IL TRIBUNALE

    Visti  gli  atti  del  procedimento  n. 419/1997  r.g.  tra Banca
  Commerciale  Italiana  contro  fallimento  Buccino  Carmela, cui e'
  stato  riunito  il  procedimento  n. 246/1998 tra Banca Commerciale
  Italiana  contro  fallimento  societa'  di  fatto Buccino Carmela e
  Correale Francesco, nonche' del socio Correale Francesco;
    Rilevato  che  trattasi  di due opposizioni a stato passivo e che
  nell'ambito  di  tale  giudizio con ordinanza del 18 maggio 1999 e'
  stata prospettata d'ufficio la questione di nullita' della clausola
  contenuta  nel  contratto  di  conto corrente bancario fatto valere
  dall'opponente  avente  ad  oggetto la capitalizzazione trimestrale
  degli  interessi  dovuti  dal cliente e comunque la illeggittimita'
  della  capitalizzazione trimestrale degli interessi passivi operata
  dall'opponente,  ed  e'  stata  disposta  c.t.u.  anche  al fine di
  determinare    l'importo    dovuto    in    virtu'    di   un'unica
  contabilizzazione annuale degli interessi;
        che, in particolare, dall'esame degli estratti conto prodotti
  dall'opponente   emerge  come  quest'ultimo  abbia  applicato  tale
  clausola  e  come,  quindi,  il  credito  oggetto  della domanda di
  ammissione   al   passivo   comprenda   anche   interessi   passivi
  capitalizzati trimestralmente;
        che  dopo  l'ordinanza  predetta  e'  stato emanato il d.lgs.
  n. 342/1999   il  cui  art.  25  ha  aggiunto  all'art. 120  d.lgs.
  n. 385/1999 i seguenti due nuovi commi:

          2) il CICR stabilisce modalita' e criteri per la produzione
  di  interessi  sugli  interessi  maturati nelle operazioni poste in
  essere  nell'esercizio  dell'attivita' bancaria, prevedendo in ogni
  caso  che  nelle  operazioni  in  conto corrente sia assicurata nei
  confronti  della  clientela  la  stessa  periodicita' nel conteggio
  degli interessi sia debitori sia creditori;
          3)  le clausole relative alla produzione di interessi sugli
  interessi maturati, contenute nei contratti stipulati anteriormente
  alla  data  di  entrata in vigore della delibera di cui al comma 2,
  sono  valide  ed efficaci fino a tale data e, dopo di essa, debbono
  essere   adeguate  al  disposto  della  menzionata  delibera,  che,
  stabilira'  le  modalita' e i tempi dell'adeguamento. In difetto di
  adeguamento,  le clausole divengono inefficaci e l'inefficacia puo'
  essere fatta valere solo dal cliente;

    Rilevato  che  in  relazione  al  comma  3  dell'art.  120 d.lgs.
  n. 385/1993,  come  introdotto  dal  d.lgs.  n. 342/1999,  e' stata
  sollevata  questione  di  legittimita' costituzionale con ordinanza
  emessa  il  21  ottobre  1999  dal  giudice  istruttore  presso  il
  tribunale di Lecce;

        che   in  tale  ordinanza,  che  questo  giudice  ritiene  di
  condividere, si e' osservato che:
          l'interpretazione  piu'  lineare attribuisce alla norma una
  funzione  di  sanatoria  delle  clausole  in  questione  attraverso
  implicita interpretazione autentica della normativa vigente;
          il  legislatore  ha  inteso  dirimere  le  incertezze della
  prassi  sull'anatocismo  bancario,  le  quali  apparivano  idonee a
  provocare  un  imponente  contenzioso, suscettibile sia di togliere
  certezza  ai  rapporti  giuridici  che  di aggravare le disfunzioni
  della giustizia civile;
          la retroattivita' della sanatoria, desumibile dalla dizione
  "sono valide ed efficaci fino a tale data" e' tipica delle leggi di
  interpretrazione  autentica,  le quali, essendo dirette a conferire
  certezza  a situazioni giuridiche rese incerte da testi normativi o
  dal   diritto   vivente,  per  loro  natura  riguardano  situazioni
  "pendenti",  e  cioe' non ancora definite per giudicato, decadenza,
  prescrizione.
          potrebbe  astrattamente  sostenersi che la dichiarazione di
  validita'  ed  efficacia  delle  clausole sull'anatocismo fino alla
  delibera  del  CICR  trovi  un limite nell'effettiva sussistenza di
  tale validita' ed efficacia;
          tale  posizione  si  pone  in contrasto con il principio di
  conservazione delle norme giuridiche; alla sua stregua, infatti, la
  norma  in  esame  avrebbe  pressapoco  il  seguente significato "le
  clausole  relative all'anatocismo sono valide ed efficaci in quanto
  siano valide ed efficaci" una tautologia che renderebbe il comma in
  esame del tutto superfluo;
          ne'  tale posizione potrebbe essere sostenuta tenendo conto
  dei  profili di leggittimita' costituzionale di cui in prosieguo, e
  facendo  ricorso  al  criterio secondo cui, tra due interpretazioni
  possibili   di  una  norma,  deve  preferirsi  quella  maggiormente
  conforme alla Costituzione;
          tale    criterio    presuppone   infatti   che   attraverso
  l'interpretazione  considerata come piu' conforme alla Costituzione
  residui  uno  spazio  di applicazione per la norma interpretata; in
  caso  contrario,  si avrebbe un effetto abrogativo che e' riservato
  al  legislatore  o alla Corte costituzionale, e non al c.d. diritto
  vivente;
          il  d.lgs.  n. 342/1999  e'  stato  emanato  in  attuazione
  dell'art.  1, comma 5, legge n. 128/1998 che delegava il Governo ad
  emanare   "disposizioni   integrative   e   correttive  del  d.lgs.
  n. 385/1993, e successive modificazioni, nel rispetto dei princi'pi
  e  criteri  direttivi  e  con l'osservanza della procedura indicati
  nell'art. 25 legge n. 142/1992";
          nel testo dell'art. 25, legge n. 142/1992 non era contenuto
  alcun   principio   o   criterio  direttivo  attinente  la  materia
  dell'anatocismo;
          pertanto la delega legislativa copriva soltanto il generico
  potere del Governo di emanare disposizioni integrative e correttive
  del  t.u. bancario; sarebbe agevole sostenere la non conformita' di
  tale delega all'art. 76 della Costituzione, il quale, nel prevedere
  la "determinazione di princi'pi e criteri direttivi ... per oggetti
  definiti" non intendeva legittimare deleghe in bianco al Governo.

    Tale  profilo  non e' pero' rilevante; se, infatti, interpretando
  la delega in modo necessariamente restrittivo, al fine di sottrarla
  alle  censure  di  violazione  dell'art.  76 della Costituzione, si
  riferisce  il  potere  "integrativo  e  correttivo",  conferito  al
  Governo dall'art. 1, comma 5, legge n. 128/1998, al miglioramento e
  all'armonizzazione  della  tecnica  di  redazione  e  dela coerenza
  interna   del   t.u.   bancario,  necessariamente  si  finisce  con
  l'escludere  la sanatoria delle clausole bancarie sull'anatocismo a
  mezzo   di   interpretazione   autentica   delle   norme   giuriche
  preesistenti  (implicitamente  richiamate  dal testo dell'art. 120,
  comma 3, t.u. bancario) dall'ambito delle integrazioni e correzioni
  puramente tecnico-formali.
    D'altro canto il testo precedente del t.u. bancario non conteneva
  disposizioni   specifiche   in   tema   di  anatocismo,  come  tali
  astrattamente suscettibili di integrazione e/o correzione.
    Vi  e'  anche  da  aggiungere che in nessun caso la legge avrebbe
  potuto  delegare al Governo l'interpretazione autetica, implicita o
  esplicita,  di  norme  giuridiche;  infatti  dal testo dell'art. 76
  della  Costituzione  emerge che il potere di normazione delegato al
  Governo  riguarda le sole scelte di c.d. discrezionalita' tecnica e
  cioe'  l'individuazione delle soluzioni di dettaglio, empiricamente
  meglio  praticabili,  per  la  realizzazione delle scelte di merito
  risultanti dalla legge delega, e riservate al Parlamento.
    L'interpretazione autentica di una o piu' norme, invece, operando
  una  scelta  tra due o piu' prospettazioni egualmente possibili, ma
  tra  loro contrapposte, comporta necessariamente l'esercizio di una
  discrezionalita'   non   meramente  tecnica,  bensi'  di  merito  e
  politica,  come  tale al di fuori dei poteri normativi del Governo;
  che,  oltre  a tale profilo di illeggittimita' costituzionale, gia'
  prospettato da questo giudice nelle precedeti ordinanze del 2 marzo
  2000   nel   procedimento  n. 247/1998  e  del  2  marzo  2000  nel
  procedimento    n. 191/1998,    appare    opportuno    evidenziare,
  subordinamente,  altro  profilo  di illeggittimita' costituzionale,
  profilo  contenuto  anche  nell'ordinanza emessa il 9 dicembre 1999
  dal  tribunale  di  Brindisi; che, in particolare, come evidenziato
  nell'ordinanza predetta, va osservato che.
    Il  principio  di  ragionevolezza,  contenuto  nell'art.  3 della
  Costituzione,  quale  principio di uguaglianza che si traduce in un
  generale  canone di coerenza dell'ordinamento (Corte costituzionale
  n. 204/1982),  e'  violato  tutte  le volte che una norma generale,
  ritenuta valida, sia ingiustificatamente derogata da una disciplina
  particolare (Corte costituzionale n. 46/1983).
    Nel  caso  in  esame  la  norma generale e' dettata dal combinato
  disposto  degli  artt.  1283 cod. civ. e 25, commi 1 e 2 del d.lgs.
  342/1999, dall'interpretazione sistematica di dette norme si evince
  che  in  nessun  caso  e' legittima la capitalizzazione trimestrale
  degli interessi a favore delle banche fino ad oggi praticata.
    Infatti in base all'art. 1283 cod. civ. l'anatocismo, fatti salvi
  gli usi contrari, e' ammesso solo a determinate condizioni, cioe' a
  decorrere  dalla  domanda  giudiziale  o per effetto di convenzione
  posteriore  alla scadenza e comunque per interessi dovuti da almeno
  sei  mesi,  sicche',  in  mancanza di usi contrari, l'anatocismo si
  riduce a ben poca cosa.
    E'  evidente  che la ratio risiede nell'interesse collettivo alla
  tutela  del  debitore  da  facili esposizioni alla lievitazione dei
  tassi  (spesso  fino ai limiti dell'usura) in conseguenza della sua
  posizione di contraente debole.
    Per  altro  verso,  in  base  all'art.  25,  comma  2, del d.lgs.
  n. 342/1999,   l'anatocismo   nei  contratti  bancari  che  saranno
  stipulati in futuro potra' aversi solo in base al ripristino di una
  situazione contrattuale di equilibrio tra clienti e banche, ossia a
  condizione  che  le  medesime  modalita' di calcolo degli interessi
  composti  siano  fissate  sia  per  gli interessi creditori sia per
  quelli debitori delle banche.
    Da  tale  quadro  normativo  di  riferimento  di  evince  che  il
  legislatore  per  il  passato  (in  forza  del  precetto  contenuto
  nell'art.  1283  cod. civ.) e per il futuro (in forza della novella
  di  cui  all'art.  25,  secondo comma) ha inteso sempre tutelare il
  contraente  piu' debole (il debitore in generale con l'art. 1283 ed
  il  cliente delle banche con l'art. 25 secondo comma), ponendolo al
  riparo  delle  facili pressioni alle quali puo' essere assoggettato
  in forza della necessita' che talora lo costringe a fare ricorso al
  credito in misura crescente e progressiva.
    La  medesima  ratio  ispiratrice  congiunge  la  due disposizioni
  facendone  una  norma  generale  posta a tutela del contraente piu'
  debole  e  comunque  del risparmiatore (ai sensi dell'art. 47 della
  Costituzione);  in  stridente ed illogico contrasto con detta norma
  generale,  si  pone  il  terzo comma del predetto art. 25 in quanto
  integra  una  norma  speciale  che  ingiustificatamente deroga alla
  ratio  ed  alla disciplina della norma generale, disponendo che per
  il  passato,  ossia  per  i  contratti  stipulati  sotto la vigenza
  dell'art.  1283  cod.  civ.,  le  clausole  relative all'anatocismo
  restano valide ed efficaci.
    Cio'  non  ha  alcun  logico  fondamento,  e' in contrasto con il
  generale  canone  di  coerenza  intena  all'ordinamento  e crea una
  manifesta  ed  ingiusta  discriminazione in danno di coloro i quali
  sotto  la  vigenza dell'art. 1283 cod. civ. avevano pattuito con le
  banche  interessi  anatocistici  ed  oggi si vedono improvvisamente
  privati  della  tutela  di  una  norma che era vigente per tutta la
  durata   del   rapporto   fin   dal   momento   della   pattuizione
  dell'anatocismo  e  che  li poneva al riparo dell'illegittimita' di
  tale  clausola per i casi in cui la stessa fosse stata applicata al
  di  fuori  dei limiti e delle condizioni previste nello stesso art.
  1283 cod. civ.
    Inoltre  la  manifesta ingiustizia e disparita' di trattamento si
  configura anche in danno degli altri operatori economici i quali, a
  differenza delle bance, alle quali soltanto si riferisce la novella
  dell'art.  25  non  beneficiano  dell'affermazione  di validita' ed
  efficacia  dei  contratti  (ad esempio di conto corrente ordinario)
  eventualmente  stipulati  con previsione di interessi anatocistici;
  che,  pertanto,  stante  la gia' evidenziata rilevanza nel presente
  giudizio   del   d.lgs.  n. 342/1999,  va  sollevata  d'ufficio  la
  questione  di  legittimita'  del  comma  3 dell'art. 120 del d.lgs.
  n. 385/1993,   come   introdotto   dall'art.  25  capoverso  d.lgs.
  n. 342/1999, per contrasto con gli artt. 76 e 3 della Costituzione;