IL TRIBUNALE In funzione di giudice dell'esecuzione nel procedimento n. 76/99 R.G.E.S. a carico di Camigliano Francesco, nato a Petilia Policastro il 26 agosto 1958, ivi residente frazione Pagliarelle via Silana, assistito e difeso dal difensore di fiducia avv. Mario Saporito del foro di Crotone; sull'istanza del 12 ottobre 1999 con il predetto difensore chiede la revoca ex art. 673 c.p.p. della sentenza pretore Crotone sez. dist. di Petilia Policastro 20 marzo 1998, irrev. il 7 maggio 1998, e dei decreti penali di condanna 7 dicembre 1987 pretore Catanzaro, 10 settembre 1988 pretore Gemona del Friuli, 3 aprile 1989 pretore Oderzo e 4 marzo 1994 g.i.p.-pretura Verbania, per intervenuta abolitio criminis, in relazione al reato di emissione di assegni senza provvista di cui all'art. 116 r.d. 1736/1933 e artt. 1 e 2 legge 386/1990; rilevato che: a) il Camigliano riportava riportava tra il 1987 ed il 1998 cinque condanne per reati in materia di assegni: le prime tre per il reato gia' previsto e punito dall'art. 2 legge 386/1990 (per le quali gli veniva inflitta la sola pena pecuniaria), la quarta e la quinta per quello di cui all'art. 1 della stessa legge (circostanze nelle quali rispettivamente, otteneva la sostituzione della pena detentiva di mesi uno di reclusione con quella pecuniaria di L. 750.000 di multa e patteggiava la pena di mesi due di reclusione); b) per tale ultima pronuncia - come le altre irrevocabile - non risulta essere stato ancora emesso il relativo ordine di carcerazione; c) per effetto dell'intervenuta depenalizzazione dei reati de quibus ad opera del d.lgs n. 507/1999, disposta - ex art. 101 citato decreto - la revoca delle sentenze di condanna, la norma, al comma 1, prevede sic et simpliciter l'adozione dei provvedimenti conseguenziali mentre nei due commi successivi indica rispettivamente le modalita' di riscossione da attivare per recuperare, tra l'altro, le multe e le ammende inflitte con le sentenze o i decreti irrevocabili nonche' i casi in cui restano ferme confisca e pene accessorie; d) nel caso di specie la posizione del Camigliano rileva ai fini dell'applicazione della norma tanto del primo (quinta ed ultima condanna) quanto del comma 2. Ritenuto che: a) nel caso di sentenza irrevocabile che contempli una sentenza di condanna a pena detentiva in corso di esecuzione (o ancora da eseguire), in assenza di una previsione espressa in ordine ad eventuali provvedimenti censeguenziali da adottare contestualmente alla revoca (od alla definitiva mancata emissione) dell'ordine di carcerazione, il giudice dell'esecuzione - salvo il disposto di cui al comma 3 dell'art. 101 - ad essa si debba sostanzialmente limitare; b) non esiste infatti nel citato decreto previsione analoga a quella contenuta nel comma 2 dell'art. 101 che introduce un meccanismo di recupero delle pene pecuniarie ne' potrebbe giustificarsi una trasmissione degli atti al prefetto stante la circoscritta deroga al principio di legalita' e di irretroattivita' di cui all'art. 100, comma 1; c) tale conseguenza appare oltremodo contraria a principi di uguaglianza nella misura in cui il legislatore, introdotta all'art. 100 una deroga al principio di irretroattivita' di cui all'art. 1 legge n. 689/1981 (principio evidentemente non di rango costituzionale ove riferito a fatti solo amministrativamente sanzionati, tanto piu' ove trattasi di condotte gia' penalmente rilevanti) e postosi il problema di un'eventuale disparita' di trattamento tra soggetti definitivamente condannati al pagamento di una pecuniaria non ancora riscossa ed imputati sottoponibili a sanzione amministrativa irrogabile dal prefetto, lo abbia risolto nei modi indicati dai commi 2 e 3 dell'art. 101; d) se allora la voluntas legis era quella - nel passaggio dal vecchio al nuovo modello sanzionatorio - di non lasciare, per cosi' dire, concretamente impunite quelle condotte consumatesi prima del 15 gennaio del 2000 i cui procedimenti non potevano ancora ritenersi completamente esauriti (o perche' non ancora definiti con sentenza o decreto irrevocabile o perche', pur contemplando una pronuncia irrevocabile, non ne fosse stata ancora eseguita la relativa pena), appare del tutto irragionevole che a restare impunite siano proprio le condotte piu' gravi (e cioe' quelle punite con pena detentiva) per di piu' accertate con provvedimento irrevocabile; e) in tali ipotesi - corrispondenti a quella in cui versa il Camigliano con riferimento alla quinta ed ultima sentenza citata di cui si chiede la cancellazione - si verrebbe di fatto a riservare un trattamento di favore ingiustificato sotto ogni profilo: sia se raffrontato a chi non e' stato attinto da una condanna irrevocabile (e comunque perseguibile in forza della citata deroga al principio di irretroattivita'), sia se parametrato a chi, ugualmente attinto da detto genere di provvedimento, abbia compiuto un fatto meno grave punito con sola pena pecuniaria (che, comunque, dovra' pagare giusto disposto di cui al comma 2 dell'art. 101) o con pena detentiva poi convertita (ed e' il caso della quarta condanna riportata dal Camigliano); f) d'altro canto, la concomitante interazione dei principi di intangibilita' del giudicato penale e di legalita' (con i suoi corollari tra i quali quello di irretroattivita') dell'illecito amministrativo rende impraticabile una soluzione che in via interpretativa od analogica colmi la ritenuta lacuna con soluzioni atipiche quali la trasmissione degli atti al prefetto o la conversione della pena detentiva nella pecuniaria corrispondente onde poter poi attivare le forme di riscossione di cui al citato comma 2 dell'art. 101; g) cio' nondimeno in analoga impossibilita' non si ritiene possa incorrere l'adita Corte nella misura in cui - ove si ritenesse fondata la prospettata violazione dei principi di uguaglianza e ragionevolezza - nessuno dei due principi evidenziati al punto f) assurgerebbe a rilevanza costituzionale: ne' il primo (vulnerato per esempio dalla previsione di cui all'art. 673 c.p.p.), ne' il secondo (vanificato quasi puntualmente ad ogni intervento di depenalizzazione dopo che le sezioni unite - con sentenza 16 marzo 1994 imp. Mazza - hanno chiarito l'inapplicabilita' dell'art. 2, terzo comma c.p. alle successioni di legge analoghe a quella in esame); h) la questione - attesa la circoscrivibilita' al solo ambito penale della riserva di legge costituzionale di cui all'art. 25 della Costituzione - puo' allora, ad avviso di questo giudice, essere posta in termini additivi in relazione all'art. 101 del d.lgs. 507/1999 nella parte in cui non prevede, anche per le pene detentive inflitte con sentenze o decreti irrevocabili ma non ancora portati ad esecuzione (o per i quali l'esecuzione non si sia esaurita) il residuare - previa conversione nel corrispondente importo pecuniario - di un meccanismo sanzionatorio (e di recupero) analogo a quello previsto al comma 2 per le multe e le ammende inflitte con sentenze o decreti di analogo tenore; Ritenuto quindi che va sollevata d'ufficio questione di legittimita' costituzionale della norma da ultimo citata apparendo la stessa non manifestamente infondata per le considerazioni sopra svolte ed essendo altresi' rilevante la sua decisione nel procedimento de quo quanto meno con riferimento ai provvedimenti conseguenziali da adottare a seguito della cancellazione della sentenza emessa ai sensi dell'art. 444 c.p.p. dal pretore di Crotone nei confronti di Camigliano Francesco 20 marzo 1998 (irrevocabile il 7 giugno 1958) con la quale veniva applicata al predetto la pena di mesi due di reclusione;