ha pronunciato la seguente


                              Ordinanza

nei  giudizi di legittimita' costituzionale dell'art. 206 del decreto
legislativo  30  aprile  1992,  n. 285  (Nuovo  codice della strada),
promossi con ordinanze emesse il 24 novembre 1998 dal pretore di Nola
nel  procedimento  civile vertente tra P.A. e il Servizio Riscossione
Tributi  di  Nola  ed altro iscritta al n. 162 del registro ordinanze
1999  e  pubblicata  nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 12,
prima serie speciale dell'anno 1999, ed il 15 maggio 1999 dal pretore
di  Catania,  sezione  distaccata  di Adrano, nel procedimento civile
vertente  tra  B.A.  e la Montepaschi - S.E.R.I.T. S.p.A. iscritta al
n. 447  del  registro  ordinanze  1999  e  pubblicata  nella Gazzetta
Ufficiale  della  Repubblica  n. 37,  prima serie speciale, dell'anno
1999;
    Visti  gli  atti  di  intervento del Presidente del Consiglio dei
Ministri;
    Udito  nella  camera  di  consiglio del 10 maggio 2000 il giudice
relatore Piero Alberto Capotosti;
    Ritenuto che il pretore di Nola ed il pretore di Catania, sezione
distaccata  di  Adrano,  con  ordinanze in data 24 novembre 1998 e 15
maggio  1999,  sollevano, in riferimento agli artt. 3 e 24, nonche' -
il  primo  giudice  -  all'art. 113  della Costituzione, questione di
legittimita'  costituzionale dell'art. 206 del decreto legislativo 30
aprile  1992,  n. 285 (Nuovo codice della strada), nella parte in cui
disciplina  la  riscossione  delle  somme dovute a titolo di sanzione
amministrativa  pecuniaria  irrogata  per  violazione delle norme del
codice  della  strada  mediante  rinvio  all'art. 27  della  legge 24
novembre  1981, n. 689 (Modifiche al sistema penale), il quale, a sua
volta,  rinvia  all'art. 54,  secondo  comma, del d.P.R. 29 settembre
1973,  n. 602  (Disposizioni  sulla  riscossione  delle  imposte  sul
reddito);
        che,  secondo i giudici a quibus alla riscossione delle somme
dovute  a  titolo  di sanzione amministrativa pecuniaria irrogata per
infrazioni  al  codice della strada e' applicabile l'art. 54, secondo
comma,  d.P.R.  n. 602  del 1973, in quanto detta norma e' richiamata
dall'art. 27  della  legge  n. 689 del 1981, al quale rinvia la norma
impugnata,  sicche'  nelle fattispecie in esame sarebbe inammissibile
l'opposizione  ex  art. 615,  cod.  proc.  civ., e, per il pretore di
Catania, anche quella dell'art. 617, cod. proc. civ.;
        che, ad avviso dei rimettenti, l'applicabilita' dell'art. 54,
secondo  comma,  del  d.P.R.  n. 602  del  1973 realizzerebbe una non
ragionevole  lesione  del diritto di difesa del debitore dato che per
entrate  non  tributarie,  quali  quelle  in esame, non sussisterebbe
l'esigenza  di  garantire  il  programmato afflusso nelle casse dello
Stato  delle  risorse  indispensabili  per  la  spesa pubblica, ed in
quanto,  secondo  il  pretore  di  Nola,  il  debitore  non  potrebbe
avvalersi della tutela cautelare;
        che  il  Presidente del Consiglio dei Ministri, rappresentato
dall'Avvocatura generale dello Stato, e' intervenuto con due distinti
atti  in entrambi i giudizi, chiedendo che la questione sollevata dal
pretore   di   Nola  sia  dichiarata  inammissibile  per  difetto  di
pregiudizialita', ovvero perche' meramente interpretativa, deducendo,
nel  merito,  che entrambe le questioni sarebbero infondate in virtu'
delle  argomentazioni  svolte  dalla  Corte nella sentenza n. 437 del
1995,  mentre  quella  sollevata dal secondo giudice sarebbe altresi'
inammissibile  per sopravvenuto difetto di rilevanza, a seguito delle
modificazioni  introdotte  dall'art. 16  del d.lgs. 26 febbraio 1999,
n. 46.
    Considerato che i due giudizi, avendo ad oggetto la stessa norma,
in  riferimento  a  parametri  in parte comuni e per profili in larga
parte  coincidenti,  vanno  riuniti  per essere definiti con un'unica
pronuncia;
        che   entrambi   i   giudici   dubitano   della  legittimita'
costituzionale  dell'art. 206 del d.lgs. n. 285 del 1992, nella parte
in cui, attraverso il rinvio all'art. 27 della legge n. 689 del 1981,
rendendo   applicabile   alla  riscossione  delle  entrate  in  esame
l'art. 54,  secondo  comma, del d.P.R. n. 602 del 1973, realizzerebbe
una non ragionevole limitazione della tutela del debitore;
        che, successivamente alla proposizione delle due questioni di
legittimita'  costituzionale,  e'  entrato  in  vigore  il  d.lgs. 26
febbraio  1999,  n. 46,  il  quale  ha  innovato  la disciplina della
riscossione coattiva;
        che,  in  particolare, l'art. 16 del d.lgs. n. 46 del 1999 ha
sostituito  l'intero Titolo II del d.P.R. n. 602 del 1973 modificando
anche l'art. 54 e confermando, agli artt. 57 e 60, l'improponibilita'
delle   opposizioni  regolate  dall'art. 615,  cod.  proc.  civ.,  ad
eccezione  di  quelle aventi ad oggetto la pignorabilita' dei beni, e
delle   opposizioni   disciplinate  dall'art. 617,  cod.  proc.  civ.
concernenti  la  regolarita'  formale  e  la notificazione del titolo
esecutivo,   disponendo  che  il  giudice  dell'esecuzione  non  puo'
sospendere  il processo esecutivo, salvo che ricorrano fondati motivi
e vi sia fondato pericolo di grave e irreparabile danno;
        che, inoltre, l'art. 29 del d.lgs. n. 46 del 1999 dispone che
per  le  entrate non tributarie, il giudice competente a conoscere le
controversie  concernenti  il ruolo puo' sospendere la riscossione se
ricorrono  gravi  motivi  stabilendo  che  ad  esse non si applica la
disposizione  del  comma  1  dell'art. 57  del decreto del Presidente
della   Repubblica   29   settembre  1973,  n. 602,  come  sostituito
dall'art. 16  del presente decreto e le opposizioni all'esecuzione ed
agli  atti  esecutivi  si  propongono  nelle forme ordinarie e che ad
esecuzione iniziata il giudice puo' sospendere la riscossione solo in
presenza   dei   presupposti  di  cui  all'art. 60  del  decreto  del
Presidente   della   Repubblica   29  settembre  1973,  n. 602,  come
sostituito dall'art. 16 del presente decreto;
        che  il  predetto art. 29 riguarda anche le entrate derivanti
dall'irrogazione di sanzioni amministrative pecuniarie per violazione
delle  norme del codice della strada, in quanto esse non hanno natura
tributaria,  sicche' il mutamento complessivo del quadro normativo di
riferimento  e,  in  particolare,  anche delle norme che i rimettenti
ritengono  di dovere applicare impone il riesame da parte dei giudici
a quibus della perdurante rilevanza della questione.