ha pronunciato la seguente


                              Ordinanza

nel  giudizio  di  legittimita'  costituzionale  dell'art. 22,  terzo
comma,  della  legge  28  febbraio  1985,  n. 47 (Norme in materia di
controllo  dell'attivita'  urbanistico-edilizia, sanzioni, recupero e
sanatoria  delle  opere edilizie), promosso con ordinanza emessa il 4
ottobre 1999 dal Tribunale di Perugia, sezione distaccata di Foligno,
nel  procedimento  penale  a  carico  di  Ottavi Luciano, iscritta al
n. 706  del  registro  ordinanze  1999  e  pubblicata  nella Gazzetta
Ufficiale  della  Repubblica  n. 52,  prima serie speciale, dell'anno
1999.
    Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del Consiglio dei
Ministri;
    Udito  nella  camera  di  consiglio dell'8 giugno 2000 il giudice
relatore Riccardo Chieppa.
    Ritenuto  che  il giudice unico del Tribunale di Perugia, sezione
staccata  di Foligno, nel corso di un procedimento penale a carico di
un  soggetto  imputato  di  violazione della normativa urbanistica ed
ambientale  (art. 20,  lettera c) della legge 28 febbraio 1985, n. 47
ed   art. 1-sexies   del   decreto-legge   27  giugno  1985,  n. 312,
convertito, con modificazioni, dalla legge 8 agosto 1985, n. 431), ha
sollevato  questione  di  legittimita' costituzionale, in riferimento
all'art. 3 della Costituzione, dell'art. 22, terzo comma, della legge
28 febbraio 1985, n. 47 (Norme in materia di controllo dell'attivita'
urbanistico-edilizia,  sanzioni,  recupero  e  sanatoria  delle opere
edilizie),  nella  parte  in  cui  non  prevede che il rilascio della
concessione  in  sanatoria  ex  art. 13  della  legge  n. 47 del 1985
estingua,  oltre  alle violazioni di natura strettamente urbanistica,
anche     il     reato     ambientale    (fattispecie    disciplinata
dall'art. 1-sexies   del   decreto-legge   27  giugno  1985,  n. 312,
convertito,   con   modificazioni,  dalla  legge  n. 431  del  1985),
limitatamente  alla  ipotesi in cui, nel rispetto dei tempi ristretti
di  durata  del procedimento amministrativo disciplinato dall'art. 13
citato,   l'interessato   abbia   ottenuto   anche  il  provvedimento
favorevole  di  cui  all'art. 7 della legge n. 1497 del 1939 da parte
dell'autorita' preposta alla tutela del vincolo;
        che  ad  avviso  del  giudice a quo l'esclusione (rectius: la
mancata  previsione) dell'effetto estintivo dei reati attribuito alla
concessione  in  sanatoria  dalla norma impugnata, con riferimento al
reato   ambientale,  contrassegnato  nella  specie,  si  porrebbe  in
contrasto  con l'art. 3 della Costituzione in particolare nei casi di
successivo  conseguimento  della  autorizzazione  paesistica  di  cui
all'art. 7  della  legge  n. 1497  del  1939, giacche' la punibilita'
dipenderebbe  da  un fattore temporale (la non riconducibilita' della
fattispecie alla legge n. 724 del 1994);
        che  nel  giudizio e' intervenuto il Presidente del Consiglio
dei  Ministri con il patrocinio dell'Avvocatura generale dello Stato,
che  ha  concluso  per  la  manifesta  infondatezza  della  questione
sollevata.
    Considerato  che  con  ordinanza  n. 149  del  1999  la  Corte ha
dichiarato  manifestamente infondata analoga questione concernente la
violazione  della  normativa  sulle  costruzioni  in  cemento  armato
(artt. 1, 2 e 13 della legge 5 novembre 1971, n. 1086) e quella sulle
costruzioni  in  zona  sismica  (art. 3,  17,  18  e 20 della legge 2
febbraio  1974,  n. 64),  affermando, tra l'altro, che il legislatore
gode di una scelta ampiamente discrezionale in ordine all'ampiezza di
particolari   estinzioni   di   reato  in  conseguenza  di  sanatorie
amministrative  di  opere  edilizie abusive, tanto piu' se riguardano
reati  semplicemente  connessi  all'attivita' edilizia da sanare e si
tratti  di  fattispecie penali estintive di cui al capo I della legge
n. 47   del   1985,   nettamente   diverse   dalla   fattispecie   di
condono-sanatoria del capo IV della stessa legge (sentenza n. 149 del
1999; n. 370 del 1988);
        che  appare  sicuramente  non  arbitraria e non assolutamente
irragionevole la scelta discrezionale del legislatore di prevedere la
particolare  ipotesi di estinzione dei reati a seguito della speciale
sanatoria  (si  noti il carattere permanente della disposizione e non
temporanea ed eccezionale come il condono edilizio), rispetto ai soli
reati  contravvenzionali  previsti  dalle  norme urbanistiche vigenti
(artt. 13  e  22  della  legge  n. 47  del  1985  e,  per  una scelta
ampliativa, art. 24, comma 1, della legge 30 aprile 1999, n. 136);
        che   la   successiva   legge   23   dicembre  1994,  n. 724,
all'art. 39,  comma  8,  ha  previsto - per le opere abusive ultimate
entro  il  31 dicembre 1993, con particolari restrizioni oggettive di
volumetria, soggettive e procedimentali - che la concessione edilizia
in  sanatoria  (per  violazioni  meramente  formali) con pagamento di
oblazione,  possa  avere,  come  ulteriore  effetto,  condizionato al
rilascio  delle autorizzazioni dell'autorita' preposta al vincolo, la
estinzione  dei  reati  per  la  violazione  dei  vincoli  artistici,
culturali, ambientali e paesistici (v. sentenza n. 85 del 1998);
        che  l'anzidetta  norma, in combinato disposto con il comma 1
dello  stesso  art. 39,  non  esclude la possibilita' che il soggetto
privato  interessato,  anche  se  munito  di  concessione  in  base a
precedente sanatoria - ove ne ricorrano i requisiti - si avvalga, con
ulteriore  domanda,  della  nuova  sanatoria  ai  fini  degli effetti
estintivi su altri reati connessi in violazione dei vincoli, essendo,
del  resto,  il condono-sanatoria ammissibile perfino nei casi in cui
lo  stesso  soggetto  sia  gia'  in  possesso  di  una concessione od
autorizzazione  edilizia anche al solo scopo di acquisire la certezza
della  legittimita'  dell'opera edilizia e di realizzare l'estinzione
dei reati connessi (ordinanza n. 169 del 1996);
        che,   pertanto,   deve   essere   dichiarata   la  manifesta
infondatezza  della  questione  sollevata, non sussistendo alcuno dei
profili denunciati di violazione dell'art. 3 della Costituzione.
    Visti  gli  artt. 26,  secondo  comma, della legge 11 marzo 1953,
n. 87,  e  9,  secondo  comma,  delle norme integrative per i giudizi
davanti alla Corte costituzionale.