 contrasta con gli
evocati  parametri per l'ingiustificata disparita' di trattamento tra
i datori di lavoro che hanno pagato gravose contribuzioni, adempiendo
con  solerzia  al disposto dell'art. 12 della legge n. 153 del 1969 e
restando   soggetti   alla   soluti  retentio  prevista  dalla  norma
denunciata,  e  gli altri che, pur originariamente inadempienti, sono
assoggettati al meno elevato contributo di solidarieta'. Il comma 194
contrasterebbe,  poi,  con  gli stessi parametri costituzionali sotto
due  profili (e cio', "pur a prescindere" dalla non conformita' della
norma  alle  statuizioni  della  sentenza n. 421 del 1995 della Corte
costituzionale).  In  primo luogo, la differenza tra il contributo di
solidarieta'   stabilito  per  il  periodo  anteriore  e  per  quello
posteriore  al  30 giugno 1991 sarebbe del tutto ingiustificata, data
l'identica   natura   del  contributo  stesso  (che  prescinde  dalla
capacita'  contributiva) e tenuto conto che questo e' previsto per la
prima  volta  dalla  legge  n. 166  del  1991,  senza  percio' che la
maggiorazione  dell'aliquota  possa  spiegarsi  con  l'aggravio degli
interessi  legali  (all'epoca,  del  resto, previsti secondo un tasso
diverso).  In  secondo  luogo,  sarebbe ingiustificata l'attribuzione
agli  enti previdenziali - con circoscritta e retroattiva deroga alla
disciplina generale della prescrizione dei contributi previdenziali -
del  potere  di  esigere  il  contributo  di  solidarieta'  anche  in
relazione  a  periodi  rispetto  ai  quali il diritto si sarebbe gia'
prescritto,  conseguendo  cosi' un irragionevole effetto di sanatoria
dell'inerzia  degli  enti previdenziali, i quali avrebbero ben potuto
interrompere  la  prescrizione  su'bito  dopo la sentenza della Corte
costituzionale n. 421 del 1995.
    6.2. - Si  sono costituite le parti ricorrenti nel giudizio a quo
chiedendo  l'accoglimento  delle  sollevate  questioni.  Al  riguardo
svolgono argomentazioni sostanzialmente identiche a quelle sviluppate
dalle  parti  private nei giudizi promossi con le ordinanze di cui al
R.O.  nn. 373  e 374 del 1998, aggiungendo che la soluti retentio dei
versamenti  anteriori  all'entrata  in  vigore della legge n. 166 del
1991 non e' sorretta da alcuna finalita' perequativa.
    6.3. - Si  e' costituito anche l'INPS, chiedendo che la sollevata
questione   sia   dichiarata   inammissibile  o  comunque  infondata,
riproponendo al riguardo le stesse difese gia' svolte nel giudizio di
cui all'ordinanza n. 580 del 1998.
    6.4. - E'  intervenuto  il Presidente del Consiglio dei Ministri,
rappresentato   e   difeso   dall'Avvocatura  generale  dello  Stato,
concludendo  per  la declaratoria di inammissibilita' o, comunque, di
manifesta   infondatezza   della   sollevata  questione,  perche'  e'
insindacabile  il  merito della scelta discrezionale del legislatore;
perche'  non  viola  il  principio  di uguaglianza la successione nel
tempo  di discipline differenziate; perche' la fissazione del termine
di  prescrizione  e' riservata al legislatore, non essendo il termine
decennale  espressione  di  un  principio costituzionale; perche' non
puo'  la Corte costituzionale integrare la norma relativa alla soluti
retentio  stabilendo  disposizioni  nuove  (con  forme  di  sgravio o
compensazioni),   frutto   di   scelta  discrezionale;  perche'  sono
costituzionalmente   legittime   le   norme  che  non  consentono  la
ripetizione  di  quanto  corrisposto  in  piu'  rispetto  a chi abbia
soddisfatto l'obbligazione in via agevolata.
    7. - Nel corso di un giudizio promosso da un datore di lavoro nei
confronti  dell'INPS,  il  Pretore  di  Padova,  con ordinanza del 20
luglio  1998  (R.O.  n. 868  del 1998), ha sollevato - in riferimento
agli  artt. 136,  3,  53  e  47  della  Costituzione  -  questione di
legittimita'  costituzionale  del  citato  art. 1,  commi 193, ultima
parte, e 194.
    7.1. - Secondo  il  rimettente,  le  norme denunciate violano: a)
l'art. 136 Cost., perche' il comma 194, imponendo ai datori di lavoro
il  contributo  del  quindici  per  cento  delle somme erogate per il
finanziamento  della  previdenza privata, si pone in contrasto con la
sentenza della Corte costituzionale n. 421 del 1995, la quale avrebbe
ritenuto   legittima   una  sanatoria  solo  se  accompagnata  da  un
contributo  di  solidarieta' pari "al massimo" al dieci per cento; b)
l'art. 3  Cost.,  per  l'ingiustificata  differenza dell'aliquota del
contributo  di  solidarieta'  prevista per il periodo anteriore e per
quello  posteriore  al 30 giugno 1991; c) gli artt. 3, 53 e 47 Cost.,
per  l'imposizione  del  maggior  onere contributivo esclusivamente a
carico  dei datori di lavoro che hanno costituito forme di previdenza
integrativa e, quindi, prescindendo dalla loro capacita' contributiva
e  penalizzando  una  forma  di  risparmio; d) l'art. 3 Cost., per la
lesione sia del principio costituzionale e comunitario della certezza
del  diritto,  sia del principio della parita' di trattamento con gli
altri   crediti   contributivi,  a  cagione  dell'imprescrittibilita'
disposta  con  effetto  retroattivo,  riaprendo rapporti esauriti per
prescrizione  (per  i  quali  non  risultano  atti  interruttivi), in
violazione dell'art. 30 della legge n. 87 del 1953.
    Quanto  alla rilevanza della questione, il rimettente precisa che
la  parte  ricorrente  del  giudizio  a  quo  ha  chiesto la condanna
dell'INPS  alla restituzione delle somme versate "per i titoli di cui
si tratta".
    7.2. - Si  e'  costituita  la parte ricorrente nel giudizio a quo
chiedendo  l'accoglimento della sollevata questione e svolgendo a tal
fine  argomentazioni  sostanzialmente coincidenti con quelle svolte a
sostegno  della  stessa  questione  dalle  parti  private nei giudizi
promossi  con le ordinanze di cui al R.O. nn. 373, 374, 580 e 583 del
1998.
    7.3. - Si  e'  costituito anche l'INPS, chiedendo la declaratoria
di  inammissibilita'  o,  comunque,  di infondatezza della questione,
svolgendo difese analoghe a quelle formulate nei richiamati giudizi.
    7.4. - E'  intervenuto  il Presidente del Consiglio dei Ministri,
rappresentato   e   difeso   dall'Avvocatura  generale  dello  Stato,
formulando  argomentazioni  e conclusioni identiche a quelle svolte e
prese nel giudizio di cui all'ordinanza iscritta al n. 583 del 1998.
    8. - Nel corso di un giudizio promosso da un datore di lavoro nei
confronti  dell'INPS  per la ripetizione dei contributi previdenziali
versati  ai  sensi  del  citato  art. 1, commi 193 e 194, della legge
n. 662  del 1996, il Pretore di Ascoli Piceno, con l'ordinanza di cui
in  epigrafe,  iscritta  al  R.O.  n. 914 del 1998, ha sollevato - in
riferimento  agli  artt. 3  e  136  della Costituzione - questione di
legittimita'  costituzionale  delle  menzionate  disposizioni,  nella
parte  in  cui dispongono che soggiace a contribuzione il periodo dal
1o  settembre  1985 al 30 giugno 1991, in deroga alle disposizioni di
cui  all'art. 3,  commi  9 e 10, della legge 8 agosto 1995, n. 335, e
nella parte in cui e' disposto un contributo del quindici per cento a
carico dei datori di lavoro inadempienti.
    8.1. - Secondo  il  rimettente,  le  norme denunciate violano: a)
l'art. 3  Cost.,  perche'  prevedono  una  differente aliquota per il
contributo  anteriore  al  30  giugno  1991, rispetto a quella per il
contributo  successivo,  non  giustificabile  neppure  con l'aggravio
degli  interessi  legali  da  ritardato pagamento, considerato che il
contributo risulta istituito solo nel 1991; b) ancora l'art. 3 Cost.,
per   l'ingiustificata   previsione   di   esigibilita'   di  crediti
contributivi  prescritti,  perche' dispongono con disciplina speciale
di  carattere  retroattivo  ed  eccezionale la riapertura di rapporti
giuridici altrimenti definiti per decorso del tempo, cosi' ledendo il
principio  della certezza del diritto e della parita' di trattamento;
c)  l'art. 136  Cost.,  per  contrasto  con  la  sentenza della Corte
costituzionale n. 421 del 1995.
    8.2. - Si  e'  costituita  la parte ricorrente nel giudizio a quo
chiedendo   l'accoglimento  delle  sollevate  questioni,  con  difese
identiche  a quelle formulate dalle parti nei giudizi promossi con le
ordinanze di cui al R.O. nn. 373, 374, 580, 583 e 868 del 1998.
    8.3. - Si e' costituito anche l'INPS, formulando argomentazioni e
conclusioni identiche a quelle gia' proposte nei suddetti giudizi.
    8.4. - E'  intervenuto  il Presidente del Consiglio dei Ministri,
rappresentato   e   difeso   dall'Avvocatura  generale  dello  Stato,
richiamando  le  difese  svolte  nel  giudizio  di  cui all'ordinanza
iscritta  al  n. 868  del  1998  e concludendo per la declaratoria di
inammissibilita'   o,   comunque,  di  manifesta  infondatezza  della
questione.
    9. - Nel  corso di due giudizi riuniti, promossi da alcuni datori
di  lavoro nei confronti dell'INPDAI per la ripetizione di contributi
previdenziali  versati,  ai  sensi  del menzionato art. 1, comma 194,
nella  misura  del  quindici  per  cento, il giudice del Tribunale di
Roma,  con  ordinanza  del  7  giugno 1999 (R.O. n. 102 del 2000), ha
sollevato  - in riferimento all'art. 3 della Costituzione - questione
di legittimita' costituzionale della citata disposizione, nella parte
in  cui  obbliga  i  datori  di  lavoro  al  pagamento  dei  suddetti
contributi previdenziali.
    9.1. - Secondo il rimettente, in considerazione della riduzione a
cinque  anni,  a decorrere dal 1o gennaio 1996, del termine decennale
di  prescrizione,  disposta  dall'art. 3  della legge n. 335 del 1995
(fatti salvi i casi di atti interruttivi gia' compiuti o di procedure
iniziate  nel  rispetto  della  normativa  previgente)  anche  per le
contribuzioni  relative  a periodi precedenti alla data di entrata in
vigore  di  tale  legge  (17  agosto  1995),  la  norma  denunciata -
comportando  l'eccezionale  reviviscenza di crediti contributivi gia'
prescritti  (data  la  mancanza,  nella  specie, di atti interruttivi
della  prescrizione) o comunque l'esigibilita' di crediti sostitutivi
di  quelli  contributivi  ordinari  prescritti - confliggerebbe con i
princi'pi  di  certezza  del diritto e di intangibilita' dei rapporti
esauriti,   interpretati   alla   luce   del   canone   generale   di
ragionevolezza desumibile dall'art. 3 Cost.
    Quanto alla rilevanza della questione, il rimettente - dopo avere
sottolineato  che  la  riserva  di ripetizione formulata all'atto del
pagamento  dei contributi esclude l'ipotesi di pagamento spontaneo di
un  debito  prescritto  prevista dall'art. 2940 cod. civ. - evidenzia
"l'imprescindibilita'   dalla   norma   impugnata"  per  decidere  la
controversia posta al suo esame.
    9.2. - Si sono costituite due delle parti ricorrenti nel giudizio
a   quo,   chiedendo  l'accoglimento  della  sollevata  questione  ed
argomentando  in  modo  conforme  a  quanto  dedotto a sostegno della
medesima   questione   nel   giudizio  di  costituzionalita'  di  cui
all'ordinanza iscritta al n. 868 del 1998.
    9.3. - Si  e'  costituito  anche  l'INPDAI,  concludendo  per  la
declaratoria  di  inammissibilita'  o di infondatezza della sollevata
questione,  tenuto  conto, da un lato, che il credito contributivo di
solidarieta'  del  quindici per cento, istituito ex novo con la legge
n. 662  del  1996,  certamente  non puo' considerarsi prescritto gia'
prima dell'entrata in vigore della medesima legge; dall'altro, che la
norma  denunciata,  lungi  dal  "riaprire  rapporti  esauriti", si e'
limitata  ad  applicare la sentenza della Corte costituzionale n. 421
del 1995.
    9.4. - E'  intervenuto  il Presidente del Consiglio dei Ministri,
rappresentato   e   difeso   dall'Avvocatura  generale  dello  Stato,
richiamando le difese svolte nel giudizio di costituzionalita' di cui
all'ordinanza  iscritta  al  n. 868  del  1998  e  concludendo per la
declaratoria   di   inammissibilita'   o,   comunque,   di  manifesta
infondatezza della sollevata questione.
    10. - Nell'imminenza dell'udienza hanno presentato memorie alcune
delle parti private ricorrenti nei giudizi a quibus, nonche' l'INPS e
l'interveniente S.p.a. Reconta Ernst & Young.
    10.1. - Le  parti  ricorrenti  nel  giudizio  a  quo  di cui alla
ordinanza iscritta al n. 181 del 1998 insistono - con unica memoria -
nella  propria posizione, incidentalmente affermando che la normativa
impugnata  prevede, per il periodo dal 1o settembre 1985 al 30 giugno
1995, un vero e proprio contributo previdenziale, sia pure ridotto al
quindici per cento, diverso per natura dal contributo di solidarieta'
del 10 per cento, previsto per il periodo successivo.
    10.2. - Le  parti  ricorrenti  nei  giudizi  a quibus di cui alle
ordinanze iscritte ai nn. 373, 374, 580, 582, 583 e 868 del 1998, con
unica   memoria,   ribadiscono   l'ammissibilita'   delle  questioni,
richiamando le argomentazioni svolte dai giudici rimettenti.
    Nel  merito,  esse  rilevano che le norme denunciate, confondendo
solidarieta'  settoriale  (o  categoriale)  e  solidarieta' generale,
utilizzano  l'istituto  del  contributo  di solidarieta' in luogo del
prelievo   fiscale,   con   irragionevole   pregiudizio   proprio  di
quell'esiguo numero di datori di lavoro che, con elevata sensibilita'
sociale,   hanno   finanziato   forme  di  previdenza  complementare.
Osservano,  inoltre,  che la volonta' del legislatore di soddisfare -
con  la  normativa  impugnata  -  le  esigenze finanziarie degli enti
previdenziali  ha  fatto  venir  meno ogni contemperamento dei valori
costituzionali  rilevanti, ingiustificatamente sacrificando il valore
dell'affidamento,   attraverso   l'imposizione   di   una  disciplina
derogatoria  e retroattiva, tale da incidere addirittura sui rapporti
esauriti.
    Le  stesse  parti,  per  il  resto,  ripropongono,  con  maggiore
ampiezza, le argomentazioni gia' svolte in giudizio ed in particolare
invocano  la  sentenza  n. 421  del  1995 della Corte costituzionale,
intesa come pronuncia dichiarativa dell'illegittimita' costituzionale
dell'art. 9-bis  del  decreto-legge n. 103 del 1991, introdotto dalla
legge di conversione n. 166 del 1991, nella parte in cui non prevede,
quale  contropartita  all'esonero  della  contribuzione ordinaria, un
contributo di solidarieta' pari "al massimo" al dieci per cento.
    10.3. - La  parte  ricorrente  nel  giudizio  a  quo  di cui alla
ordinanza  iscritta  al n. 914 del 1998, con la propria memoria - nel
rinviare  per il resto a quella presentata dalle parti ricorrenti nei
giudizi  di  cui  alle  ordinanze iscritte ai nn. 373, 374, 580, 582,
583,  868  del  1998  -  ribadisce le ragioni di ammissibilita' della
questione   prospettata   dal   giudice  rimettente  ed  osserva,  in
particolare,  che  la censura di incostituzionalita' riguarda proprio
la  differenza  per  eccesso tra l'aliquota contributiva del quindici
per cento e quella del dieci per cento.
    10.4. - Una  delle  parti  ricorrenti  nel  giudizio a quo di cui
all'ordinanza  iscritta  al  n. 102 del 2000, nella propria memoria -
con  la  quale  rinvia, per il resto, a quella presentata dalle parti
ricorrenti  nel  giudizi  a  quibus di cui alle ordinanze iscritte ai
nn. 373,  374,  580, 582, 583, 868 del 1998 - sottolinea, in punto di
ammissibilita'  delle  questioni,  la fondatezza delle argomentazioni
del  giudice rimettente e rileva, nel merito, che, prima dell'entrata
in   vigore  delle  norme  denunciate,  gli  enti  previdenziali  ben
avrebbero  potuto  interrompere  la  prescrizione  facendo  valere in
giudizio  il  loro  diritto  alla  contribuzione,  portando,  in  via
incidentale,  allo  scrutinio della Corte costituzionale la norma che
lo escludeva.
    Aggiunge,  sempre  nel  merito,  che  -  contrariamente  a quanto
ritenuto dall'INPDAI - la sentenza della Corte n. 421 del 1995 non ha
inciso  sulla  prescrizione  di  alcun  credito, mentre la denunciata
norma pretende di sopprimere qualsiasi termine di prescrizione, anche
per crediti ormai interamente consumati dal decorso del tempo.
    10.5. - Un'altra  delle  parti  ricorrenti nel giudizio a quo per
ultimo  citato  si  limita  a  rinviare  alla  stessa  memoria  sopra
menzionata.
    10.6. - L'INPS  ha presentato memoria nei giudizi promossi con le
ordinanze  di cui ai nn. 373, 374, 580, 582, 583, 868 e 914 del 1998,
chiedendo: a) l'estromissione dal giudizio degli intervenienti S.p.a.
Cassa  di  Risparmio  di Ravenna (R.O. 373 del 1998) e S.p.a. Reconta
Ernst   &   Young  (R.O.  582  del  1998,  per  la  tardivita'  della
costituzione  e per la mancanza della qualita' di parti nei giudizi a
quibus;  b) la declaratoria dell'inammissibilita' delle questioni, in
quanto  sollevate  in  via  principale  e non gia' incidentale; c) la
declaratoria   d'inammissibilita'   delle   questioni   per   mancata
motivazione   sulla  rilevanza,  data  la  carenza  dell'attestazione
dell'effettivo   pagamento   dei   contributi  indicati  dalla  norma
denunciata  e  data  l'omessa  precisazione  dei  contributi  (e  dei
relativi  periodi  contributivi) per i quali si sarebbe verificata la
prescrizione;  d) la declaratoria di infondatezza delle questioni per
le ragioni gia' esposte nella precedente difesa, tenuto ulteriormente
conto  che,  in  caso  di  accoglimento,  si  riproporrebbe la stessa
situazione  normativa che ha condotto alla pronuncia n. 421 del 1995,
con  alterazione  dell'equilibrio  stabilito  dalle  leggi  di  spesa
(intese  in  senso ampio) e quindi con violazione sia degli artt. 2 e
38 che dell'art. 81 Cost.
    10.7. - Ha  presentato  memoria  anche  la S.p.a. Reconta Ernst &
Young,  la  quale  - come gia' rilevato - non e' parte nel giudizio a
quo  di  cui  all'ordinanza iscritta al n. 582 del 1998 ed ha inoltre
spiegato intervento fuori termine.
    10.8. - Ha  infine depositato memoria anche l'INPDAI, il quale ha
illustrato  le  motivazioni  svolte  in  sede  di  costituzione,  nel
giudizio  instaurato  con  l'ordinanza  di  cui  al  n. 102 del 2000,
ribadendo  la  richiesta  di  declaratoria  di  inammissibilita' o di
infondatezza della sollevata questione, con riferimento sia al regime
prescrizionale    del    contributo   di   solidarieta',   sia   alla
determinazione dello stesso.

                       Considerato in diritto


    1. - I    giudici    rimettenti   dubitano   della   legittimita'
costituzionale  dell'art. 1  della  legge  23  dicembre  1996, n. 662
(Misure  di  razionalizzazione della finanza pubblica), appuntando le
loro  censure,  chi  sul  solo  comma 193 (che sostituisce il comma 1
dell'art. 9-bis  del  decreto-legge  29  marzo 1991, n. 103, aggiunto
dalla  legge di conversione del 1o giugno 1991, n. 166), chi sul solo
comma  194  (nella  parte in cui stabilisce, limitatamente al periodo
contributivo  dal 1o settembre 1985 al 30 giugno 1991, in deroga alle
disposizioni    sulla    prescrizione    dei   crediti   contributivi
previdenziali  di  cui all'art. 3, commi 9 e 10, della legge 8 agosto
1995,  n. 335, che i datori di lavoro - per i periodi per i quali non
abbiano  versato  i  contributi  di  previdenza ed assistenza sociale
sulle  contribuzioni e somme di cui al citato art. 9-bis comma 1, del
decreto-legge  n. 103  del  1991, come sostituito dal comma 193 dello
stesso  art. 1 della legge n. 662 del 1996 - sono tenuti al pagamento
dei  contributi  previdenziali  nella  misura  del quindici per cento
sulle  predette  contribuzioni  e  somme, senza oneri accessori), chi
infine su entrambi i commi citati.
    Con   le   ordinanze   di   rimessione  vengono  complessivamente
sollevati,  in  riferimento ai quattro diversi parametri evocati, tre
distinti  gruppi  di  questioni. Infatti si dubita della legittimita'
costituzionale della denunciata normativa:
          a) in riferimento all'art. 3 della Costituzione:
            a.1)  per  ingiustificata disparita' di trattamento fra i
datori  di  lavoro  che, per il periodo contributivo dal 1o settembre
1985 al 30 giugno 1991, hanno versato, anteriormente al 2 giugno 1991
(giorno  di  entrata  in  vigore  della  legge  n. 166  del  1991, di
conversione,  con  modificazioni, del decreto-legge n. 103 del 1991),
il   maggior   importo  previsto  dalla  contribuzione  previdenziale
ordinaria (dichiarato non ripetibile dall'art. 9-bis primo comma, del
citato  decreto-legge n. 103 del 1991) ed i datori di lavoro che, non
avendo effettuato tale versamento, sono tenuti, per lo stesso periodo
contributivo,  al pagamento del contributo di solidarieta' (di minore
importo) pari al quindici per cento dei finanziamenti alla previdenza
complementare   (R.O.   n. 181   del   1998:  il  rimettente  ritiene
ingiustificata  la  riduzione dell'entita' dell'obbligo contributivo;
R.O.  n. 583  del  1998:  il  rimettente  impugna  il solo comma 193,
ritenendo - all'opposto - ingiustificata la soluti retentio di quanto
gia' versato secondo contribuzione ordinaria);
            a.2)  per  ingiustificata disparita' di trattamento fra i
datori  di lavoro, conseguente alla diversa entita' del contributo di
solidarieta'  previsto  per  il periodo contributivo dal 1o settembre
1985  al  30  giugno  1991  (quindici  per  cento)  rispetto a quello
previsto per il periodo successivo (dieci per cento) (R.O. n. 580 del
1998;  R.O.  n. 582 del 1998 e R.O. n. 583 del 1998, riferite solo al
comma 194; R.O. n. 868 del 1998; R.O. n. 914 del 1998);
            a.3)   per   l'eccessiva   entita'   del   contributo  di
solidarieta' (inidoneo, data la sua funzione, ad elevare direttamente
i  livelli di trattamento pensionistico) previsto, per il periodo dal
1o  settembre  1985  al 30 giugno 1991, nella misura del quindici per
cento,  superiore a quella stabilita per altri contributi di identica
natura (R.O. n. 580 del 1998);
            a.4)  per  violazione (con la disposizione del comma 194)
del   principio   della   certezza   del   diritto,   del   principio
dell'eguaglianza   di   trattamento   rispetto   agli  altri  crediti
previdenziali,  del principio di intangibilita' dei rapporti esauriti
e  del  principio  di  ragionevolezza,  perche'  -  con  espressa  ed
asseritamente   ingiustificata   deroga  al  regime  ordinario  della
prescrizione dei contributi previdenziali previsto dall'art. 3, commi
9 e 10, della legge n. 335 del 1995, supplendo alla colpevole inerzia
degli enti previdenziali - rende retroattivamente imprescrittibili ed
esigibili i crediti relativi ai contributi di solidarieta' dovuti per
il  periodo  dal  1o  settembre 1985 al 30 giugno 1991, anche se gia'
estinti  per  prescrizione o comunque anche se sostitutivi di crediti
contributivi  ordinari  estinti  a  loro volta per prescrizione (R.O.
nn. 373, 374, 580, 583, 868, 914 del 1998; R.O. n. 102 del 2000);
            a.5)  per  aver realizzato (con la disposizione del comma
194)  un'ipotesi  di  "legge  personale",  essendo la norma diretta a
colpire  soggetti specificamente individuabili, supplendo, attraverso
l'espressa  deroga  al regime generale della prescrizione dei crediti
contributivi  previdenziali,  all'inerzia  degli  enti  di previdenza
(R.O. n. 582 del 1998);
        b)  in  riferimento al combinato disposto degli artt. 3, 53 e
47  della  Costituzione,  per avere il legislatore imposto il maggior
onere contributivo del quindici per cento a carico dei soli datori di
lavoro  che  hanno  costituito forme di previdenza integrativa, cosi'
discriminandoli senza tener conto della loro capacita' contributiva e
penalizzando,  altresi',  una  forma  di  risparmio  (R.O. n. 868 del
1998);
        c) in riferimento all'art. 136 della Costituzione, perche' il
legislatore  (con il comma 194) non avrebbe ottemperato alla sentenza
n. 421  del  1995  di  questa  Corte,  che dichiaro' l'illegittimita'
costituzionale  del  totale  esonero contributivo sui finanziamenti a
fondi di previdenza complementare (disposto, per il periodo anteriore
al  2 giugno 1991, dalla legge n. 166 del 1991, che ha introdotto, in
sede  di  conversione,  l'art. 9-bis,  primo comma, del decreto-legge
n. 103   del   1991,  nella  formulazione  originaria),  siccome  non
correlato ad una contropartita "analoga" (intesa dai rimettenti come,
al  piu',  "identica nella misura") al contributo di solidarieta' del
dieci  per  cento,  previsto  per  il periodo decorrente dal 2 giugno
1991,  data  di  entrata  in vigore della legge n. 166 del 1991 (R.O.
n. 582  del  1998;  R.O.  n. 583 del 1998, nella quale si evoca detto
parametro,  pur  dichiarandosi  di  "prescindere" dalla censura; R.O.
nn. 868 e 914 del 1998).
    2. - I  nove  giudizi  di  cui  in epigrafe, in quanto propongono
questioni   sostanzialmente  identiche  o,  comunque,  oggettivamente
connesse,  vanno riuniti e congiuntamente decisi; previa affermazione
d'inammissibilita'  dell'intervento  spiegato  dalla  S.p.a. Cassa di
risparmio  di  Ravenna, poiche' essa non riveste la qualita' di parte
nel  giudizio  a  quo  (v.,  ex  plurimis ordinanza n. 390 del 1999 e
sentenza  n. 421  del  1995); nonche' di quello spiegato dalla S.p.a.
Reconta Ernst & Young, la quale, oltre a non rivestire la qualita' di
parte  nel  giudizio a quo si e' anche costituita tardivamente, cioe'
dopo  la  scadenza  del  termine  perentorio  di  venti  giorni dalla
pubblicazione  dell'ordinanza di rimessione nella Gazzetta Ufficiale,
fissato  dagli  artt. 25,  secondo  comma, della legge 11 marzo 1953,
n. 87  e  3  delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte
(v., ex plurimis, ordinanza n. 85 del 2000).
    3. - Le  questioni  sono  in  parte  inammissibili e in parte non
fondate.
    3.1. - L'ordinanza  del Pretore di Milano del 2 maggio 1998 (R.O.
n. 582  del  1998)  omette di indicare gli elementi della fattispecie
oggetto  del  giudizio  principale,  impedendo  a  questa  Corte ogni
valutazione  sulla  rilevanza della sollevata questione. Quest'ultima
va  percio'  dichiarata  manifestamente inammissibile, secondo quanto
esattamente eccepito dall'Avvocatura dello Stato.
    3.2. - Per  quanto attiene alle altre ordinanze di rimessione, va
invece  disattesa  l'eccezione  di  inammissibilita'  delle sollevate
questioni  mossa dall'INPS, perche' queste non esauriscono il petitum
dei  giudizi  a  quibus, ma sono - giusta come adeguatamente motivato
nelle  stesse ordinanze - meramente strumentali alla tutela richiesta
ai  giudici  rimettenti  (v.,  ex  plurimis, sentenze n. 4 del 2000 e
n. 17 del 1999).
    3.3. - Ai fini di un proficuo esame delle questioni stesse, giova
ricordare  che  il quadro normativo e giurisprudenziale in cui queste
si  inseriscono  si e' venuto delineando, diacronicamente, attraverso
sei fasi.
    3.3.1. - Inizialmente,   la   nozione  generale  di  retribuzione
imponibile  per il calcolo dei contributi di previdenza ed assistenza
sociale, fissata dall'art. 12 della legge 30 aprile 1969, n. 153, nel
testo  vigente  prima  della  sua sostituzione, ad opera dell'art. 6,
comma   1,   del   decreto  legislativo  2  settembre  1997,  n. 314,
ricomprendeva  -  secondo  l'interpretazione  fornitane  dal  diritto
(allora)  vivente,  e  come  riconosciuto anche da questa Corte nella
sentenza  n. 427  del  1990  e  nell'ordinanza  n. 225  del  1995 - i
contributi  versati  dalle  imprese a fondi di previdenza integrativa
previsti  da  contratti  collettivi  o  da  accordi  o da regolamenti
aziendali.
    3.3.2. - Successivamente,  il legislatore, con l'art. 9-bis comma
1,  primo  periodo, del decreto-legge n. 103 del 1991, aggiunto dalla
legge  di  conversione  del 1o giugno 1991, n. 166 - norma innovativa
munita   di   efficacia   retroattiva   (in   virtu'   dell'impropria
autoqualificazione   come   legge   di  "interpretazione  autentica",
contenuta  nella rubrica dell'articolo: v., in tal senso, la sentenza
n. 421  del  1995, l'ordinanza n. 225 del 1995, nonche', per analoghi
rilievi,  la  sentenza  n. 427  del  1990)  - derogo' a detta nozione
generale  di retribuzione imponibile, escludendo da questa i predetti
contributi.  Con  il  secondo  periodo  dello  stesso  comma, poi, il
legislatore   introdusse   anche  una  eccezione  a  tale  eccezione,
limitando  la retroattivita' della norma nel senso di attribuire agli
enti  previdenziali  la  soluti  retentio dei versamenti contributivi
gia'  effettuati  anteriormente  alla data di entrata in vigore della
legge  di conversione (v., per tale ricostruzione, l'ordinanza n. 225
del  1995).  In  tal  modo, senza richiedere alcuna contropartita, il
legislatore  del  1991  concesse  una  sanatoria  totale ai datori di
lavoro  inadempienti  a  detti  obblighi  contributivi per il periodo
anteriore al 2 giugno 1991.
    Il  secondo ed il terzo comma dell'articolo imposero, a decorrere
dalla  data  di  entrata  in vigore della legge di conversione (e con
soggezione alle disposizioni in materia di riscossione, ai termini di
prescrizione ed alle sanzioni vigenti per le contribuzioni dei regimi
pensionistici   obbligatori   di   pertinenza),   un   contributo  di
solidarieta'  ad  esclusivo  carico dei datori di lavoro nella misura
del dieci per cento, in favore delle gestioni pensionistiche di legge
cui sono iscritti i lavoratori.
    3.3.3. - In  un terzo momento, a se'guito del decreto legislativo
del  21  aprile  1993, n. 124 (in vigore dal 28 aprile 1993, ai sensi
dell'art. 19),  attuativo  dell'art. 3  della legge delega 23 ottobre
1992, n. 42, e' venuto meno (senza efficacia retroattiva) per i fondi
di  previdenza  complementare  il  referente dell'art. 12 della legge
n. 153  del 1969. Come ha infatti gia' ritenuto la Corte, dopo queste
leggi "le contribuzioni degli imprenditori al finanziamento dei fondi
non  possono  piu'  definirsi  "emolumenti  retributivi  con funzione
previdenziale   ,   ma  sono  strutturalmente  contributi  di  natura
previdenziale,  come  tali  estranei  alla  nozione  di  retribuzione
imponibile  ai  sensi  e agli effetti dell'art. 12 della legge n. 153
del  1969,  potendo  (e  dovendo)  formare  oggetto  soltanto  di  un
contributo  di solidarieta' alla previdenza pubblica, il quale non e'
un  contributo  previdenziale  in senso tecnico" (sentenza n. 421 del
1995).
    3.3.4. - L'art. 3, comma 9, della legge 8 agosto 1995, n. 335 (in
vigore,  ai sensi dell'art. 17, dal 17 agosto 1995) ha assoggettato i
crediti   contributivi   di   previdenza   e  di  assistenza  sociale
obbligatoria alla prescrizione:
        a)  decennale,  per  le contribuzioni di pertinenza del Fondo
pensioni  lavoratori dipendenti e delle altre gestioni pensionistiche
obbligatorie,   "compreso  il  contributo  di  solidarieta'  previsto
dall'art. 9-bis  comma  2,  del  decreto-legge 29 marzo 1991, n. 103,
convertito, con modificazioni, dalla legge 1o giugno 1991, n. 166, ed
esclusa  ogni  aliquota di contribuzione aggiuntiva non devoluta alle
gestioni pensionistiche";
        b) quinquennale, per le stesse contribuzioni, a decorrere dal
1o  gennaio  1996, salvi i casi di denuncia del lavoratore o dei suoi
superstiti;
        c)   quinquennale,   per  tutte  le  altre  contribuzioni  di
previdenza e di assistenza sociale obbligatoria.
    Il  comma  10 dello stesso articolo ha stabilito che i termini di
prescrizione  di cui al comma 9 si applicano anche alle contribuzioni
relative  ai  periodi  precedenti  la data di entrata in vigore della
legge,  fatta eccezione per i casi di atti interruttivi gia' compiuti
o  di  procedure  iniziate nel rispetto della normativa preesistente;
aggiungendo  che  agli effetti del computo dei termini prescrizionali
non  si tiene conto della sospensione (di un triennio a decorrere dal
12 settembre 1983) "prevista dall'art. 2, comma 19, del decreto-legge
12 settembre 1983, n. 463, convertito, con modificazioni, dalla legge
11  novembre 1983, n. 638, fatti salvi gli atti interruttivi compiuti
e le procedure in corso".
    3.3.5. - Con  sentenza n. 421 del 1995 (pubblicata nella Gazzetta
Ufficiale  della  Repubblica  del  14  settembre 1995) questa Corte -
ritenendo  che  "il  contributo  di solidarieta' e' una contropartita
necessaria dell'esclusione delle contribuzioni ai fondi di previdenza
complementare   dalla  base  imponibile  per  la  determinazione  dei
contributi  di  previdenza  e  di assistenza sociale" e che "l'omessa
previsione di esso nell'art. 9-bis, comma 1, del decreto-legge n. 103
del  1991, inficia di illegittimita' costituzionale, per contrarieta'
agli  artt. 3  e  38 Cost., la disposizione dettata nel primo periodo
del  comma  medesimo" - ha dichiarato l'illegittimita' costituzionale
dell'appena citata norma.
    Nella  motivazione si sottolinea che la sanatoria totale a favore
dei  datori  di  lavoro,  "senza  alcuna  contropartita  analoga"  al
contributo  di solidarieta' previsto per il futuro (a decorrere dal 2
giugno    1991),   si   pone   "in   contrasto   col   principio   di
razionalita'-equita'  (art. 3  Cost.)  coordinato  col  principio  di
solidarieta',    col    quale   deve   integrarsi   l'interpretazione
dell'art. 38,  secondo comma, Cost.", cosi' da imporre la caducazione
della norma di favore.
    3.3.6. - Infine, le ora denunciate norme (entrate in vigore il 1o
gennaio  1997) hanno sostituito il comma 1 dell'art. 9-bis del citato
decreto-legge  n. 103  del  1991,  prevedendo,  per il periodo dal 1o
settembre 1985 al 30 giugno 1991, "in deroga alle disposizioni di cui
all'art. 3,  commi  9  e  10,  della legge 8 agosto 1995, n. 335", un
contributo  previdenziale  del quindici per cento a carico dei datori
di lavoro inadempienti agli obblighi contributivi sui finanziamenti a
casse,   fondi,   gestioni,   forme   assicurative   previdenziali  o
assistenziali integrative di cui al suddetto art. 9-bis comma 1.
    3.4. - Passando   all'esame   delle   questioni  di  legittimita'
costituzionale,  a  cominciare  da  quelle  sollevate  in riferimento
all'art. 3 (disparita' di trattamento tra i datori di lavoro; entita'
eccessiva del contributo del quindici per cento), va osservato quanto
segue.
    3.4.1. - Sotto  un  primo  profilo  (v.  retro punto 1, sub a.1),
l'evidente funzione di sanatoria dell'inadempimento dell'obbligazione
contributiva  dei  datori  di  lavoro, assolta dalle norme impugnate,
esclude  la  denunciata  disparita'  di  trattamento  tra i datori di
lavoro  che,  per il periodo contributivo dal 1o settembre 1985 al 30
giugno 1991, abbiano versato, anteriormente al 2 giugno 1991 (data di
entrata  in  vigore  della legge n. 166 del 1991, di conversione, con
modificazioni, del decreto-legge n. 103 del 1991), il maggior importo
previsto  dalla contribuzione previdenziale ordinaria (dichiarato non
ripetibile  dall'art. 9-bis  comma  1,  secondo  periodo,  del citato
decreto-legge  n. 103 del 1991) ed i datori di lavoro che, non avendo
effettuato  tale  versamento,  sono  tenuti,  per  lo  stesso periodo
contributivo,  al  pagamento di un contributo di minore importo, pari
al   quindici   per   cento   dei   finanziamenti   alla   previdenza
complementare.  E',  infatti,  la  stessa  natura  di  sanatoria  del
beneficio  concessso  - con  la  contropartita  del  versamento di un
contributo  di  minore entita' rispetto a quello altrimenti dovuto in
via  ordinaria  -  a comportarne l'applicazione solo nei confronti di
coloro  che  ancora debbano regolarizzare la propria posizione, senza
che  il  principio  costituzionale  di  eguaglianza  resti di per se'
violato  dal  succedersi nel tempo di discipline differenziate, ed in
particolare    dalla   previsione   della   soluti   retentio   delle
contribuzioni  ordinarie gia' versate e di una riduzione dell'entita'
dell'obbligo  contributivo  per  i  datori di lavoro inadempienti che
fruiscano della sanatoria (v., per una analoga fattispecie, ordinanza
n. 103 del 1997).
    3.4.2. - Sotto  altro  profilo  (v.  retro  punto 1, sub a.2), la
diversa  entita' del contributo di solidarieta' stabilito dalle norme
denunciate  per  il  periodo  contributivo dal 1 settembre 1985 al 30
giugno  1991  rispetto  a  quello stabilito per il periodo successivo
(dieci  per  cento),  e'  palesemente  giustificata  dalla differenza
temporale  del  periodo  di  riferimento  (con la conseguente diversa
durata  dell'inadempimento),  e  dalla previsione del beneficio della
rateazione in diciotto bimestri del pagamento del debito contributivo
relativo  al  periodo  piu'  antico:  cosi'  da  non potersi ritenere
travalicati dal legislatore i limiti della ragionevolezza.
    3.4.3. - Per  le  stesse  ragioni,  nonche'  per  la peculiarita'
dell'obbligazione  contributiva  in esame, non esula dai limiti della
ragionevolezza  neppure  la  fissazione  dell'entita'  del contributo
relativo al periodo dal 1o settembre 1985 al 30 giugno 1991 in misura
superiore  a  quella  stabilita  dalla  legge per altri contributi di
identica od analoga natura (v. retro punto 1, sub a.3).
    3.4.4. - Numerosi elementi - quali lo stretto collegamento con le
specifiche  particolarita'  del  caso; la delimitazione temporale del
periodo contributivo di riferimento; la necessita' di disciplinare ex
novo  in  generale, per tale periodo, l'obbligazione contributiva dei
datori   di   lavoro  esonerati  dalla  contribuzione  (senza  alcuna
contropartita)  in  forza  dell'art. 9-bis  comma 1, prima parte, del
decreto-legge n. 103 del 1991, norma dichiarata illegittima da questa
Corte con sentenza n. 421 del 1995 - da'nno, poi, nel loro complesso,
piena   ragione   dell'efficacia  retroattiva  e  della  funzione  di
sanatoria assolta dalle norme denunciate; cosi' da doversi escludere,
anche   sotto   tali   profili,   la   violazione  dell'art. 3  della
Costituzione.  Tanto  piu'  che, come viene sottolineato nella stessa
sentenza,   i  datori  di  lavoro  gia'  totalmente  esonerati  dalla
contribuzione  non  possono  fondare  un'aspettativa  legittima sulla
norma  costituzionalmente  illegittima  posta  dal citato art. 9-bis,
comma 1, prima parte, nell'originario testo.
    Ne'  la  specifica  delimitazione  temporale  e  soggettiva della
fattispecie  puo'  considerarsi  lesiva del principio di eguaglianza,
una  volta  che  in via generale la disciplina eccezionale denunciata
dai rimettenti e' stata ritenuta giustificata.
    3.4.5. - Quanto  all'ulteriore questione sollevata in riferimento
allo  stesso  parametro  dell'art. 3  Cost.,  quella  cioe'  relativa
all'asserita  deroga  che  le denunciate norme avrebbero apportato al
regime  ordinario  della  prescrizione  dei  crediti per i contributi
previdenziali   (v.   supra   punto   1,  sub  a.4)  e  a.4-bis),  va
preliminarmente  constatato  che i rimettenti - pur lamentando che le
norme  stesse  rendano esigibili crediti contributivi gia' prescritti
secondo  il  regime  ordinario di cui all'art. 3, commi 9 e 10, della
legge  n. 335  del  1995,  ovvero  illegittimamente configurino nuovi
crediti,  sostitutivi  di  altri  gia'  prescritti  -  non forniscono
tuttavia  alcuna  precisazione  sui termini di decorrenza e di durata
della  prescrizione  dei  singoli  crediti  che nella specie le parti
assumerebbero essere gia' estinti per decorso del tempo.
    Tale  carente  individuazione  della  fattispecie  sottoposta  al
giudizio  delle  autorita'  rimettenti  si  risolve  nel  difetto  di
motivazione   sulla   rilevanza   della   questione:  particolarmente
necessaria,  stante  la  notevole  ampiezza  del periodo contributivo
contemplato  dalla  legge  (1o  settembre  1985-30  giugno  1991),  e
considerato   anche   che   taluni   rimettenti   stessi  assumono  -
contraddittoriamente   con  la  loro  premessa  interpretativa  della
disposta  "reviviscenza"  dei  crediti contributivi gia' prescritti -
che  le norme denunciate abbiano introdotto (il 1o gennaio 1997), per
il  periodo  in  esame, un contributo prima non previsto dalla legge,
sostitutivo dei crediti prescritti.
    La questione si appalesa, percio', inammissibile.
    3.5. - Prive  di  consistenza  sono  poi  le  censure che evocano
congiuntamente  i parametri degli artt. 3, 53 e 47 della Costituzione
(v. supra punto 1, sub b).
    Innanzitutto,   e'   da  ritenersi  inconferente  il  riferimento
all'art. 53  Cost., poiche' la contribuzione previdenziale (intesa in
senso  lato,  come  comprensiva  del  contributo  di  cui  alle norme
denunciate),  non  e'  assimilabile all'imposizione tributaria vera e
propria,   di   carattere   generale,  ma  e'  da  considerare  quale
prestazione  patrimoniale  avente  la  finalita'  di contribuire agli
oneri  finanziari  del  regime  previdenziale  dei lavoratori (v., ex
plurimis, sentenza n. 173 del 1986).
    Inoltre,  non  si vede come il contributo previsto per il periodo
dal 1o settembre 1985 al 30 giugno 1991, possa comportare una lesione
del  principio  di  tutela  del  risparmio  di  cui all'art. 47 della
Costituzione.   Esso  infatti  rappresenta  solo  una  "contropartita
necessaria dell'esclusione delle contribuzioni ai fondi di previdenza
complementare   dalla   base  imponibile  per  la  determinazione  di
contributi di previdenza e di assistenza sociale", quale esplicazione
del  "principio di razionalita'-equita' (art. 3 Cost.) coordinato col
principio    di    solidarieta',    col    quale    deve   integrarsi
l'interpretazione  dell'art. 38,  secondo  comma, Cost.", in forza di
cui  la tutela dell'interesse individuale dei lavoratori ad usufruire
di  forme  di  previdenza complementare non deve andare disgiunta, in
misura  proporzionata, da un "dovere specifico di cura dell'interesse
pubblico   a   integrare  le  prestazioni  previdenziali,  altrimenti
inadeguate,   spettanti   ai  soggetti  economicamente  piu'  deboli"
(sentenze n. 421 del 1995 e n. 292 del 1997).
    Per le ragioni gia' viste, infine, non e' irragionevole l'entita'
del  contributo  stabilita  dalla relativa norma denunciata, anche se
maggiore di quella del periodo successivo.
    3.6. - Parimenti infondate si palesano, da ultimo, le censure per
violazione  dell'art. 136  Cost.  (v.  supra,  punto  1,  sub  c) che
muovono,  all'evidenza,  da  una errata interpretazione del contenuto
della  sentenza n. 421 del 1995, la quale, in realta', si e' limitata
a  dichiarare,  con pronuncia meramente caducatoria, l'illegittimita'
costituzionale   dell'art. 9-bis   comma   1,   primo   periodo,  del
decreto-legge   29  marzo  1991,  n. 103,  aggiunto  dalla  legge  di
conversione  1o  giugno  1991,  n. 166.  Questa  Corte,  difatti,  ha
motivato  la  incostituzionalita' dell'esclusione delle contribuzioni
ai  fondi  di  previdenza  complementare dalla base imponibile per la
determinazione  dei contributi di previdenza e di assistenza sociale,
con   la  mancata  previsione,  da  parte  del  legislatore,  di  una
"contropartita  analoga al "contributo di solidarieta' imposto per il
futuro" dal comma 2 dell'art. 9-bis del decreto-legge n. 103 del 1991
(contropartita    definita    "necessaria"    per   la   legittimita'
dell'esenzione   dalle   contribuzioni   in   questione);  avvertendo
espressamente   che   "la  caducazione  della  norma  di  favore  non
interferisce  nella discrezionalita' del legislatore, il quale rimane
libero  di  intervenire  come  meglio crede per riordinare la materia
riconducendone la disciplina a razionalita'".
    Il  nuovo legislatore, pertanto, non si e' discostato dal decisum
della  Corte, ma, in aderenza alle statuizioni di essa, ha imposto ai
datori  di  lavoro,  per  il  periodo  in questione, un contributo di
solidarieta'  appunto  "analogo" (cioe' simile, anche se non identico
nella  misura) al contributo di solidarieta' stabilito per il futuro,
quale   "contropartita"   dell'esclusione   dei   finanziamenti  alla
previdenza  complementare dalla base imponibile per la determinazione
dei contributi previdenziali.