IL TRIBUNALE Sulle eccezioni sollevate dai difensori in ordine alle modalita' con cui il p.m. ha proceduto alle contestazioni ai sensi dell'art. 513, c.p.p., cosi' come modificato dalla sentenza n. 361/1998 della Corte costituzionale e sui rilievi di incostituzionalita' delle norme di cui agli artt. 513 e 210, c.p.p.; Rilevato: che la lettura delle dichiarazioni del Giacon ha fatto eseguito alla mancata risposta da parte dello stesso ad una serie di specifiche domande postegli dal pubblico ministero e che per tale motivo la lettura stessa si e' sostanziata in una rituale contestazione, ai sensi dell'art. 500, commi 2-bis e 4 c.p.p.; che pertanto si pone, a questo punto, la questione della acquisibilita' delle dichiarazioni medesime alla luce del nuovo dettato costituzionale di cui all'art. 111 Cost.; che vertendosi in ipotesi di procedimento in corso, nel quale le dichiarazioni non sono ancora state acquisite, deve trovare applicazione non gia' il disposto di cui al secondo comma dell'art. 1 del d.l. 7 gennaio 2000 n. 2 (convertito in legge 25 febbraio 2000, n. 35), che fa espresso riferimento alla valutazione delle dichiarazioni gia' acquisite al fascicolo per il dibattimento, bensi' quello di cui al primo comma del medesimo art. 1, in base al quale i principi di cui all'art. 111, Cost., si applicano ai procedimenti in corso; che l'art. 111, Cost., prevede al quarto comma che "il processo penale e' regolato dal principio del contraddittorio nella formazione della prova" salva l'eccezione di cui al comma quinto; che essendosi l'imputato di reato connesso, Giacon Dino, avvalso della facolta' di non rispondere, dovrebbe trovare applicazione l'art. 513, c.p.p., cosi' come modificato dalla citata sentenza della Corte costituzionale, in base al quale anche in mancanza di accordo delle parti, come nel caso di specie, le dichiarazioni in precedenza rese dal Giacon andrebbero acquisite al fascicolo del dibattimento; che tale norma, consentendo l'acquisizione di siffatte dichiarazioni, darebbe luogo alla formazione di prova non in contraddittorio delle parti, in evidente contrasto con l'indicato principio di cui al quarto comma dell'art. 111, Cost., nella sua attuale formulazione, in quanto le dichiarazioni medesime non hanno costituito oggetto di contraddittorio ne' nel momento della loro originaria enunciazione avanti al p.m., ne' in dibattimento per via del silenzio del Giacon; Rilevato ancora: che, ove la Corte non ritenesse la incostituzionalita' del citato art. 513, c.p.p., sotto il profilo teste' denunziato, sotto alternativo profilo altra normativa processuale potrebbe prestare il fianco a censure di incostituzionalita' in quanto, ad impedire il principio costituzionale della formazione della prova in contraddittorio, sembrerebbe allora stare la norma di cui all'art. 210, quarto comma, c.p.p., che facoltizza l'imputato di reato connesso a non rispondere; che invero e' l'esercizio di tale facolta' di dare avvio - in principio e per via dei meccanismi di cui all'art. 513. c.p.p., in ipotesi ritenuto costituzionale - ad un iter procedimentale che culmina con l'acquisizione delle dichiarazioni; Ritenuto, pertanto ed infine, che sotto tale alternativa angolazione sarebbe allora il disposto dell'art. 210, quarto comma, c.p.p., ad essere in sospetto di incostituzionalita', siccome presupposto dell'iter procedimentale di cui sopra; Ritenuta la rilevanza della proposta questione, dovendo il tribunale fare applicazione della normativa processuale sopra indicata per provvedere sulla istanza del p.m. di acquisire delle dichiarazioni del Giacon, imputato di reato connesso, e altresi' la non manifesta infondatezza della questione stessa;