IL TRIBUNALE All'udienza dell'11 aprile 2000, pronuncia la seguente ordinanza nel procedimento n. 178/95/16 contro Consolato Ambrogio, Scarfi' Sally Ann e Talavera Ivonne (riunito il proc. n. 440/97/16), imputati dei reati rispettivamente ascritti come nel decreto del g.u.p. del tribunale di La Spezia del 19 luglio 1995. Premesso che all'odierna udienza il difensore dell'imputata Talavera Ivonne ha sollevato la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 513, comma 2, c.p.p. con riferimento all'art. 111 Costituzione, nella parte in cui prevede che, qualora il dichiarante rifiuti o ometta, in tutto o in parte, di rispondere sui fatti concernenti la responsabilita' di altri imputati, gia' oggetto delle sue precedenti dichiarazioni, in mancanza di accordo delle parti alla lettura, si applichi l'art. 500, commi 2-bis e 4 c.p.p., indipendentemente dal verificarsi di uno dei casi previsti dall'art. 111, quinto comma, Costituzione; tutti gli altri difensori degli imputati si sono associati alla prospettazione del suddetto difensore; il p.m. ha sostenuto la manifesta infondatezza della questione, in quanto il divieto di cui all'art. 111, comma quarto, della Costituzione concerne soltanto la utilizzazione al fine della prova della colpevolezza dell'imputato, ma non esclude del tutto che le dichiarazioni rese nel corso delle indagini preliminari possano essere acquisite col mezzo della contestazione ed utilizzate, sia al fine della prova della innocenza di qualche coimputato, sia, ove si accerti autonomamente sulla base di altri elementi di prova, la colpevolezza dell'imputato, al fine della valutazione dell'entita' della pena in base ai criteri di cui all'art. 133 c.p.; O s s e r v a La questione sollevata dalla difesa e' rilevante nel presente giudizio, posto che non e' possibile definirlo senza aver previamente stabilito se il p.m. possa, non sussistendo il consenso delle parti, contestare a Mapelli Armanda, persona esaminata ex art. 210 c.p.p. e che si e' avvalsa della facolta' di non rispondere alle domande, il contenuto dei verbali degli interrogatori resi il 28 luglio 1994 al g.i.p. del tribunale di Como ed il 22 settembre 1994 al p.m. del tribunale di Genova, nei quali aveva reso dichiarazioni attinenti ai fatti per cui si procede. Non si condivide la tesi del p.m. secondo cui la questione sarebbe manifestamente infondata. Invero, a seguito della sentenza della Corte costituzionale n. 361 del 2 novembre 1998, l'art. 513, secondo comma, c.p.p. consente l'applicabilita', anche nel caso di persona esaminata ai sensi dell'art. 210 c.p.p., della contestazione disciplinata per i testimoni dall'art. 500, commi 2-bis e 4, c.p.p. Non pare superabile il tenore letterale dell'art. 500, quarto comma, c.p.p., secondo cui le dichiarazioni utilizzate per la contestazione sono acquisite nel fascicolo per il dibattimento e sono valutate come prova dei fatti in essa affermati, se sussistono altri elementi di prova che ne confermano l'attendibilita'. La norma, infatti, di per se' non consente la limitazione del valore probatorio degli atti acquisiti con la contestazione alla prova dell'innocenza e/o alla valutazione dei criteri di cui all'art. 133 c.p., come indicato dal p.m., atteso l'espresso richiamo alla "prova dei fatti" per cui si procede. Non appare manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale sollevata, posto che la disciplina di cui all'art. 513, comma 2 c.p.p. cosi' come delineata dalla sentenza della Corte costituzionale n. 361/1998, appare in contrasto con il dettato costituzionale di cui all'art. 111 della Costituzione introdotto dalla legge costituzionale n. 2/1999, da cui peraltro traspare la specifica volonta' del legislatore di porre nel nulla la sentenza interpretativa di accoglimento della Corte costituzionale sopra citata. Ed invero, la possibilita' - introdotta col meccanismo delle contestazioni - di acquisire ed utilizzare contra alios le dichiarazioni in precedenza rese dalla persona esaminata ex art. 210 c.p.p., che si sia avvalsa in dibattimento della facolta' di non rispondere, pare inconciliabile: 1) con il comma 4 dell'art. 111 novellato, risultando violato il principio costituzionale del contraddittorio nella formazione della prova e ricorrendo, peraltro, la specifica ipotesi di soggetto che si e' sottratto volontariamente all'esame da parte dell'imputato e del suo difensore in relazione alla propria posizione processuale; 2) con il comma 5 dell'art. 111 Cost., non ricorrendo nessuna delle ipotesi in cui e' consentita la formazione della prova al di fuori del contraddittorio (consenso dell'imputato, accertata impossibilita' di natura oggettiva, provata condotta illecita).