IL TRIBUNALE Visti gli atti del procedimento n. 191/1998 r.g. tra Banca commerciale italiana contro fallimento della Golden Boys di Carlini Vincenzo & C. S.a.s. nonche' del socio accomandatario Carlini Vincenzo; Rilevato che trattasi di opposizione a stato passivo e che nell'ambito di tale giudizio, all'udienza del 5 maggio 1999 fissata per gli adempimenti ex art. 183 c.p.c., e' stata prospettata d'ufficio la questione di nullita' della clausola contenuta nel contratto di conto corrente bancario fatto valere dall'opponente avente ad oggetto la capitalizzazione trimestrale degli interessi dovuti dal cliente e comunque la illegittimita' della capitalizzazione trimestrale degli interessi passivi operata dall'opponente; che dall'esame degli estratti conto prodotti dall'opponente emerge come quest'ultimo abbia applicato tale clausola e come, quindi, il credito oggetto della domanda di ammissione al passivo comprenda anche interessi passivi capitalizzati trimestralmente; che dopo l'udienza ex art. 183 c.p.c. e' stato emanato il decreto legislativo 342/1999 il cui art. 25 ha aggiunto all'art. 120 decreto legislativo n. 395/1993, i seguenti due nuovi commi: 2) il CICR stabilisce modalita' e criteri per la produzione di interessi sugli interessi maturati nelle operazioni poste in essere nell'esercizio dell'attivita' bancaria, prevedendo in ogni caso che nelle operazioni in conto corrente sia assicurata nei confronti della clientela la stessa periodicita' nel conteggio degli interessi sia debitori sia creditori; 3) le clausole relative alla produzione di interessi sugli interessi maturati, contenute nei contratti stipulati anteriormente alla data di entrata in vigore della delibera di cui al comma 2, sono valide ed efficaci fino a tale data e, dopo di essa, debbono essere adeguate al disposto della menzionata delibera, che stabilira' le modalita' e i tempi dell'adeguamento. In difetto di adeguamento, le clausole divengono inefficaci e l'inefficacia puo' essere fatta valere solo dal cliente; Rilevato che in relazione al comma 3 dell'art. 120 d.lgs. n. 385/1993, come introdotto dal d.lgs. n. 342/1999, e' stata sollevata questione di legittimita' costituzionale con ordinanza emessa il 21 ottobre 1999, dal giudice istruttore presso il tribunale di Lecce; che in tale ordinanza, che questo giudice ritiene di condividere, si e' osservato che: l'interpretazione piu' lineare attribuisce alla norma una funzione di sanatoria delle clausole in questione attraverso implicita interpretazione autentica della normativa vigente; il legislatore ha inteso dirimere le incertezze della prassi sull'anatocismo bancario, le quali apparivano idonee a provocare un imponente contezioso, suscettibile sia di togliere certezza ai rapporti giuridici che di aggravare le disfunzioni della giustizia civile; la retroattivita' della sanatoria, desumibile dalla dizione "sono valide ed efficaci fino a tale data", e' tipica delle leggi di interpretazione autentica, le quali, essendo dirette a conferire certezza a situazioni giuridiche rese incerte da testi normativi o dal diritto vivente, per loro natura riguardano situazioni "pendenti", e cioe' non ancora definite per giudicato, decadenza, prescrizione; Potrebbe astrattamente sostenersi che la dichiarazione di validita' ed efficacia delle clausole sull'anatocismo fino alla delibera del CICR trovi un limite nell'effettiva sussistenza di tale validita' ed efficacia; tale posizione si pone in contrasto con il principio di conservazione delle norme giuridiche; alla sua stregua, infatti, la norma in esame avrebbe pressapoco il seguente significato "le clausole relative all'anatocismo sono valide ed efficaci", una tautologia che renderebbe il comma in esame del tutto superfluo: Ne' tale posizione potrebbe essere sostenuta tenendo conto dei profili di legittimita' costituzionale di cui in prosieguo, e tacendo ricorso al criterio secondo cui, tra due interpretazioni possibili di una norma, deve preferirsi quella maggiormente conforme alla Costituzione; tale criterio presuppone infatti che attraverso l'interpretazione considerata come piu' conforme alla Costituzione residui uno spazio di applicazione per la norma interpretata: in caso contrario, si avrebbe un effetto abrogativo che e' riservato al legislatore o alla Corte costituzionale, e non al c.d. diritto vivente; Il d.lgs. n. 342/1999 e' stato emanato in attuazione dell'art. 1, comma 5, legge n. l28/1998 che delegava al Governo ad emanare "disposizioni integrative e correttive del d.lgs. n. 385/1993, e successive modificazioni, nel rispetto dei principi e criteri direttivi e con l'osservanza della procedura indicati nell'art. 25 legge n. 142/1992"; nel testo dell'art. 25, legge n. 142/1992 non era contenuto alcun principio o criterio direttivo attinente la materia dell'anatocismo; pertanto la delega legislativa copriva soltanto il generico potere del Governo di emanare disposizioni integrative e correttive del testo unico bancario; sarebbe agevole sostenere la non conformita' di tale delega all'art. 76 della Costituzione, il quale, nel prevedere la "determinazione di principi e criteri direttivi ..... per oggetti definiti" non intendeva legittimare deleghe in bianco al Governo: tale profilo non e' pero' rilevante. Se, infatti, interpretando la delega in modo necessariamente restrittivo, al fine di sottrarla alle censure di violazione dell'art. 76 Cost., si riferisce il potere "integrativo e correttivo", conferito al Governo dall'art. 1, comma 5, legge n. 128/1998, al miglioramento e all'armonizzazione della tecnica di redazione e della coerenza interna del testo unico bancario, necessariamente si finisce con l'escludere la sanatoria delle clausole bancarie sull'anatocismo a mezzo di interpretazione autentica delle norme giuridiche preesistenti (implicitamente richiamate dal testo dell'art. 120, comma 3, testo unico bancario) dall'ambito delle integrazioni e correzioni puramente tecnico-formali. D'altro canto il testo precedente del testo unico bancario non conteneva disposizioni specifiche in tema di anatocismo, come tali astrattamente suscettibili di integrazione e/o correzione; Vi e' anche da aggiungere che in nessun caso la legge avrebbe potuto delegare al Governo l'interpretazione autentica, implicita a esplicita, di norme giuridiche. Infatti dal testo dell'art. 76 della Costituzione emerge che il potere di normazione delegato al Governo riguarda le sole scelte di c.d. discrezionalita' tecnica e cioe' l'individuazione delle soluzioni di dettaglio, empiricamente meglio praticabili, per la realizzazione delle scelte di merito risultanti dalla legge delega, e riservate al Parlamento. L'interpretazione autentica di una o piu' norme, invece, operando una scelta tra due o piu' prospettazioni egualmente possibili, ma tra loro contrapposte, comporta necessariamente l'esercizio di una discrezionalita' non meramente tecnica, bensi' di merito e politica, come tale al di fuori dei poteri normativi del Governo; che, pertanto, stante la gia' evidenziata rilevanza nel presente giudizio del d.lgs. n. 342/1999, va sollevata d'ufficio la questione di legittimita' del comma 3, dell'art. 120 del d.lgs. n. 385/1993, come introdotto dall'art. 25 capoverso d.lgs. n. 342/1999, per contrasto con l'art. 76 della Costituzione;