ha pronunciato la seguente


                              Ordinanza

nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 206 del decreto
legislativo  30  aprile  1992,  n. 285  (Nuovo  codice della strada),
promosso  con  ordinanza  emessa  il  17 luglio 1999 dal Tribunale di
Catania,  sezione  distaccata  di  Adrano,  nel  procedimento  civile
vertente  tra  C.R.  e il Servizio di riscossione tributi iscritta al
n. 550  del  registro  ordinanze  1999  e  pubblicata  nella Gazzetta
Ufficiale  della  Repubblica  n. 41,  prima serie speciale, dell'anno
1999.
    Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del Consiglio dei
Ministri;
    Udito  nella  camera  di  consiglio del 10 maggio 2000 il giudice
relatore Piero Alberto Capotosti.
    Ritenuto  che  il  Tribunale  di  Catania,  sezione distaccata di
Adrano, con ordinanza in data 17 luglio 1999, solleva, in riferimento
agli  artt. 3  e  24  della  Costituzione,  questione di legittimita'
costituzionale  dell'art. 206 del decreto legislativo 30 aprile 1992,
n. 285  (Nuovo codice della strada), nella parte in cui disciplina la
riscossione  delle  somme  dovute a titolo di sanzione amministrativa
pecuniaria  irrogata  per  violazione  delle  norme  del codice della
strada  mediante  rinvio  all'art. 27  della  legge 24 novembre 1981,
n. 689  (Modifiche  al sistema penale), il quale, a sua volta, rinvia
all'art. 54,  secondo  comma,  del  d.P.R.  29 settembre 1973, n. 602
(Disposizioni sulla riscossione delle imposte sul reddito);
        che, secondo il rimettente, l'applicabilita' alla riscossione
delle entrate in esame dell'art. 54, secondo comma, del d.P.R. n. 602
del  1973,  in virtu' del richiamo contenuto nell'art. 27 della legge
n. 689  del  1981,  al  quale  rinvia  la norma impugnata, renderebbe
inammissibili le opposizioni ex artt. 615 e 617 cod. proc. civ.;
        che,   ad   avviso   del   giudice   a  quo  l'applicabilita'
dell'art. 54, secondo comma, del d.P.R. n. 602 del 1973 realizzerebbe
una  non  ragionevole limitazione del diritto di difesa del debitore,
dato che, in riferimento ad una entrata non tributaria qual e' quella
in  esame,  non  sussisterebbe l'esigenza di garantire il programmato
afflusso  nelle casse dello Stato delle risorse indispensabili per la
spesa pubblica;
        che  e'  intervenuto nel giudizio il Presidente del Consiglio
dei  Ministri, rappresentato dall'Avvocatura generale dello Stato, il
quale,  in  linea  preliminare,  ha  chiesto  che  la  questione  sia
dichiarata  inammissibile  per  sopravvenuto  difetto di rilevanza, a
seguito  delle  modificazioni  introdotte  dall'art. 16 del d.lgs. 26
febbraio  1999,  n. 46  -  le  quali renderebbero comunque necessario
ordinare  la  restituzione degli atti - e, nel merito, ha chiesto che
la  Corte la dichiari infondata in virtu' delle argomentazioni svolte
nella sentenza n. 437 del 1995.
    Considerato  che  il  Tribunale di Catania, sezione distaccata di
Adrano,  dubita  della  legittimita' costituzionale dell'art. 206 del
d.lgs.  n. 285  del  1992,  nella  parte in cui, attraverso il rinvio
all'art. 27  della  legge  n. 689 del 1981, rendendo applicabile alla
riscossione  delle  entrate  in  esame  l'art. 54, secondo comma, del
d.P.R. n. 602 del 1973, realizzerebbe una non ragionevole limitazione
della tutela del debitore;
        che,  in  data  anteriore  all'ordinanza  di  rimessione,  e'
entrato  in  vigore  il  d.lgs.  26 febbraio 1999, n. 46, il quale ha
innovato la disciplina della riscossione coattiva;
        che,  in  particolare, l'art. 16 del d.lgs. n. 46 del 1999 ha
sostituito l'intero Titolo II del d.P.R. n. 602 del 1973, modificando
l'art. 54 e confermando, agli artt. 57 e 60, l'improponibilita' delle
opposizioni  regolate dall'art. 615, cod. proc. civ., ad eccezione di
quelle  aventi  ad  oggetto  la  pignorabilita'  dei  beni,  e  delle
opposizioni  disciplinate  dall'art. 617, cod. proc. civ. concernenti
la  regolarita'  formale  e  la  notificazione  del titolo esecutivo,
disponendo  che  il  giudice  dell'esecuzione  non puo' sospendere il
processo  esecutivo,  salvo  che  ricorrano  fondati  motivi e vi sia
fondato pericolo di grave e irreparabile danno;
        che,  in  particolare,  l'art. 29  del  d.lgs. n. 46 del 1999
dispone   che,  ora,  per  le  entrate  non  tributarie,  il  giudice
competente  a  conoscere  le  controversie  concernenti il ruolo puo'
sospendere  la  riscossione  se  ricorrono  gravi  motivi  stabilendo
altresi'  che  ad  esse  non  si  applica la disposizione del comma 1
dell'art. 57 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre
1973,  n. 602  come sostituito dall'art. 16 del presente decreto e le
opposizioni all'esecuzione ed agli atti esecutivi si propongono nelle
forme  ordinarie  e  che  ad  esecuzione  iniziata  il  giudice  puo'
sospendere  la  riscossione  solo  in presenza dei presupposti di cui
all'art. 60  del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre
1973, n. 602, come sostituito dall'art. 16 del presente decreto;
        che  il  predetto art. 29 riguarda anche le entrate derivanti
dall'irrogazione di sanzioni amministrative pecuniarie per infrazioni
alle  norme  del codice della strada, in quanto esse non hanno natura
tributaria;
        che,  nonostante  la  nuova  disciplina sia entrata in vigore
anteriormente  alla  data  dell'ordinanza  di  rimessione,  essa  non
risulta  presa in esame dal giudice a quo il quale, conseguentemente,
non   ha   esplicitato  se  il  mutamento  del  quadro  normativo  di
riferimento  abbia eventualmente inciso, ed entro quali limiti, sulla
fattispecie sottoposta al suo esame;
        che  la mancanza di ogni specificazione al riguardo determina
la  carenza  della motivazione in ordine alle ragioni che, secondo il
rimettente, fanno ritenere la perdurante rilevanza della questione;
        che,   pertanto,   la   questione   deve   essere  dichiarata
manifestamente inammissibile.
    Visti  gli  artt. 26,  secondo  comma, della legge 11 marzo 1953,
n. 87  e  9,  secondo  comma,  delle  norme integrative per i giudizi
davanti alla Corte costituzionale.