IL TRIBUNALE

      A scioglimento della riserva assunta all'udienza del 7 dicembre
  1999, letti ed esaminati gli atti;

                            O s s e r v a

    Con ricorso depositato in data 15 settembre 1995 Mazzoni Guido ha
  adito questo giudice esponendo:
        di  aver  versato  all'I.N.P.S., sede di Ancona, per gli anni
  1993-1994,    oltre   la   legittima   contribuzione   dovuta   per
  l'assicurazione  I.V.S. gestione commercianti in qualita' di agente
  di   commercio,   anche   quella   relativa  al  reddito  di  socio
  accomandante  della  societa'  in  accomandita  semplice Confezioni
  Laurenzi di Laurenzi Adele e C.;
        di  aver  presentato domanda di rimborso all'I.N.P.S., ma con
  esito  negativo,  atteso che l'ente giustificava il proprio operato
  richiamandosi  all'art. 3-bis,  legge  14  novembre  1992,  n. 438,
  secondo  cui  il  contributo  annuo  per  i  soggetti iscritti alle
  gestioni  previdenziali  degli  artigiani  e  dei  commercianti  e'
  rapportato alla totalita' dei redditi di impresa denunciati ai fini
  IRPEF  per  l'anno  al  quale  i  contributi stessi si riferiscono,
  facendo   altresi'  presente  che  redditi  di  impresa,  ai  sensi
  dell'art. 6,  d.P.R. 917/1986, sono considerati anche i redditi del
  socio accomandante di societa' in accomandita semplice;
        di    aver   inutilmente   esperito   ricorso   al   comitato
  amministratore gestione artigiani e commercianti dell'IN.P.S.
    Ha  chiesto  dunque il riconoscimento del suo diritto al rimborso
  dell'importo   dei   contributi   versati   sul  reddito  di  socio
  accomandante,   con   conseguente   condanna   dell'istituto   alla
  corresponsione   della   relativa  somma,  oltre  rivalutazione  ed
  interessi legali.
    A  tal fine, in via principale, ha denunciato violazione di legge
  per  falsa ed errata interpretazione dell'art. 3-bis della legge 14
  novembre  1992, n. 438, sostenendo che la suddetta disposizione non
  puo'  essere  interpretata nel senso di ricomprendere fra i redditi
  assoggettati  a contribuzione anche quelli derivanti dalla qualita'
  di  socio  di  una S.a.s., posto che tali redditi non sono in alcun
  modo   ricollegabili   ad   una  prestazione  lavorativa,  ma  sono
  sostanzialmente  redditi  da capitale. In subordine, ha prospettato
  questione  di  legittimita'  costituzionale  della  norma contenuta
  nell'art. 3-bis,  legge  14  novembre  1992  n. 438,  deducendo  la
  violazione dei seguenti articoli della Costituzione:
        dell'art. 3,   perche'   essa   introduce   un'ingiustificata
  disparita'  di  trattamento tra il socio di societa' di capitali ed
  il  socio  di societa' di persone, in quanto il primo, a differenza
  del   secondo,  non  vede  assoggettato  il  reddito  societario  a
  contribuzione  I.N.P.S.,  pur  trattandosi,  in entrambi i casi, di
  redditi  frutto,  non  di  attivita'  lavorativa,  ma  di  capitale
  investito;
        dell'art. 38,    perche'    fa    concorrere    al    sistema
  contributivo-pensionistico un reddito non da lavoro;
        dell'art. 53,       perche'       applica       ai       fini
  contributivo-previdenziali un reddito non da lavoro da considerarsi
  solo a fini fiscali.
    Costituitosi  in  giudizio,  l'I.N.P.S. ha chiesto il rigetto del
  ricorso  richiamandosi  alle  disposizioni  di  legge  citate  e ha
  sostenuto l'infondatezza delle sollevate eccezioni.
                             R i l e v a
    Ritiene   il   giudicante   che   le  questioni  di  legittimita'
  costituzionale prospettate non siano manifestamente infondate.
    Invero  l'art. 3-bis,  legge  14  novembre  1992,  n. 438, che ha
  convertito  in  legge,  con  modificazioni,  il d.-l. 19 sdettembre
  1992,  n. 384,  recante misure urgenti in materia di previdenza, di
  sanita'  e  di  pubblico  impiego, nonche' disposizioni fiscali, al
  comma   1,   dispone  testualmente  "a  decorrere  dall'anno  1993,
  l'ammontare  del  contributo  annuo  dovuto  per  i soggetti di cui
  all'art. 1,  della  legge 2 agosto 1990, n. 233, e' rapportato alla
  totalita'  dei  redditi  di  impresa  denunciati  ai fini IRPEF per
  l'anno al quale i contributi stessi si riferiscono".
    I  soggetti  di cui all'art. 1, legge 2 agosto 1990, n. 233, sono
  "i   soggetti   iscritti  alle  gestioni  dei  contributi  e  delle
  prestazioni   previdenziali   degli  artigiani  e  degli  esercenti
  attivita' commerciali, titolari, coadiuvanti e coadiutori".
    Orbene  tra  i redditi di impresa denunciati ai fini IRPEF devono
  includersi anche i redditi del socio accomandante della societa' in
  accomandita  semplice,  atteso che, ai sensi dell'art. 6, d.P.R. 22
  dicembre 1986, n. 917 (testo unico delle imposte sui redditi), sono
  considerati  redditi  di  impresa "i redditi delle societa' in nome
  collettivo   ed   in   accomandita  semplice,  da  qualsiasi  fonte
  provengano e quale che sia l'oggetto sociale".
    La disposizione dell'art. 3-bis, legge n. 438/1992, assoggettando
  dunque alla contribuzione previdenziale anche i redditi di societa'
  di  persone  come  S.n.c.  e S.a.s., sembra violare la Costituzione
  sotto  vari  profili, condividendosi al riguardo le osservazioni di
  parte ricorrente.
    Deve  in  primo luogo rilevarsi che la suddetta previsione appare
  discriminare  ingiustificatamente il socio accomandante di societa'
  in  accomandita semplice rispetto al socio di societa' di capitali,
  in  quanto soltanto il reddito societario del primo e' sottoposto a
  contribuzione I.N.P.S., e cio' benche' vi sia sostanziale identita'
  di  natura  tra  le due tipologie di reddito (e quindi identita' di
  posizione,  sotto il profilo che interessa, tra le due categorie di
  soci),  nel  senso che entrambe si determinano senza il concorso di
  alcuna attivita' lavorativa, ma in conseguenza della sottoscrizione
  di   quote   di  capitale  sociale  con  versamento  degli  importi
  corrispondenti e a seguito della formazione di utili.
    In secondo luogo la citata disposizione sembra porsi in contrasto
  con l'art. 38 secondo comma, della Costituzione, che, prevedendo il
  diritto  al trattamento pensionistico per i lavoratori, esclude che
  al  sistema  contributivo previdenziale possa concorrere un reddito
  non da lavoro. Non si comprende, infatti, a quale titolo un reddito
  non  ricollegabile  ad  una  prestazione  lavorativa,  come  quello
  appunto  di  socio accomandante di una S.a.s., debba contribuire al
  sistema pensionistico.
    Infine  la norma in esame mal pare accordarsi con l'art. 53 della
  Costituzione   che   sancisce   il   principio   della   "capacita'
  contributiva"   complessiva  ai  soli  fini  fiscali  e  non  anche
  contributivo-previdenziali. Se dunque, ai fini fiscali, e' corretto
  ritenere  qualunque  reddito  oggetto  di tassazione, diverso e' il
  discorso  ai  fini  previdenziali, atteso che soltanto i redditi da
  lavoro possono costituire oggetto di prelievo contributivo.
    Questo   giudice   ritiene   pertanto   che  l'art. 3-bis,  legge
  n. 438/1992  debba essere sottoposto al vaglio di costituzionalita'
  con  riferimento  agli  artt. 3,  38,  secondo  comma,  e  53 della
  Costituzione,  non  potendosi interpretare la suddetta disposizione
  nel  senso  di  escludere  i  redditi  da  societa'  in accomandita
  semplice dall'ammontare del contributo percentuale annuo, stante il
  tenore  letterale della stessa ed il disposto dell'art. 6, comma 3,
  d.P.R. 917/1986.
    Da  ultimo non va pretermessa la manifesta irragionevolezza della
  normativa  in  oggetto  che, al solo malcelato scopo di ampliare la
  base  contributiva,  assoggetta  a  contribuzione  quello che nella
  sostanza,   al   di   la'   della  qualificazione  formale  operata
  dall'art. 6,  comma  3,  d.P.R. 917/1986 a soli fini fiscali, e' un
  mero reddito da capitale.
    La questione, oltre che non manifestamente infondata, nei termini
  sopra  esposti,  appare anche rilevante ai fini della decisione del
  presente  giudizio,  in quanto, trattandosi di norma applicabile al
  caso  di  specie  e  non  interpretabile, in considerazione del suo
  tenore   letterale,  in  conformita'  con  le  citate  disposizioni
  costituzionali, la domanda del ricorrente potrebbe accogliersi solo
  a  seguito  di  declaratoria di illegittimita' costituzionale della
  disposizione  nella  parte in cui consente che il contributo dovuto
  da  artigiani  e commercianti sia rapportato non ai soli redditi da
  lavoro; dovendo, viceversa, in caso di ritenuta legittimita', farsi
  luogo alla reiezione del ricorso.