IL TRIBUNALE Nelle cause riunite iscritte al RG 32/1998 promosse da: Venezian Bruno e Nocera Biagio, elettivamente domiciliati presso lo studio dell'avv. S. Ferrara del Foro di Vercelli, al civico 4 di piazza Paietta come da procure a margine dei ricorsi in opposizione ai decreti ingiuntivi; Contro INPS, in persona del presidente pro-tempore, rappresentato e difeso dagli avv.ti Pasut e Napoletano giusta procure a rogito del notaio Lupo di Roma rispettivamente in data 3 gennaio 1994 e 24 settembre 1997 ed elettivamente domiciliato in Vercelli al civico 10 di piazza Zumaglini presso la sede dell'Istituto; Il giudice del lavoro, all'udienza del giorno 11 aprile 2000, letti gli atti e vagliati i documenti; O s s e r v a I ricorrenti hanno chiesto di accertare e dichiarare la nullita' dei decreti ingiuntivi opposti assumendo - tra l'altro - che il mancato pagamento delle somme ingiunte dall'INPS non era loro imputabile, ma dipendeva da fatto del terzo, ovvero del commercialista che, contravvenendo all'incarico, non aveva versato, le somme dovute ed al medesimo all'uopo corrisposte dai predetti (cfr. docc. 3 all.ti). La Difesa degli opponenti ha chiesto l'applicazione alla fattispecie della legge 11 ottobre 1995 n. 423 chiedendo di estendere la portata all'ipotesi di inadempimento di contributi pensionistici o, in subordine, di sollevare eccezione di costituzionalita' dell'art. 1 della legge in esame nella parte in cui limita alle materie delle tasse e delle pene pecuniarie la sospensione della riscossione e la commutazione dell'atto di irrogazione delle sanzioni a carico del professionista con sgravio per il contribuente. Questo giudice rileva come la legge in esame consenta l'applicazione dei benefici indicati qualora la violazione consegua alla condotta illecita penalmente rilevante del professionista in dipendenza del mandato professionale ricevuto. Dal tenore letterale delle disposizioni di cui all'art. 1, comma 1, il riferimento alle soprattasse ed alle pene pecuniarie previste da leggi di imposta consente di escludere, in applicazione dei comuni canoni ermenutici, l'interpretazione estensiva dei benefici alla diversa materia dei contributi previdenziali. Si rileva tuttavia come la ratio sottesa alle norme in esame miri alla salvaguardia del cittadino-contribuente dagli abusi di rilievo penale commessi da parte dei professionisti infedeli. Questo giudice dubita della legittimita' costituzionale delle disposizioni della legge 11 ottobre 1995 n. 423 nella parte in cui esse non consentono la sospensione della riscossione e la commutazione dell'atto di irrogazione delle sanzioni a carico del professionista con sgravio per il contribuente al caso di omesso, ritardato o insufficiente versamento di contributi previdenziali, ammettendolo solo per le soprattasse e le pene pecuniarie relative ad imposte e all'IVA che, da un punto di vista strettamente tecnico, e' considerata solo partita di giro. La questione appare rilevante e non manifestamente infondata in quanto tra il mancato versamento di imposte e l'omesso versamento di contributi previdenziali, qualora entrambi dipendano dal fatto penalmente rilevante del commercialista, non appaiono sussistere differenze tali da giustificare l'applicazione del beneficio solo nel primo caso. In particolare si osserva come l'interpretazione in senso letterale esponga le disposizioni in esame a censura di costituzionalita' per violazione dell'art. 3 della Costituzione sotto il profilo della disparita' di trattamento di situazioni pressoche' identiche. Non puo' esser posta in dubbio, infatti, la sussistenza di una piena omogeneita' tra le situazioni raffrontate in questa sede ai fini del giudizio di ragionevolezza a fronte della naturale sussunzione delle due fattispecie nella medesima ratio avuta di mira dal legislatore. Le osservazioni svolte, peraltro, non possono ritenersi escluse dalla qualificazione della disciplina in esame come derogatoria, o eccezionale, o speciale. Infatti, conformemente al consolidato orientamento della Consulta, una norma derogatoria, o eccezionale, o speciale, puo' a sua volta fungere da tertium comparationis sia in rapporto ad altra norma derogatoria, eccezionale, o speciale (cfr. Corte cost. 110/1980; 142/1982; 326/1983; 183/1988), sia in rapporto ad altra norma apparentemente generale cfr. Corte cost. 1144/1988; 142/1989; 250/1989). Si e' ritenuto, infatti, che l'estensione della norma eccezionale puo' verificarsi quando la censura non concerna il suo ingiustificato differenziarsi dalla norma generale, ma attenga al suo ingiustificato restringersi solo ad alcune delle ipotesi ricomprese nella sua ratio, quando cioe' tra caso ricompreso e caso escluso ricorra - come nella specie - l'eadem ratio.