IL TRIBUNALE

    All'udienza  del  13 giugno 2000, pronuncia la seguente ordinanza
  nel  procedimento  n. 195/1999  (n. 1007/95/21  RGPM)  contro  Posa
  Beatrice  + 3, imputati dei reati di cui agli artt. 319 e 321 c.p.,
  rispettivamente  ascritti come nel decreto del g.u.p. del tribunale
  di La Spezia.
    Premesso che all'odierna udienza i difensori degli imputati hanno
  sollevato    la    questione    di    legittimita'   costituzionale
  dell'art. 513,   comma   2,  c.p.p.  con  riferimento  all'art. 111
  Costituzione,   nella   parte   in  cui  prevede  che,  qualora  il
  dichiarante  rifiuti  o  ometta, in tutto o in parte, di rispondere
  sui  fatti  concernenti  la responsabilita' di altri imputati, gia'
  oggetto  delle sue precedenti dichiarazioni, in mancanza di accordo
  delle  parti  alla lettura, si applichi l'art. 500, commi 2-bis e 4
  c.p.p.,  indipendentemente dal verificarsi di uno dei casi previsti
  dall'art. 111,  quinto  comma,  Costituzione;  il  p.m.  non  si e'
  opposto.

                            O s s e r v a

    La  questione  sollevata  dalla  difesa e' rilevante nel presente
  giudizio,   posto   che  non  e'  possibile  definirlo  senza  aver
  previamente stabilito se il p.m. possa, non sussistendo il consenso
  delle  parti, contestare a Baldasserini Lucia, persona esaminata ex
  art. 210  c.p.p.  e  che  si  e'  avvalsa  della  facolta'  di  non
  rispondere   alle   domande,   il   contenuto   dei  verbali  degli
  interrogatori  resi  il  4  giugno  1996 e 19 giugno 1996 presso la
  procura della Repubblica di La Spezia ed il 6 giugno 1996 al g.i.p.
  del tribunale di Pisa, nei quali aveva reso dichiarazioni attinenti
  ai fatti per cui si procede.
    Invero,  a  seguito  della  sentenza  della  Corte costituzionale
  n. 361  del  2  novembre  1998,  l'art.  513, secondo comma, c.p.p.
  consente  l'applicabilita',  anche nel caso di persona esaminata ai
  sensi  dell'art. 210 c.p.p., della contestazione disciplinata per i
  testimoni dall'art. 500, commi 2-bis e 4, c.p.p..
    Non  pare  superabile  il  tenore letterale dell'art. 500, quarto
  comma,  c.p.p.,  secondo  cui  le  dichiarazioni  utilizzate per la
  contestazione  sono  acquisite  nel fascicolo per il dibattimento e
  sono valutate come prova dei fatti in essa affermati, se sussistono
  altri elementi di prova che ne confermano l'attendibilita'.
    Non  appare manifestamente infondata la questione di legittimita'
  costituzionale   sollevata,   posto   che   la  disciplina  di  cui
  all'art. 513  comma  2  c.p.p., cosi' come delineata dalla sentenza
  della  Corte costituzionale n. 361/1998, appare in contrasto con il
  dettato  costituzionale  di  cui  all'art. 111  della  Costituzione
  introdotto  dalla  legge  costituzionale n. 2/1999, da cui peraltro
  traspare  la  specifica volonta' del legislatore di porre nel nulla
  la    sentenza   interpretativa   di   accoglimento   della   Corte
  costituzionale sopra citata.
    Ed  invero,  la  possibilita'  introdotta  - col meccanismo delle
  contestazioni   -  di  acquisire  ed  utilizzare  contra  alios  le
  dichiarazioni   in  precedenza  rese  dalla  persona  esaminata  ex
  art. 210  c.p.p., che si sia avvalsa in dibattimento della facolta'
  di non rispondere, pare inconciliabile:
        1) con il comma 4 dell'art. 111 novellato, risultando violato
  il  principio  costituzionale  del contraddittorio nella formazione
  della  prova  e  ricorrendo,  peraltro,  la  specifica  ipotesi  di
  soggetto  che  si  e'  sottratto volontariamente all'esame da parte
  dell'imputato  e  del  suo  difensore  in  relazione  alla  propria
  posizione processuale;
        2)  con il comma 5 dell'art. 111 Costituzione, non ricorrendo
  nessuna  delle  ipotesi  in  cui  e' consentita la formazione della
  prova  al  di  fuori  del  contraddittorio (consenso dell'imputato,
  accertata  impossibilita'  di  natura  oggettiva,  provata condotta
  illecita).