ha pronunciato la seguente


                              Sentenza

nel  giudizio  di  legittimita'  costituzionale dell'art. 7, punto 3,
della  legge  29  gennaio  1942,  n. 64  (Modificazioni alle leggi di
ordinamento  della  regia Guardia di finanza), promosso con ordinanza
emessa il 17 dicembre 1997 dal tribunale amministrativo regionale del
Lazio  sul  ricorso  proposto  da  un ex allievo finanziere contro il
Ministero  delle  finanze,  iscritta al n. 405 del registro ordinanze
1999  e  pubblicata  nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 34,
prima serie speciale, dell'anno 1999.
    Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del Consiglio dei
Ministri;
    Udito  nella  camera  di  consiglio  del 7 giugno 2000 il giudice
relatore Fernanda Contri.

                          Ritenuto in fatto


    1.  -  Nel  corso di un giudizio amministrativo promosso da un ex
allievo  finanziere  contro il Ministero delle finanze - per chiedere
l'annullamento  sia  del  provvedimento  con  il  quale il Comandante
generale  della  Guardia  di finanza ha annullato d'ufficio l'atto di
arruolamento  del  ricorrente,  sia  dell'art. 2,  primo comma, terzo
alinea  del  bando di arruolamento per allievi finanzieri, sulla base
del quale e' stato adottato l'impugnato provvedimento di autotutela -
il  tribunale  amministrativo  regionale  del  Lazio ha sollevato, in
riferimento   agli   articoli   2,  3,  4,  29,  30,  31,  35,  97  e
[erroneamente, solo nel dispositivo] 33 della Costituzione, questione
di  legittimita'  costituzionale dell'art. 7, punto 3, della legge 29
gennaio  1942,  n. 64  (Modificazioni alle leggi di ordinamento della
regia  Guardia  di finanza), che tra i requisiti necessari per essere
reclutati  nel  Corpo  della  Guardia  di finanza include lo stato di
"celibe o vedovo senza prole".
    Il provvedimento impugnato nel giudizio a quo dal ricorrente, che
dopo  aver superato la selezione per l'arruolamento aveva frequentato
il  corso  per  la  promozione  a  finanziere,  era stato adottato in
seguito  all'accertamento  che  egli, in quanto padre naturale di una
bambina - nata il 12 novembre 1992 e gia' riconosciuta all'atto della
domanda  di ammissione - non era in possesso dei requisiti prescritti
dalla disposizione del bando impugnata come atto presupposto.
    Trovando  la  censurata disposizione del bando di arruolamento il
suo  fondamento  nell'art. 7, punto 3, della legge n. 64 del 1942, la
prospettata questione di legittimita' costituzionale sarebbe, afferma
il  tribunale  amministrativo  regionale  del  Lazio,  rilevante  nel
giudizio a quo.
    Quanto  alla  motivazione  della non manifesta infondatezza della
questione,  accogliendo  alcune delle eccezioni d'incostituzionalita'
sollevate ad istanza del ricorrente, il collegio rimettente prospetta
innanzi  tutto  il  contrasto  con  gli articoli 3, 29, 30 e 31 della
Costituzione,   lamentando   sia   l'assenza   di   una   ragionevole
giustificazione  della  disciplina  denunciata,  sia la disparita' di
trattamento  rispetto ai sottufficiali, ai graduati ed ai militari di
truppa appartenenti all'Arma dei carabinieri e al Corpo della Guardia
di  finanza gia' in servizio, contemplati dall'art. 17 della legge 1o
febbraio  1989,  n. 53  (Modifiche alle norme sullo stato giuridico e
sull'avanzamento  dei  vicebrigadieri,  dei  graduati  e  militari di
truppa dell'Arma dei carabinieri e del Corpo della Guardia di finanza
nonche'  disposizioni  relative alla Polizia di Stato, al Corpo degli
agenti di custodia e al Corpo forestale dello Stato).
    Sotto il primo profilo, nell'ordinanza di rimessione si legge che
il  riconoscimento  di un figlio naturale "non impone necessariamente
anche  vincoli  di convivenza del nucleo familiare e quindi determina
minori   obblighi   rispetto   alla   paternita'   nell'a'mbito   del
matrimonio". Tali obblighi, ad avviso del giudice a quo non sarebbero
incompatibili  con  la  frequenza del corso di addestramento (per gli
allievi finanzieri della durata di 10 mesi).
    Sotto  il  secondo profilo, il tribunale amministrativo regionale
censura  la difformita' della disciplina impugnata da quanto previsto
dal  citato  art. 17 della legge 1o febbraio 1989, n. 53, che prevede
una  deroga al divieto di contrarre matrimonio nei primi quattro anni
di  servizio  per  "i  carabinieri  ed i finanzieri, gli appuntati, i
vicebrigadieri    e   i   brigadieri"   che   abbiano   compiuto   il
venticinquesimo  anno  di  eta'.  A  quest'ultimo  riguardo, si legge
nell'ordinanza  di  rinvio,  "il  ricorrente, che aveva gia' compiuto
venticinque   anni  al  momento  dell'adozione  dell'atto  impugnato,
avrebbe addirittura potuto sposarsi se fosse stato finanziere, ma, in
quanto  allievo,  e' stato escluso dall'arruolamento - e quindi dalla
possibilita' di conseguire una stabile occupazione - solo perche' non
ha voluto sottrarsi al dovere morale di riconoscere la propria figlia
naturale".
    Quanto alla questione di legittimita' costituzionale del medesimo
art. 7, punto 3, della legge n. 64 del 1942, sollevata in riferimento
agli  articoli  2,  4,  35  e  97  della  Costituzione,  il tribunale
amministrativo  regionale  del  Lazio  si  limita  a  riformulare  le
eccezioni  d'incostituzionalita'  sollevate  nel  giudizio  a  quo ad
istanza  di  parte,  dichiarando  per altro di ritenere meritevoli di
"particolare  attenzione"  le questioni prospettate dal ricorrente in
riferimento   agli  articoli  3,  21  (recte:  29),  30  e  31  della
Costituzione,  questioni  poi argomentate autonomamente dal giudice a
quo con le considerazioni sopra riportate.

    2. - Nel presente giudizio costituzionale, rappresentato e difeso
dall'Avvocatura  generale  dello  Stato,  ha  spiegato  intervento il
Presidente del Consiglio dei Ministri.
    Premesso che la disposizione denunciata "si colloca razionalmente
in  un  sistema normativo inteso a garantire il corretto inserimento,
nella  peculiare  realta'  militare,  dei  neo-arruolati",  la difesa
erariale  osserva  che  l'assenza  di legami familiari costituisce un
requisito  tipico  della formazione e dell'addestramento iniziale del
personale  militare, funzionale all'interesse al buon andamento delle
istituzioni  militari.  A sostegno di tale affermazione, l'Avvocatura
richiama   l'articolo   4   della   legge   29  maggio  1967,  n. 371
(Disposizioni sul reclutamento degli ufficiali in servizio permanente
della  Guardia  di finanza); l'articolo 11 del decreto legislativo 12
maggio 1995, n. 196 (Attuazione dell'art. 3 della legge 6 marzo 1992,
n. 216,  in  materia  di  riordino  dei ruoli, modifica alle norme di
reclutamento,  stato ed avanzamento del personale non direttivo delle
Forze  armate);  i  bandi di reclutamento emanati a norma del decreto
legislativo  30  dicembre  1997,  n. 490  (Riordino del reclutamento,
dello  stato  giuridico  e  dell'avanzamento degli ufficiali, a norma
dell'art. 1,  comma  97,  della legge 23 dicembre 1996, n. 662) e del
d.P.R.  2  settembre  1997,  n. 332  (Regolamento  recante  norme per
l'immissione dei volontari delle Forze armate nelle carriere iniziali
della  Difesa,  delle  Forze  di  polizia, dei Vigili del fuoco e del
Corpo militare della Croce rossa italiana).

    3.  - Non si e' costituito nel giudizio davanti a questa Corte il
ricorrente nel procedimento principale.

                         Considerato in diritto

    1.  -  Il tribunale amministrativo regionale del Lazio dubita, in
riferimento   agli  artt. 2,  3,  4,  29,  30,  31,  35  e  97  della
Costituzione, della legittimita' costituzionale dell'art. 7, punto 3,
della  legge  29  gennaio  1942,  n. 64  (Modificazioni alle leggi di
ordinamento  della  regia  Guardia  di  finanza), che tra i requisiti
necessari  per  essere  reclutati  nel Corpo della Guardia di finanza
include lo stato di "celibe o vedovo senza prole".
    Ad  avviso  del Collegio rimettente, la disposizione denunciata -
abrogata  e  sostituita dall'art. 6 del decreto legislativo 12 maggio
1995,  n. 199,  sul  punto che qui interessa, per altro, riproduttivo
della  disciplina  denunciata,  ma in vigore al momento dell'adozione
dei  provvedimenti  impugnati  nel  giudizio  amministrativo  a quo -
sarebbe   priva   di   ragionevole   giustificazione,   giacche'   il
riconoscimento  di  un  figlio  naturale,  da un lato, non imporrebbe
"necessariamente  anche  vincoli di convivenza del nucleo familiare";
dall'altro,  determinerebbe "minori obblighi rispetto alla paternita'
nell'a'mbito  del matrimonio", compatibili con la frequenza del corso
di addestramento per allievi finanzieri.
    La  medesima  disciplina  si  porrebbe  poi  in  contrasto con il
principio   di  eguaglianza,  in  quanto  difforme,  in  particolare,
dall'art. 17  della  legge  1o  febbraio 1989, n. 53, che prevede una
deroga  al  divieto di contrarre matrimonio nei primi quattro anni di
servizio  per  "i  carabinieri  ed  i  finanzieri,  gli  appuntati, i
vicebrigadieri    e   i   brigadieri"   che   abbiano   compiuto   il
venticinquesimo anno di eta'.

    2. - La questione di legittimita' costituzionale e' fondata.
    2.1.   -   Occorre   tuttavia   premettere   che   non  tutte  le
argomentazioni prospettate nell'ordinanza possono essere condivise.
    Certamente  non si puo' condividere l'assunto secondo il quale il
riconoscimento  di un figlio naturale determinerebbe "minori obblighi
rispetto  alla  paternita'  nell'a'mbito  del matrimonio". In piu' di
un'occasione,   la  giurisprudenza  costituzionale  ha  censurato  il
tradizionale  disfavore  verso  la  filiazione  naturale  (da ultimo,
sentenza  n. 250  del  2000)  e  ha  sottolineato  la  pienezza della
responsabilita' e dei doveri che, in base alla Costituzione, derivano
per  il  genitore dal riconoscimento di un figlio naturale. Ancora di
recente,  questa  Corte  ha  chiarito  che la posizione giuridica dei
genitori nei rapporti tra di loro, in relazione al vincolo coniugale,
non  puo'  determinare  una condizione deteriore per i figli, perche'
quell'insieme  di regole, che costituiscono l'essenza del rapporto di
filiazione  e  che  si sostanziano negli obblighi di mantenimento, di
istruzione e di educazione della prole, trova fondamento nell'art. 30
della    Costituzione,    che   richiama   i   genitori   alla   loro
responsabilita'; in altri termini - anche nello spirito della riforma
del  diritto di famiglia del 1975 - l'esistenza del vincolo sorto tra
i  genitori  non costituisce piu' elemento di discrimine nei rapporti
tra  genitori  e  figli,  legittimi e naturali riconosciuti, identico
essendo il contenuto dei doveri, oltre che dei diritti, degli uni nei
confronti degli altri (sentenza n. 166 del 1998).
    2.2. - Nondimeno, il contrasto della disciplina impugnata con gli
artt. 2,  3,  30  e  31  della  Costituzione  sussiste, non potendosi
ravvisare,   neppure   nella   delicata   fase   del  reclutamento  e
dell'addestramento,  un'esigenza  dell'organizzazione  militare cosi'
preminente  da giustificare una limitazione del diritto di procreare,
o   di  diventare  genitore,  sia  pure  prevista  ai  limitati  fini
dell'arruolamento  e  dell'ammissione  ai  reparti di istruzione. Una
cosi'  grave  interferenza  nella  sfera  privata  e  familiare della
persona  -  suscettibile  di  protrarsi  eventualmente anche oltre il
periodo  di  formazione  del  militare,  durante  i  primi  anni dopo
l'assunzione  del  servizio  permanente  -  non  puo',  sul piano dei
princi'pi  costituzionali,  ritenersi  giustificata dall'intensita' e
dall'esigenza  di  tendenziale esclusivita' del rapporto di dedizione
che  deve  legare  il  militare  in  fase  di  istruzione al corpo di
appartenenza,  dovendo  la necessaria continuita' nella frequenza dei
corsi  di  addestramento  trovare garanzia in regole e rimedi diversi
dal divieto di avere prole.
    Un  divieto  siffatto  si  pone  in  contrasto con i fondamentali
diritti della persona, sia come singolo, sia nelle formazioni sociali
ove   si   svolge  la  sua  personalita',  tutelando  l'art. 2  della
Costituzione l'integrita' della sfera personale della stessa e la sua
liberta'  di  autodeterminarsi nella vita privata. Ripetutamente, del
resto,  questa  Corte  ha  chiarito, da un lato, che "la Costituzione
repubblicana   supera   radicalmente   la  logica  istituzionalistica
dell'ordinamento  militare e riconduce anche quest'ultimo nell'ambito
del   generale  ordinamento  statale,  particolarmente  rispettoso  e
garante  dei  diritti sostanziali e processuali di tutti i cittadini"
(sentenza  n. 278  del 1987); dall'altro, che la garanzia dei diritti
fondamentali  di cui sono titolari i singoli "cittadini militari" non
recede  di  fronte alle esigenze della struttura militare (da ultimo,
sentenza n. 449 del 1999).
    2.3.  Ne' si potrebbe giustificare la disciplina in esame in base
all'art. 51   della   Costituzione,   che   affida   alla   legge  la
determinazione dei requisiti per l'accesso ai pubblici uffici.
    La mancanza di prole non puo' costituire requisito attitudinario,
traducendosi invece la sua previsione in una indebita limitazione dei
diritti della persona.
    2.4.    -    Da   quanto   precede,   consegue   l'illegittimita'
costituzionale  dell'art. 7,  punto  3,  della legge 29 gennaio 1942,
n. 64,  nella  parte  in  cui  include, tra i requisiti necessari per
essere  reclutati  nel Corpo della Guardia di finanza, l'essere senza
prole.
    La   declaratoria   d'incostituzionalita'   non  puo'  estendersi
all'intera disposizione denunciata, che richiede, accanto all'assenza
di prole, anche il requisito del celibato o dello stato di vedovo. Il
collegio   rimettente   non   ha   infatti   prospettato   dubbi   di
costituzionalita' in merito.
    Rimangono    assorbiti    gli   ulteriori   profili   prospettati
nell'ordinanza di rimessione.

    3.  -  In  applicazione  dell'art. 27  della  legge 11 marzo 1953
n. 87,   la   dichiarazione  di  illegittimita'  costituzionale  deve
estendersi  ad  una  serie  di disposizioni legislative ulteriori, di
contenuto  identico  o  analogo a quello della disposizione impugnata
dal  tribunale  amministrativo regionale del Lazio con l'ordinanza in
epigrafe.  Si tratta di norme sull'accesso a vari gradi e ruoli della
Guardia di finanza e delle Forze armate, o disciplinanti l'ammissione
ai   relativi   concorsi  e  corsi  di  formazione  e  addestramento,
tralatiziamente  iterative del tradizionale requisito dell'assenza di
prole,  la  cui  incompatibilita'  con  i princi'pi costituzionali e'
stata  ritenuta,  nella  presente decisione, a tutela dell'integrita'
della   sfera  personale  dell'individuo  e  della  sua  liberta'  di
autodeterminarsi  nella  vita  privata, indipendentemente dal tipo di
organizzazione militare alla quale si tratti di accedere.
    Deve  pertanto  essere dichiarata l'illegittimita' costituzionale
conseguenziale  dell'art. 9,  secondo comma, lettera b) del r.d.l. 14
giugno 1923, n. 1281 (Provvedimenti per la regia Guardia di finanza),
come sostituito dall'art. 4 del r.d.l. 24 luglio 1931, n. 1223, nella
parte  in cui include, tra i requisiti necessari per essere reclutati
nella  Guardia  di finanza, l'essere senza prole; dell'art. 35, primo
comma,  della  legge  10  giugno  1964, n. 447 (Norme per i volontari
dell'Esercito,  della  Marina e dell'Aeronautica e nuovi organici dei
sottufficiali  in  servizio  permanente  delle  stesse forze armate),
nella  parte  in  cui  richiede,  come condizione per l'ammissione ai
vincoli  annuali  di  ferma, l'essere senza prole; dell'art. 4, primo
comma,  lettera  a)  della legge 29 maggio 1967, n. 371 (Disposizioni
sul reclutamento degli ufficiali in servizio permanente della Guardia
di  finanza),  nella  parte in cui include, tra i requisiti necessari
per  essere  ammessi al corso di cui al precedente art. 2, numero 1),
l'essere senza prole; dell'art. 5, primo comma, numero 4) della legge
10  maggio  1983,  n. 212  (Norme  sul  reclutamento,  gli organici e
l'avanzamento   dei   sottufficiali   dell'Esercito,   della  Marina,
dell'Aeronautica  e della Guardia di finanza) - abrogato dall'art. 40
del  d.lgs.  n. 196  del  1995  -  nella  parte in cui include, tra i
requisiti  necessari  per  partecipare  all'arruolamento  di  cui  al
precedente  art. 4,  l'essere  senza  prole;  dell'art. 11,  comma 2,
lettera  a),  numero 3 del decreto legislativo 12 maggio 1995, n. 196
(Attuazione  dell'art. 3 della legge 6 marzo 1992, n. 216, in materia
di  riordino dei ruoli, modifica alle norme di reclutamento, stato ed
avanzamento  del  personale  non direttivo delle Forze armate), nella
parte in cui include, tra i requisiti necessari per essere ammessi ai
concorsi  di  cui  alla  lettera a) del comma 1 del medesimo art. 11,
l'essere  senza  prole;  dell'art. 6, comma 1, lettera c) del decreto
legislativo  12  maggio  1995,  n. 199  (Attuazione dell'art. 3 della
legge  6  marzo  1992,  n. 216, in materia di nuovo inquadramento del
personale  non  direttivo  e non dirigente del Corpo della Guardia di
finanza),  nella  parte in cui include, tra i requisiti necessari per
essere  ammessi  al  corso  per  la promozione a finanziere, l'essere
senza prole; dell'art. 36, comma 1, lettera b), numero 3 dello stesso
decreto  legislativo  12  maggio  1995,  n. 199,  nella  parte in cui
include, tra i requisiti necessari per essere ammessi ai corsi per il
conferimento  della  nomina  a  maresciallo,  l'essere  senza  prole;
dell'art. 2,  comma 2, del decreto legislativo 31 gennaio 2000, n. 24
(Disposizioni  in  materia  di reclutamento su base volontaria, stato
giuridico  e avanzamento del personale militare femminile nelle Forze
armate e nel Corpo della guardia di finanza, a norma dell'articolo 1,
comma  2,  della  legge  20 ottobre 1999, n. 380), nella parte in cui
include,  tra i requisiti necessari per la partecipazione ai concorsi
per  l'ammissione ai corsi regolari delle accademie e di quelli degli
istituti  e delle scuole di formazione, e tra i requisiti che debbono
essere  posseduti  all'atto dell'ammissione ai corsi e mantenuti fino
al transito in servizio permanente o all'acquisizione della qualifica
di aspirante, l'essere senza prole.
    Alle   su   elencate   disposizioni   deve   estendersi   in  via
conseguenziale la declaratoria di incostituzionalita', trattandosi di
previsioni legislative del medesimo requisito dell'assenza di prole -
ai  fini  dell'accesso  ai  corsi  di addestramento ed ai ruoli della
Guardia di finanza e delle Forze Armate - censurato dal giudice a quo
e  ritenuto  da  questa Corte, con la presente sentenza, contrastante
con gli artt. 2, 3, 30 e 31 della Costituzione, sotto i profili sopra
indicati.