IL TRIBUNALE MILITARE

    Ha   pronunciato   la   seguente   ordinanza   nel   procedimento
  n. 1055/1997  r.n.r.  nei  confronti  di Lucarelli Giacinto, Molinu
  Michele e Rizzo Giuseppe, generalizzati in atti, imputati di:
        a)   concorso  in  procacciamento  di  notizie  di  carattere
  riservato  pluriaggravato  e  continuato  (artt. 81  capoverso, 110
  c.p., 93, 58 primo comma, e 47 n.2 c.p.m.p.);
        b)  concorso  in violata consegna pluriaggravata e continuata
  da  parte  di militare di servizio (art. 81 capoverso, 110, 118, 59
  secondo comma, c.p.: 120 commi primo e secondo, 58, primo comma, 47
  n. 2 c.p.m.p.).
    Premesso  che  nel  corso  dell'odierna  udienza il difensore del
  Lucarelli  ha  sollevato, in via preliminare in sede di discussione
  ex   art. 421   c.p.p.  questione  di  legittimita'  costituzionale
  dell'art. 220 d.lgs. n. 51/1998 in relazione agli artt. 3, 24 e 111
  Cost.  in quanto detta norma non consente di applicare nell'udienza
  in  corso  la nuova (e piu' garantista) normativa di cui alla legge
  16  dicembre  1999,  n. 479, ed in particolare quella relativa alle
  indagini  di  cui  agli  artt. 421-bis  e  422 c.c.p. ed in tema di
  giudizio abbreviato.
    Premesso  altresi'  che  i  difensori degli altri due imputati si
  sono  associati alle richieste del difensore del Lucarelli e che il
  pubbllico  ministero si e' opposto all'accoglimento della questione
  ritenendo  gia'  pienamente  applicabile, in via interpretativa, la
  normativa di cui sopra;

                            O s s e r v a

    Deve   subito   precisarsi  che  il  disposto  letterale  di  cui
  all'art. 220  del  d.lgs.  n. 51/1998  non  offre  spazio  a  molte
  interpretazioni  per  la  chiarezza letterale della norma che cosi'
  dispone:  "Se  alla  data  indicata  dal comma 2-bis dell'art. 247"
  (ossia,  dopo la modifica ex art. 3 legge n. 234/1999, il 2 gennaio
  2000)  "e' stata fissata o e' iniziata l'udienza preliminare per un
  reato  attribuito,  secondo  le  nuove  norme,  alla cognizione del
  tribunale  in  composizione  monocratica,  l'udienza  e' tenuta con
  l'applicazione  delle  norme  anteriormente vigenti. Il giudice, se
  deve  disporre  il  rinvio  a giudizio, emette decreto di citazione
  davanti al tribunale in composizione monocratica".
    Ora, prescindendo dal problema relativo alla compatibilita' della
  nuova  normativa inerente al giudice monocratico con il rito penale
  militare  (che  in questa sede non interessa), non vi e' dubbio che
  la norma impone al giudice di svolgere l'udienza preliminare - gia'
  iniziata  o  gia'  fissata prima del 2 gennaio 2000 - applicando la
  precedente  normativa,  qualora,  come  nel caso in esame, si debba
  (no) giudicare uno o piu' reati puniti con la pena della reclusione
  non superiore a dieci anni (combinato disposto degli artt. 33-bis e
  33-ter c.p.p.).
    Cio'   in  base  al  principio  di  fungibilita'  tra  reclusione
  ordinaria e reclusione militare desumibile dagli artt. 27, 63 n. 3,
  65   n. 2  e  403  c.p.m.p.  piu'  volte  ribadito  da  dottrina  e
  giurisprudenza - di merito -, di legittimita' e costituzionale - in
  relazione all'applicabilita', nel rito penale militare, delle norme
  del  codice  di procedura penale che facciano riferimento alla sola
  reclusione senza menzionare esplicitamente la reclusione militare.
    Proprio  in  base  a  tale  principio, infatti, ha potuto trovare
  applicazione    nel    rito    penale   militare   l'istituto   del
  "patteggiamento"  benche' l'art. 444 c.p.p. faccia riferimento alla
  pena  della  reclusione  e non a quella della "reclusione militare"
  (v.  ad  es.  Cass.  Sez. I  pen.  28  ottobre  1995,  Gallo), come
  riportato nella sentenza n. 188 del 1996 della Corte costituzionale
  (Pres. Ferri, Red. Onida).
    Tale  ultima  pronuncia,  peraltro,  nel  far proprio il criterio
  della  fungibilita'  come  sopra  richiamato  ha  anche ricordato i
  precedenti  casi in cui e' stata riconosciuta dalla Corte la "piena
  equiparabilita'"  a  certi  fini, di reclusione comune e reclusione
  militare"  (sent.  nn. 414  del 1991; 227/1995; 119/1992; 409/1989,
  n. 7 del considerato in diritto)
    Ne'  d'altro  canto  puo'  ritenersi  che la norma transitoria in
  questione   sia  stata  abrogata  con  l'approvazione  della  nuova
  normativa  di  cui  alla  legge 16 dicembre 1999, n. 479 c.d. legge
  Carotti.
    Infatti  quest'ultima  ha  si' modificato l'assetto normativo del
  codice   di   rito   ma  solo  attraverso  delle  precise  tecniche
  metodologiche.
    In  particolare  quando  ha  innovato  le  norme di cui al d.lgs.
  51/1998,  o  e'  intervenuta direttamente, modificandole, su quelle
  del  codice  di  procedura  disegnate  dal decreto (es. art. 33-bis
  c.p.p.  modificato  dall'art. 10  della  legge n. 479/1999 rispetto
  all'originaria  stesura  prevista dall'art. 169 del d.lgs. - usando
  esplicativamente   nei   relativi  titoli  o  capi  la  sintomatica
  espressione  "modifica alle disposizioni..." -, o ha fatto espresso
  e  puntuale  riferimento  alle norme del decreto, specificando, nel
  relativo  capo, trattarsi di "disposizioni abrogative" (es. art. 47
  legge n. 479/1999 che ha sostituito l'art. 33-sexies c.p.p.).
    Poiche'   quindi   l'art. 220   del   decreto  legislativo  sopra
  richiamato  non e' stato interessato da nessuna di tali operazioni,
  deve  quindi  conseguenzialmente  ritenersi  che esso sia vigente e
  come tale necessariamente applicabile.
    In  quest'ottica,  come  peraltro  rilevato  dalla difesa, questo
  giudice  si  e' gia' espresso con ordinanza dettata a verbale il 19
  gennaio 2000.
    Il difensore del Lucarelli, quindi, come evidenziato in premessa,
  dubita della legittimita' costituzionale della norma nella parte in
  cui  non  prevede  l'applicabilita',  nell'udienza  preliminare  in
  corso,  della  nuova  normativa  della  c.d.  legge  Carotti che ha
  profondamente innovato la disciplina procedurale.
    In  particolare  la  difesa  (le  cui  argomentazioni  sono state
  riportate   nel  verbale  solo  riassuntivamente  come  prevede  la
  normativa)  eccepisce  in via preliminare l'incostituzionalita' per
  contrasto  con  gli art. 3, 24 e 111 Cost., della norma nella parte
  in cui non prevede la possibilita' per la difesa di avvalersi delle
  piu'  garantiste  norme  relative  al  giudizio  abbreviato  o alla
  possibilita'  di  far  esperire  nuova  indagini o di sottoporre ad
  esame le persone che hanno fornito elementi di accusa ecc.ecc.
    Deve allora precisarsi l'esatto ambito operativo della norma (che
  si  assume  essere  incostituzionale),  che,  a  parere  di  questo
  giudice,  e'  stato, nelle prospettazioni difensive, eccessivamente
  dilatato.
    Pare infatti a questo giudice (seppure con la necessaria prudenza
  che  l'innesto  di  continue  nuove  norme del sistema deve imporre
  all'interprete)  che  il riferimento all'udienza preliminare di cui
  all'art. 220   del   d.lgs.   51/1998   debba  intendersi  riferito
  all'udienza  preliminare  in  senso stretto ossia in relazione alle
  norme   che   disciplinavano   espressamente   solo   tale  momento
  processuale (art. 416-437 c.p.p.).
    Infatti,   pur   essendo   prassi  costante  parlare  di  udienza
  preliminare  riferendosi  a  tutti gli istituti che in tale momento
  processuale possono trovarvi ingresso (come il giudizio abbreviato,
  l'applicazione di pena ecc.) tali istituti sono invece disciplinati
  da  altre  norme racchiuse in appositi e differenti libri, titoli e
  capi del codice di rito.
    L'udienza  preliminare  in senso tecnico e' invece quella interna
  all'iter del giudizio ordinario, nel cui solo ambito e' previsto il
  vaglio  preliminare  dell'accusa  prima  di  giungere all'eventuale
  giudizio dibattimentale.
    Non  sono  invece, in quest'ottica, udienze preliminari quelle in
  cui  si svolgono i giudizi abbreviati e di applicazione di pena, in
  quanto  essi definiscono la res judicanda e non sono preliminari ad
  altro giudizio.
    Non  a  caso  quando il legislatore, nella c.d. legge Carotti, ha
  inteso  modificare  le  norme  di tali istituti ha dedicato il capo
  ottavo  del  titolo  Secondo all'udienza preliminare e il capo nono
  dello  stesso titolo ai procedimenti speciali, ossia ha operato dei
  riferimenti  specifici  diretti  a  modificare gli istituti proprio
  nell'ambito della specifica normativa e terminologia loro riservata
  dal codice di procedura.
    Premesso  quanto  precede deve poi ritenersi, in base ai principi
  generali,   che,   laddove   non   sia   dettata  una  specifica  e
  rigorosamente   delimitata  disciplina  transitoria  (come  appunto
  quella di cui all'art. 220 o quella di cui agli artt. 223 e 224 per
  i  soli giudizi di primo grado in corso in tema, rispettvamente, di
  giudizio   abbreviato   e   di  patteggiamento)  per  il  principio
  dell'applicazione  della  legge  vigente  nel momento di compimento
  dell'atto  tempus  regit  actum  tutte  le  innovazioni procedurali
  introdotte dalla nuova normativa siano tranquillamente applicabili.
    Cosi', per riferirsi a quanto menzionato dalla difesa, non sembra
  esservi   nessun   ostacolo   ad   applicare   anche  nel  presente
  procedimento  la  nuova  normativa  in tema di giudizio abbreviato.
  (Solo)  In  questo  senso  si  puo'  concordare  con il procuratore
  militare  quando  afferma che le norme procedurali innovative siano
  utilizzabili in via interpretativa al caso in esame.
    Inquadrato  il  problema  nei  (si spera) giusti limiti, deve ora
  esaminarsi  la  nuova  normativa dettata dal legislatore in tema di
  udienza  preliminare  per  verificarne  la effettiva rispondenza ai
  parametri costituzionali.
    Ovviamente,  dato  che  com'e'  noto,  la  questione  deve essere
  oltreche'  non  manifestamente  infondata  anche  rilevante  per il
  procedimento  in corso possono qui prendersi in esame solo le norme
  modificate   che  sarebbero  utilizzabili  in  questo  momento  del
  procedimento  e  quindi  quelle dagli artt. 421 c.p.p. in poi e non
  certo  quelle precedenti (relative ad esempio alla contumacia - per
  la presenza degli imputati).
    Cosi'  ristretto  il  campo l'attenzione si deve allora appuntare
  solo sulla diversa normativa di cui agli artt. 421-bis e 422 c.p.p.
  in   tema   di  indagini  (argomenti  ai  quali  la  difesa  si  e'
  espressamente  riferita), 425 c.p.p. in merito alla sentenza di non
  luogo a procedere, 430 c.p.p. in ordine ai divieti ivi previsti per
  il p.m. e 431 c.p.p. in relazione alla formazione del fascicolo del
  dibattimento.  L'ampiezza  delle innovazioni normative in questione
  scoraggia un raffronto, seppur sintetico, tra le nuove disposizioni
  e  quelle precedenti ma non pare proprio potersi dubitare sia della
  loro importanza, sia della loro natura piu' garantista.
    Tuttavia,  si  diceva  all'inizio, esse non sono applicili per il
  chiaro disposto della norma richiamata.
    Norma   che,   anche   a  parere  di  questo  giudice,  contrasta
  effettivamente con gli articoli della Costituzione richiamati dalla
  difesa.
    Con  l'art. 3  della  Costituzione  perche'  risulta  leso, sotto
  l'aspetto   dell'uguaglianza   di   trattamento,  il  limite  della
  ragionevolezza.
    Se   infatti   per  ovvie  ragioni  di  economia  processuale  e'
  comprensibile  e  piu'  che  giustificabile  ribadire espressamente
  (quanto  peraltro  gia' desumibile dai principi generali), da parte
  del  legislatore,  che  devono essere ritenuti validi gli atti gia'
  compiuti  applicando  la normativa previgente, non e' invece facile
  trovare  una  ragione che giustifichi la mancata applicazione della
  novella  normativa  agli  atti  ancora da compiere (sia riguardo ad
  un'udienza preliminare ancora da tenersi sia riguardo ad un'udienza
  gia' aperta e rinviata per qualsiasi motivo).
    A  questo proposito - per fare un esempio significativo - si puo'
  piu'  che  fondatamente  ritenere che poco prima del 2 gennaio 2000
  molti  giudici  abbiano  ricevuto lo stesso giorno una richiesta di
  rinvio  a giudizio ed abbiano provveduto in maniera diversa; alcuni
  fissando  subito l'udienza ed altri posticipando di qualche giorno,
  successivo alla data predetta, tale adempimento.
    Ora   non  sembra  esservi  alcuna  ragionevolezza  nel  non  far
  beneficiare della nuova normativa quegli imputati che, a differenza
  degli altri, per pura causalita' e senza poter interferire in alcun
  modo,  abbiano  avuto  fissata  l'udienza  preliminare  entro  il 2
  gennaio 2000 e non successivamente.
    Cio'  contrasta  a  parere di questo giudice, con il principio di
  eguaglianza  che  da  anni figura, nella giurisprudenza della Corte
  costituzionale,  come  canone  generale  cui  deve essere informata
  l'attivita'  legislativa  indipendentemente  dagli altri limiti che
  questa deve rispettare.
    Infatti   la   ragionevolezza,   al   pari   di   altri  principi
  costituzionali,   costituisce  un  limite  generale  dell'attivita'
  legislativa  (v.  ad  es.  gia' le decisioni n. 81 del 1963, 42 del
  1973, 72 del 1980 e 70 del 1983).
    Ovviamente  la  violazione  del  principio  di  uguaglianza  come
  evidenziata si riflette sia nella violazione del diritto di difesa,
  sancito  nell'art. 24  secondo  comma  della  Costituzione,  sia in
  quello del principio del giusto processo di cui all'art. 111 Cost.
    E'  infatti ovvio che non potersi valere di norme piu' garantiste
  pregiudicherebbe  non  poco  il  diritto  di difesa, definito dalla
  Costituzione  "inviolabile" all'art. 24, capoverso, in ogni stato e
  grado del procedimento".
    La medesima situazione farebbe altresi' venir meno sia la parita'
  giuridica  tra  p.m.  e  difesa  ed  impedirebbe  all'inquisito  di
  disporre  delle  condizioni necessarie per preparare la sua difesa.
  Situazioni,  queste,  che la nuova formulazione dell'art. 111 della
  Costituzione,    come    modificato    dall'art. 1    della   legge
  Costituzionale 23 novembre 1999 n. 2, tutela espressamente al comma
  2 e 3.
    Non  deve  dimenticarsi,  in  merito  a  tale  ultima norma, che,
  nonostante  il  riferimento  della  norma  Costituzionali al giusto
  "processo"  i principi in essa contenuti e sopra richiamati valgono
  anche  nei  "procedimenti" in corso, ossia nelle fasi precedenti al
  giudizio e quindi anche nell'udienza preliminare.
    Cio'  risulta con evidenza sia dalla lettura dell'art. 2, comma 1
  della  legge Costituzionale 23 novembre 1999 n. 2 (che demanda alla
  legge   l'applicazione  dei  principi  contenuti  nell'art. 111  ai
  "procedimenti  penali  in  corso  alla  data  della  sua entrata in
  vigore"),  sia  dalla  legge  25 febbraio 2000 n. 35, che dopo aver
  ribadito    quanto    ora   riportato   dell'art. 2   della   legge
  Costituzionale  n. 2/1999,  fa,  all'art. 1, commi 2 e 5, espliciti
  riferimenti alle particolari modalita' applicative di tali principi
  nelle  indagini  preliminari  e  nell'udienza  preliminare del rito
  minorile.
    Da   quanto   precede  consegue,  a  parere  di  questo  giudice,
  l'illegittimita'  costituzionale  dell'art. 220  d.lgs.  n. 51/1998
  Cost.,  per  il  contrasto con i fini perseguiti dalla Costituzione
  nelle  norme ora indicate, nella parte in cui non prevede che siano
  applicabili  ai procedimenti per i quali sia stata fissata entro il
  2 gennaio 2000 o sia in corso l'udienza preliminare, le nuove norme
  che  hanno  innovato l'istituto e piu' specificamente quelle di cui
  agli artt. 421-bis 422, 425, 431 c.p.p. perche' inerenti al caso in
  esame.
    Ma  una simile prospettazione d'incostituzionalita' appare, anche
  nel caso concreto, riduttiva e superflua in quanto, dato il rimando
  integrale  dell'art. 220  d.lgs.  51/1998  alla  applicazione della
  normativa  previgente,  e'  la  norma in se' - nella parte relativa
  agli  atti  ancora  da  compiere  -  che  va dichiarata illegittima
  costituzionalmente,  dato  che la sua scomparsa dal sistema, per il
  principio  del tempus regit actum a cui si e' fatto precedentemente
  riferimento  consentirebbe,  automaticamente,  l'applicazione della
  nuova normativa nell'udienza preliminare.
    Ovviamente,  per  palesi ragioni di economia processuale, sarebbe
  opportuno  invece  ribadire,  in  ossequio  allo  stesso  principio
  ragione  temporis,  piena  validita'  agli  atti  gia'  interamente
  compiuti  nel  caso  in  esame  cosi'  come in casi analoghi, prima
  dell'innovazione normativa.
    Le  considerazioni  che  precedono  dimostrano  la  non manifesta
  infondatezza  e  la  rilevanza della questione proposta dato che e'
  pregiudiziale ed indispensabile sapere, da parte di questo giudice,
  se  possa  avvalersi  degli  strumenti  giuridici  contenuti  nelle
  innovazioni normative sopra richiamate.
    Inoltre   la  rilevanza  della  questione  si  evince  anche  dai
  riferimenti   in   tema  di  istruttoria  fatti  dalla  difesa  che
  manifestano  conseguenziali  richieste - necessariamente successive
  alla  questione  di  legittimita'  sollevata preliminarmente - che,
  nella  vigenza  dell'art. 220,  d.lgs.  51/1998 gia' dichiarata con
  ordinanza   da   questo   giudice,  ossia  nell'applicazione  della
  normativa previgente, non potrebbero non solo non essere accolte ma
  neppure  essere  formulate  perche' non previste o previste in modo
  difforme e piu' restrittivo.