IL TRIBUNALE

    Ha  emesso  la  seguente  ordinanza ex art. 23, terzo comma della
  legge 11 marzo 1953, n. 87.
    Nella  causa  civile  iscritta al n. 24030 del ruolo generale per
  gli  affari  contenziosi  dell'anno  1994,  e  vertente tra Chionne
  Brunetta   e  Gioia  Ascenzi  elettivamente  domiciliati  in  Roma,
  Lungotevere  Mellini  n. 27,  presso  lo  studio  dell'avv. Tommaso
  Spinelli  Giordano, difensore in giudizio in virtu' di procura alle
  liti  in  atti;  attrice  ed  intervenuta  e Lloyd Adriatico S.p.a.
  elettivamente  domiciliata  in  Roma, via Varsavia n. 10, presso lo
  studio  dell'avv. Vittore Piras, difensore in giudizio in virtu' di
  procura  alle  liti  in atti, convenuta e Alessandro Polo convenuto
  contumace; oggetto: - danni da incidente stradale;
    Il giudice, letti gli atti di causa;
    Ritenuto che, in merito alla liquidazione del danno alla persona,
  trattandosi  della valutazione e liquidazione del danno bilogico da
  invalidita'  inferiore  al 9% (c.d. micropermanente), e' necessario
  sollevare  di  ufficio,  come  in effetti con la presente ordinanza
  solleva,   la   questione   di  illegittimita'  costituzionale  del
  decreto-legge  n. 70/2000  contenente  "disposizioni urgenti per il
  contenimento delle spinte inflazionistiche" approvato dal Consiglio
  dei Ministri il 17 marzo 2000 e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale
  n. 73 del 28 marzo 2000, con il quale e' stato stabilito che:
        1. - art.  3.1.a - per il risarcimento del danno alla persona
  per  lesioni  di  lieve entita', nella misura di L. 800.000 a punto
  per  lesioni fino al 5% compreso di invalidita' e di L. 1.500.000 a
  punto   per  lesioni  comprese  tra  il  6  e  il  9%  compresi  di
  invalidita';
        2. - art.  3.1.b - il danno biologico temporaneo nella misura
  di  lire  cinquantamila  al di', e la temporanea parziale in misura
  proporzionale;
        3. - art.  3.1.c - per il danno non patrimoniale, nei casi in
  cui  questo  e'  risarcibile ai sensi dell'art. 2059 c.c. in misura
  non  superiore  al  25%  dell'importo  liquidato  a titolo di danno
  biologico;
        4. - art.  3.2  -  per  danno  biologico  deve  intendersi la
  lesione  all'integrita'  psicofisica della persona, suscettibile di
  accertamento  medico-legale  ed  e'  risarcibile  indipendentemente
  dalla  sua  incidenza  sulla  capacita'  di  produrre  reddito  del
  danneggiato;
        5. - art. 3.4 - con provvedimento amministrativo del Ministro
  dell'industria,  del  commercio e dell'artigianato, di concerto con
  il Ministro della sanita' si provvede alla determinazione dei punti
  di invalidita' permanente.
    Ritenuto  che  il  tribunale  ha  sino  ad  ora  provveduto  alla
  liquidazione   del   danno  alla  persona,  per  il  caso  di  c.d.
  micropermanenti,  in  conformita'  alla  giurisprudenza della Corte
  d'appello di Roma (v. sent. n. 734 e 2315 anno 1997), applicando il
  criterio  di  liquidazione equitativa con il parametro del punto di
  invalidita',  dalla media dei precedenti giudiziari (individuato in
  L. 3.000.000  a  punto,  aumentabile  sino  al  50%  per  il  danno
  biologico   permanente;  L. 100.000  al  di'  per  danno  biologico
  temporaneo  assoluto  e  quello parziale al 50% in L. 50.000; danno
  non patrimoniale in via equitativa e secondo giustizia, da 1/3 alla
  meta'  di  quello biologico complessivo), con espresso riferimento,
  per  la  personalizzazione  del caso concreto, alle variabili della
  natura  ed  entita'  delle lesioni, dell'eta' del danneggiato, alla
  durata ed alla gravita' della malattia, etc.;
    Ritenuto  che,  al  contrario,  ed  in  violazione  dei  principi
  generali   ormai   consolidati  ed  approvati  sino  ad  ora  dalla
  giurisprudenza  di  merito, ed enunciati ripetutamente da quella di
  legittimita' (principio, ad es., di assoluta uniformita' pecuniaria
  di  base,  come  contemperato  in  ogni  caso  dal  principio della
  "personalizzazione"  del  danno  biologico  e del danno morale, pur
  nell'ambito della discrezionalita' del giudice, e della valutazione
  equitativa  ex  lege,  ma  con costante riferimento alle specifiche
  diversita'  del  caso  concreto,  al  fine  di  garantire la giusta
  liquidazione  del danno biologico in tutti i suoi aspetti, compreso
  quello dinamico, ed inteso come una ingiusta lesione dello stato di
  salute  e della complessiva attitudine psico-fisica del soggetto, e
  rifuggendo  comunque dall'automatismo della applicazione passiva ed
  acritica  di  tabelle  di  calcolo  semplificate  -  v. Cass. sent.
  n. 475/1999,  la  semplice  e  pedissequa applicazione del predetto
  decreto-legge   n. 70/2000  comporterebbe  una  ingiusta  riduzione
  dell'indennizzo risarcitorio in misura superiore al 60-70%, con una
  conseguente  altrettanto  ingiusta  locupletazione  a vantaggio del
  danneggiante  responsabile del fatto illecito, ed in definitiva, in
  forza  della  legge  n. 990/1969,  e  successive  modificazioni,  a
  vantaggio dell'assicuratore.
    Ritenuto  che  si  appalesa, pertanto, la incostituzionalita' del
  decreto   legge   n. 70/2000   per  la  violazione  delle  seguenti
  disposizioni della Costituzione:
        art. 77 della Costituzione, per difetto di espressa delega da
  parte  delle Camere e mancando integralmente lo stato di necessita'
  ed  urgenza  ed anche il caso straordinario (sino ad ora il Governo
  aveva  sempre  affermato di saper controllare la c.d. inflazione in
  ambiti  del  tutto  "programmati")  .  Non  e' certo sufficiente, e
  neppure  comprensibile,  la  inclusione  del provvedimento in esame
  come  contropartita  e  controvalore  al  blocco  per un anno degli
  aumenti  delle  tariffe assicurative, all'art. 2 del decreto-legge,
  configurandosi  cosi'  evidente  eccesso  di  potere  da  parte del
  Governo  nell'uso  indiscriminato  della decretazione di urgenza in
  una  materia  riservata al Parlamento quale quella della tutela del
  bene inviolabile della salute.
    2.  -  Artt.  2,  3  e  32  della  Costituzione  -  disparita' di
  trattamento.
    Il  decreto-legge  all'art. 3/1/A, B, e C, determinando in misura
  fissa  e  costante  il  valore  dell'indennizzo  per  ogni punto di
  invalidita',  e  per  la  inabilita'  temporanea,  non  consente la
  specifica   tutela  del  bene  costituzionalmente  garantito  della
  salute,  denegando  cosi' la possibilita' di un giusto ed integrale
  risarcimento  del  danno  biologico  con la attenta valutazione del
  caso concreto, peraltro "spogliando" il giudice della sua tipica ed
  essenziale funzione di "filtro", oltreche' di critica e consapevole
  valutazione  della  lesione in concreto e caso per caso e della sua
  corretta  liquidazione,  riducendo  cosi'  il giudicante ad un mero
  esecutore,  privandolo  di  qualsivoglia  potere  discrezionale. Ed
  invero,    riducendo    al   minimo,   con   criterio   egualitario
  indiscriminato,   come   aprioristicamente   imposto,  l'indennizzo
  sarcitorio  spettante  per  il danno alla salute, oltre a svalutare
  del  tutto  l'entita'  e  lo  stesso  "valore uomo", si perviene in
  effetti  a  danneggiare  prevalentemente  i  danneggiati  con esiti
  validanti  piu'  gravi,  risultando  pacifico che la gravita' della
  menomazione  (e quindi il diritto al risarcimento) cresce in misura
  piu'  che  proporzionale rispetto alla maggiore entita' dei postumi
  invalidanti.
    Peraltro  il decreto-legge e' del tutto inapplicabile perche' non
  ha   fissato   alcun   criterio   di   base   per  la  liquidazione
  dell'indennizzo  e  per  aver  "rinviato"  con  delega  ai Ministri
  dell'industria, del commercio e dell'artigianato, e di concerto con
  il   Ministro  della  sanita',  "la  determinazione  dei  punti  di
  invalidita'  permanente",  cosi' declassando la tutela della salute
  ad un fatto di carattere prettamente amministrativo.
    Sicche',   in  definitiva,  sembrerebbe  quasi  che  il  Governo,
  arrogandosi  un  potere  espressamente  riservato alla legislazione
  delle  Camere,  trattandosi  del  bene inviolabile della salute del
  cittadino,  abbia inteso invalidare e porre nel nulla, e con un sol
  colpo, tutti quei criteri di valutazione prudenziale della gravita'
  della  malattia  e  dei suoi postumi e quindi della valutazione dei
  corrispondenti  punti  di  invalidita' sino ad ora adottati, con la
  conseguente  impossiblita'  di  funzionamento  della  giustizia del
  settore.
    Cosi' ancle l'appiattimento operato per la liquidazione del danno
  biologico  da inabilita' temporanea, sia assoluta che parziale, non
  consente  al  giudicante  di  valutare  opportunamente  la  diversa
  gravita'  dello  stato  di malattia conseguente alle lesioni subite
  dal  danneggiato,  cosi'  privando  i  piu'  della  possibilita' di
  ottenere un giusto indennizzo.
    Cosi'  anche  la  fissazione  al limite minimo (del 25% del danno
  biologico)  della  quantificazione  del  danno  morale,  cosi' come
  ancorato, in controtendenza con le piu' comprensive normative degli
  Stati  della  comunita'  europea, all'ipotesi di reato ex art. 2059
  c.c.,   in   aperto  contrasto  con  la  inviolabile  tutela  della
  integrita'  psico-fisica  del cittadino, concreta in definitiva una
  incompleta  realizzazione  dell'indennizzo risarcitorio spettante a
  seguito   del  fatto  illecito,  oltreche'  un  completo  esproprio
  estremamente riduttivo della funzione giurisdizionale.