IL TRIBUNALE Ha emesso la seguente ordinanza sulla eccezione di illeggittimita' costituzionale dell'art. 210, quarto comma c.p.p per violazione degli artt. 3, 24, 111 e 112 della Costituzione, sollevata dal p.m. nel procedimento penale a carico di Albini Gian Carlo Maria e Tonali Antonio, imputati del reato di concussione; sentite le difese; O s s e r v a All'odierna udienza e' stato convocato in qualita' di imputato in procedimento connesso Radaelli Sergio, gia' coimputato per i medesimi fatti contestati agli imputati nel presente procedimento. Il Radaelli si e' avvalso della facolta' di non rispondere ed il pubblico ministero, preso atto dell'esercizio di tale facolta', ha sollevato la questione di legittimita' costituzionale sopra indicata. I difensori hanno chiesto il rigetto per manifesta irrilevanza della questione proposta. Ritiene in primo luogo il collegio che la questione sia rilevante. Nel presente processo trova applicazione l'art. 111 della Costituzione, come modificato dall'art. 2 legge costituzionale 23 novembre 1999 n. 2 in quanto, pur essendo intervenuta la dichiarazione di apertura del dibattimento in data anteriore all'entrata in vigore della citata legge costituzionale, non risultano gia' acquisiti al fascicolo del dibattimento i verbali di dichiarazioni precedentemente rese dal Radaelli, chiamato a rispondere per la prima volta all'odierna udienza, con la conseguenza che non puo' trovare applicazione la disciplina transitoria di cui alla legge 25 febbraio 2000 n. 35. Dal decreto che dispone il giudizio e dalla richiesta di prove formulata dal pubblico ministero e ammesse dal tribunale, emerge che la posizione degli imputati non puo' essere valutata a prescindere dalle dichiarazioni rese dal Radaelli, che non possono trovare ingresso nel dibattimento posto che lo stesso si e' avvalso della facolta' di non rispondere e non sussistono le condizioni indicate dal comma 5 dell'art. 111 della Costituzione per derogare al principio della formazione della prova nel contraddittorio delle parti. La questione inoltre appare non manifestamente infondata con riguardo alla facolta' di non rispondere riconosciuta al coimputato che abbia precedentemente reso dichiarazioni accusatorie nei confronti di altri soggetti, proprio alla luce dei nuovi principi costituzionali di cui all'art. 111. Le nuove regole fissate da tale norma costituzionale rendono necessaria una diversa valutazione del rapporto tra diritto alla formazione della prova in contraddittorio e diritto al silenzio del chiamante in correita': alla maggiore tutela del primo accordata con la nuova norma costituzionale non puo' che corrispondere una compressione del secondo. Se cosi' non fosse, si verrebbe inevitabilmente a vanificare l'attuazione di altri principi costituzionali o di pari rilevanza, quali l'indefettibilita' della giurisdizione, l'obbligatorieta' dell'azione penale, l'inderogabile funzione cognitiva del processo, il libero convincimento del giudice. Sotto questo profilo deve pertanto ritenersi che la previsione della facolta' di non rispondere di cui all'art. 210 4o comma c.p.p., in relazione alle dichiarazioni rese da un imputato su fatti concernenti anche la responsabilita' di altri, contrasti con i principi costituzionali da ultimo indicati oltre che con il precetto costituzionale del diritto alla formazione della prova in contraddittorio. La corretta interpretazione e applicazione dei principi costituzionali impone che, una volta intrapresa la via della formulazione di dichiarazioni accusatorie nei confronti di altri soggetti, l'esercizio del diritto al silenzio debba essere necessariamente limitato ai soli casi indicati nel comma 5 dello stesso art. 111 della Costituzione;