ha pronunciato la seguente Ordinanza nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 157, comma secondo, del codice penale, promosso con ordinanza emessa il 24 settembre 1998 dalla Corte di appello di Milano nel procedimento penale a carico di C. G., iscritta al n. 95 del registro ordinanze 2000 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica - 1a serie speciale - n. 11, dell'anno 2000. Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei Ministri; Udito nella camera di consiglio del 22 giugno 2000 il giudice relatore Guido Neppi Modona. Ritenuto che la Corte di appello di Milano ha sollevato, in riferimento agli artt. 112 e 3 della Costituzione (quest'ultimo richiamato implicitamente solo in motivazione) e all'art. 6, primo comma, della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali, adottata a Roma il 4 novembre 1950 e resa esecutiva con legge 4 agosto 1955, n. 848, questione di legittimita' costituzionale dell'art. 157, secondo comma, del codice penale, nella parte in cui "consente che il termine di prescrizione del reato non sia definibile nella stessa misura in tutte le fasi del procedimento", e in particolare nella parte in cui consente che sulla determinazione del termine della prescrizione abbia effetto, anche mediante il giudizio di bilanciamento tra circostanze eterogenee di cui all'art. 69 cod. pen., "la concessione dell'attenuante di cui all'art. 62-bis cod. pen., ovvero di ogni altra circostanza del reato non specificamente identificabile nei suoi contenuti, facoltativa e comunque non preventivamente individuabile all'atto del rinvio a giudizio"; che il rimettente premette di procedere per un reato punito con la pena massima di cinque anni di reclusione, per il quale la legge prevede un termine di prescrizione di dieci anni, estensibile a quindici anni per l'effetto interruttivo, rilevando che, in caso di conferma della condanna di primo grado con eventuale giudizio di prevalenza ex art. 69 cod. pen. delle attenuanti generiche ai sensi dell'art. 597, comma 5, cod. proc. pen., il termine prescrizionale risulterebbe ridotto a sette anni e sei mesi, gia' interamente decorsi; che nel giudizio e' intervenuto il Presidente del Consiglio dei Ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, rilevando che la questione e' stata gia' decisa con l'ordinanza n. 337 del 1999. Considerato che con ordinanza n. 337 del 1999 questa Corte ha dichiarato manifestamente inammissibile una identica questione di legittimita' costituzionale sollevata dal medesimo rimettente, rilevando che l'intervento richiesto "si tradurrebbe in un trattamento deteriore nei confronti dell'imputato, in violazione del principio di legalita' sancito dall'art. 25, secondo comma, Cost., in base al quale e' precluso alla Corte qualsiasi intervento additivo in malam partem in materia penale", e che non puo' ritenersi ingiustificata la scelta del legislatore di rapportare i termini entro cui si produce l'effetto estintivo della prescrizione alla "concreta gravita' del fatto-reato, quale risulta anche a seguito del riconoscimento delle attenuanti generiche e del bilanciamento delle circostanze"; che pertanto la questione deve essere dichiarata manifestamente inammissibile. Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.