ha pronunciato la seguente


                              Ordinanza

nel  giudizio  di  legittimita'  costituzionale  dell'art. 22,  primo
comma,  della  legge  28  febbraio  1985,  n. 47 (Norme in materia di
controllo  dell'attivita'  urbanistico-edilizia, sanzioni, recupero e
sanatoria  delle opere edilizie), promosso con ordinanza emessa il 30
settembre  1999  dal  Vice  pretore di Sondrio, sezione distaccata di
Morbegno,  nel procedimento penale a carico di Curtoni Rosa ed altro,
iscritta  al  n. 661  del  registro ordinanze 1999 e pubblicata nella
Gazzetta  Ufficiale  della  Repubblica  n. 50,  prima serie speciale,
dell'anno 1999.
    Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del Consiglio dei
Ministri;
    Udito  nella  camera  di  consiglio del 25 maggio 2000 il giudice
relatore Riccardo Chieppa.
    Ritenuto  che  nel corso di un procedimento penale per violazioni
edilizie, il Vice pretore di Sondrio, sezione distaccata di Morbegno,
con  ordinanza  emessa  in  data  30  settembre 1999 (R.O. n. 661 del
1999),   ha   sollevato   questione  di  legittimita'  costituzionale
dell'art. 22, primo comma, della legge 28 febbraio 1985, n. 47 (Norme
in   materia   di   controllo   dell'attivita'  urbanistico-edilizia,
sanzioni,  recupero e sanatoria delle opere edilizie), nella parte in
cui   non  prevede  la  estensione  della  durata  della  sospensione
dell'azione  penale fino alla definizione dell'eventuale procedimento
giurisdizionale  originato dal ricorso avverso il diniego di rilascio
della concessione edilizia;
        che,  ad  avviso  del  giudice  a  quo la norma denunciata si
porrebbe  in  contrasto  anzitutto  con  l'art. 3 della Costituzione,
sotto   il   profilo  della  irrazionalita'  e  della  ingiustificata
discriminazione  che  determinerebbe  tra  chi ottenga la concessione
edilizia in sanatoria al termine dell'iter amministrativo - in favore
del quale opera la sospensione dell'azione penale per tutta la durata
di  tale  iter  -  e  chi  la ottenga, invece, all'esito del giudizio
conseguente  a  ricorso al tribunale amministrativo regionale avverso
il provvedimento di diniego; sarebbe, altresi', violato il diritto di
difesa  ex  art. 24  della  Costituzione,  nei  confronti  di un atto
amministrativo  concernente  il rifiuto della concessione edilizia in
sanatoria,  il  quale  non  sarebbe  assistito da nessuna certezza di
legittimita';
        che  nel  giudizio e' intervenuto il Presidente del Consiglio
dei  Ministri,  per  il tramite dell'Avvocatura generale dello Stato,
che  ha  concluso  per  la  inammissibilita'  o la infondatezza della
questione.
    Considerato  che  la  questione  e'  gia'  stata  dichiarata, con
ordinanza  n. 309  del  1998,  manifestamente infondata (con richiamo
anche  alla  sentenza  n. 85  del  1998)  in  riferimento ai medesimi
parametri  costituzionali  (artt. 3  e  24  della  Costituzione), con
l'affermazione  che  sul  piano  costituzionale  non  si  pone per il
legislatore,   come   soluzione   obbligata,   la   sospensione   del
procedimento  penale, quando sia pendente dinanzi ad un altro giudice
una  controversia  che  debba  risolvere  una  questione  su  un atto
pregiudiziale alla definizione del primo processo;
        che  e'  stato  altresi'  rilevato (sentenza n. 85 del 1998 e
ordinanza   n. 309   del   1998)  che  la  mancata  previsione  della
sospensione  dell'azione penale non comporta l'obbligo per il giudice
penale   di   procedere   in   ogni  caso,  giungendo  alla  condanna
dell'imputato  anche in pendenza davanti al giudice amministrativo di
giudizi sul diniego di rilascio di concessione edilizia in sanatoria;
        che, invero, il giudice penale puo' esercitare tutti i poteri
processuali relativi alla scansione del procedimento, anche in ordine
alle  verifiche istruttorie, fino alla eventuale applicazione, ove ne
sussistano  i  presupposti,  della  sospensione  del  dibattimento ex
art. 479  cod.  proc.  pen., con effetti sospensivi del decorso della
prescrizione;
        che  le  medesime considerazioni valgono non solo rispetto ai
rischi  di  divergenze tra giudice penale ed amministrativo, ma anche
sotto  il  profilo  della  pretesa  discriminazione  tra soggetti che
ottengano  la  sanatoria  al  termine  dell'iter amministrativo della
concessione e coloro che la ottengano all'esito del giudizio relativo
all'impugnazione  del  rifiuto amministrativo, essendo ragionevole il
meccanismo   dei   rapporti   tra   giudizio  penale  e  procedimento
amministrativo,  in presenza dei delineati poteri del giudice penale;
cio'  anche  a  prescindere dalle possibili interpretazioni estensive
della  norma denunciata, come del resto accennato dalla stessa difesa
svolta  dall'Avvocatura  generale dello Stato con richiamo anche alla
sentenza n. 270 del 1996;
        che  pertanto  la  questione sollevata deve essere dichiarata
manifestamente infondata.
    Visti  gli  artt. 26,  secondo  comma, della legge 11 marzo 1953,
n. 87,  e  9,  secondo  comma,  delle norme integrative per i giudizi
davanti alla Corte costituzionale.