LA CORTE DI APPELLO Alla pubblica udienza del 4 maggio 2000, nel procedimento n. 416/97 r.g. a carico di Biancucci Antonio ed altri, ha pronun:iato la seguente ordinanza sulla questione di illegittimita' costituzionale dell'art. 2 del decreto legge 7 gennaio 2000, n. 2 come modificato dalla legge di conversione 25 febbraio 2000, n. 35, per violazione degli articoli 3, 25 e 111 della Costituzione. Udite le richieste delle parti ed in particolare l'eccezione di incostituzionalita' sollevata dall'avv. Marini, difensore di Biancucci Antonio; Rilevato che ai fini del decidere appaiono significative e rilevanti le dichiarazioni rese nella fase delle indagini preliminari da alcuni imputati in procedimento connesso, dichiarazioni gia' acquisite al fascicolo per il dibattimento e contenenti proposizioni accusatorie nei confronti degli odierni imputati; che le persone imputate in procedimento connesso, interrogate in dibattimento, si sono avvalse della facolta' di non rispondere; O s s e r v a Il decreto legge 7 gennaio 2000, n. 2, concernente "disposizioni urgenti per l'attuazione dell'art. 2 della legge costituzionale 23 novembre 1999, n. 2 in materia di giusto processo" ha introdotto - in tema anche di valutazione delle dichiarazioni rese da persone imputate in un procedimento connesso - una distinzione tra il regime applicabile ai procedimenti penali in corso alla data di entrata in vigore della legge costituzionale citata nei quali non sia stato ancora dichiarato aperto il dibattimento, ed il regime applicabile ai procedimenti penali in corso nei quali a quella data sia stato gia' dichiarato aperto il dibattimento. Nel primo caso e' prevista l'applicazione integrale dei principi introdotti con legge costituzionale; e, fra questi, del principio secondo cui "la colpevolezza dell'imputato non puo' essere provata sulla base di dichiarazioni rese da chi, per libera scelta, si e' sempre volontariamente sottratto all'interrogatorio da parte dell'imputato o del suo difensore". Nel secondo caso, invece, l'art. 2 del decreto legge ripete il principio costituzionale predetto, con l'aggiunta, pero', dell'avverbio "esclusivamente". E che pertanto suona nei seguenti termini: la colpevolezza dell'imputato non puo' essere provata esclusivamente sulla base di dichiarazioni di chi, per libera scelta, si e' sempre volontariamente sottratto all'interrogatorio da parte dell'imputato o del suo difensore. Appare evidente la sostanziale differenza probatoria tra i due regimi: nel sistema ordinario le dichiarazioni accusatorie non confermate in dibattimento non hanno alcun valore probatorio; mentre nei procedimenti nei quali sia stato gia' aperto il dibattimento, quelle stesse dichiarazioni hanno valore di prova, purche' corroborate da qualche altro elemento. La legge di conversione con modifiche 25 febbraio 2000, n. 35, sul punto, ha successivamente cambiato la forma ma non la sostanza della norma contenuta nel decreto legge. E' rimasta infatti ferma la sostanziale differenza di regime probatorio tra processi, a seconda della fase in cui si trovano al momento della entrata in vigore della legge disciplinante l'attuazione del nuovo art. 111 della Costituzione. Mentre la regola generale e' l'applicazione ai processi in corso del principio contenuto nell'art. 111 della Costituzione secondo cui non hanno valore probatorio alcuno le dichiarazioni accusatorie di chi si sia poi sottratto per libera scelta alla escussione dibattimentale; nella ipotesi, invece, in cui tali dichiarazioni, rese nel corso delle indagini preliminari, siano - alla data di entrata in vigore della legge attuativa - "gia' acquisite al fascicolo per il dibattimento", le dichiarazioni stesse hanno al contrario valore probatorio (sono valutate) "se la loro attendibilita' e' confermata da altri elementi di prova, assunti o formati con diverse modalita'"). E cioe' mentre il discrimine temporale era nel decreto legge costituito dalla apertura del dibattimento, nella legge di conversione e' costituito dalla acquisizione delle dichiarazioni accusatorie al fascicolo per il dibattimento. Il che non cambia pero' i termini del problema. Sembra a questa Corte che si impongano due considerazioni. 1. - La norma transitoria che regola l'applicazione ai procedimenti in corso dei principi contenuti nell'art. 111 della Costituzione (art. 2 del decreto-legge convertito e modificato) appare in contrasto proprio con il principio fondamentale introdotto nell'art. 111 della Costituzione. Questo esclude, tassativamente e comunque, ogni valore probatorio delle pregresse dichiarazioni di chi si sia poi sottratto liberamente e volontariamente all'interrogatorio dibattimentale. La norma transitoria, invece, attribuisce ancora valore probatorio anche alle dichiarazioni di chi si sia poi sottratto liberamente e volontariamente all'interrogatorio dibattimentale, quando quelle dichiarazioni siano gia' acquisite al fascicolo per il dibattimento, e la loro attendibilita' sia confermata da altri elementi. E quindi la norma transitoria conferisce - sia pure temporaneamente - valore ed efficacia di prova ad elementi che ormai tale valore piu' non hanno per effetto della introduzione del nuovo principio costituzionale nell'art. 111. Ne' potrebbe ritenersi che cio' sarebbe stato reso possibile e legittimo dalla legge costituzionale 23 novembre 1999, n. 2, che all'art. 2 ha stabilito che con legge ordinaria andava regolata l'applicazione dei nuovi principi ai procedimenti penali in corso alla data di entrata in vigore della legge costituzionale stessa. Il fatto che la legge costituzionare abbia previsto la emanazione di norme transitorie nella forma della legge ordinaria non implica, di per se' che tal legge ordinaria possa derogare a principi costituzionali gia' in vigore, o che possa procrastinarne o impedirne l'applicazione. Ad esempio la "regola" posta dalla norma transitoria al comma 3 dell'art. 1 della legge di conversione (nel testo coordinato) - secondo cui le dichiarazioni rese nel corso delle indagini preliminari da persona che si sia poi sottratta all'esame dibattimentale possono esser comunque valutate come prova quando concretamente risulti che la persona e' stata sottoposta a violenza, minaccia, offerta o promessa di denari - costituisce specificazione ulteriore della applicazione concreta del principio costituzionale: ma in piena aderenza al principio stesso. Ed infatti la mancanza di valore probatorio delle dichiarazioni pregresse di chi si sia poi sottratto all'interrogatorio dibattimentale deriva, secondo il nuovo art. 111 della Costituzione dal fatto che la sottrazione all'interrogatorio sia frutto di libera scelta della persona; ed e' evidente che se la decisione di sottrarsi dipende invece da violenza, minaccia o offerte di utilita', non si tratta certo di libera scelta. Al contrario la "regola" posta dal comma 2 dell'art. 1 della legge di conversione (nel testo coordinato), oggetto della presente ordinanza, non si pone. in termini di ulteriore specificazione applicativa, ma di effettivo contrasto con il nuovo principio costituzionale. E' probabile che le ragioni di una decretazione d'urgenza in tali termini siano legate alla esigenza di non perdere materiale probatorio acquisito; ma puo' essere inevitabile che la introduzione nella carta costituzionale di un fondamentale principio garantista, come quello de quo, possa implicare - nei procedimenti non ancora definiti - la necessaria dispersione di elementi acquisiti quando quel principio non esisteva. E non sembrano agevoli soluzioni compromissorie che salvaguardino entrambe le esigenze nel pieno rispetto dei fondamentali principi costituzionali. 2. - La sostanziale differenza di regime probatorio, ancorata al mero fatto cronologico, e spesso casuale, che quelle dichiarazioni siano gia' state acquisite al fascicolo dibattimentale o meno, configura sotto altro profilo una disparita' di trattamento tra imputati: sottoposti a diverso regime ed a regole diverse in tema di valutazione della prova, e quindi della colpevolezza, per circostanze indipendenti dal loro comportamento, e sostanzialmente casuali. E tale non giustificata disparita' di trattamento appare in contrasto con l'art. 3 della Costituzione.