ha pronunciato la seguente


                              Ordinanza

nel  giudizio  di ammissibilita' del conflitto tra poteri dello Stato
sorto a seguito della delibera della Camera dei deputati del 23 marzo
1999   relativa   alla   insindacabilita'   delle  opinioni  espresse
dall'on. Vittorio  Sgarbi  nei confronti del dott. Giancarlo Caselli,
promosso  dalla  Corte  di  appello  di  Roma, sezione IV penale, con
ricorso  depositato  il  21  febbraio  2000 ed iscritto al n. 146 del
registro ammissibilita' conflitti.
    Udito  nella  camera  di  consiglio del 24 maggio 2000 il giudice
relatore Cesare Mirabelli.
    Ritenuto  che con ordinanza del 25 ottobre 1999, depositata nella
cancelleria  della  Corte  il 21 febbraio 2000, la Corte d'appello di
Roma, sezione IV penale, investita di un giudizio penale per il reato
di  diffamazione  aggravata a carico del deputato Vittorio Sgarbi, ha
sollevato  conflitto  di  attribuzione  tra  poteri  dello  Stato nei
confronti  della  Camera  dei  deputati  in  relazione  alla delibera
adottata  dalla  Assemblea  nella seduta del 23 marzo 1999 (documento
IV-quater  n. 65),  la quale ha dichiarato che i fatti per i quali e'
in   corso   il  procedimento  penale  concernono  opinioni  espresse
nell'esercizio   delle   funzioni   parlamentari,   in   quanto  tali
insindacabili (art. 68, primo comma, della Costituzione);
        che,  ad  avviso  della  Corte d'appello, non si ravviserebbe
alcun  collegamento  funzionale  tra  le  espressioni contestate come
diffamatorie  al deputato Sgarbi e la sua attivita' parlamentare; non
sarebbe,  difatti,  riscontrabile  alcuna connessione con atti tipici
della  funzione  parlamentare, ne' risulterebbe possibile individuare
nel  comportamento,  oggetto  delle  imputazioni  penali,  un qualche
intento    divulgativo    di    una    scelta   o   di   un'attivita'
politicoparlamentare;
        che  la Corte d'appello ritiene pertanto che la deliberazione
della   Camera   abbia   inciso   sulle  attribuzioni  dell'autorita'
giudiziaria.
    Considerato   che   si   deve,   in   questa   fase,   deliberare
esclusivamente  se  il  ricorso  sia  ammissibile,  valutando,  senza
contraddittorio tra le parti, se sussistono i requisiti soggettivo ed
oggettivo  di  un  conflitto  di attribuzione tra poteri dello Stato,
impregiudicata    ogni   definitiva   decisione   anche   in   ordine
all'ammissibilita'  (art. 37,  terzo  e  quarto comma, della legge 11
marzo 1953, n. 87);
        che,  quanto  al  requisito soggettivo, la Corte d'appello di
Roma  e'  legittimata  a sollevare il conflitto, essendo competente a
dichiarare  definitivamente,  per il processo del quale e' investita,
la  volonta'  del  potere  cui  appartiene, in ragione dell'esercizio
delle  funzioni  giurisdizionali  svolte in posizione di indipendenza
costituzionalmente garantita;
        che,  parimenti, la Camera dei deputati, che ha deliberato la
dichiarazione  di  insindacabilita'  delle  opinioni  espresse  da un
proprio membro, e' legittimata ad essere parte del conflitto, essendo
competente  a  dichiarare  definitivamente la volonta' del potere che
rappresenta;
        che,  per  quanto attiene al profilo oggettivo del conflitto,
la  Corte  d'appello  di  Roma  denuncia la menomazione della propria
sfera   di   attribuzione,  garantita  da  norme  costituzionali,  in
conseguenza della deliberazione della Camera dei deputati, denunciata
come  illegittima,  che  qualifica le opinioni espresse da un proprio
membro  come  rientranti  nell'esercizio delle funzioni parlamentari,
sicche' per esse opererebbe la garanzia di insindacabilita' stabilita
dall'art. 68, primo comma, della Costituzione;
        che,  pertanto,  esiste  la  materia  di  un conflitto la cui
risoluzione spetta alla competenza della Corte.