ha pronunciato la seguente


                              Ordinanza

nel  giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 665, commi 4 e
4-bis  del  codice di procedura penale, promosso con ordinanza emessa
il  26  ottobre  1999  dal  Tribunale  di  Gela  nel  procedimento di
esecuzione  nei  confronti  di M. A., iscritta al n. 672 del registro
ordinanze 1999 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
n. 50, prima serie speciale, dell'anno 1999.
    Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del Consiglio dei
Ministri.
    Udito  nella  camera  di  consiglio del 10 maggio 2000 il giudice
relatore Guido Neppi Modona.
    Ritenuto  che  il  Tribunale  di Gela ha sollevato in qualita' di
giudice  dell'esecuzione,  in  riferimento agli articoli 3 e 24 della
Costituzione, questione di legittimita' costituzionale dell'art. 665,
commi  4  e  4-bis del codice di procedura penale, nella parte in cui
non  prevede  che, se l'esecuzione concerne piu' provvedimenti emessi
da  giudici diversi, in composizione monocratica e collegiale, sia in
ogni caso competente il giudice in composizione collegiale;
        che il rimettente premette:
          di  essere investito della richiesta del pubblico ministero
e  della  difesa  di revoca di una sentenza penale di condanna per il
delitto  di oltraggio a pubblico ufficiale del pretore di Caltagirone
(divenuta irrevocabile il 17 marzo 1999) per sopravvenuta abrogazione
della  norma  incriminatrice,  disposta  dall'art. 18, comma 1, della
legge 25 giugno 1999, n. 205;
        che  la  richiesta di revoca "appare manifestamente infondata
per  difetto  delle  condizioni  di legge" e pertanto suscettibile di
essere  decisa  de  plano ai sensi dell'art. 666, comma 2, cod. proc.
pen.;
        che  nei  confronti  della persona condannata il Tribunale di
Gela  ha  emesso  una sentenza di condanna divenuta irrevocabile il 4
dicembre  1993,  e  altre  sentenze  di  condanna  sono  state emesse
successivamente  dai  Pretori  di  Trapani e di Siracusa, nonche' dal
pretore  di Caltagirone, la cui sentenza e' divenuta irrevocabile per
ultima;
        che  in tale situazione, concernente l'esecuzione di sentenze
emesse  sia  dal  tribunale che dal pretore, il pubblico ministero ha
ritenuto   che   la  competenza  appartenga  al  Tribunale  di  Gela,
prevalendo  la competenza del tribunale su quella del pretore a norma
dell'art. 665,   comma  4,  cod.  proc.  pen.,  e  quindi  anche  con
riferimento  alla  sentenza  di  condanna  pronunciata dal pretore di
Caltagirone;
        che,   peraltro,   la   disposizione  invocata  dal  pubblico
ministero  non e' piu' in vigore, essendo stata abrogata e sostituita
dall'art. 206   del  decreto  legislativo  19  febbraio  1998,  n. 51
(entrato  in  vigore il 20 marzo 1998 e divenuto efficace il 2 giugno
1999), che ha riformulato il testo dell'art. 665, comma 4, cod. proc.
pen., inserendo anche il comma 4-bis;
        che  il  decreto  legislativo  n. 51  del  1998  ha soppresso
l'ufficio  giudiziario  del pretore, attribuendo le relative funzioni
al tribunale, per cui le sentenze di condanna pronunciate dal pretore
vanno ora riferite al tribunale in composizione monocratica;
        che  non  sono  applicabili  le  norme anteriormente vigenti,
comprese   quelle   relative  alla  competenza  e  alla  composizione
dell'organo giudicante, in quanto il procedimento e' stato instaurato
dopo l'entrata in efficacia del decreto legislativo n. 51 del 1998;
        che,  ad  avviso  del  rimettente,  a  seguito  della novella
dell'art. 665   cod.   proc.   pen. e,   segnatamente,   della  nuova
formulazione   del  comma  4,  in  caso  di  pluralita'  di  condanne
pronunciate  da  giudici  diversi la competenza spetterebbe sempre al
giudice  che  ha  emesso  il  provvedimento divenuto irrevocabile per
ultimo,  salva la vis attractiva che il giudice ordinario continua ad
esercitare nei confronti del giudice speciale;
        che,  in  particolare,  la  deroga in favore del tribunale in
composizione  collegiale, prevista dal comma 4-bis riguarderebbe solo
l'ipotesi  di  piu'  provvedimenti  emessi dallo stesso tribunale, in
composizione monocratica e collegiale, in quanto solo all'interno del
medesimo  tribunale  sussisterebbe  quel  rapporto  di "attribuzione"
degli  affari  a  cui  fa  riferimento  il nuovo comma introdotto dal
decreto legislativo n. 51 del 1998;
        che  secondo  il  giudice  a quo la nuova disciplina, in base
alla  quale  la competenza spetterebbe al Tribunale di Caltagirone in
composizione monocratica, subentrato al soppresso ufficio del pretore
che  ha  emesso il provvedimento divenuto irrevocabile per ultimo, si
pone   in   contrasto   con   l'art. 3   della  Costituzione:  quando
l'esecuzione   concerne   piu'   provvedimenti  emessi  dallo  stesso
tribunale  in  composizione  monocratica  e  collegiale,  alle  parti
dovrebbe  essere  sempre  assicurata  "la garanzia della composizione
collegiale   del   giudice",   anche  se  il  provvedimento  divenuto
irrevocabile per ultimo e' stato emesso dal tribunale in composizione
monocratica,  mentre  tale garanzia risulta negata se l'esecuzione si
riferisce  a  piu' provvedimenti emessi da giudici diversi, qualunque
sia la loro composizione;
        che  la  norma  censurata  sarebbe  dunque  irragionevole, in
quanto  la  composizione collegiale del giudice ha natura di garanzia
processuale,    "sempre    assicurata   dal   legislatore   ordinario
ogniqualvolta   vengano   in  rilievo  la  gravita'  del  trattamento
sanzionatorio  ovvero la complessita' o delicatezza delle fattispecie
incriminatrici";
        che  risulterebbe violato anche l'art. 24 della Costituzione,
a  cagione  della  "maggiore capacita' di ascolto e di giudizio delle
ragioni  delle  parti"  assicurata  dalla composizione collegiale del
tribunale;
        che  nel  giudizio e' intervenuto il Presidente del Consiglio
dei  Ministri, rappresentato e difeso dalla Avvocatura generale dello
Stato,  chiedendo  che  la  questione  venga dichiarata infondata, in
quanto   la   nuova  formulazione  del  comma  4  e  il  comma  4-bis
dell'art. 665 cod. proc. pen. non hanno sostanzialmente modificato la
precedente  disciplina,  ma  si sono limitati a rimodulare le vecchie
regole   in   funzione   dell'introduzione   del  giudice  unico:  in
particolare,  ad  avviso  dell'Avvocatura, il criterio cronologico e'
destinato   ad   operare   in   via  generale  quando  si  tratta  di
provvedimenti emessi da giudici diversi (comma 4), mentre il criterio
della  collegialita',  a  cui  fa riferimento il comma 4-bis, "appare
funzionale   alla   determinazione   della   competenza   tra  organo
monocratico  e collegiale a prescindere dal fatto che siano diversi i
giudici  che  hanno emesso il provvedimento e quindi anche e non solo
quando non lo siano".
    Considerato  che  il rimettente - in base alla interpretazione da
lui riservata al comma 4-bis dell'art. 665 cod. proc. pen., nel senso
che  la  competenza spetta al giudice in composizione collegiale solo
nel  caso  in cui l'esecuzione concerna piu' provvedimenti emessi dal
medesimo  tribunale  in  composizione  monocratica  e collegiale - in
sostanza   lamenta  che  non  sia  stata  riprodotta,  opportunamente
adattata  ai  rapporti  tra  giudice  in  composizione  monocratica e
collegiale,  la  formulazione  dell'originario  comma 4 dell'art. 665
cod. proc. pen., che in caso di piu' provvedimenti emessi dal pretore
e  da  altro  giudice  ordinario  prevedeva  sempre  la competenza di
quest'ultimo;
        che,  a  prescindere  da qualsiasi valutazione sull'esattezza
dell'interpretazione  seguita  dal  rimettente circa la portata della
norma  censurata  -  sulla  quale, peraltro, non si e' ancora formato
alcun  indirizzo  giurisprudenziale -, non e' dato riscontrare alcuna
violazione  dei parametri costituzionali evocati dal giudice a quo in
quanto  l'attribuzione  della  competenza  rientra  nella sfera delle
scelte   affidate   alla   discrezionalita'   del   legislatore,  non
suscettibili    di    censura    sul   terreno   della   legittimita'
costituzionale,  sempre  che  siano  state  esercitate  sulla base di
criteri non irragionevoli;
        che    tale    principio   ha   costantemente   ispirato   la
giurisprudenza   di  questa  Corte  in  tema  di  attribuzione  della
competenza  all'organo  giudicante in composizione monocratica (anche
con  specifico  riferimento  alla  soppressa  figura  del  pretore) o
collegiale (cfr., tra le tante, sentenze n. 460 del 1994 e n. 268 del
1986, ordinanze nn. 423 e 139 del 1997, n. 257 del 1995);
        che pertanto la questione di legittimita' costituzionale deve
essere dichiarata manifestamente infondata.
    Visti  gli articoli 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953,
n. 87,  e  9,  secondo  comma,  delle norme integrative per i giudizi
innanzi alla Corte costituzionale.