IL TRIBUNALE All'udienza in camera di consiglio del 26 aprile 2000 nel procedimento in epigrafe indicato, ha pronunciato la seguente ordinanza. 1. - Il pubblico ministero ha chiesto procedersi nelle forme dell'incidente probatorio all'assunzione della testimonianza della minore A. W. di anni quattordici nel procedimento n. 38/2000 R.N.R. a carico di S.M. ed E.B.S. e indagati per il reato di cui all'art. 572 c.p. commesso in danno della A., nipote affidata alle loro cure. Questo giudice, ritenuta sussistere l'ipotesi di cui all'art. 392, lett. a) c.p.p., sub specie iuris del possibile impedimento a comparire al dibattimento in ragione del fatto che la minore dimora a titolo precario nel territorio nazionale, accoglieva la richiesta, fissando con ordinanza 28 marzo 2000 l'udienza per l'assunzione della prova, nel contraddittorio delle parti siccome disciplinato dall'art. 401 c.p.p., che prevede, tra l'altro, il diritto della persona sottoposta alle indagini di presenziare all'atto, quando si procede all'assunzione di testimonianza (comma 3). 2. - Osserva tuttavia lo scrivente che l'art. 14 della legge 15 febbraio 1996, n. 66, contenente norme contro la violenza sessuale, introducendo il comma 5-bis all'art. 398 c.p.p. ha previsto che nel caso di indagini riguardanti ipotesi di reato previste dagli articoli 609-bis, 609-ter, 609-quater e 609-octies., ove tra gli interessati all'assunzione della prova vi siano minori di anni sedici, il giudice possa stabilire con l'ordinanza di ammissione dell'incidente probatorio "il luogo, il tempo e le modalita' particolari attraverso le quali procedere all'incidente probatorio, quando le esigenze del minore lo rendano necessario od opportuno", prevedendo altresi' che l'assunzione della prova possa avere luogo in locali diversi dal tribunale e che debba essere documentata integralmente con mezzi di riproduzione fonografica o audiovisiva. La stessa previsione e' stata estesa dall'art. 13, comma 4 della legge 3 agosto 1998, n. 269 recante norme contro lo sfruttamento della prostituzione, della pornografia, del turismo sessuale in danno dei minori, alle ipotesi di cui all'art. 600-bis c.p. (prostituzione minorile), 600-ter c.p. (pornografia minorile), 609-quinquies c.p. (iniziative turistiche volte allo sfruttamento della prostituzione minorile). Peraltro la Corte che si adisce, con sentenza 9 luglio 1998, n. 232, ha dichiarato costituzionalmente illegittimo l'art. 398, comma 5-bis c.p.p. nella parte in cui non estendeva al reato di cui all'art. 609-quinquies c.p. (corruzione di minorenni) - pur ricompreso tra quelli per i quali il ricorso all'incidente probatorio non risultava condizionato alla sussistenza dei presupposti di cui all'art. 392, comma 1 c.p.p. - la speciale disciplina contenuta nella norma sopra richiamata. Si e' introdotta in questo modo la c.d. audizione protetta, gia' anticipata in via di prassi da alcuni ufficiali giudiziari, tendente, attraverso l'ausilio di mezzi tecnici e la fattiva collaborazione dei servizi socio assistenziali o minorili, a realizzare forme alternative di assunzione della prova, in specie testimoniale, mediante l'utilizzo di specchi unidirezionali ovvero di telecamere a circuito chiuso e la mediazione di psicologi o personale comunque specializzato, in modo da evitare il diretto contatto del minore con la viva realta' processuale. 3. - L'esame dei lavori preparatori della legge n. 146/1996 assegna alla disciplina in oggetto una ratio ambivalente, funzionale sia ad evitare la partecipazione al dibattimento del minore, sia a salvaguardarne "la dignita', la riservatezza, e l'integrita' affettiva e psichica", delineando un modello di acquisizione della prova che rappresenta il contemperamento tra le predette esigenze e la necessita' di garantire la genuinita' del risultato probatorio. Appare senz'altro evidente che la tipologia del bene giuridico attinto dalle fattispecie per le quali si e' esteso il disposto dell'art. 398, comma 5-bis c.p.p, possa aver costituito, nella mente del legislatore, ragione sufficiente di deroga alle regole generali di svolgimento dell'incidente probatorio, posto che e' del tutto evidente che proprio alle denuncie di gravi reati contro la liberta' sessuale, ovvero in materia di prostituzione minorile conseguano le situazioni che rendono, con una presunzione vicina alla certezza, particolarmente delicato e potenzialmente dirompente il processo di emersione dei fatti penalmente rilevanti, rendendo quindi pressoche' inevitabile la discreta mediazione di un ambiente "neutro", idoneo all'"ascolto" del minore in forma comunque garantita. Tuttavia, sembra potersi soggiungere che tale scelta di principio non esaurisca le potenzialita' applicative della deroga in questo modo introdotta, che sembra in realta' rinvenire il proprio autentico fondamento nelle esigenze di salvaguardia tour court della personalita' del minore interessato all'assunzione della prova (soprattutto quando egli stesso costituisca la fonte di prova). Tale convincimento appare rafforzato dalla giurisprudenza della stessa Corte (sent. 262/1998, cit.) che, pur facendo leva sulla irragionevole omissione dell'ipotesi di cui all'art. 609-quinquies c.p. tra quelle per le quali risultava applicabile il disposto dell'art. 398, comma 5-bis c.p.p. (nonostante l'inclusione di tale fattispecie tra quelle contemplate dall'art. 392, comma 1-bis c.p.p.), non ha mancato tuttavia di sottolineare che predette esigenze "sono di preciso rilievo costituzionale, coinvolgendo la protezione dei diritti fondamentali della persona", correlando quindi la valutazione di non ragionevolezza non soltanto al dato formale della lacuna esistente tra il catalogo enunciato rispettivamente dall'art. 392,comma 1-bis c.p.p, e dall'art. 398, comma 5-bis c.p.p., quanto all'esistenza di una piu' generale ragione di tutela della personalita' del minore coinvolto in fatti comunque attinenti la propria sfera psichica, fisica ed affettiva. 4. - Se e' del tutto evidente che l'introduzione nel sistema codicistico di una disciplina che esalti anche sotto il profilo processuale l'esistenza di uno "statuto" dei diritti del minore - trattandosi ovviamente di scelta riservata al legislatore - non si puo' tuttavia sottacere che la limitazione delle predette regole di assunzione della prova soltanto ad alcuni dei reati previsti dal titolo XII sia censurabile di irragionevolezza - contrastando quindi con l'art. 3 della Costituzione - in considerazione del fatto che identiche ragioni di salvaguardia della personalita' del minore possono valere in ordine a fattispecie diverse, rubricate sotto titoli diversi, eppure similmente connotate da un contenuto afflittivo non dissimile, come accade, per l'appunto, con l'art. 572 c.p. L'articolo in esame infatti, per quanto compreso tra i delitti contro la famiglia (titolo XI, capo IV) si realizza, come noto, attraverso un sistema reiterato di atti lesivi della liberta' ed integrita' fisica e morale o del decoro della persona offesa tale da determinare una vera e propria sopraffazione (cfr., ex multis, Cass. 9 marzo 1998, Spina, Cass. 26 giugno 1996, Lombardo). In particolare, come e' stato efficacemente sottolineato, "maltrattare vuol dire ... mediante costante disinteresse e rifiuto, a fronte di un disagio psicologico morale del minore, generare o aggravare una condizione di abituale e persistente sofferenza, che il minore non ha alcuna possibilita' ne' materiale ne' morale di risolvere da solo" (Cass. 18 marzo 1996, Cambria). Risulta del tutto evidente, quindi, che la situazione generativa del possibile perturbamento dell'equilibrio psico-fisico del minore e della correlata esigenza di riservatezza si presenti in questi casi in termini non dissimili da quelli nei quali consegue dalla ipotizzata violazione dei reati richiamati dall'art. 398, comma 5-bis c.p.p.. Invero, anche a voler tacere sulla maggior gravita' del reato di cui all'art. 572 c.p. rispetto a quello di cui all'art. 609-quinquies c.p., evidenziata dal differente trattamento sanzionatorio, sembra lecito affermare che l'esigenza di protezione del minore dal contatto invasivo con una realta' processuale non filtrata dalla mediazione demandata al giudice dalla norma possa discendere sia da situazioni involgenti la sfera della sessualita' minorile (soprattutto se si considera l'estensione della nozione di "atti sessuali" penalmente rilevante), sia da situazioni che incidono sull'integrita' fisica e sul patrimonio morale del minore. Appare cosi' non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 398, comma 5-bis c.p.p., introdotto dall'art. 14 comma 2 legge 15 febbraio 1996, n. 66 per contrasto con l'art. 3 della Costituzione. 5. - La dedotta questione appare altresi' rilevante in quanto osserva lo scrivente che l'espletamento della prova testimoniale ammessa nelle forme dell'incidente probatorio dovrebbe avere luogo secondo le forme ordinarie del dibattimento, richiamate dall'art. 401 comma 5 c.p.p. e quindi in camera di consiglio ed alla presenza diretta delle parti e delle persone sottoposte ad indagini cui e' riservato dall'art. 401, comma 3 c.p.p. il diritto a partecipare all'incidente probatorio, apparendo del tutto superfluo, al riguardo, sottolineare l'effetto profondamente invasivo, tanto sotto il profilo della genuinita' della prova, quanto della serenita' del minore, della presenza degli indagati, delle altre parti e dei difensori all'esame. Ne', a parere dello scrivente, la dedotta rilevanza della questione potrebbe essere contraddetta dal rilievo che tra le norme richiamate dall'art. 401 comma 5 c.p.p. deve ritenersi ricompreso l'art. 502 c.p.p., che disciplina l'escussione a domicilio del teste assolutamente impossibilitato a comparire per legittimo impedimento; da un lato infatti tale disposizione, come evidenzia l'uso dell'avverbio, appare dettata per disciplinare ipotesi di oggettiva impossibilita' a comparire, dall'altro prevede la possibilita', a mera richiesta, di ammissione dell'intervento personale dell'imputato interessato all'esame, che non potrebbe che avere luogo nelle forme immediate e non garantite previste dall'art. 398, comma 5-bis c.p.p.