IL TRIBUNALE L'anno 2000, il mese di giugno, il giorno 6, alle ore 10,35 in Ascoli Piceno, palazzo di giustizia, innanzi al giudice per l'udienza preliminare dott. Carlo Calvaresi, assistito per la redazione del presente verbale in forma riassuntiva ai sensi dell'art. 140 comma 2 c.p.p., dall'assistente giudiziario Lorena Ciommei, in camera di consiglio, sono comparsi: il p.m. in persona del dott. Adriano Crincoli; imputati: 1) Petrella Alberto, libero presente, difeso dall'avv. Maria Capponi di fiducia presente; 2) Fabiani Giuseppe Fabio, libero contumace, difeso dall'avv. Nazario Agostini di fiducia presente; constatata la regolarita' e ritualita' degli avvisi, sentiti il p.m., ed il difensore dichiara la contumacia dell'imputato Fabiani Giuseppe Fabio come da separata ordinanza; p.o.: Pagnoni Pietrino, non comparso. Preliminarmente i difensori eccepiscono l'incompatibilita' del g.u.p., atteso che il medesimo si e' gia' pronunciato nel medesimo procedimento disponendo il rinvio a giudizio. Il p.m. chiede respingersi l'eccezione. Alle ore 11,17 essendo comparso l'imputato Fabiani Giuseppe Fabio, il g.u.p. revoca l'ordinanza di contumacia nei confronti dello stesso. Il g.u.p. dott. Carlo Calvaresi, letti gli atti del procedimento n. 1570/93 r.g.n.r. (n. 582/94 r.g. g.i.p.) a carico di: 1) Petrella Alberto, nato il 16 giugno 1932 a San Benedetto del Tronto residente a Wisbaden (Germania),via Tannenstrasse n. 3 - domiciliato a Bologna, via Mezzofanti n. 71 - 2) Fabiani Giuseppe Fabio, nato il 19 maggio 1944 ad Ascoli Piceno e residente a San Benedetto del Tronto, via Crispi n. 49, imputati del reato p. e p. dagli artt. 110 e 368 c.p., perche', in concorso tra loro con denunzia sporta al commissariato di P.S., di San Benedetto del Tronto in data 18 maggio 1993, incolpavano falsamente persona poi identificata per Pagnoni Pietrino, sapendolo innocente, di essersi appropriato dell'assegno bancario n. 7138345 tratto sul c/c 4557/1 della Cassa di Risparmio di Fermo, facendo si' che nei confronti del Pagnoni si iniziasse procedimento penale. In particolare tra l'altro il Fabiani quale ideatore, ispiratore e redattore della denunzia, il Petrella quale beneficiano e destinatario. In San Benedetto del Tronto il 18 maggio 1993, ha pronunciato la seguente ordinanza. I n f a t t o Con decreto del 27 marzo 1998 questo g.u.p., disponeva il rinvio a giudizio del tribunale di Ascoli Piceno degli imputati Petrella Alberto e Fabiani Giuseppe Fabio, sopra generalizzati, per l'imputazione di concorso in calunnia conforme a quella riportata nel medesimo decreto. All'udienza dibattimentale del 26 ottobre 1998 il tribunale penale di Ascoli Piceno pronunciava ordinanza con la quale dichiarava la nullita' del decreto che disponeva il giudizio emesso da questo il 27 aprile 1998, ordinando la restituzione degli atti al p.m. per l'ulteriore corso, motivando detto annullamento con la necessita' di precisare, nel capo d'imputazione, se l'atto in ipotesi calunnioso consistesse nella denuncia presentata da Petrella Alberto al commissariato P.S. di San Benedetto del Tronto il 18 maggio 1993 oppure ne1la "querela - denuncia" presentata dallo stesso Petrella lo stesso giorno 18 maggio 1993 alla procura della Repubblica presso la pretura circondariale di Ascoli Piceno contro Pagnoni Pietrino. Il p.m., ricevuti gli atti, precisava l'imputazione nei termini di cui all'epigrafe ritenendo l'atto calunnioso rilevante la denuncia sporta al commissariato di P.S. di San Benedetto del Tronto il 18 maggio 1993, ed in data 7 settembre 1999 depositava richiesta di rinvio a giudizio. All'odierna udienza preliminare, le difese degli imputati eccepivano l'incompatibilita' di questo g.u.p. per essersi egli gia' pronunciato sul fatto sostanzialmente identico nei confronti degli stessi imputati disponendone il rinvio a giudizio all'udienza preliminare del 27 marzo 1998. I n d i r i t t o L'eccepita incompatibilita' di questo g.u.p. per attivita' precedentemente svolte nello stesso procedimento non appare positivamente affermata dalla normativa di cui agli articoli 34, 35 e 36 c.p.p. Trattasi invero di ipotesi in particolare non disciplinata dall'art. 34, secondo comma c.p.p., il quale disciplina meramente le ipotesi di incompatibilita' a partecipare al giudizio dibattimentale del giudice che abbia adottato il provvedimento esclusivo dell'udienza preliminare. Nella presente fattispecie questo g.u.p. non si trova nella fase dibattimentale, ma nella fase di una nuova udienza preliminare determinata dalla regressione del procedimento disposta dal giudice dibattimentale. La fattispecie non appare peraltro regolata dall'art. 34, comma 2-bis c.p.p., inserito dall'art. 171 del d.lgs. 19 febbraio 1998 n. 51 ne' dall'art. 34 comma 2-ter c.p.p. inserito dall'art. 11, legge 16 dicembre 1999 n. 479, poiche' tali norme prevedono l'incompatibilita' a svolgere funzioni di giudice dell'udienza preliminare per il magistrato che abbia adottato provvedimenti (esclusi quelli di cui al comma 2-ter appunto) quale giudice delle indagini preliminari nel medesimo procedimento. Appare a questo punto evidente a questo giudice remittente che la normativa regolante l'incompatibilita' del g.u.p. sia lacunosa ed in particolare in contrasto con gli articoli 111, secondo comma, e 3 della Costituzione. Appare in particolare in contrasto con le richiamate norme costituzionali l'art. 34 comina 2-bis c.p.p. laddove non preveda l'incompatibilita' ad esercitare funzioni di giudice dell'udienza preliminare del magistrato che abbia in precedenza adottato il provvedimento conclusivo dell'udienza preliminare il quale debba pronunciarsi sulla medesima fattispecie a carico degli stessi imputati a seguito di nuova richiesta di rinvio a giudizio del p.m. determinata dalla regressione degli atti disposta dal giudice del dibattimento. In particolare il contrasto con l'art. 111, secondo comma della Costituzione che afferma il principio della terzieta' del giudice, che per costante giurisprudenza della Corte costituzionale, va inteso non tanto e non solo come effettiva equidistanza dalle posizioni delle parti nel processo ma anche come necessita' di evitare situazioni di prae iudicium o che possano ingenerare nelle parti timori di prae iudicium, si evidenzia per il fatto che nella fattispecie in oggetto il giudicante ha gia' delibato sulla regiudicanda in senso sfavorevole agli imputati, disponendone il rinvio a giudizio in ordine ad un capo d'imputazione sostanzialmente identico a quello riproposto dal p.m., nella nuova richiesta di rinvio a giudizio. Trattasi pertanto di situazione nella quale quantomeno, agli occhi delle parti processuali, e degli imputati in particolare, il magistrato puo' non offrire le necessarie garanzie di imparzialita' e terzieta' o puo' comunque apparire condizionato dal precedente pronunciamento. Tanto basta a determinare, ad avviso di questo g.u.p., il contrasto con l'art. 111, secondo comma della Costituzione contrasto che nell'impossibilita' di una interpretazione estensiva del comma 2-bis dell'art. 34 c.p.p. (il quale, si ribadisce, ravvisa l'incompatibilita' del g.u.p. per il solo compimento di attivita' connesse alla fase delle indagini preliminari ma non per attivita' compiute nella fase pregressa dell'udienza preliminare poi reiterata), rende necessaria una pronuncia interpretativo-additiva della Corte regolatrice delle leggi. Per altro verso ad avviso di questo g.u.p. l'art 34, comma 2-bis c.p.p. confligge con il principio di eguaglianza sostanziale sancito dall'art. 3 Costituzione poiche' tale norma determina diversita' di trattamento a fronte di situazioni processuali sostanzialmente identiche. Se infatti la ratio del richiamato comma 2-bis dell'art. 34 c.p.p., e' quella di garantire che anche il giudice dell'udienza preliminare, ancor prima del giudice del dibattimento sia esente dal pregiudizio o dalla possibilita' di pregiudizio derivantegli dalla pregressa cognizione degli atti del procedimento avuta nella qualita' di giudice per le indagini preliminari (ed e' appena il caso di sottolineare che la conoscenza degli atti dell'incarto processuale da parte del g.i.p. e' spesso parziale ed episodica in quanto si verifica per la concessione di autorizzazioni ad intercettazioni o per l'adozione di misure cautelari nella fase iniziale delle indagini o per la mera proroga del termine della durata delle indagini preliminari), appare chiaro che il giudice che abbia avuto la conoscenza degli atti dell'intero fascicolo del p.m. quale giudice dell'udienza preliminare e sulla base di essi abbia adottato un provvedimento conclusivo dell'udienza preliminare non puo', a maggior ragione, risultare o apparire non affetto dal pregiudizio che la richiamata norma intende evitare. Pertanto situazioni sostanzialmente identiche di imputati che debbono comparire davanti ad un magistrato che si e' gia' pronunciato sulla base degli atti del procedimento troverebbero tutela solo nel caso in cui quel magistrato si sia occupato del merito della vicenda quale giudice dell'indagini preliminari e non troverebbero invece tutela qualora lo stesso magistrato si sia occupato della regiudicanda nella diversa veste formale di giudice dell'udienza preliminare (situazione quest'ultima, si ribadisce, che ha addirittura implicato un esame del merito sicuramente piu' approfondito e completo dell'esame del merito svolto episodicamente e su un fascicolo ancora in formazione dal g.i.p.). Appare pertanto evidente la non manifesta infondatezza della questione di legittimita' costituzionale dell'art. 34, comma 2-bis c.p.p., per contrasto con gli articoli 3 e 111, secondo comma della Costituzione, nonche' la rilevanza della questione stessa nella presente fase processuale investendo essa la questione della possibilita' o meno per questo magistrato di procedere ad un nuovo esame della regiudicanda in una nuova udienza preliminare.