LA COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE

    Ha  pronunziato  la seguente ordinanza sul ricorso n. 18165/1997,
  proposto  in  appello  dalla  direzione regionale delle entrate del
  Veneto,  sezione  di  Padova,  in persona del legale rappresentante
  pro-tempore, appellante.
    Contro  la  sig.ra  Protti  Adelaide,  rappresentata e difesa dal
  dott.  Stefano  Domenichelli  e domiciliata presso il suo studio in
  via  Jacopo  della  Quercia,  19  in  Padova,  per  delega in atti;
  appellato per l'annullamento:
      della  decisione  n. 68/14/1996,  emessa in data 11 novembre-31
  dicembre  1996  dalla  commissione  tributaria  di  primo  grado di
  Padova, sezione XIV;
    Visto il ricorso dell'ufficio ed i relativi allegati;
    Visto l'atto di costituzione in giudizio della contribuente;
    Viste le memorie delle parti;
    Visti gli atti tutti di causa;
    Udito  alla  pubblica  udienza  del 18 febbraio 1999, il relatore
  dott.  Paolo  La  Piccirella e uditi altresi' i rappresentati delle
  parti come da verbale;

                              F a t t o

    La  sig.ra  Protti Adelaide con istanza prodotta in data 7 aprile
  1993, chiedeva aI Ministero delle finanze, Direzione generale delle
  entrate,  sezione  staccata  di  Padova,  il rimborso della imposta
  sostitutiva,   ammontante   a   L.  18.000.000  sull'indennita'  di
  esproprio percepita per un terreno ubicato in zona definita da tipo
  F (da adibire ad impianti sportivi) dagli strumenti urbanistici.
    La  contribuente  aveva  pagato  detta imposta in forza di quanto
  previsto  dal  decreto-legge  28 febbraio 1992, n. 174, il quale ha
  esteso  anche  ai  terreni  classificati  zona "F" di cui al d.m. 2
  aprile  1968  la  qualificazione  di  "redditi diversi" ex art. 81,
  comma  1,  lett.  b),  ultimo  inciso  del d.P.R. 23 dicembre 1986,
  n. 917  introdotta  dall'art.  11,  comma 5 della legge 30 dicembre
  1991,  n. 413  per le plusvalenza conseguenti alla percezione delle
  indennita'  da  parte  dei  soggetti  espropriati. Il decreto legge
  venne successivamente reiterato e nel prosieguo non piu' convertito
  in legge nei termini di cui all'art. 77 Cost.
    L'ufficio  rimaneva  inerte  sull'istanza  di rimborso. La sig.ra
  Protti,  con  ricorso  del  30  luglio  1993,  adiva la commissione
  trbutaria  di  primo  grado di Padova, facendo presente come la non
  conversione del decreto-legge avesse fatto automaticamente decadere
  ogni presupposto di tassazione.
    Costituitosi  il  contraddittorio  all'udienza  dell'11  novembre
  1996,  l'ufficio, citava le risoluzioni ministeriali n. 5865 del 14
  novembre  1994  e n. 111/E dell'11 luglio 1996, rilevava che l'art.
  1,   comma  2,  della  legge  24  marzo  1995,  n. 75  aveva  fatto
  esplicitamente  salvi  gli  effetti  del  decreto-legge 28 febbraio
  1992,  n. 174 non convertito e sosteneva, pertanto, la legittimita'
  dell'imposizione avvenuta nel periodo di vigenza del citato decreto
  legge. Concludeva pertanto per la legittimita' del silenzio rifiuto
  sulla domanda di restituzione di quanto pagato dalla sig.ra Protti.
    La  commissione  provinciale  di  Padova,  con  decisione dell'11
  novembre  1996, n. 68, riscontrato che il decreto-legge 28 febbraio
  1992, n. 174 non era stato convertito ed era decaduto, senza che le
  norme  successive  avessero  esteso la tassazione agli espropri dei
  terreni  situati  nelle  zone  di  tipo  F,  ha accolto il ricorso,
  ritenuta la decadenza degli obblighi previsti dai decreti-legge non
  reiterati, giusta l'art. 77 della Costituzione.
    L'ufficio,  con  l'appello  proposto  il  9  dicembre  1997, oggi
  all'esame,  richiamandosi  anche  al  parere  del  servizio  affari
  giuridici  e contenzioso tributario della direzione regionale delle
  entrate  del  Veneto,  ribadisce  quanto affermato in primo grado e
  chiede la riforma della sentenza impugnata.
    Resiste  la contribuente, con controdeduzioni del 20 gennaio 1998
  e sottopone al collegio quanto segue:
        l'appello   e'   da   considerare  inammissibile,  in  quanto
  l'ufficio  non  ha  indicato i motivi per i quali ritiene errata la
  sentenza di primo grado, ma si e' limitato a richiamare risoluzioni
  e i pareri ministeriali.
    Ad avviso dell'amiministrazione l'appello e' infondato in quanto:
        sono   da  disattendere  le  argomentazioni  dell'appellante,
  basate  sulle  osservazioni della direzione regionale delle entrate
  del  Veneto,  la  quale,  rimandando  alle risoluzioni ministeriali
  n. 5865/1994   e  n. 111/E  del  1996,  in  sostanza  ribadisce  la
  inaccoglibilita'  della  richiesta  di  rimborso in quanto l'art. 1
  della   legge  n. 75/1993,  avendo  fatti  salvi  gli  effetti  dei
  decreti-legge  non convertiti, legittimerebbe l'effettuazione della
  ritenuta  avvenuta  nei  periodi di vigenza di detti decreti, anche
  per gli espropri riguardanti terreni ubicati in zone di tipo F.
        la   legge   n. 75/1993   ha  fatto  salvi  gli  effetti  dei
  decreti-legge non convertiti solo per quanto attiene la correttezza
  dell'effettuazione  delle ritenute, le quali, altrimenti, sarebbero
  state  illegittime,  con  probabili conseguenze nei confronti degli
  incolpevoli   sostituti   d'imposta,   non   certo   i  presupposti
  dell'imposizione,  non  piu'  efficaci sin dall'inizio e, comunque,
  nemmeno piu' riproposti.
        lo  stesso  Ministero  delle finanze, con risoluzione n. 7/35
  del 21 luglio 1993, ha riconosciuto che le indennita' risultanti da
  espropri   eseguiti  in  zone  di  tipo  F,  non  sono  soggette  a
  tassazione,  in quanto il decreto-legge n. 174/1992, il quale aveva
  introdotto   detta  tassazione,  non  era  stato  convertito  e  la
  disposizione non piu' riprodotta nei decreti di reiterazione.
    Con  istanza  del  27  gennaio  1999  e'  stato  richiesto  dalla
  contribuente   che  la  presente  controversia  venga  discussa  in
  pubblica udienza.
    Il 18 febbraio 1999 la causa viene in decisione.

                            D i r i t t o

    I. - La  commissione  provinciale  di Padova, con la decisione in
  epigrafe,  ha  annullato  il  diniego formatosi sulla domanda della
  sig.ra  Protti  Adelaide  di  restituzione  dell'importo  pari a L.
  18.000.000 versate (in due rate il 16 giugno e il 24 novembre 1992)
  a   titolo   d'imposta  sostitutiva  sull'indennita'  di  esproprio
  percepita  per  un terreno ubicato in zona classificata di tipo "F"
  (da  adibire  ad  impianti sportivi) dallo strumento urbanistico in
  vigore nel comune di Porto ToIle.
    Come    precisato   in   narrativa,   l'imposizione   risale   al
  decreto-legge  28  febbraio  1992,  n. 174,  che ha esteso anche ai
  terreni  ubicati  in  zona  "F"  di  cui  al  d.m. 2 aprile 1968 la
  qualificazione  di  "redditi diversi" ex art. 81, comma 1, lett. b)
  ultimo  inciso  del  d.P.R.  23  dicembre  1986,  n. 917 introdotta
  dall'art.  11, comma 5, della legge 30 dicembre 1991, n. 413 per le
  plusvalenze  conseguenti  alla percezione da parte dei soggetti che
  non  esercitano  imprese  commerciali  di indennita' di esproprio o
  somme  percepite  a  seguito  di  procedimenti  espropriativi  o di
  analoga   natura   "relativamente  a  terreni  destinati  ad  opere
  pubbliche   o  ad  infrastrutture  urbane  all'interno  delle  zone
  omogenee   di  tipo  A,  B,  C  e  D"  di  cui  al  citato  decreto
  ministeriale.
    L'imposizione  a  titolo  di  redditi diversi dei terreni ubicati
  nella  zona  "F"  fu,  in un primo tempo, confermata dai successivi
  decreti-legge  27  aprile 1992, n. 269 e 25 giugno 1992, n. 319 non
  convertiti  nei  termini previsti dall'art. 77 della Costituzione e
  successivamente   abbandonata,   non   essendo  stata  la  relativa
  disposizione piu' riprodotta.
    Nei  mesi  correnti  dal  febbraio 1992 (di entrata in vigore del
  primo  dei  richiamati  decreti-legge)  all'agosto 1992 di scadenza
  dell'ultimo  dei  suddetti  decreti),  e  solo  per  detto periodo,
  pertanto  le indennita' relative all'esproprio di terreni ricadenti
  in  zona F sono state soggette alla tassazione introdotta per altre
  zone  di  cui  al  d.m. 2 aprile 1968, dalla legge n. 413 del 1991.
  Nelle  successive  norme  l'equiparazione ai redditi diversi" delle
  indennita'  di  esproprio dei terreni ricadenti nelle zone F di cui
  al  d.m.  2  aprile  1968  non fu piu' ribadita, con il conseguente
  venire meno del presupposto d'imposta e del correlativo obbligo del
  percettore della indennita' suddetta al pagamento del tributo.
    Alla   sig.ra   Protti   e'   stata   erogata   l'indennita'   di
  espropriazione   dal   comune   di   Porto   Tolle  a  seguito  del
  provvedimento   29   aprile   1991,  n. 19054/2974.  In  quanto  ha
  effettivamente   percepito   l'indennia'  durante  la  vigenza  dei
  decreti-legge,  la  contribuente  ha,  contribuente ha puntualmente
  assolto  il  debito  tributario,  ma  ne chiede la restituzione con
  l'istanza  in  data  7  aprile 1993, dopo la mancata conversione in
  legge dei decreti istitutivi dell'imposizione.
    Sia  nella  risoluzione  del  7 maggio 1997 che nell'unico motivo
  dell'appello  avverso  la  decisione,  la  sezione  di Padova della
  direzione  regionale  delle  entrate  sostiene  che gli effetti dei
  decreti-legge  non  reiterati  che  avevano  assimilato  ai redditi
  diversi  anche  le  indennita'  di  percepite  per  gli espropri di
  terreni  collocati  nelle  zona "F" sarebbero stati fatti salvi dal
  secondo  comma  dell'art.  1,  della legge 24 marzo 1995, n. 75, in
  osservanza dell'art. 77 della Costituzione.
    Ad   avviso  dell'amministrazione,  la  mancata  conversione  dei
  decreti-legge che avevano esteso anche alle indennita' di esproprio
  terreni  ubicati  in  zone  "F"  la  qalifica  di "redditi diversi"
  introdotta  dal  quinto  comma  dell'art. 11 della legge n. 413 del
  1991  comporta il venire meno dell'obbligo di pagamento del tributo
  soltanto  per  l'avvenire,  ma  non  anche  per il passato, data la
  salvezza  degli  effetti  gia'  prodottisi  disposta dalla legge 24
  marzo  1993,  n. 75,  il  cui  art.  1,  comma secondo testualmente
  dispone  che "restano validi gli atti ed i provvedimenti adottati e
  sono  fatti  salvi  gli  effetti prodottosi ed i rapporti giuridici
  sorti  sulla  base  dei  decreti-legge 28 febbraio 1992, n. 174; 27
  aprile  1992,  n. 269;  19  giugno  1992,  n. 316 e 25 giugno 1992,
  n. 319;  restano,  in  particolare,  validi ed efficaci a tutti gli
  effetti,  compreso l'obbligo di effettuare gli ulteriori versamenti
  rateali,  le  dichiarazioni  e  le  istanze  presentate,  nonche' i
  versamenti   eseguiti   entro   i  termini  indicati  nel  predetto
  decreto-legge n. 319 del 1992 ...".
    Anche  se  l'art.  77  della  Costituzione,  terzo  comma,  primo
  periodo,   prevede  che  i  decreti-legge  non  convertiti  perdano
  efficacia  sin dalla loro emanazione, il Parlamento puo', tuttavia,
  sempre   in  base  allo  stesso  art.  77,  stesso  comma,  periodo
  successivo,  regolare  con  legge  i rapporti giuridici sorti sulla
  base  dei  decreti  non  convertiti, come e', infatti, avvenuto nel
  caso di specie.
    Sempre   secondo   l'assunto   dell'amministrazione,  sebbene  il
  decreto-legge   n. 174  del  1992  (e  successivi)  non  sia  stato
  convertito  in legge, e quindi le previsioni ivi contenute siano da
  considerarsi  decadute ex tunc e prive di ogni efficacia, una legge
  formale   approvata   dal  Parlamento  ha  consolidato  i  rapporti
  giuridici  e  gli effetti prodotti dal decreto stesso. E non poteva
  essere  che  una legge a regolare detti rapporti ed effetti, stante
  la  riserva  testuale  alle  Camere  nell'ultimo comma dell'art. 77
  della  Costituzione,  precisata  dalla legge 23 agosto 1988, n. 400
  che,  ai  sensi  dell'art.  12, comma 2, lettera d), esclude che si
  possano,   con   decreto-legge   successivo,  regolare  i  rapporti
  giuridici sorti sulla base di decreti non convertiti.
    II. - Dall'assunto  dell'amministrazione  deriverebbe - ad avviso
  del  collegio - la sicura riforma della decisione impugnata, avendo
  la  commissione  provinciale  di  Padova  dichiarato  l'obbligo  di
  restituzione  di  quanto pagato dalla sig.ra Protti solo sulla base
  della  decadenza  del decreto-legge 28 febbraio 1992, n. 174, senza
  peraltro  considerare  la  sanatoria  degli  effetti prevista dalla
  legge  24  marzo 1993, n. 75, estesa ai versamenti eseguiti entro i
  termini indicati nel decreto-legge n. 319 del 1992.
    Va  infatti disattesa l'eccezione d'inammissibilita' dell'appello
  proposta  in  limine  dalla  sig.ra Protti perche' ripetitivo delle
  eccezioni  e  questioni  opposte  dall'ufficio  in primo grado. Con
  contante  giurisprudenza  il colleggio ha ritenuto sufficientemente
  motivato  il  relativo  ricorso  qualora  l'appellante  si richiami
  esplicitamente a tutte le argomentazioni gia' svolte nel precedente
  giudizio  per  opporsi  alle  questioni  di  cui  si e' occupata la
  decisione di primo grado, specie quando si chieda il riesame di una
  questione  di  diritto,  i  cui termini sono quegli stessi che sono
  stati  gia' trattati nel grado precedente (Commiss. trib. centrale,
  28 marzo 1996, n. 1439).
    III. - Le  modalita'  con le quali la sanatoria e' stata disposta
  dal  legislatore  ha  pero'  suscitato  nel collegio il ragionevole
  dubbio  di legittimita' costituzionale sul piano dalla sua aderenza
  ai  precetti  di  razionalita'  e  di  conformita'  ai  principi di
  capacita' contributiva.
    III.1 - Circa   la   rilevanza  della  questione,  e'  necessario
  ribadire  che,  vigente  la sanatoria disposta dalla legge 24 marzo
  1993,  n. 75, e' senz'altro fondato l'appello dell'amministrazione.
  Con  la  riforma  della sentenza di primo grado la contribuente non
  avrebbe  piu'  titolo  a  vedersi  restituito  quanto  essa  assume
  indebitamente versato.
    In aggiunta alla validita' degli atti, dei provvedimenti adottati
  ed  alla  salvezza degli effetti prodottosi ed i rapporti giuridici
  sorti  sulla  base  dei  suddetti  decreti-legge non convertiti, la
  legge  24  marzo  1993,  n. 75,  ne  prevede  anche  la validita' e
  l'efficacia  a tutti gli effetti, compreso l'obbligo di effetti gli
  ulteriori  versamenti  rateali, delle dichiarazioni e delle istanze
  presentate  nonche'  la  validita'  dei versamenti eseguiti entro i
  termini indicati nel predetto decreto-legge n. 319 del 1992.
    111.2 - Nella   circostanza   che   per  effetto  della  disposta
  sanatoria,  il  tributo  versato  dalla  sig.ra Protti non potrebbe
  essere   piu'   restituito  nonostante  relativa  obbligazione  sia
  divenuta  successivamente  priva  di  causa  sin dall'insorgere, il
  collegio  ravvisa  la  non  manifesta  infondatezza della questione
  costituzionalita'  dell'art.  1, comma secondo della legge 24 marzo
  1993,   n. 75,   nella   parte  in  cui  prevede  che  restano,  in
  particolare,  validi  ed  efficaci a tutti gli effetti i versamenti
  eseguiti entro i termini indicati nel predetto decreto-legge n. 319
  del 1992.
    E'  nota al collegio la costante giurisprudenza di codesta ecc.ma
  Corte  secondo  cui  attraverso  la  tecnica  della sanatoria degli
  effetti  dei  decreti-legge  non  convertiti, a mente dell'art. 77,
  comma   3   Cost.,  il  legislatore  e'  abilitato  a  dettare  una
  regolamentazione  retroattiva  dei  rapporti, senza altri limiti se
  non  quelli  rappresentati  dal  rispetto di altre norme e principi
  costituzionali (Corte costit. 21 marzo 1996, n. 84).
    Ed  e'  parimenti  noto al collegio che codesta ecc.ma corte, con
  sentenza  15-29 dicembre 1995, n. 533, ha dichiarato non fondata la
  questione  di  legittimita'  costituzionale  dell'art.  1, comma 2,
  sollevata  in  riferimento  agli  artt. 3  e 53 della Costituzione,
  delIa legge 24 marzo 1993, n. 75.
    Ritiene  peraltro il collegio di dover riprospettare la questione
  con  specifico  riferimento  alla  latitudine  di  tale clausola di
  salvezza.
    La  sua  funzione (ispirata all'esigenza di certezza dei rapporti
  giuridici)  di  ripristinare  -  secondo  un'opzione  rimessa  alla
  valutazione   discrezionale   del   Parlamento  -  una  continuita'
  normativa,   facendo   risalire   nel  tempo  la  nuova  disciplina
  all'originaria   disposizione   decaduta   e  consolidandola  negli
  effetti,  cosi'  da  assicurare  la  permanenza  dei medesimi senza
  soluzione  di  continuita',  e'  stata  di  recente  enunciata  con
  riguardo  al  contenuto  precettivo  di  disposizioni  decadute, ma
  riprodotte  in  uno  o  piu' decreti-legge successivi, l'ultimo dei
  quali convertito in legge.
    Diverso  e' il caso in cui la sanatoria degli effetti investa una
  disposizione  di  un  decreto-legge  non  convertito,  che, a norma
  dell'art.  77,  terzo  comma,  Cost.,  perde  efficacia ex tunc, e,
  tuttavia  il  Parlamento  abbia ritenuto di doverne consolidare gli
  effetti   gia'  prodottisi  con  una  disposizione  avente  portata
  generale  e  preclusiva del ripristino delle situazioni a suo tempo
  incise,  come  deve  considerarsi  l'art. 1, comma 2 della legge 24
  marzo 1993, n. 75, secondo il quale restano validi gli effetti ed i
  provvedimenti adottati e sono fatti salvi gli effetti prodottisi ed
  i  rapporti  giuridici  sorti  sulla  base  del  decreto-legge  non
  convertito.
    E'   pervero   contraria   alla  stessa  natura  delle  zone  "F"
  l'estensione, operata dal decreto-legge 28 febbraio 1992, n. 174 (e
  successivi)   alle  plusvalenze  percepite  per  le  indennita'  di
  esproprio  dei  terreni ubicati in zona "F" di cui al d.m. 2 aprile
  1968,  della qualificazione di "redditi diversi" prevista dall'art.
  11,   comma  5,  della  legge  30  dicembre  1991,  n. 413  per  le
  plusvalenze  conseguenti alla percezione di indennita' di esproprio
  di  aree  classificate nelle altre zone omogenee (da "A" ad "E") di
  cui al medesimo decreto miniisteriale.
    Diversamente   dalle  altre  destinazioni  d'uso  previste  nella
  classificazione,  il  cui  utilizzo dei terreni era compatibile con
  l'esercizio  dello  jus  aedificandi  da  parte del privato, si che
  l'espropriazione  aveva effettivamente natura risarcitoria, dovendo
  il  prezzo delle aree essere equiparato ai prezzi di mercato (anche
  se nelle forme e con i limiti enunciati dalla corte di Cassazione e
  da  codesta  ecc.ma  Corte),  cosi' non era per le zone "F", la cui
  destinazione "ad attrezzature ed impianti di interesse generale" ne
  comportava   la   sottrazione  al  proprietario  e  la  conseguente
  l'incommerciabilita'  del  bene  sia dal momento in cui il relativo
  vincolo   di   destinazione  veniva  imposto,  e  ne  implicava  la
  conseguente   natura   non  risarcitoria  dell'indennizzo  connesso
  all'espropriazione.
    L'assimilazione  ai redditi diversi ex art. 81, comma 1, lett. b)
  ultimo  inciso  del  d.P.R.  23 dicembre 1986, n. 917, disposta dal
  decreto-legge  28 febbraio 1992, n. 174 (e successivi) era pertanto
  contraddittoria  sin  dal  suo insorgere rispetto alla natura delle
  somme percepite dall'espropriato, atteso che i terreni classificati
  come  zone  "F"  non  erano  suscettibili  di  alcuna utilizzazione
  edificatoria  come la norma richiede affinche' le somme percepite a
  seguito  ad  esproprio  possano considerarsi plusvalenza realizzata
  mediante  cessione  (coattiva)  a titolo oneroso e conseguentemente
  classificate fra i "redditi diversi".
    Oltre  che  per  effetto  della decadenza dei decreti-legge sopra
  citati,  l'assoggettamento  a  tassazione  in  qualita'  di redditi
  diversi  delle  somme  precepite in conseguenza di espropri di aree
  classificate  come  zone  "F"  era  pertanto ingiustificato perche'
  contrario alla stessa natura delle zone in questione ed allo stesso
  carattere  delle  indennita' percepite che non costituivano affatto
  plusvalenza.
    Non  essendo le aree oggetto di esproprio qualificate in zone "F"
  suscettibili   di   utilizzazione   edificatoria,   come  richiesto
  dall'art.  81,  comma  1,  lett.  b)  ultimo  inciso  del d.P.R. 23
  dicembre  1986,  n. 917 affinche' le somme percepite in conseguenza
  dell'esproprio  possano  considerarsi  reddito,  l'ampia latitudine
  della  sanatoria  disposta  con  la  legge  24  marzo  1993, n. 75,
  confligge  con il criterio costituzionalmente tutelato del concorso
  alle  pubbliche  spese  in ragione della capacita' contributiva dei
  partecipi alla collettivita'.
    La  validita'  degli effetti e dei provvedimenti adottati durante
  la   vigenza   del  decreto  legge  28  febbraio  1992,  n. 174  (e
  successivi)  e  la salvezza degli effetti prodottisi e dei rapporti
  giuridici   sorti   sulla   base  dei  predetti  decreti-legge  non
  convertiti  si  traduce  invero nell'inibizione al contribuente che
  abbia pagato il tributo a chiederne la restituzione, nonostante non
  vi  fosse  per piu' versi tenuto, e comporta un arricchimento senza
  causa  da  parte dell'amministrazione finanziaria, che ha percepito
  somme   non   riflettenti  una  reale  capacita'  contributiva  del
  soggetto.
    Che  dalla decadenza per mancata conversione dal decreto-legge 28
  febbraio 1992, n. 174 (e successivi) non possa farsi discendere per
  ragioni organizzative un obbligo dell'amministrazione di restituire
  sua   sponte  le  somme  indebitamente  percepite  appare  evidente
  all'adito collegio: nel che l'opportunita' della sanatoria disposta
  dal Parlamento.
    Ma  che la discrezionalita' dell'organo legiferante si estenda al
  punto  tale  da  paralizzare  il  recupero  di quanto indebitamente
  versato  appare  al collegio eccessivo ed ingiustificato, allorche'
  le  somme  oggetto  di  imposizione  non  siano  state  versate  in
  osservanza del criterio della capacita' contributiva, ma in base ad
  un'erronea  lettura da parte del legislatore dell'art. 81, comma 1,
  lett.  b)  ultimo  inciso  del  d.P.R. 23 dicembre 1986, n. 917, in
  relazione all'art. 2 comma primo lett. F) del d.m. 2 aprile 1968.
    IV. - E'  pertanto  necessario  rimettere  a codesta ecc.ma Corte
  costituzionale  per  contrasto  con  gli artt. 3 e 53 Cost. l'esame
  dell'art.  1  comma secondo della legge 24 marzo 1993, n. 75, nella
  parte  in  cui  -  nel  prescrivere che restano validi gli atti e i
  provvedimenti adottati e sono fatti salvi gli effetti prodottisi ed
  i rapporti giuridici sorti sulla base dei decreti-legge 28 febbraio
  1992,  n. 174, 27 aprile 1992, n. 269, 19 giugno 1992, n. 316, e 25
  giugno 1992,  n. 319  restano  in  particolare validi ed efficaci a
  tutti  gli  effetti, compreso l'obbligo di effettuare gli ulteriori
  versamenti  rateali,  le  dichiarazioni  e  le  istanze presentate,
  nonche' i versamenti eseguiti entro i termini indicati nel predetto
  decreto-legge  n. 319 del 1992 - inibisce al contribuente qualsiasi
  azione di ripetizione di quanto ingiustamente pagato.
    E'  quindi  necessario  sospendere  il presente giudizio ai sensi
  dell'art.  23,  legge  11 marzo 1953, n. 87, e rimettere alla Corte
  costituzionale l'esame della questione.