ha pronunciato la seguente


                              Ordinanza

nei  giudizi  di  legittimita' costituzionale dell'art. 146-bis delle
norme  di attuazione del codice di procedura penale, promossi con due
ordinanze emesse il 28 ottobre ed il 9 novembre 1999 dal Tribunale di
Torre  Annunziata  nei  procedimenti  a  carico  di C.N. e di D.M.L.,
iscritte  al  n. 748  del  registro  ordinanze  1999  e  al n. 31 del
registro  ordinanze  2000 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della
Repubblica nn. 4 e 8, prima serie speciale, dell'anno 2000;
    Visti  gli  atti  di  intervento del Presidente del Consiglio dei
Ministri;
    Udito  nella  camera  di  consiglio del 24 maggio 2000 il giudice
relatore Guido Neppi Modona;
    Ritenuto  che  con ordinanza in data 28 ottobre 1999 (r.o. n. 748
del   1999)  il  Tribunale  di  Torre  Annunziata  ha  sollevato,  in
riferimento  all'art. 3 della Costituzione, questione di legittimita'
costituzionale dell'art. 146-bis delle norme di attuazione del codice
di  procedura  penale,  introdotto  dall'art. 2 della legge 7 gennaio
1998, n. 11 (Disciplina della partecipazione al procedimento penale a
distanza   e   dell'esame   in   dibattimento  dei  collaboratori  di
giustizia),   nella   parte   in   cui   richiede   come  presupposto
indispensabile  per  attivare  il collegamento audiovisivo a distanza
che si proceda per uno dei delitti indicati dall'art. 51, comma 3-bis
cod. proc. pen., anche nel caso previsto dalla lettera c) della norma
censurata;
        che  identica  questione  e' stata successivamente sollevata,
con ordinanza in data 9 novembre 1999 (r.o. n. 31 del 2000) nel corso
di altro procedimento, dal medesimo Tribunale;
        che  in entrambi i casi il giudice a quo precisa di procedere
nei  confronti  di  soggetto  sottoposto  al  regime  speciale di cui
all'art. 41-bis  dell'ordinamento  penitenziario,  ma imputato per un
delitto  non rientrante tra quelli elencati dall'art. 51, comma 3-bis
cod.  proc.  pen.,  per  i quali e' appunto prevista in via esclusiva
l'applicazione  della disciplina della partecipazione al dibattimento
a distanza;
        che il rimettente (ordinanza r.o. n. 748 del 1999) - premesso
che  la  difesa  aveva  eccepito  l'omessa  traduzione  dell'imputato
detenuto  (nei  cui confronti era stata applicata la disciplina della
partecipazione   a   distanza  per  la  celebrazione,  immediatamente
precedente,  di  altro  processo  per  un reato rientrante tra quelli
indicati  dall'art. 51,  comma 3-bis cod. proc. pen.) - rileva che la
norma censurata prevede che la partecipazione al dibattimento avvenga
a  distanza in tre specifiche ipotesi, di cui le prime due (lettere a
e  b)  di  natura  oggettiva,  mentre la terza (lettera c), di natura
soggettiva,  in  quanto  si riferisce alle particolari condizioni del
soggetto  sottoposto  al  regime  speciale  di  cui  all'art.  41-bis
dell'ordinamento  penitenziario,  avrebbe  dovuto  piu'  propriamente
essere collocata autonomamente in altra norma;
        che   il   giudice   a   quo   preso   atto  che  presupposto
indispensabile  di  tutte  e  tre  le  ipotesi  di  partecipazione al
dibattimento  a  distanza  e'  che  si  proceda  per  uno dei delitti
elencati  nell'art. 51,  comma 3-bis cod. proc. pen., osserva che, se
la  finalita'  dell'ipotesi  di  cui  alla  lettera  c)  della  norma
censurata  va  ravvisata  -  come affermato dalla sentenza n. 342 del
1999  della  Corte  costituzionale  -  nell'esigenza  di  evitare che
detenuti  pericolosi  possano  comunicare  con l'esterno in occasione
delle  traduzioni  per la celebrazione dei processi a loro carico, la
sola  qualita'  di  detenuto  sottoposto  alla misura di cui all'art.
41-bis   dell'ordinamento   penitenziario   dovrebbe   di   per   se'
giustificare   questa   particolare  modalita'  di  celebrazione  del
dibattimento;
        che,  ad  avviso  del rimettente, risulterebbe quindi violato
l'art. 3  Cost.,  per  la  mancanza  di  coerenza  e per l'intrinseca
irragionevolezza del sistema cosi' delineato;
        che  in  entrambi  i giudizi e' intervenuto il Presidente del
Consiglio   dei  Ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura
generale  dello  Stato,  chiedendo  che  la  questione sia dichiarata
inammissibile  o  infondata, richiamandosi alle argomentazioni svolte
in  relazione  all'ordinanza della Corte di assise di Catania in data
14  aprile 1998, con la quale, ad avviso dell'Avvocatura, erano state
prospettate identiche censure.
    Considerato  che le due ordinanze di rimessione hanno per oggetto
la  medesima  questione, per cui deve essere disposta la riunione dei
relativi giudizi di costituzionalita';
        che   il   rimettente   contesta,   in  quanto  incoerente  e
irragionevole,  la  scelta, operata dal legislatore nell'art. 146-bis
disp.   att.  cod.  proc.  pen.,  di  subordinare  in  ogni  caso  la
partecipazione  al  dibattimento  a  distanza  alla condizione che si
proceda  per  uno dei delitti elencati nell'art. 51, comma 3-bis cod.
proc.  pen.,  anche  nell'ipotesi di soggetti egualmente portatori di
un'alta  carica  di  pericolosita'  sociale  in  quanto sottoposti al
regime    speciale    di    cui    all'art. 41-bis   dell'ordinamento
penitenziario, ma imputati per delitti diversi da quelli elencati nel
predetto comma 3-bis;
        che  la  disciplina  censurata  corrisponde  all'esigenza  di
circoscrivere  la  partecipazione  al dibattimento a distanza ai soli
reati  che  sono diretta "espressione delle piu' gravi manifestazioni
di  criminalita'  di  stampo  mafioso" (v. sentenza n. 342 del 1999),
avendo  il  legislatore  ritenuto  che solo nei confronti di soggetti
imputati   di   tali  reati  fosse  opportuno  prevedere  particolari
modalita' di esercizio del diritto al contraddittorio;
        che   la   scelta   risulta   espressione   della   sfera  di
discrezionalita'   del   legislatore,   esercitata   in  maniera  non
irragionevole  e  quindi  non  censurabile  in  sede  di scrutinio di
legittimita' costituzionale;
        che,  inoltre,  la disciplina dettata dall'art. 146-bis disp.
att. cod. proc. pen. ha carattere temporaneo (il termine di efficacia
e'  fissato  alla  data  del  31  dicembre  2000),  essendo  volta  a
fronteggiare  esigenze  eccezionali,  ed  e' comunque suscettibile di
eventuali  aggiustamenti  in  base ai risultati della sperimentazione
triennale in corso;
        che   pertanto  la  questione  va  dichiarata  manifestamente
infondata.
    Visti  gli  artt. 26,  secondo  comma, della legge 11 marzo 1953,
n. 87,  e  9,  secondo  comma,  delle norme integrative per i giudizi
innanzi alla Corte costituzionale.